CHIESA DI S. ANTONIO ABATE - BASILICA GIUNIO BASSO




CHIESA S. ANTONIO ABATE

La chiesa di Sant'Andrea Catabarbara è una chiesa scomparsa di Roma, situata dove oggi è il Seminario pontificio di studi orientali in via Napoleone III, nel rione Esquilino. La chiesa di sant'Andrea viene ricordata con l'appellativo di Catabarbara, o Cata Barbara Patricia, a partire dall'VIII secolo. 



SEMINARIO PONTIFICIO DI STUDI ORIENTALI

L'aula riccamente decorata venne demolita nel 1930 per la costruzione del Seminario Pontificio di Studi Orientali in Via Napoleone III e parti di essa vennero inglobate nella Chiesa di Sant'Antonio Abate all'Esquilino. Qui, nella parete della navata sinistra, sono stati infatti murati frammenti di bassorilievi, trovati durante i restauri del XX secolo, appartenenti all'antica chiesa di Sant'Andrea catabarbara e databili tra il IX ed il X secolo. 

Fu la prima chiesa dedicata ad Andrea apostolo in Roma, sorta su un'aula pertinente alla domus di Giunio Annio Basso, console del 331, dono del generale goto Valila, di cui si ricorda una dedica nel catino absidale la cui lettura è però incerta.

Valila Teodosio, di origine gotica, che latinizzò il nome in Flavio Teodosio, fu magister militum sotto il generale goto Ricimero. Durante il pontificato di papa Simplicio (468-483), Valila dedicò una chiesa a san Felice a Tivoli (471); entrò anche in possesso della domus e della basilica di Giunio Basso (console del 331), le ristrutturò trasformandole in una chiesa dedicata a sant'Andrea, e la lasciò in eredità al pontefice.

PONTIFICIO COLLEGIO RUSSICUM

La chiesa è quindi il frutto della trasformazione di ambienti di tipo civile in luogo di culto, per volontà di papa Simplicio, nella seconda metà del V secolo. A causa della vicinanza con la basilica di Santa Maria Maggiore, venne costruito un monastero con funzioni di servizio per la basilica stessa.

Papa Simplicio, considerato santo dalla chiesa cattolica, lottò a lungo contro i monofisiti, considerati eretici perchè rifiutavano di credere alle due nature di Cristo, cioè l'umana e la divina, credendo solo in quella divina, non riuscendo a capire come potesse un Dio soffrire e morire su una croce.

L'aula absidata che costituiva la chiesa era appartenuta alla dimora privata del console Basso del 331 d.c., che fece erigere nel 331 d.c. una piccola basilica di uso civile, non cristiana, vicino al Circo Massimo e di cui ben poco, se non alcune decorazioni pavimentali, ci è rimasto.

La basilica prese il nome dall'annesso monastero  Cata Barbara patricia, in ricordo dell'antico proprietario del luogo, il patrizio Valila, la cui origine barbara aveva originato la denominazione "catà barbarum patricium", ossia "presso il barbaro patrizio". Il pavimento era in opus sectile, e l'ambiente era ricco di colonne e di marmi preziosi.


CHIESA DI S. ANTONIO ABATE ALL'ESQUILINO

L'archeologo e storico Mariano Armellini nel XIX secolo riporta questa curiosità sull'ospedale:

«Michele Lonigo racconta un curioso privilegio che nel secolo XIV godeva il priore dell’ospedale, e che egli dice di aver tolto da un antico manoscritto. Scrive adunque che quel priore assisteva in alcuni giorni al pranzo del papa, e quanto dalla mensa del pontefice avanzava di pane, di vino e di ogni altro cibo e bevanda, veniva donato per elemosina al suddetto priore, che a bella posta in una camera vicina teneva pronto il cesto per portar seco il tutto agli infermi dell’ospedale
(Mariano Armellini)

La chiesa di Sant'Antonio abate è situata nel rione Esquilino, in via Carlo Alberto, presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, che aveva annesso un ospedale, precedente alla chiesa e costruito nel 1259 per la cura degli ammalati del cosiddetto “fuoco di sant'Antonio”. Viene edificata la chiesa di s. Antonio all' Esquilino, confinante con la basilica di Giunio Basso, con impiego dei marmi e colonne di questa.

Successivamente l’amministrazione dell’ospedale passò agli Antoniniani, che ottennero nel 1308 la ricostruzione della chiesa e dell' ospedale dedicati a S. Antonio Abate. La chiesa fu riedificata nel 1481 da Papa Sisto IV, restaurata nel Settecento, e il portale romanico inserito nella facciata è tutto ciò che rimane dell'antico ospedale. L'iscrizione sopra di esso ricorda il fondatore dell'ospedale, tal cardinal Pietro Capocci.

Verso la metà del Settecento la chiesa ebbe un ulteriore restauro e fu assegnata ai Camaldolesi che la tennero fino al 1871. Nel 1928 la chiesa e i suoi annessi furono acquistati dalla Santa Sede; la chiesa fu assegnata ai cattolici russi di rito bizantino, mentre gli annessi furono trasformati nel Pontificio Collegio Russicum, centro di studi russi ed orientali. Nella navata sinistra sono stati murati frammenti di bassorilievi, della chiesa di Sant'Andrea cata barbara del IX - X secolo.






COLONNA DELL'ABIURA

COLONNA DELL'ABIURA
Originariamente la chiesa era preceduta da un piazzale dove era situata la “Colonna dell’Abiura”, innalzata nel 1596 in memoria del Re di Francia, Enrico IV, che aveva abiurato il protestantesimo a favore del Cattolicesimo nel 1595  per poter essere riconosciuto come re "Parigi val bene una messa!"). 

La colonna, con il fusto a forma di cannone, in granito rosso, è inserita su una base quadrata di marmo con gli stemmi del Re di Francia, di Clemente VIII e di Benedetto XIV e termina con una Croce con i gigli bronzei di Francia e ai lati un Crocifisso e una Madonna. 

Nel 1880 fu trasferita nel cortile che della Basilica di S. Maria Maggiore, dove si trova tuttora. 

L’interno della chiesa ha un’abside nella navata centrale ed absidi esagonali alle navate laterali. 

Questa chiesa, costruita all’interno della “Basilica di Giunio Basso”, prese il nome dall’annesso monastero “cata barbara patricia“, in ricordo dell’antico proprietario del luogo, il patrizio Teodosio Valila.
Iunio Annio Basso, ovvero Iunius Annius Bassus fu un importante politico romano della gens Annia, un'antica famiglia plebea romana, di cui la prima persona nota, menzionata da Tito Livio, fu il pretore latino Lucio Annio di Setia, una colonia romana nel 340 a.c.

Quel che sappiamo di Iunio Basso è che nonostante le origini plebee fece carriera e servì come Prefetto Pretoriano a Roma dal 318 al 331, e che rivestì pure la carica di console, ispirando parecchie leggi del Codex Theodosianus. Inoltre suo figlio Junius Bassus fu Prefetto dell'Urbe, e il suo sarcofago è il più antico tra quelli ritrovati con scene cristiane.



HYLAS RAPITO DALLE NINFE

La Basilica di Junius Bassus (basilica Iunii Bassi) era una basilica civile sul colle Esquilino a Roma. Il suo sito oggi è occupato dal Seminario Pontificio di Studi Orientali, in via Napoleone III, piuttosto conosciuto per gli splendidi lavori in  opus sectile, una speciale tecnica usata nei pavimenti ma soprattutto sulle pareti per cui venivano composte delle scene ritagliando marmi di diverso colore e disegno onde comporre una scena come fosse una pittura.

La basilica fu costruita da Giunio Basso nel 331 durante il suo consolato. Verso la II metà del V sec.
sotto Papa Simplicio ( 468-483), essa venne trasformata nella Chiesa di Sant'Andrea Catabarbara. 

I suoi resti vennero riscoperti e purtroppo demoliti nel 1930, e questi scavi produssero anche il ritrovamento di una domus augustana contenente mosaici del III sec., uno con soggetti dionisiaci e uno con i nomi dei proprietari della casa  (Arippii ed Ulpii Vibii). Questo mosaici si trovano ora nel Seminario.

L'architettura dell'edificio era piuttosto semplice, con un'aula rettangolare absidata, preceduta da un atrio con un unico ingresso e nicchie interne. Sulle pareti correva una triplice finestratura (non sul lato dell'abside).

I due pannelli costituiscono, insieme ai due ora ai Musei Capitolini, quanto rimane della ricchissima decorazione parietale della “Basilica di Giunio Basso”, un’aula di rappresentanza dell’edificio fatto
erigere sul colle Esquilino da Giunio Basso, console del 331 d.c. 

L’aula era completamente rivestita di pannelli in opus sectile, raffinata tecnica artistica caratterizzata dall’uso di materiali pregiati di svariate forme e dimensioni. Un pannello raffigura un episodio celebre della saga degli Argonauti, il rapimento del giovane Hylas da parte delle ninfe.




L’altro riproduce invece una cerimonia circensis: al centro del circo campeggia il patrono dei giochi, forse lo stesso Giunio Basso; alle sue spalle, vestiti con tuniche di colore diverso, sono gli aurighi rappresentanti delle quattro fazioni: la rossa (russata), l’azzurra (veneta), la verde (prasina) e la bianca (albata).

Il tema figurativo verte sui miti e i temi cari alla figurativa pagana, in opposizione alla nuova iconografia cristiana, dominante si, ma sempre più scadente.

La magnificenza del monumento era data dal rivestimento interno di incrostazioni marmoree figurate  che ricopriva le pareti e che fu visibile fino al XVI sec. quando fu disegnato da Giuliano da Sangallo e altri artisti.

In queste copie è ben riprodotta la decorazione: la parte bassa era occupata da un zoccolatura che il Sangallo riempì di fantasie del tutto sue, forse perché così rovinata da non potersi distinguere; seguiva la zona a specchiature separate da pilastri, in corrispondenza dei piedritti delle finestre. In ciascuna delle specchiature, divise verticalmente in tre sezioni, si potevano vedere motivi a pelta (scudo).

Sotto le finestre, più in alto, correva un fregio continuo di archetti pensili su mensole. Tra le finestre e sopra di esse, entro riquadri bordati da fasce con tripodi delfici, si trovavano poi altre due serie di pannelli figurati.

Queste grandi scene erano contornate in basso da finti drappi, coi bordi ricamati e con scenette mitologiche, e in alto da lotte tra animali e centauri e immagini del processus consularis.

Di questi pannelli oggi ne restano solo quattro frammenti, divisi tra il Museo dei Conservatori (due) e Palazzo Massimo alle Terme (due), queste ultime già nella raccolta privata di palazzo Del Drago.

Più in alto, infine, il Sangallo disegnava scene di corteggio ufficiale e mitologico e pannelli con gorgoneia, molto probabilmente frutto della sua interpolazione.

Delle lastre superstiti, la più grande è quella a palazzo Massimo alle Terme, con un "drappo" inferiore ornato da scene egittizzanti, un "vela Alexandrina" citato anche da Plinio, e una scena principale del mito di Ila e le ninfe (il giovane amato da Ercole che recatosi a una fonte viene sedotto e rapito dalle ninfe).

La seconda lastra di Palazzo Massimo, priva del velum, è quella del processus consularis di Giunio Basso, che è raffigurato su un cocchio, seguito da aurighi delle quattro fazioni circensi.

I due pannelli di palazzo Drago raffigurano simmetricamente due tigri che sbranano buoi.

I marmi preziosi accostati nelle figure generano una policromia vivacissima, con la capacità talvolta di riprodurre anche il chiaroscuro disponendo in maniera studiata le screziature della pietra.

I motivi egittizzanti del drappo forse adombrano l'utilizzo di maestranze specializzate alessandrine, visto anche l'uso di pietre durissime come porfido e serpentino nelle tarsie, che erano a appannaggio praticamente esclusivo degli artigiani orientali.

Confronti con decorazioni simili si possono fare con la decorazione di una schola di Cenchreae in Grecia e soprattutto con un edificio di Ostia, forse pure una schola, più tardo (fine del IV secolo) ma con molto elementi decorativi in comune quali i motivi a pelta, le specchiature con tondi e i leoni che assalgono gazzelle.

Si può quindi presumere che questo tipo di decorazione derivasse da fonti comuni, forse arazzi o da imitazioni di strutture reali.

(Opera romana conservata nello Schloss Favorite
Rastatt, a Baden-Württemberg, - Germania)
La scena del cocchio invece è da mettere in relazione coi contorniati (tipo particolare di medaglioni in uso nel IV secolo), dove si trova un'analoga composizione dei cavalli, del carro e perfino delle ruote in prospettiva.
La frontalità della raffigurazione è tipica del periodo (si vedano i rilievi dell'arco di Costantino), ma qui è ulteriormente esaltata dallo sfondo neutro color verde, dove le figure sembrano muoversi al di fuori di qualsiasi convenzione prospettica.

Controversa è l'interpretazione del monumento.

L'uso funerario sembra da escludersi, mentre è possibile un confronto con aule di ricevimenti ufficiali di quest'epoca successivamente trasformate in chiese, come Santa Susanna (del 320 circa) e Santa Balbina (del 330 circa), o altri edifici non coevi, come la basilica di Costantino a Treviri (inizio del IV sec.) e l'accostamento basilica/corridoio "della Grande caccia" nella villa di Piazza Armerina.

Anche la tecnica edilizia, a mattoni molto regolari, è assimilabile alle opere approntate da Massenzio o da Costantino I nel suo primo periodo di governo.

Il soggetto delle decorazioni, carichi dei simboli legati alla filosofia neoplatonica molto in auge tra l'aristocrazia romana del Basso Impero, potrebbe ricondursi all'esaltazione della vita pubblica del console.
SARCOFAGO DI IUNIO BASSO, FIGLIO DELL'AUTORE DELLA BASILICA


BIBLIO

- Naturalis historia - VIII -- L. Quilici, S. Quilici Gigli -  "Opere di assetto territoriale ed urbano" - L'Erma di Bretschneider - 1995 -
- Mario Attilio Levi - Roma antica - Torino: UTET - 1963 -
- Samuel Ball Platner - The topography and monuments of ancient Rome - 1904 - 
- Antonio Nibby - Roma antica di Fabiano Nardini - Stamperia De Romanis - Roma - 1818 -
- Claudio Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000 -
- C. Cerchiai - Rione XV Esquilino - AA.VV - I rioni di Roma, Newton & Compton Ed. Milano 2000 -




3 comment:

Anonimo ha detto...

Buongiorno, dove è inserita la natura morta che presentate? Il vostro testo è davvero interessante.

Romanoimpero on 6 giugno 2022 alle ore 04:08 ha detto...

Salve, si trova nello Schloss Favorite Rastatt, in Baden-Württemberg, (Germania).

Anonimo ha detto...

Grazie!

Posta un commento

 

Copyright 2009 All Rights Reserved RomanoImpero - Info - Privacy e Cookies