SOTTO LA BASILICA DI SANTA SABINA





INSULAE DELL'AVENTINO

Lungo le pendici nord-occidentali dell'Aventino, in corrispondenza della soprastante area occupata dalle chiese di S. Maria del Priorato, di S. Alessio e dal vicino Parco degli Aranci, sono visibili grossi tratti di murature antiche pertinenti a strutture abitative, taberne ed horrea collegati evidentemente alle vicine infrastrutture dell'antico scalo fluviale.

Negli anni 1951-53, durante lavori di sterro per la costruzione di un muraglione di sostegno e di contrafforti alle pendici stesse, si rinvennero numerosi avanzi di muri in opera reticolata, laterizia e listata pertinenti ad ambienti coperti a volta, affrescati con pitture di tipo geometrico e in parte pavimentati a mosaico bianco e nero.

Si tratta  di resti di case a più piani (insulae) risalenti a varie epoche a partire dall'età repubblicana fino a tutta l'età imperiale. Altri resti di muri e di mosaico erano stati rinvenuti già precedentemente nel 1914, a pochi metri di profondità sotto il fabbricato annesso alla chiesa di S. Alessio, attuale sede dell'Istituto di Studi Romani.

BASILICA DI SANTA SABINA

SANTA SABINA

Quest'ultimo, infatti, sorge direttamente su edifici antichi, parzialmente indagati nel 1941 e solo in parte visibili nelle cantine, che sono strettamente connessi alle strutture descritte lungo le pendici. Tutto questo complesso prosegue verso nord e si ricollega direttamente al gruppo di costruzioni rinvenute in varie epoche, a partire dall'800, sotto la chiesa di S. Sabina.

Altre strutture, appartenenti agli stessi edifici, sono addossate alle pendici dell'Aventino in corrispondenza della chiesa stessa e del vicino parco Savello e anch'essi sono parzialmente visibili dal lungotevere.

La chiesa non ha facciata: essa è inglobata nell'atrio che ricalca l'antico nartece, uno dei quattro bracci dell'antico quadriportico, attualmente all'interno del monastero domenicano. Si accede alla chiesa anche attraverso un portale, preceduto da un piccolo portico con tre arcate, situato sul lato destro

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO

La basilica di Santa Sabina all'Aventino, situata sul colle Aventino, venne Costruita nel V secolo sulla casa - tomba della matrona romana Sabina, poi dichiarata santa, utilizzando le 24 colonne bianche di marmo ancirano appartenenti al "Tempio di Giunone Regina" che sorgeva nelle vicinanze.

Sabina nacque nel II secolo da una famiglia nobile, si convertì al cristianesimo e frequentò l'ambiente delle catacombe, dove si riunivano i cristiani, perseguitati dallo Stato romano, assieme all'ancella Serapia, che secondo una tradizione convertì la santa.

Veramente la storia delle catacombe dove si rifugiassero i cristiani è oggi riconosciuta da tutti come falsa, comunque venne catturata durante una messa e, poiché non abiurò, fu condannata alla decapitazione nel 120 circa, insieme all'ancella Serapia.

I SOTTERRANEI


LE COLONNE E GLI ARCHITRAVI

Come risulta da alcune iscrizioni ritrovate nei pressi della basilica (CIL VI, 364 e CIL VI, 365), vicino alla chiesa sorgeva il tempio di Giunone Regina, 24 colonne del quale furono riutilizzate per l'edificazione della chiesa. 

Secondo altri le colonne della navata centrale ed i portali con stipiti e architravi della basilica, provengono invece dalle Terme Surane, localizzate nelle vicinanze, che vennero usate fino al IV secolo, ma i più sono per il Tempio di Giunone Regina.

"Parte degli avanzi delle sostruzioni del Tempio di Giunone Regina ora sostengono i muri della Chiesa di S Sabina. Questo Tempio aveva la Cella circondata da un maestoso Portico le di cui colonne ora sostengono l'architrave della medesima Chiesa".
(Ridolfino)

Nel IX secolo, la chiesa venne inglobata nei bastioni imperiali. L'interno fu profondamente rimaneggiato da Domenico Fontana nel 1587 prima e poi da Francesco Borromini nel 1643. Trasformata in lazzaretto nel 1870, in seguito alla soppressione dei monasteri, fu riportata alla struttura originaria grazie ai restauri di Antonio Muñoz.

IL SOTTOSUOLO


LAPIS DIABOLI
LAPIS DIABOLI

Riguardo alla pietra nera di forma rotonda su una colonna tortile a sinistra della porta di ingresso: è chiamata Lapis Diaboli, ossia "pietra del diavolo" perché, secondo la leggenda, sarebbe stata scagliata dal diavolo contro Domenico mentre pregava sulla lastra marmorea che copriva le ossa di alcuni martiri, mandandola in pezzi. 

In realtà la lapide era il peso standardizzato che si poneva nei templi per evitare le frodi commerciali, e fu trovato nei sotterranei, ma la lastra fu rotta nel 1527 dall’architetto Domenico Fontana per spostare la sepoltura dei martiri. Egli gettò via i frammenti, poi ricomposti nella schola cantorum.

Roma aveva un sistema di unità di misura soggetto a continui controlli, per evitare le frodi. Per le bilance, venivano utilizzati pesi di diverse grandezze (“lapis aequipondus”, pietra da contrappeso), marchiati con il valore e il nome del questore. 

L’unità di misura era la libbra romana, con multipli e sottomultipli. Questi pesi erano di forma circolare appiattita. Quelli più grandi avevano due anelli per sollevarli, quelli più piccoli solo uno. I maggiori raggiungevano 100 libbre, ossia circa 33 kg.

Il materiale utilizzato per questi pesi era il marmo serpentino, marmo durissimo e pregiatissimo tanto che ci si facevano anche gioielli, spesso usato insieme al porfido rosso e ampiamente reimpiegato nei pavimenti cosmateschi.




L'INTERNO DELLA BASILICA

Questa basilica, a tre navate, con nartece e triplice apertura di finestre nell'abside, è all'interno sostenuta da archi, rivestiti in marmi policromi, posti tra le colonne corinzie che separano le sale basilicali. Il pavimento è coperto da numerose lastre tombali.

In prossimità del presbiterio vi è la Schola Cantorum, ricostruita nel 1936 simile a quella originaria paleocristiana del IX secolo. Le lastre marmoree laterali sono decorate con motivi vegetali, animali ed altri motivi della simbologia cosmogonica.

L'altare maggiore, collocato sopra un piano rialzato, è caratterizzato da un paliotto in porfido rosso. Il paliotto (dal latino pallium, "velo") è un pannello finemente scolpito o comunque lavorato che può essere posto a rivestimento di un altare e il suo nome latino è antependium. Essendo in porfido rosso è evidente che sia un pezzo di spolio probabilmente del tempio pagano.

OPUS RETICULATUM E COLONNE

GLI SCAVI

Sotto la chiesa sono state effettuate varie campagne di scavo per documentare il versante nord-occidentale dell'Aventino, avvenute principalmente nel 1855-1857 e 1936-1939.

Nella zona al margine nord della chiesa, ai confini del giardino moderno, fu ritrovato un tratto delle Mura serviane, in cui si notano le due fasi dell'opera: le mura arcaiche di VI secolo a.c. in blocchi di tufo del Palatino, il cosiddetto cappellaccio, e quelle rifatte dopo il sacco dei Galli Senoni in tufo di Grotta Oscura (inizio del IV secolo a.c.).

A ridosso delle mura furono costruiti numerosi edifici, dei quali i più antichi risalgono al II secolo a.c. e appaiono come abitazioni private, con muri in opus incertum e pavimenti a mosaico con inserti marmorei. Al di fuori delle mura si trovano edifici più tardi in opera reticolata con nuovi passaggi nelle mura, ormai obsolete, per consentire un miglior transito.

RESTI ROMANI A SANTA SABINA

Nel II secolo d.c. alcuni di questi ambienti vennero restaurati ed usati da una comunità isiaca, che fece apporre pitture ed incise graffiti legati al culto. Nel III secolo furono rifatti alcuni ambienti, usando laterizi con l'aggiunta di un impianto termale.

Sotto il quadriportico della chiesa è stata rinvenuta una strada antica parallela al Vicus Armilustri (più ad ovest), forse il Vicus Alto. Qui sono stati trovati i resti di un edificio in mattoni con cortile centrale, con mosaici di età augustea.

Gli scavi all'interno della basilica hanno restituito:

- alcune abitazioni di inizio età imperiale con magnifici mosaici;
- un tempio in antis (in cui le pareti dei lati lunghi della cella si prolungano nelle cosiddette ante e delimitare lateralmente il pronao, spazio antistante lea cella) con due colonne di peperino fra le ante, del III secolo a.c.: un muro in opera reticolata lo sigillò chiudendone gli intercolumni, inglobandolo nella ricca domus del I secolo d.c. dalla quale provengono i mosaici.



BIBLIO

- Calogero Bellanca - La basilica di Santa Sabina e gli interventi di Antonio Muñoz - Roma - In conventu Sanctae Sabinae - 1999 -
- Joachim-Joseph Berthier - L'Église de Sainte-Sabine à Rome - Roma - M. Bretschneider - 1910 -
- Samuel Ball Platner - "Iuno Regina, Templum" - A Topographical Dictionary of Ancient Rome - Londra - Oxford University Press - 1929 -
- Christian Hülsen - Le chiese di Roma nel Medio Evo. Cataloghi ed appunti - Firenze - Olschki - 1927 -
- Gaetano Rubbino - La basilica di Santa Sabina sull'Aventino. Un esempio di classicismo nella Roma del V secolo - Genova - De Ferrari - 2002 -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Verona - Arnoldo Mondadori Editore - 1984 -



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