DAMNATIO MEMORIAE



GETA CANCELLATO PER DAMNATIO MEMORIAE

DOMANDE - RISPOSTE

- Cosa era la Damnatio Memoriae?
Nell'antica Roma la Damnatio memoriae era una condanna alla perenne cancellazione del nome, dell'immagine e di qualsiasi altra traccia della memoria di una persona in tal modo penalizzata.

- Come si faceva quando il condannato aveva molte immagini essendo personaggio famoso?
Quando il personaggio, essendo famoso o di molto alto lignaggio, aveva molte immagini, ci si accontentava a sfigurarne il volto e a tagliare la testa delle statue o dei bassorilievi.

- Chi subiva in genere la Damnatio Memoriae?
Solitamente la pena della Damnatio Memoriae veniva comminata ai traditori e agli hostes, ovvero ai nemici dello Stato per decreto del Senato romano.

- Quali personaggi famosi subirono con certezza la Damnatio Memoriae?
I personaggi famosi che subirono con certezza la Damnatio Memoriae furono: Messalina, Nerone, Domiziano, Commodo (ma fu revocata), Bruzia Crispina, Geta, Fulvia Plautilla, Giulia Aquila Severa, Giulia Mesa, Giulia Soemia, Eliogalbalo, Massimino Trace, Trebonio Gallo, Emiliano, Cornelia Supera, Massimiano (ma fu revocata), Numeriano, Carino, Massimino Daia, Massenzio, Licinio, Fausta, Crispo, Costantino II, Foca.

- Quanto durò la pena della Damnatio Memoriae?
La pena della Damnatio memoriae si protrasse anche nel Medioevo, ove persino alcuni papi ne subirono la condanna.



LA CONDANNA DELLA MEMORIA

La Damnatio memoriae è una locuzione latina che significa letteralmente "condanna della memoria".
Nel diritto romano, la damnatio memoriae era la pena della cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una determinata persona, come se essa non fosse mai esistita; si trattava di una pena particolarmente aspra, riservata soprattutto ai traditori e agli hostes, ovvero i nemici del Senato romano.

La pratica è antecedente ai romani, perchè venne usata per il faraone egiziano Akhenaten nel XIII secolo a.c., per aver egli abolito il politeismo e istituito il monoteismo con il culto del Sole divinizzato: i suoi monumenti e le sue statue vennero distrutti e il suo nome cancellato dalla lista dei faraoni, pure per la faraona Hatshepsut nel XIV secolo a.c. vi fu la stessa cancellazione ma per ragioni personali.

Ovviamente era destinata a uomini famosi e potenti nonchè di alto lignaggio per i quali essere dimenticati era un'onta gravissima riguardante il soggetto, la familia e la gens. Il rimanere nei ricordi delle persone era per i Romani una specie di immortalità, per cui, chi poteva, si faceva immortalare nelle statue, nelle epigrafi e nei nomi dei templi da loro dedicati, o delle strade, dei ponti, o edifici da loro ordinati, talvolta anche a proprie spese. 

Ma era importante anche essere ricordati nelle iscrizioni funebri dei propri sarcofagi, sui cippi delle strade, sulle epigrafi di qualsiasi genere, sui vicoli, sugli archi, sugli edifici pubblici e pure sulle colonne. Spesso gli aristocratici pagavano a proprie spese la costruzione di edifici pubblici, o contribuivano ad essa, o provvedevano alla ristrutturazione di uno di essi per poter scolpire il proprio nome sul monumento.



LA MEMORIA DEI ROMANI

In una società senza molta documentazione scritta, l'allenamento della memoria era importante nell'educazione romana, infatti oratori, leader e poeti usavano dispositivi di allenamento della memoria per aiutare a tenere discorsi o raccontare lunghi poemi epici. 

DAMNATIO MEMORIAE DI COMMODO 

"Sarebbe tutt'altro che facile pronunciare quale persona sia stata la più notevole per l'eccellenza della sua memoria, quella benedizione così essenziale per il godimento della vita, essendoci così tanti che sono stati celebrati per essa. Il re Ciro conosceva per nome tutti i soldati del suo esercito: Lucio Scipione i nomi di tutto il popolo romano".
(Plinio il Vecchio - Storia naturale)

L'allenamento della memoria spesso comportava un ricordo di idee, di personaggi o di miti raffigurati sui dipinti murali, sui mosaici del pavimento e sulle sculture che adornavano tante domus dell'antica Roma. 

La punizione della damnatio memoriae comportava anche la manomissione delle stanze, molte volte distruggendo i dipinti artistici nelle case di proprietà del condannato, in modo che la casa non fosse più identificabile come la casa del reo. In pratica la Damnatio, quando il personaggio aveva molte immagini, si riduceva a sfigurarne il volto e a tagliare la testa delle statue o dei bassorilievi.



ABOLITIO NOMINIS

L'efficacia della damnatio memoriae era naturalmente favorita dalla disponibilità limitata di fonti storiche in età antica. In età repubblicana la sanzione, generalmente applicata dal Senato, faceva parte delle pene che potevano essere inflitte a una "maiestas" e prevedeva la abolitio nominis: il praenomen del damnatum non si sarebbe tramandato in seno alla famiglia e sarebbe stato cancellato da tutte le iscrizioni. Naturalmente si distruggevano anche tutte le raffigurazioni del condannato.



RESCISSIO ACTORUM

A volte la pena, sempre in caso di voto positivo del Senato, era seguita dalla "rescissio actorum" (annullamento degli atti), ossia dalla completa distruzione di tutte le opere realizzate dal condannato nell'esercizio della propria carica, perché era ritenuto un pessimo cittadino. Se questo atto avveniva in vita allora, dal punto di vista giuridico, esso rappresentava una vera e propria morte civile.

MARCO ANTONIO


ETA' IMPERIALE

La damnatio memoriae ebbe un processo di ampliamento in età imperiale, giungendo a colpire anche dopo la loro morte la memoria degli imperatori spodestati o uccisi. La condanna comportava la cancellazione del nome dalle iscrizioni di tutti i monumenti pubblici, l'abbattimento di statue e monumenti onorari e lo sfregio dei ritratti presenti sulle monete. 

Più di due dozzine di imperatori furono "cancellati" a causa dei loro regni tirannici. Si trattava di
una sanzione politica, mediante cui il senato romano soleva punire, dopo la loro morte, gli imperatori che avevano mal governato, cioè i più autoritari e soprattutto quelli che non avevano rispettato il senato e le sue prerogative. 

Detti imperatori non ricevevano onoranze funebri né monumenti alla memoria, anzi, il loro nome veniva cancellato dalle epigrafi commemorative, affinché di essi non restasse neppure il ricordo.
Subirono la damnatio memoriae:

- Marco Antonio? - (83 a.c. - 30 a.c.) 
si dice ordinata da Augusto ma non ne esistono prove, anzi ne sono sopravvissute troppe statue per poterlo credere. Tuttavia la statua di cui sopra, ascritta ad Antonio, fa venire qualche sospetto.

Cornelio Gallo - (69 a.c. - 26 a.c.) 
Dopo la vittoria di Ottaviano e la conquista acquisita della nuova provincia d'Egitto, divenne "praefectus Alexandreae et Aegypti" (prefetto di Alessandria ed Egitto), incarico affidato per la prima volta a un rango equestre, che avrebbe parlato con scarso riguardo dello stesso Augusto, perciò venne processato. Caduto in disgrazia finì accusato di una congiura contro il principe, fu condannato all'esilio e alla confisca dei beni, e si suicidò. Ma non fu mai condannato, come invece si crede, alla damnatio memoriae.

NOME DI SEIANO CANCELLATO DALLE MONETE


- Seiano - (20 a.c. - 31 d.c.) 
Tacito lo considera l'istigatore di Tiberio al male, per Svetonio invece è uno strumento di Tiberio a cui faceva da capro espiatorio ai suoi crimini. Unico storico che lo elogia è il contemporaneo Velleio Patercolo, suo amico e magari coinvolto. 
Oggi si ritiene Seiano innocente da cospirazioni, e anzi vittima di una cospirazione di aristocratici. Si riferisce che le sue statue furono fatte a pezzi dalla folla inferocita, ma non fu ordinata dal senato.

CALIGOLA

Caligola - (12 - 41) 
la damnatio memoriae fu eseguita dal popolo romano che ne abbatté per rabbia le immagini, ma non fu mai mai emanata dal senato e comunque ne fu ripristinata e vendicata la figura dallo zio, l'imperatore Claudio (10 a.c. - 54 d.c.).

- Messalina - (20 - 48)
Venne assassinata nella villa di Lucullo per ordine dell'imperatore Claudio a causa dei suoi numerosi tradimenti. Venne poi condannata alla Damnatio Memoriae soprattutto per la sua dissolutezza sessuale.

AGRIPPINA MINORE

- Agrippina minore - (15 - 59) 
Contrariamente a ciò che si crede non esistono documenti sulla damnatio memoriae di Agrippina Minore e ne abbiamo ancora diverse statue mai abbattute per poterlo supporre. Venne uccisa dal figlio Nerone.

Nerone - (37 - 68)
NERONE
Nel 68 d.c., con la morte dell'imperatore Nerone, il Senato sancì, per la prima volta ufficialmente, la "damnatio memoriae" (la morte del ricordo) per l'imperatore defunto per cui vennero cancellati il suo nome e la sua immagine esposti al pubblico. Vespasiano fece costruire l'anfiteatro sul sito della Domus Aurea di Nerone, colmando il lago artificiale e bonificando il terreno al pubblico.
I successori di Nerone tentarono di cancellare non solo la memoria dell'imperatore”, scrive Federico Gurgone, “ma anche ogni traccia della Domus Aurea, e di restituire ad uso pubblico i terreni che si era impossessata per i suoi progetti privati”. Vespasiano conservò il gigantesco Colosso, la statua di bronzo che alla fine diede il nome al Colosseo, ma lo dedicò nuovamente a Sol, il Dio romano del sole, e vi aggiunse una corona raggiata.

- Vitellio - (15 - 69)
«C'era chi gli gettava sterco e fango e chi gli gridava incendiario e crapulone. La plebaglia gli rinfacciava anche i difetti fisici: e in realtà aveva una statura spropositata, una faccia rubizza da avvinazzato, il ventre obeso, una gamba malconcia per via di una botta che si era presa una volta nell'urto con la quadriga guidata da Caligola, mentre gli faceva da aiutante. Fu finito presso le Gemonie, dopo esser stato scarnificato da mille piccoli tagli; e da lì con un uncino fu trascinato nel Tevere.»
(Svetonio, Vita di Vitellio, 17.)
Svetonio scrisse: "per non lasciare dubbi nella mente di nessuno quale modello scelse per il governo dello Stato, fece offerte funerarie a Nerone nel mezzo del Campo Marzio".
Il popolo ne abbattè le statue ma non venne condannato alla "Damnatio Memoriae".

IL VOLTO DI NERVA (AL CENTRO) SOSTITUISCE QUELLO DI DOMIZIANO

- Domiziano - (51 - 96) 
Dopo l'assassinio di Domiziano (l'ultimo Flavio), il Senato condannò il suo nome all'oblio. Plinio il Giovane annota quanto “fu delizioso, fare a pezzi quei volti arroganti” sulle statue di Domiziano. I rilievi trionfali che Domiziano aveva commissionato durante il suo regno - i Rilievi della Cancelleria, ora nei Musei Vaticani - furono successivamente modificati per rappresentare il volto di Nerva al posto del proprio.

- Avidio Cassio - (130 - 175)
Cassio Dione e la Historia Augusta spiegano bene quale fosse l'atteggiamento di Marco Aurelio nei confronti della ribellione e del presunto ruolo dell'Augusta. Faustina appoggiò il tentativo di Avidio di usurpare il trono imperiale, credendo però egli alla falsa notizia della morte di Marco Aurelio, poiché temeva per i figli piccoli. Ella infatti, non avendo più fiducia nella salute del marito, non poteva proteggere i figli da sola. 
E quando Cassio fu ucciso e la sua testa portata a Marco, l'imperatore che avrebbe voluto dimostrargli il suo perdono e salvarlo, non esultò, al contrario esclamò: "Mi è stata tolta un'occasione di clemenza: la clemenza, infatti, dà soprattutto prestigio all'imperatore romano agli occhi dei popoli. Io però risparmierò i suoi figli, il genero e la moglie". E così lasciò metà del patrimonio paterno ai figli di Avidio Cassio, a sua figlia dette in dono una grande quantità di oro, di argento e di gemme.
La notizia di una sua damnatio memoria pertanto è falsa.

- Commodo -  (161-192): «Che il ricordo dell'assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate che le statue dell'assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la memoria dell'osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il gladiatore nell'ossario. Ascolta oh Cesare: lascia che l'omicida sia trascinato con un gancio, alla maniera dei nostri padri, lascia che l'assassino del Senato sia trascinato con il gancio. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò che ha fatto agli altri, sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il ricordo di chi è senza colpa. Si ripristino gli onori degli innocenti, vi prego.» 
(Historia Augusta, Commodo, 19.1.) 
Poi revocata e sostituita dall'apoteosi.

BRUZIA CRISPINA

Bruzia Crispina - (Bruttia Crispina - 160 – 193) fu la moglie dell'imperatore Commodo e venne da lui nominata augusta. Ma nel 192 Crispina fu accusata di adulterio ed esiliata a Capri; il 31 dicembre di quell'anno Commodo fu assassinato, e l'anno successivo venne assassinata anche Bruzia Crispina, condannandola anche alla damnatio memoriae.

Didio Giuliano - (133 - 193) Fu un imperatore romano che regnò per pochi mesi dal 28 marzo al 1º giugno del 193. Dopo aver tentato di bloccare Settimio Severo, che attraversando l'Italia e discendendo verso Roma si era pure impadronito della flotta di Ravenna, intraprese con lui trattative diplomatiche per associarlo al trono, ma la posizione di Didio Giuliano era ormai troppo compromessa e Settimio Severo rifiutò l'offerta. Senza più nessuno dalla sua parte, fu ucciso in luogo remoto dai pretoriani, su ordine del Senato, mediante decapitazione il 1º giugno 193. Non si è certi della sua "Damnatio Memoriae".

Pescennio Nigro - (135 - 194)
Venne proclamato imperatore dalle legioni orientali dopo l'uccisione di Pertinace e la vendita all'asta del titolo imperiale a Didio Giuliano, ma Settimio Severo riuscì a prendere Roma per primo, e mosse quindi contro di lui in Oriente. Pescennio Nigro fu sconfitto nelle battaglie di Cizico, Nicea e Isso, e si ritirò in Antiochia, ma fu ucciso mentre tentava di fuggire verso l'impero dei Parti. Non risulta una damnazio memoria a suo carico come alcuni credono.

CLODIO ALBINO

- Clodio Albino - (145 - 197)
Nel 193, morto Commodo nel 192, venne acclamato imperatore Pertinace appoggiato dalle coorti pretorie. La Historia Augusta narra che Albino era così apprezzato dal senato da proporre a Pertinace di associarlo come collega. Ma Pertinace dopo tre mesi fu assassinato dai pretoriani che decisero di "mettere all'asta" il trono al miglior offerente. Fu la volta di Didio Giuliano, anche se gli eserciti provinciali avevano nominato: Pescennio Nigro, Settimio Severo e Clodio Albino come imperatori.
Dopo una battaglia lunga e sanguinosa Settimio Severo prevalse su Clodio Albino che si suicidò. Severo gli fece tagliare la testa e la inviò su una picca a Roma, come monito ai sostenitori, tra cui molti senatori. Il corpo di Albino venne poi straziato dai cani e gettato nelle acque del fiume. I suoi figli prima vennero perdonati, ma poi anch'essi decapitati con la loro madre e gettati nel Rodano. Non si è certi della sua damnatio.

Geta - (189 - 211)
Fu co-imperatore dal 209 al 211, prima col padre Settimio Severo e poi col fratello Caracalla che lo uccise sotto gli occhi della madre e ne ordinò la Damnatio memoriae. L'impraticabilità di un tale insabbiamento è qui dimostrata in quanto le monete di Geta già emesse con la sua effigie continuarono a circolare per anni dopo la sua condanna, anche se la semplice menzione del suo nome era punibile con la morte.

- Fulvia Plautilla - (182 - 212)
Moglie dell'imperatore Caracalla, ma in qualità di donna sterile (si riteneva che non esistesse la sterilità maschile) venne mandata in esilio a Lipari col fratello Ortensiano, e venne giustiziata per ordine dell'imperatore nel 212, dopo la morte di Settimio Severo. A seguito della sua morte e della conseguente damnatio, i suoi ritratti vennero sfigurati, con interventi capillari e programmati. Ogni riferimento a Plautilla venne rimosso dall'Arco degli Argentari a Roma, da un pannello in cui era raffigurata col padre e dalla quarta riga dell'iscrizione. Alcuni suoi ritratti furono rimossi ed immagazzinati con cura per un riutilizzo successivo.

AQUILA SEVERA - DAMNATIO MEMORIA

- Giulia Aquila Severa -
Vergine Vestale, dovette sposare Eliogabalo che non avendo figli da lei divorziò per risposarsi. Non si sa che fine fece dopo la morte di Eliogabalo nel 222, ma dovette essere condannata alla damnatio memoria visto che le sue immagini vennero cancellate.

 - Macrino - (164 -  218)
Macrino non ebbe le simpatie nè del popolo nè dei soldati, mentre le donne complottarono in favore del figlio di Giulia Bassiana, Eliogabalo, spacciandolo per un figlio naturale di Caracalla. Nel 218 le truppe di Macrino furono sconfitte dai rivoltosi nella battaglia di Antiochia. Macrino cercò la fuga e inviò il figlio Diadumeniano alla corte partica mentre si dirigeva a Roma. Catturato in Anatolia, vi fu giustiziato come usurpatore e Diadumeniano fu ucciso dai Parti. E' controverso se ebbe la Damnatio Memoriae.

- Giulia Mesa - (160 - 226)
La dinastia dei Severi era dominata da donne molto potenti, tra cui Mesa, sorella di Giulia Domna. Era molto capace ma spietata, combatté per il potere dopo il suicidio della sorella e la morte di Caracalla ed eliminò Macrino, poi mantenne il potere fino alla morte a Roma, morendo durante il regno di Alessandro Severo. Venne condannata alla Damnatio Memoriae.

- Giulia Soemia - (180 - 222)
Madre di Eliogabalo con cui governò, istituì il Senaculum mulierum (senatino delle donne), che si riuniva sul Quirinale per legiferare su ornamenti, vestiti, precedenze ed etichetta tra nobili romane. Questo governo non fu popolare, Soemia correva dietro alle passioni amorose e nel 222, Mesa, allontanatasi da Soemia ed Eliogabalo, fece adottare l'altro nipote, Alessandro Severo, ad Eliogabalo. Giulia si oppose, ma la guardia pretoriana, avendo ricevuto più denaro da Mesa, assassinò Soemia ed Eliogabalo. Poi Giulia fu riconosciuta come nemico pubblico, e condannata alla Damnatio Memoriae.

Giulia Mamea - (180 - 235)
Il figlio la nominò consors imperii ("consorte dell'impero"), associandola al comando, nessuna donna aveva mai ricoperto una posizione simile. La novità causò malumori nell'esercito e nei gruppi più tradizionalisti, che accusarono di debolezza il giovane imperatore, visto come succubo della madre. Mamea ricevette nel 224 il titolo di "Mater Castrorum" (madre degli accampamenti) e nel 226 di "Mater Senatus" (madre del Senato) e "Domina mundi" (Signora del mondo) e nel 228 di "Mater patriae" (madre della patria). Mamea controllava le decisioni del giovane imperatore, per cui a Mogontiacum (Magonza) alcune truppe si ribellarono e uccisero madre e figlio nella tenda imperiale. Non è provata però una Damnaio Memoriae.

ELIOGABALO

- Eliogabalo - (203 - 222)
Ebbe una vita dissoluta atteggiandosi in parte a un prostituto e in parte a un Dio. Odiò il cugino Alessandro (Severo) perchè amato dai soldati e dal popolo, al contrario di lui. Poi mise in giro la voce che il cugino era moribondo per vedere la reazione della guardia pretoriana. Alla notizia i soldati si ribellarono, pretendendo che Eliogabalo e Alessandro si presentassero nel loro accampamento, cosa che egli fece presentandosi al campo dei pretoriani nel 222, col cugino e la madre Giulia Soemia. Al suo arrivo i pretoriani acclamarono Alessandro, ignorando Eliogabalo, che ordinò l'arresto e l'esecuzione dei sostenitori di Alessandro,  ma i pretoriani assalirono l'imperatore e sua madre:
«Fece un tentativo di fuggire, e sarebbe riuscito a raggiungere un qualche luogo nascosto in una latrina, se non fosse stato scoperto e ucciso, all'età di diciotto anni. La madre, che lo abbracciò e lo strinse fortemente, morì con lui; le loro teste furono spiccate dal busto e i loro corpi, dopo essere stati denudati, furono prima trascinati per tutta la città, e poi il corpo della madre fu gettato in un posto o in un altro, mentre il suo venne gettato nel fiume.»
(Cassio Dione, Storia romana, LXXX, 20) Fu condannato alla Damnatio Memoriae dal Senato.

- Massimino Trace -  (235-238)
«Il giovane Massimino era di una superbia isolente, al punto che, mentre il padre, pur nella sua brutalità, si alzava in segno di deferenza di fronte a molti personaggi di un certo rango, lui al contrario se ne stava seduto.» 
(Historia Augusta - I due Massimini)
Nel 238 il Senato romano dichiarò Massimino nemico dello Stato, nominando imperatori Pupieno e Balbino. Massimino e Massimo si mossero allora verso l'Italia, ma Aquileia gli chiuse le porte, costringendolo ad un sanguinoso quanto inutile assedio. Le sue truppe, sofferenti per fame e malattie gli divennero ostili. I soldati della Legio II Parthica strapparono le sue immagini dalle insegne militari, poi lo assassinarono nel suo accampamento, assieme al figlio Massimo, mentre erano coricati sotto la tenda. Poi infilate le loro teste in cima a delle picche, ne fecero mostra agli Aquileiensi.
«I nemici del Senato, del Popolo romano, gli dei li perseguitano. O Giove Ottimo, ti ringraziamo. O Apollo venerabile, ti ringraziamo. Ai divi Gordiani dedichiamo dei templi. Il nome di Massimino, in passato già cancellato una volta, deve essere cancellato dagli animi. La testa del nemico pubblico sia gettata nel fiume. Il suo corpo rimanga insepolto. Colui che ha minacciato morte al Senato, ora è morto, come meritava. Colui che minacciava di mettere il Senato in catene, ora è stato ucciso, come è giusto che sia. Ringraziamo i santissimi Imperatori, Balbino, Pupieno e Gordiano III, gli dei vi salvino... » 
A Roma allora vennero abbattute le sue statue e le teste dei due ex-sovrani, furono inviate nell'Urbe, mentre i loro corpi furono mutilati e dati in pasto ai cani. Il Senato elesse imperatore il tredicenne Gordiano III e ordinò la "Damnatio Memoriae" per Massimino.
«Non esistono loro tombe. I loro cadaveri vennero, infatti, gettati nelle acque del fiume Tevere, e le loro teste furono bruciate sul Campo Marzio, fra gli insulti della folla.» 
(Historia Augusta - I due Massimini) 

TREBONIANO GALLO

- Treboniano Gallo - (206 - 253)
Non ostacolò mai le scorrerie di Goti, Borani, Carpi e Urgundi che tra il 252 e il 253 compirono saccheggi fino a Pessinunte ed Efeso. Marco Emilio Emiliano raccolse le truppe danubiane e marciò sull'Italia volendo combattere per conquistare il trono, cosa che indusse il Senato, dietro richiesta di Gallo, a dichiarare Emiliano hostis, nemico dello Stato. Treboniano prese con sé il figlio Volusiano e le truppe marciando verso nord; intanto ordinò a Publio Licinio Valeriano (200-260) di venire da lui con le legioni della frontiera del Reno.
Treboniano e Volusiano marciarono lentamente, in attesa dei rinforzi che non sarebbero mai giunti: lo scontro avvenne a Interamna, Emiliano vinse e Treboniano e Volusiano fuggirono fino a Forum Flaminii, dove vennero uccisi dai loro soldati. Treboniano aveva 47 anni e aveva regnato solo due anni.
Valeriano ordinò per lui la Damnatio Memoriae.

- Emiliano - (207 - 253)
Il mese successivo alla morte di Treboniano Gallo e suo figlio Volusio, Marco Emilio Emiliano ottenne il riconoscimento dal Senato romano, inizialmente a lui avverso, poi uscì da Roma per scontrarsi con Valeriano, finalmente giunto con le legioni settentrionali; lo scontro sarebbe dovuto avvenire vicino a Spoleto, ma i soldati di Emiliano passarono al nemico e uccisero il proprio imperatore. Pare che avesse promesso al Senato di sconfiggere i Goti e i Sasanidi e poi di riconsegnare il potere per accontentarsi del rango di generale; il suo governo è ricordato come "mite".
Intanto Valeriano, alla morte di Treboniano, fu elevato alla porpora imperiale dalle legioni della Rezia e scese in Italia contro Emiliano. Nel 253 gli eserciti di Valeriano ed Emiliano si scontrarono, ma i soldati di Emiliano decisero di abbandonarlo e lo uccisero forse a Spoleto presso un ponte, detto dei Sanguinarii. Dopo l'ascesa al trono di Valeriano, Emiliano e la moglie Cornelia Supera ricevettero la Damnatio Memoriae

- Cornelia Supera - 
Visse intorno al 253. fu la moglie dell'imperatore romano Emiliano, nonché augusta dell'Impero romano. Dopo la caduta del marito, i due augusti vennero sottoposti a damnatio memoriae, e i loro nomi cancellati dalle epigrafi.

Caro -
Nel 282 Probo guidava l'esercito romano in Norico e Rezia, quando i soldati gli si ribellarono proclamando, secondo una tradizione greca, Marco Aurelio Caro come augusto contro la propria volontà, per cui questi chiese consiglio a Probo prima che le truppe passassero alle vie di fatto; ma secondo la più numerosa tradizione latina, Caro fu il responsabile per la rivolta. Probo gli inviò alcune truppe, che però lo assassinarono passando dalla parte di Caro. Sebbene non si recò mai a Roma per ratificare la propria elezione dal Senato romano, Caro non di meno ne rispettò l'istituzione. Non ebbe nessuna Damnatio Memoria come hanno ipotizzato tanto più che venne divinizzato.

MASSIMIANO

- Massimiano - (revocata)
- Massimino Daia - «Non esistono loro tombe. I loro cadaveri vennero, infatti, gettati nelle acque del fiume Tevere, e le loro teste furono bruciate sul Campo Marzio, fra gli insulti della folla
(Historia Augusta - I due Massimini, 31.5.)
Subì la damnatio memoriae per ordine del senato.

MASSENZIO

Massenzio - (278 - 312)
Dopo la morte di Galerio gli altri due augusti, Licinio e Massimino Daia lasciarono a Costantino il compito di eliminare l'usurpatore. Costantino, riunito un grande esercito mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi, forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri. Costantino, dopo aver battuto due volte le truppe di Massenzio prima presso Torino e poi presso Verona, lo sconfisse definitivamente nella battaglia di Ponte Milvio, presso i Saxa Rubra sulla via Flaminia, alle porte di Roma, nel 312.

Licinio - (265 - 325)
Combattè contro le truppe veterane di Costantino (battaglia di Crisopoli), venendo sconfitto. Tratto prigioniero dinanzi a Costantino venne graziato e inviato a vivere come privato cittadino a Tessalonica; l'anno seguente, però, fu giustiziato per avere complottato una rivolta con l'aiuto di tribù barbare danubiane nel 325. Sembra venisse condannato alla Damnatio Memoriae ma non è certo.

FAUSTA

- Fausta - (290 - 326)
Nel 326 avrebbe accusato il figliastro Crispo, figlio della prima moglie di Costantino Minervina, di averla voluta sedurre per prendere il potere. Costantino le credette e fece imprigionare e poi mettere a morte Crispo. Poco dopo Costantino, convintosi dell'innocenza del figlio, l'avrebbe fatta morire chiudendola in un bagno caldo (terme) portato a una temperatura molto alta. 
Oppure la sua morte venne invece causata solo dal sospetto di adulterio con Crispo. Fausta subì la damnatio memoriae. Secondo l'imperatore Giuliano, Costantino si pentì per queste uccisioni, per cui si convertì al cristianesimo.

Crispo - (300 - 316)
Nel 326 fu fatto giustiziare dal padre a Pola, poco prima della condanna a morte di Fausta; sono ignote le ragioni delle due esecuzioni, anche se viene ampiamente accettata una relazione tra i due fatti. Alcuni storici antichi sostengono che Crispo e Fausta avessero una relazione, o che Fausta avesse accusato ingiustamente Crispo di averla molestata, e che poi Costantino l'avesse punita dopo aver scoperto l'inganno. La sorte della moglie e dei figli di Crispo è ignota. Crispo fu colpito da damnatio memoriae.

COSTANTINO II - SULLA CORDONATA ARACOELI

Costantino II - (317 - 340)
Costantino I aveva lasciato il potere a Costantino II, che regnava sulla parte occidentale dell'impero, meno Italia e Africa che erano sotto il controllo di Costante I, Flavio Dalmazio nipote di Costantino, aveva ricevuto la Grecia, e Costanzo II.
Costantino, Costanzo e Costante divennero imperatori nel 337. Costantino scese in Italia con un esercito contro Costante che gli inviò contro una forza per rallentarlo in attesa del giovane augusto col resto dell'esercito.
I generali di Costante finsero un attacco su Aquileia per poi ritirarsi e tendere una serie di imboscate a Costantino che li inseguiva; in una di queste, circondarono gli uomini di Costantino uccidendone molti, tra cui Costantino, il cui corpo fu gettato nel fiume Alsa. Costantino morì all'età di 23 anni, dopo aver regnato per tre anni; fu dichiarato nemico pubblico colpito da damnatio memoriae.

Foca - (547 - 610)
«Sarebbe superfluo elencare i nomi e le sofferenze delle sue vittime. La loro condanna era raramente preceduta da un processo, e la loro pena fu inasprita dalle raffinatezze della crudeltà: i loro occhi vennero forati, le loro lingue vennero tagliate, le mani e i piedi vennero amputati; alcuni spirarono sotto la frusta, altri nelle fiamme; altri ancora vennero trafitti dalle frecce; e una semplice morte veloce era una forma di pietà che raramente riuscivano a ottenere. L'ippodromo, l'asilo sacro dei piaceri e della libertà dei Romani, fu profanato con teste e arti, e corpi straziati.»
Nel 610 Eraclio fece catturare Foca dopo averlo deposto. Si avvicinò a Foca con un'ascia, gli chiese: «È così che tu hai governato l'impero?». Foca guardò Eraclio e si mise in ginocchio, ma non per implorare pietà, e rispose senza temere la morte: «E tu credi che lo governerai meglio?». Poi abbassò il collo e l'ascia d'Eraclio s'abbassò, tagliando la testa di Foca.
Per la sua crudeltà fu odiato dal popolo e condannato alla Damnatio memoriae.

LA CANCELLAZIONE DEL PAGANESIMO


DAMNATIO MEMORIAE PERPETRATA DAI PAPI SULLA STORIA DEI ROMANI

Ma la più imponente Damnatio Memoriae fu quella perpetrata dai Papi per cancellare la memoria dell'Impero Romano colpevole di essere pagano. Le statue in particolare vennero deturpate, spezzate, decapitate e calcinate. Non è rimasto un milionesimo (e non esageriamo affatto) di tutte le opere d'arte che ospitò il suolo italiano, per non parlare del resto in territorio extraitalico. 

Diceva Cicerone che Roma aveva più statue che cittadini, i quali all'epoca erano circa un milione. E' soprattutto grazie al seppellimento di Pompei, Ercolano. Oplontis e Boscoreale, condannati al seppellimento dal Vesuvio ma scampati alla distruzione cristiana, che abbiamo potuto capire la grandiosità e la bellezza artistica dell'Impero Romano altrimenti distrutto per sempre fino al XVX secolo. 

GERMANICO

Ne sia di esempio per tutti il busto di Germanico (15 a.c. - 19 d.c.) che venne inviato da Tiberio in Pannonia per sedare una pericolosissima rivolta, ma riuscì ad accattivarsi pure i loro animi tanto che le legioni, appreso da poco della morte di Augusto, gli garantirono il proprio appoggio se avesse desiderato impadronirsi del potere con la forza, ma egli rifiutò dimostrando allo stesso tempo grande rispetto per il padre adottivo Tiberio e una grande fermezza.

Così Germanico riscosse le simpatie di tutti e naturalmente quella dei Romani che lo adoravano per il suo carattere aperto, leale ed estremamente coraggioso. Tiberio dovette capìre perfettamente che era molto più amato di lui, che al contrario era inviso alla popolazione. Sulla sua morte sorsero molti sospetti di avvelenamento che egli stesso rivelò alla moglie prima di morire.

Ma in qualità di uomo molto amato dal popolo la chiesa lo deturpò e gli impresse in segno di vittoria cristiana la croce sulla fronte. E molte altre figure deturpò, soprattutto quelle che il popolo amò di più, perchè i pagani erano tutti dannati, in seguito passati al limbo, che però venne poi abolito.


BIBLIO

- Lendering, Jona - Damnatio Memoriae - Livius.org
- Friedrich Vittinghoff - Der Staatsfeind in der römischen Kaiserzeit, Untersuchungen zur damnatio memoriae - Berlin - 1936 -
- Eusebio di Cesarea - Vita di Costantini -
- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita -
- Wilkinson, Richard H. - "Controlled Damage: The Mechanics and Micro-History of the Damnatio Memoriae Carried Out in KV-23, the Tomb of Ay"- Journal of Egyptian History. - 2011 -
- Ronald Syme - Emperors and Biography: Studies in the Historia Augusta - Oxford - 1971 -


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