ARCO DI TITO





LA DEDICATIO

L’Arco di Tito sta sulla cima settentrionale del Palatino, nella parte ovest del Foro Romano, con incisa l'iscrizione:

"Senatus populusque romanus - divo Tito divi Vespasiani f(ilio) - Vespasiano Augusto", ossia

"Il Senato e il popolo romano al divino Tito, figlio del divino Vespasiano, Vespasiano Augusto"
Il monumento, dedicato da Domiziano al padre Vespasiano ed al fratello Tito, celebrava il fratello dopo la morte avvenuta nell'81 d.c., per ricordarne le vittoria in Giudea nel 71 d.c. e la distruzione di Gerusalemme.

Gli ebrei sempre ribelli alla dominazione romana, nonostante gli fosse stata riedificata magnificamente la loro capitale, non sopportavano soprattutto la presenza di altri templi con altri Dei che colpivano la loro religione monoteista.

Dell'arco stranamente non c'è menzione negli scrittori antichi, e neppure nei regionari costantiniani. Soltanto sopra un rilievo del sepolcro degli Aterii sulla Via Labicana, ora proprietà del Vaticano e custodito nell'invisitabile, Museo Lateranense, che rappresenta la Sacra Via dal Palatino fino al Colosseo, l'arco è effigiato con il nome di Arcus in Sacra Via summa.

" A Tito figliuolo di Vespasiano Imperadore degnissimo chiamato perciò meritamente Delicia generis humani fù eretto quest'Arco dal Senato per memoria delle sue imprese militari nobilissime e particolarmente per l'espugnazione di Gerusalemme.


La conquistò dopo averle posto uno stretto assedio poichè ridusse a tal angustia gli assediati che una madre come racconta Giosef Ebreo uccise e mangiò per la fame il proprio figliuolo (le calunnie sugli ebrei da parte della Chiesa erano d'obbligo in quanto gli ebrei non si convertivano mai) il che avvenne come scrive Eusebio nel libro III dell'Istoria Ecclesiastica secondo quello che Cristo Signor Nostro haveva di loro predetto per l'ingiusta Crocifissione del quale furono ridotti a quell'ultimo esterminio di modo che Tito per altro benignissimo vedendo tanta mortalità alzate le mani al Cielo esclamò che per opera sua queste cose non erano succedute e senza contar quelli che furono condotti in trionfo e condannati a cavar metalli arrivò il numero ad un milione e cento mila 400.

Per la celebrità dunque di questa così insigne Vittoria oltrechè nella Volta di dentro si vede egregiamente scolpita l'immagine di Tito si osserva ne fianchi dell'Arco da una parte in figura di Trionfante sopra d'un Carro tirato da quattro Cavalli al pari accompagnato da suoi Littori e dall'altra il Candelabro Ebreo con sette rami, le Tavole dell antica legge con le due Trombe da publicar il Giubileo trionfalmente portate e parimente la Mensa Aurea con il suddetto Candelabro chiamato Septilustre. 

Vedesi ancora alle spalle del medesimo Tito una Vittoria la quale porta nella sinistra una palma ldumea e con la destra sostiene sopra il di lui capo la Laura del Trionfo e la figura di Roma adornata con elmo e con asta che regge le redini de Cavalli, seguendo li Magistrati e Littori con rami d'alloro nelle mani. 

Quest'Arco che da Scrittori Ecclesiastici viene anche chiamato septem lucernarum per il menzionato Candelabro resta ancor in piedi assai però deformato con l'iscrizione intera nella facciata verso il Colosseo dove il titolo che vi si legge di DIVO par segno esser stato il medesimo eretto o almeno finito dopo la morte di Tito poichè non era solito darsi in vita. 

Ecco l'Iscrizione: 

SENATUS  POPVLVSQUE  ROMANVS  DIVO  TITO,  DIVI  VESPASIANI  F. VESPASIANO AVGVSTO

(Roma Antica e Moderna - 1700)



LA GUERRA CONTRO GLI EBREI

La storia della Palestina è documentata dallo storico ebreo Giuseppe Flavio, del I secolo d.c..

Giuseppe Flavio fu un comandante militare giudeo durante la guerra contro i romani del 66-74 d.c., oltre che legato del Sinedrio di Gerusalemme e governatore della Galilea durante la guerra giudaica del 66-74 d.c.

Costretto ad arrendersi con tutta la sua guarnigione, venne deportato a Roma dove collaborò con i romani diventando un protetto dell’imperatore Vespasiano assumendone da lui persino il nome Flavio.

Le sue opere più importanti, pervenute in greco ma probabilmente scritte in aramaico, sono le Antichità Giudaiche, storia dei giudei in venti libri dalle origini fino all'inizio della guerra giudaica, e la Guerra Giudaica, che narra i drammatici eventi della prima grande rivolta giudaica contro i Romani terminata con la sconfitta e la distruzione del tempio di Gerusalemme.



LA DESCRIZIONE

L'arco, formato da un'arcata unica, è rivestito con marmo greco pentelico ed è sorretto da quattro semi-colonne nei 4 lati. Si erge per un’altezza di 15,40 m, una larghezza di 13,50 m e una profondità di 4,75 m.

Nelle chiavi di volta sono raffigurate le personificazioni della Dea Roma e del Genio del popolo romano, mentre sull’archivolto le Vittorie alate, munite di stendardi, si librano su alcuni globi.

Due episodi del trionfo romano sono raffigurati su due grandi pannelli a rilievo, all'interno dell'arco.

Quello a sud rappresenta il corteo che sfila sotto la porta Trionfale, coi portantini che sostengono le spoglie del Tempio di Gerusalemme, tra cui le trombe d'argento e il candelabro a sette braccia.

Sulla prima piantina (ferculum) la mensa per i pani sacri e le trombe di argento e sulla seconda la Menorah; nel fondo si vedono tre soldati con tavolette (tituli), probabilmente con le iscrizioni sulla vittoria e il bottino di guerra.

Il corteo nel rilievo del fregio sul lato orientale, sotto l'epigrafe dedicatoria, continua con una processione e tori coronati per il sacrifizio, e in mezzo ad essi sopra un ferculum una statua coricata, la divinità forse del fiume Giordano.

Il pannello sull'altro lato raffigura Tito che avanza sulla quadriga, preceduto dai littori, coi fasci inclinati e seguito dagli equites, i cavalieri.

La Dea Roma dirige i cavalli tenendoli per il morso, mentre la Vittoria, sul carro del vincitore, incorona l'imperatore d'alloro.

La presenza di questo candelabro fece chiamare l'arco, durante il Medio Evo, “Portico delle Sette Lucerne”.

Si narrava che il candelabro ebraico, la grande Menorah, fosse tutta d'oro per cui, quando gli uomini che lo trasportavano si trovarono sul ponte Quattro Capi, iniziarono a litigare perché ognuno lo voleva per sé, provocandone la caduta nelle acque del fiume e quindi la perdita.

Leggenda infondata, perchè i soldati non avrebbero mai osato contendersi il bottino, perchè si sa poi che il tesoro di Gerusalemme fu custodito nel Tempio di Vespasiano e, da Procopio, che il candelabro fu risparmiato dall'incendio del suddetto tempio ma depredato da Genserico nel 455 d.c. e portato a Cartagine; di là, ripreso da Belisario, che ne scacciò i Vandali, fu portato a Costantinopoli poi rimandato a Gerusalemme.

Seguono dietro i rilievi della quadriga guidata da Tito, le rappresentazioni del Senato, con l'uomo in toga, e del popolo romano, un uomo a torso nudo. Nella parte centrale della volta, rivestita di splendidi cassettoni, compare nuovamente Tito raffigurato, stavolta su un’aquila, che s’innalza verso il cielo, a simboleggiare l'accoglienza nel mondo degli Dei e quindi la divinazione alla sua morte.
Esisteva un altro arco di Tito, nell'antica Roma, situato presso il Circo Massimo, purtroppo depredato e distrutto.



NEL MEDIOEVO

Il monumento deve l’ottimo mantenimento, come l'arco di Giano, grazie alla sua inclusione, nel Medio Evo, all’interno della roccaforte dei Frangipane.

La strada all'epoca stava al disotto del livello antico, infatti i travertini delle fondamenta sono danneggiati dall'attrito dei carri che passavano. Nella metà superiore dell'arco fu nel medioevo costruita una stanza e per il suo pavimento furono sacrificati nella parte inferiore i bei rilievi figurati.

Sotto Sisto IV (1471-1484) furono tolte la maggior parte di queste aggiunte. Come evidenzia l'incisione sull’attico dalla parte del Foro, esso fu ristrutturato nel 1716 dal pontefice Clemente XII, un pezzo però della torre medievale che sovrastava all'attico durò fino al principio del sec. XIX.

Quando nel 1821 furono distrutte anche le ultime parti medievali dell'arco, si vide che i piloni laterali erano assai danneggiati, per cui dovettero essere restaurati quasi interamente.

Il restauro da Pio VII fu affidato al Valadier nel 1823 che lo eseguì con cura.

Le parti restaurate sono di travertino, e mancano di quelle ricche decorazioni che ornano le originali, e perciò facilmente si distinguono da esse.

Probabilmente la Chiesa salvò l'arco proprio per ciò che rappresentava, lo sterminio degli ebrei e la distruzione di Gerusalemme, visto che gli ebrei furono da subito condannati dai cristiani come gli assassini di Cristo, dimenticando che furono proprio i Romani a crocifiggerlo.

Da qui la persecuzione cristiana degli ebrei che finirono spesso sui roghi o linciati dalla folla, spesso accusati di profanazioni e crudeltà sui bambini, la stessa accusa subita dai cristiani nelle epoche di persecuzioni.


BIBLIO

- Giuliano Malizia - Gli archi di Roma - Newton Compton Ed. - Roma - 2005 -
- Silvio De Maria - Gli archi onorari di Roma e dell'Italia romana - L'Erma di Bretschneider - Roma 1988 -
- Roma, al Circo Massimo spuntano i resti dell'antico arco di Tito - su -spettacoliecultura.ilmessaggero.it. -
- James C. Anderson - Architettura e società romana - Baltimore - Johns Hopkins Univ. Stampa - a cura di Martin Henig - Oxford - Oxford Univ. - Comitato per l'archeologia - 1997 -
- L. Quilici, S. Quilici Gigli - Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica - L'Erma di Bretschneider - 1997 -
- Filippo Coarelli - (curatore) Dictionnaire méthodique de l'architecture grecque et romaine -1985-





10 comment:

Anonimo ha detto...

Molto lodevole questa critica all'intoleranza ebrea. Molto bene.
E é anche divertente le altre critiche a quella cattolica.
Vedo un pò di reminiscenze neopagane nei testi. Va bene così.

(Scusa il mio italiano)

(Catalogna.Spagna)

Anonimo ha detto...

Stupendo il commento del tutto gratuito sull'intolleranza cristiana. A questa gente sfugge un piccolo particolare: i pagani odiavano gli ebrei quanto i cristiani, per il semplice fatto che sia i cristiani, che i pagani erano romani. I romani odiavano gli ebrei, come tutte le altre civiltà che si sono susseguite nei secoli. Al posto di inventarti "fratture" e contrapposizioni tra Impero pagano e Impero cristiano, perché non ne sottolinei gli elementi di continuità?

Coglione

Anonimo ha detto...

In realtà i Romani non transigevano su coloro che anteponevano la religione a Roma e all'imperatore è un pò diverso. Infatti tutte le religioni monoteiste erano avulse agli ideali della Roma antica, quella ebraica come quella cristiana che tra l'altro hanno molti punti in comune e altrettante origini. Il cristianesimo voleva capovolgere gli ideali dell'impero e come tale veniva visto come nemico, poi, da quando è stata considerata religione di stato l'intolleranza cristiana è stata tra le più spietate viste su questo pianeta, non a caso ha ucciso, tortursato, perseguitato e distrutto tutto ciò che rappresentasse il paganesimo, calcinando i stessi templi pagani. La storia oramai parla diffusamente della distruzione che ha apportato la cristianità sui culti romani, peccato che ci sia sempre qualche cristiano in vena di confutare la storia perchè gli si tocca il credo. Ieri come oggi sempre lo stesso modus operandi, non cambiano mai.

Roberto Cremonese on 11 giugno 2017 alle ore 09:59 ha detto...

L'arco dedicato a Tito,è una delle tante prove storiche che Gesù Cristo profetizzò senza fallo, la distruzione di Gerusalemme con il suo Tempio e,la deportazione dei sopravvissti. (Vang.Luca 21;20-24).Da quel tempo, la Vera Fede NON guardava più ad un Tempio terreno, ma bensì:alla Nuova Gerusalemme Celeste!(Apoc.cap.21).Qui sulla terra invece ha prevalso la guerra degli dèi sanguinari,recando ai popoli schiavizzati dal potere temporale, l'altra Profezia rivolta ai falsi cristi apostati e al mondo idolatra,ovvero: "Ivi, vi sarà il pianto e lo stridor dei denti".(Mat.25;30). Perchè il mondo diabolico senza DIO deve culminare nella consumazione dell'ira Sua! (Ap.20; 7 a 10).

Anonimo ha detto...

Scacco matto atei

Andrea on 7 febbraio 2019 alle ore 20:27 ha detto...

Salve, è possibile avere delle fonti sul restauro del 1716 di Clemente XII? non riesco a trovare nulla. Grazie

Anonimo ha detto...

tito i soldi non puzzano eh

Unknown on 29 maggio 2020 alle ore 14:18 ha detto...

Gesù disse: “Verranno su di te i giorni in cui i tuoi nemici ti costruiranno intorno una fortificazione di pali appuntiti, ti circonderanno e ti assedieranno da ogni parte. Abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te, e non lasceranno in te una pietra sopra l’altra” (Luca 19:43, 44).
Nel giugno del 70 Tito diede ai suoi soldati l’ordine di abbattere gli alberi delle campagne della Giudea e di utilizzarli per costruire intorno a Gerusalemme una fortificazione di pali appuntiti lunga 7 chilometri. A settembre i romani avevano ormai saccheggiato e dato alle fiamme la città e il tempio; come Gesù aveva predetto, non era rimasta una pietra sopra l’altra (Luca 19:43, 44). Secondo una stima prudente, “a Gerusalemme e nel resto del paese morirono dalle 250.000 alle 500.000 persone” (Josephus. The Jewish War, a cura di G. Cornfeld & others).
L'arco di Tito per alcuni è una bellissima opera d’arte, per altri è un tributo al potere della Roma imperiale, per altri ancora è un epitaffio in memoria della caduta di Gerusalemme e del suo tempio.
Ma per i lettori attenti della Bibbia l’Arco di Tito ha un significato ancora più profondo: è una testimonianza dell’affidabilità e dell’accuratezza delle profezie bibliche, e dimostra con forza che sono davvero ispirate da Dio (2 Pietro 1:19-21).

Anonimo ha detto...

Sinceramente dai commenti si capisce come molti non abbiano mai aperto un libro di storia. Poi ci meravigliamo se dai sondaggi risulta che gli studenti al 5° superiore hanno una preparazione terra-terra di scuola media inferiore. Voi non sapete nemmeno cosa significa "pagano" eppure scrivete.

Anonimo ha detto...

Qualcuno sa, per favore, chi sia l'autore del dipinto? Grazie.

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