CULTO DI ATTIS





"La Vergine nel suo luogo celeste cavalca il Leone!
Portatrice di frumento, Inventrice della legge,
Fondatrice delle città, dai cui doni deriva
la fortuna degli uomini di venire a conoscenza degli Dei:
per questo Lei è la madre degli Dei;
Pace! Virtù! Cibele, che soppesa la vita
e le leggi nella sua Equità."

Cibele, madre degli Dei, era adorata a Pessinonte, in Frigia, come Grande Madre, divinità della Terra e protettrice dei campi e dell'agricoltura. E' stata rinvenuta una epigrafe di origine ebraica che dice: 
"AD ATTIS, IL DIO SUPREMO CHE TIENE UNITO L'UNIVERSO." 



IL MITO

Cibele era la Grande Madre, di uomini e Dei, quindi la prima fra gli Dei, la mai nata, l'eterna. Come tutte le Dee mediterranee e asiatiche era Vergine, ma nel senso antico cioè non si asteneva dall'accoppiamento, ma era colei che non era sottoposta all'uomo, che non aveva marito. Infatti già tra i Romani la vergine nel senso odierno era chiamata "virgo intacta". 

Così la Dea partorì un figlio, Attis, addirittura senza il concorso del maschio. Questi crebbe e da adulto divenne il suo paredro, a lei sottoposto. Ma Cibele era un'amante gelosa, e quando Attis la tradì innamorandosi di una ninfa, per altri della figlia del re Mida, per vendetta lo fece impazzire si che il Dio si evirò. 

Dal sangue caduto in terra nacquero delle viole che commossero la Madre Divina. Cibele fece si che il corpo di Attis non imputridisse e che i suoi capelli continuassero a crescere. Seppellì poi i genitali di Attis, che diventò così Dio della vegetazione, che ogni anno muore e resuscita. 



IL CRISTO VEGETAZIONE ANNUALE

L'umanità pensò che cola morte della vegetazione creata dalla Dea Adre, l'energia della vegetazione morta riconfluisse alla Madre natura che l'accoglieva nel suo grembo e la faceva rinascere nell'anno successivo.

Molte divinità divennero da allora il mito della vegetazione annuale, che è quella di cui principalmente l'uomo si nutre, dai cereali ai legumi e alle varie verdure a foglia. Una di queste fu il Cristo che nasce al solstizio di inverno come seme, muore come seme ma si rigenera come pianta all'equinozio di primavera.  

In un altro mito, forse successivo, Cibele amò il giovane Attys nei boschi della Frigia (oggi Turchia). Quando lui non resistette poi alla ninfa Songaride, Cibele lo fece impazzire; Atys si fece male e alla fine si gettò da una rupe. A quel punto Cibele lo salvò afferrandolo per i capelli: che si trasformarono in chioma, il suo corpo in tronco, e i suoi piedi toccarono la terra come radici formando il pino, albero a lui sacro. 

Il culto che i sacerdoti dedicavano a Cibele era definito dai Greci, orgiastico, perchè era cruento, associato a musica strepitosa e spesso accompagnato da volontarie lesioni ed auto evirazioni. L'ellenizzazione del culto, così come avvenne per quello di Baal e Tanit, portò ad un'epurazione delle manifestazioni più selvagge, prima in Grecia, ma soprattutto a Roma.



IL LAPIS NIGER


Così la Pietra Nera di Cibele fu portata nel cuore del Palatino, dove giace tutt'ora col nome di Lapis Niger, erroneamente attribuito alla tomba di Romolo, teoria oggi ufficialmente sconfessata.

Ora i leoni di pietra erano il simbolo sia della Magna Mater che di Cibele, il che fa pensare che sotto al marmo che non è affatto nero, ma grigio chiaro, come si vede in foto, ci fosse realmente una pietra nera, probabilmente un meteorite.

Pindaro:
"Una è degli uomini
Una la stirpe dei Numi.
Da sola una madre
Entrambi traiamo il respiro
".


IL RITO

Le cerimonie si svolgevano in marzo con due processioni. Veniva ricordata la morte di Attis con nove giorni di digiuno ed astinenza, dopo i quali si celebrava la resurrezione del Dio, collegata al risveglio primaverile della natura, il 25 marzo, con le Hilaria, feste con musiche ossessive ed assordanti, in un delirio orgiastico.

A partire dal II secolo, nello spazio davanti al tempio, cosparso di sabbia, si svolgeva la cerimonia del "taurobolium", dedicata alla salvezza dell'Imperatore o della sua famiglia, culminante nel sacrificio di un toro. L'adepto veniva posto in una buca, la fossa sanguinis, coperta da una tavola forata, su cui veniva sgozzato il toro. 

Il sangue che investiva l'iniziato, gli conferiva la forza dell’animale. Fino al III-IV secolo d.c. le feste di Cibele e Attis si svolsero a Roma in marzo, nei giorni intorno all'equinozio di primavera.



TRISTIA

Era la festa per la ricorrenza della vicenda di Attis e la sua morte. In questa occasione i sacerdoti della Dea portavano al tempio di Cibele un pino che avevano precedentemente tagliato. 

Qui l’albero veniva fasciato con delle bende di lana e veniva ornato con delle violette. 
Due giorni dopo si assisteva ad un rito davvero molto particolare.

I sacerdoti infatti utilizzavano dei coltelli con i quali si laceravano le braccia e le spalle e delle fruste con le quali si percuotevano la schiena. Il tutto veniva seguito da una danza al suono di tamburi, flauti e cembali.

Molto interessante è anche il fatto che questa cerimonia basata sul sangue e sulle ferite riviva cerimonie che ancora oggi vengono messe in atto ancora nel rito cattolico nel corso del venerdì santo, soprattutto nell’Italia meridionale.


BIBLIO

- Maarten Jozef Vermaseren - Cybele and Attis: the Myth and the Cult - Thames and Hudson - Londra - 1977 -
- AAVV - "Cibele" - in Il Pincio - Roma - Edizioni De Luca - 2000 -
- Giulia Pedrucci - Cibele Frigia e la Sicilia: i santuari rupestri nel culto della dea - L'Erma di Bretschneider - Roma - 2009 -
- Giuseppe Maggiore - La Sacra Pigna. Gli antichi riti di Cibele e Febronia - Amedit, nº 11 - 2012 -
- Philippe Borgeaud - La madre degli dei: da Cibele alla Vergine Maria, Morcelliana - Brescia - 2006



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