PARTI (Nemici di Roma)



PRIGIONIERO PARTICO TRASCINATO IN CATENE DA UN SOLDATO ROMANO
(ARCO DI SETTIMIO SEVERO)

"Come un tempo facevano i Re dei Parti, che permettevano di essere avvicinati solo da chi portava loro dei doni, ma sapevano mostrare maggiore gradimento e gioia nel rice­vere i piccoli omaggi dei poveri che i grandi regali dei Principi. I Parti: popolo nomade di probabile origine scitica, stanziatosi (III sec. a.c..) in Persia. Crearono un impero esteso dall'Eufrate alla Siria. Nel periodo di massimo splendore, sotto il regno di Mitridate I (174-136 a.c.), furono i più grandi antagonisti di Roma."
(Alessandro Geraldini)

L'Impero partico (247 a.c. – 224 d.c.), o arsacide, fu una potenza iranica dell'antica Persia. Retto dalla dinastia arsacide, fu fondata da Arsace I, capo della tribù nomade scitico-iranica dei Parni, che fondò l'Impero a metà del III secolo a.c. conquistando la Partia, nel nord-est dell'Iran, in rivolta contro l'Impero seleucide. 

Le guerre romano-partiche furono combattute tra l'Impero Romano e i Parti per la durata di circa tre secoli, con battaglie avvenute principalmente lungo il fiume Eufrate, dalle sue sorgenti fino alla Mesopotamia e al deserto di Palmira. Il primo Impero persiano fu detto Achemenide (della dinastia degli Achemenidi) comprendente l'attuale Persia e molti altri domini, fondata da Ciro il Grande nel 550 a.c.. 
Crollò nel 332 a.c. ad opera di Alessandro Magno. 

Sotto Mitridate I di Partia (r. c. 171–138 a.c.) l'Impero partico si espanse, conquistando la Media e la Mesopotamia a danno dei Seleucidi. Al suo culmine (I secolo a.c.), si estese dall'Eufrate (Turchia sud-est) all'Iran orientale. Con il passare dei secoli la civiltà persiana prevalse su quella ellenistica

I re arsacidi erano detti "Re dei Re" , la sede del governo fu spostata a Ctesifonte lungo il Tigri (sud di Baghdad, Iraq). I primi nemici dei Parti furono i Seleucidi a ovest e gli Sciti a est, poi gli armeni e poi i Romani. Roma e la Partia si contesero per secoli il controllo indiretto sull'Armenia ma nessuno riuscì a togliere territori stabilmente all'altro. 

L'Impero dei Parti cadde quando Ardashir I, un re vassallo dei Parti, detronizzò l'ultimo re, Artabano IV, nel 224 d.c..  Ardashir fondò l'Impero sasanide, a parte alcune iscrizioni molta della storia dei Parti è pervenuta da fonti greche e romane. 

Il secondo impero persiano fu Sasanide, la guerra tra la Repubblica romana ed Antioco III (241 a.c. - 187 a.c.) segnò l'inizio di una serie di battaglie, in cui Roma sconfisse i Seleucidi, poi i Parti e poi il Regno del Ponto, governato dal re Mitridate VI, sconfitto infine da Gneo Pompeo Magno.
I Romani spostarono i confini di Roma ancora più a oriente, creando le province della Bitinia e Ponto, della Cilicia e della Siria, per rivolgersi poi ai Parti.

Per circa due secoli e mezzo, dal 363, subito dopo la campagna sasanide di Giuliano, i due imperi si batterono per i predominio del Medio Oriente, finchè gli Arabi inglobarono l'antico regno sasanide e si sostituirono allo stesso nel combattere l'Impero bizantino.



I COSTUMI DEI PARTI 

FANTE DEI PARTI
I costumi dei Parti erano profondamente diversi da quelli romani, e le antiche donne persiane erano guerriere che combattevano in battaglia, chiamate "Amazzoni" da Alessandro Magno. Artemisia fu grande stratega navale caria e acquistò fama combattendo come generale persiano contro i greci. 

Candace, regina della Nubia, fu grande condottiera anche se Strabone la diceva brutta e cieca da un occhio. Sicuramente lo era, ma ciò non toglieva valore alle sue capacità di grande stratega, Le donne insomma erano libere e rispettate e c'era sotto Ciro la libertà di religione.

Poi i tempi cambiarono, gli uomini si imbarbarirono e le donne vennero sottomesse e avvilite, ma a loro volta gli uomini divennero sottomessi ai re e alla religione in modo schiavistico. Tra Romani e Parti c'era grande differenza, le donne romane potevano divorziare (almeno da Augusto in poi), le donne dei Parti no. Un romano poteva avere una sola donna per volta, i Parti ne potevano avere quante ne potevano mantenere. 

Un romano non si inginocchiava nè si prostrava in terra, nè per gli Dei nè per l'Imperatore, i Parti si inginocchiavano e si prostravano, agli Dei e all'Imperatore. I Romani erano garantiti nei loro diritti dalle loro leggi, i monarchi Partici godevano di un potere assoluto su tutti i sudditi. 

I Romani adoravano gli Dei in modo molto relativizzato e razionale, chi frequentava troppo i templi veniva giudicato fanatico e quindi con poco equilibrio psichico. L'adorazione dei Parti non conosceva limiti nè al fanatismo, nè al sacrificio. non fu un caso che la predicazione del Cristo. di tono molto libertario e liberante, venne trasformato all'uso orientale in un dovere di obbedienza e sacrificio.



I COSTUMI MILITARI

I Parti utilizzavano in combattimento unità di cavalleria pesante corazzata, i catafratti, appoggiata da abilissimi arcieri a cavallo. Ai Romani, che si affidavano alla fanteria pesante, ebbero molti problemi nelle battaglie. Per contro la mancanza di fanteria non consentiva ai Parti di assediare le città, ben difese dai Romani. 

Naturalmente i Romani osservavano diligentemente ogni accorgimento nemico per cui, pur mantenendo la preziosa fanteria legionaria, assoldarono mercenari orientali per la cavalleria e gli arcieri, completandoli con vari oggetti da lancio sia da lontano coi giavellotti, sia da vicino con frombolieri e lanciatori di pietre.

CAVALIERE PARTICO (PALAZZO MADAMA - TORINO)


CONTRO ANTIOCO III (191-190 a.c.)

- 191 a.c. - Battaglia di Corico - Tra Gaio Livio Salinatore e Antioco III
- 191 a.c. - Battaglia delle Termopili - I Romani sotto Marco Acilio Glabrio sconfiggono Antioco III il Grande e lo costringono a fuggire in Grecia.
- 190 a.c. - Battaglia dell'Eurimedonte - Forze romane sotto Lucio Emilio Regillo sconfiggono una flotta seleucide comandata da Annibale, che combatte la sua ultima battaglia
- 190 a.c. - Battaglia di Myonessus - Un'altra flotta seleucide è sconfitta dai Romani
- 190 a.c. (dicembre) - Battaglia di Magnesia - (presso Smirne) I Romani sotto Lucio Cornelio Scipione e suo fratello Scipione Africano maggiore sconfiggono Antioco III il Grande nella decisiva vittoria della guerra.



LUCIO CORNELIO SILLA (96 a.c.)

Un anno dopo che Mitridate II aveva conquistato l'Armenia, Lucio Cornelio Silla, proconsole della provincia di Cilicia, firmò col diplomatico partico Orobazo nel 96 a.c. un trattato che riconosceva il fiume Eufrate come confine tra la Partia e Roma.

«Dopo l'anno di pretura,  fu inviato in Cappadocia. Motivo ufficiale della sua missione era il porre di nuovo sul trono Ariobarzane I. In verità egli aveva il compito di contenere e controllare l'espansione di Mitridate, che stava acquisendo nuovi domini e potenza non inferiori a quanti ne aveva ereditati
(Plutarco, Vita di Silla, 5.) 

«Lucio Cornelio Silla soggiornava lungo l'Eufrate, quando venne a lui un certo Orobazo, un parto, ambasciatore del re degli Arsacidi. Fu il primo romano che i Parti incontrarono, chiedendo alleanza e amicizia. S racconta che Silla fece disporre tre sgabelli, uno per Ariobarzane I, uno per Orobazo e uno per sé, e li ricevette mettendosi al centro tra i due. Alcuni lodano Silla, perché ebbe un contegno fiero di fronte a due barbari, altri lo accusano di impudenza e vanità. Il re dei Parti, da parte sua, mise poi a morte Orobazo
(Plutarco, Vita di Silla, 5.)

Nonostante il trattato, nel 93 a.c. la Partia combatté una guerra in Siria contro il capo Laodice e quando uno degli ultimi monarchi seleucidi, Demetrio III Euchero, tentò di assediare Beroea (Aleppo), la Partia inviò aiuti a Beroea e Demetrio fu sconfitto.



MITRIDATE II (92 a.c.)

Nel regno di Mitridate II, l'Impero partico fu diviso tra Gotarze I che governò la Babilonia, e Orode I che governò la Partia. Poi Tigrane II di Armenia vinse e annetté il territorio partico alla Mesopotamia occidentale, che tornò in mano partica sotto Sanatruce, re dei Parti della dinastia arsacide.(r. 78–71 a.c.).

Nella III guerra mitridatica, Mitridate VI del Ponto, alleato del re d'Armenia Tigrane II, chiese ai Parti aiuti contro Roma, ma rifiutarono. Tigrane minore, figlio di Tigrane II, fallita  l'usurpazione del trono paterno, fuggì presso Pompeo, promettendo che gli avrebbe fatto da guida in Armenia; ma quando Tigrane II si sottomise a Roma come re cliente, Tigrane minore fu condotto a Roma come ostaggio. 



 LUCIO LICINIO LUCULLO 

- 69 a.c. - Battaglia di Tigranocerta - Lucullo sconfisse Tigrane II d'Armenia, genero di Mitridate e suo alleato, presso cui Mitridate VI del Ponto s'era rifugiato. Quando Lucullo marciò contro la capitale dell'Armenia Tigranocerta, Mitridate VI e Tigrane II chiesero aiuto a Fraate III che rifiutò e riconfermò con Lucullo l'Eufrate come confine tra Partia e Roma.

68 a.c. - Battaglia di Artaxata - 
Lucullo sconfisse ancora Tigrane, assediò Artaxata ma non entrò in città a causa degli ammutinamenti tra le sue truppe. Le truppe di Lucullo assediarono ed espugnarono Nisibi del regno d'Armenia.

68 a.c. - Battaglia di Comana Pontica -
combattuta tra il legatus di Lucullo, Gaio Valerio Triario, contro il regno del Ponto, comandate da Mitridate VI che venne sconfitto.

67 a.c. - Battaglia di Zela - 
Venne combattuta tra il legatus di Lucullo, Gaio Valerio Triario, contro il regno del Ponto, comandato da Mitridate VI, ma il re pontico vinse sul comandante romano, nella stessa località dove Cesare vent'anni più tardi otterrà una delle sue più memorabili vittorie. 

STATUA IN BRONZO DI NOBILE PARTICO


POMPEO MAGNO

- 66 a.c. - Battaglia di Nicopoli al Lico - 
Pompeo trionfò su Mitridate, re del Ponto. 
«Pompeo gli tenne dietro, desiderando di venire a battaglia. Ma non poté fare ciò prima che il nemico raggiungesse i confini della regione. Infatti di giorno non riusciva ad attaccarlo, poiché non uscivano dall'accampamento, di notte non osava, poiché non conosceva i luoghi. Quando si accorse che Mitriadate stava per sfuggirgli, si vide obbligato ad attaccarlo di notte
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XXXVI, 48.3.)

Pompeo raggiunse una valle stretta tra le colline, fece accampare i suoi soldati sulle vette e attese il nemico che giunse tranquillo senza esploratori o vedette. Pompeo piombò su di loro nel buio. I Pontici non avevano nessuna fiaccola e non si era levata la luna:
« Inizialmente tutti i trombettieri intonarono ad un segnale convenuto, nello stesso momento, il segnale dell'attacco. Subito i legionari e tutti coloro che li seguivano alzarono il grido di guerra. Gli uni battevano le lance contro gli scudi e gli altri colpivano con i sassi gli oggetti in bronzo
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XXXVI, 49.1.)

« I Romani che attaccavano con la luna alle spalle, essendo la luce vicina all'orizzonte, proiettavano un'ombra molto lunga sul nemico che non riusciva a calcolare la distanza dei Romani, supponendo  fossero già vicini, lanciarono i giavellotti senza colpire nessuno. I Romani caricarono sul nemico con forti grida, e quando il nemico non fu più in grado di mantenere la posizione, fuggì con grande panico, tanto che più di 10000 furono uccisi, e il loro campo catturato. Mitridate fuggì rompendo lo schieramento romano con 800 cavalieri che però furono  dispersi e rimase con tre compagni. »
(Plutarco, Vita di Pompeo, 32.6-7.)

Pompeo fece da paciere tra Fraate e Tigrane II, inviando tre arbitri, e si riconciliarono, poiché la sconfitta di uno dei due avrebbe favorito i Romani. Alla fine fu trovato un accordo tra la Repubblica ed il regno dei Parti, secondo cui il fiume Eufrate avrebbe costituito, d'ora in poi, il confine tra i due stati.

65 a.c. - Vennero da Pompeo gli ambasciatori del re dei Parti per rinnovare il trattato esistente, dato che aveva sottomesso l'Armenia e il Ponto, e Gabinio si era spinto fino al Tigri, preoccupando il sovrano partico Fraate III, a cui Pompeo richiese la Conduene, la regione che Fraate e Tigrane si stavano litigando. Non ricevendo risposta da Fraate, inviò il legato Lucio Afranio a prenderne possesso, respingendo le forze partiche, per poi concederlo a Tigrane.



AULO GABINIO (56 - 51 a.c.)

Nel 56 a.c. Aulo Gabinio, governatore della Siria, fu fermato dal Senato che non voleva dare battaglia prima di invadere la Mesopotamia dei Parti. Gabinio venne invitato a intervenire tra gli eredi al trono del re dei Parti, Fraate III, morto nel 57 a.c., sostenendo Mitridate III di Partia, contro il fratello Orode II, ma venne fermato prima di traversare l'Eufrate. 

Nel 55 a.c. però Orode II inviò un esercito imponente sotto il comando dell'erede al trono, Pacoro I, fin sotto le mura di Antiochia. Ricordando la disfatta di Crasso sperava di riappropriarsi dei territori romani.
 I superstiti dopo la disfatta di Crasso, con due nuove legioni in più, erano passati al comando di Gaio Cassio Longino che respinse l'invasione nel 51 a.c. sconfiggendo più volte i Parti, indeboliti dalla morte del Surena, fatto uccidere per gelosia da Orode. 



MARCO LICINIO CRASSO (53 a.c.)

- 53 a.c. - Battaglia di Carre (Carrhae) - 

Già sotto la Repubblica, nel 54-53 a.c., Roma aveva tentato di conquistare la Partia con 50000 legionari romani, ausiliari e alleati orientali. Nella prima campagna, i romani, guidati da Marco Licinio Crasso, associato politico di Cesare e Pompeo, avevano occupato parte del territorio nemico oltre la frontiera. 

Il triumviro e proconsole della Siria, Licinio Crasso decise di intervenire contro i Parti in aiuto di Mitridate, spingendosi fino in India, ma non aveva le capacità militari di Pompeo o di Cesare, non era sufficientemente documentato sul territorio nemico né sulle tattiche della temibile cavalleria dei Parti.
 
Orode II inviò contro Crasso il suo miglior generale, Surena, mentre egli con un altro esercito invase l'Armenia, affinchè non intervenisse l'alleato di Roma Artavasde II di Armenia. Alla fine Orode ruppe l'alleanza con Roma e si alleò con Artavasde.

Surena si scontrò con Crasso nella battaglia di Carre con 20 000 romani caduti sul campo di battaglia, 10 000 catturati, e 10 000 circa in fuga verso occidente. Crasso accettò un colloquio con Surena, ma uno dei legati di Crasso, sospettando un tranello, tentò di fermarlo mentre cavalcava verso l'accampamento di Surena, uccidendolo.

Surena entrò vincitore a Seleucia portando i romani prigionieri e un immenso bottino ma, temendo ambisse al trono arsacide, Orode lo fece giustiziare. Così Pacoro I e il suo comandante Osace saccheggiarono la Siria fino ad Antiochia nel 51 a.c., ma vennero respinti da Gaio Cassio Longino, che in un'imboscata uccise Osace. 

BASSORILIEVO SASANIDE

GIULIO CESARE  (47 a.c.)

47 a.c. (maggio) - Battaglia di Zela - Cesare sconfigge il re Farnace II del Ponto, è la battaglia del Veni, vidi, vici. (venni, vidi, vinsi). Cesare fu uno dei pochissimi che riuscì a sconfiggere pesantemente i Parti, grazie al suo grandissimo genio militare.

Cesare stava programmando, poco prima della sua morte, due campagne militari che forse avrebbero cambiato il mondo che conosciamo: in Dacia contro le popolazioni getiche di Burebista ed in Partia:

« ...a Cesare fecero concepire progetti di imprese ancora maggiori, suscitando in lui un desiderio di gloria, come se quella di cui godeva fosse già esaurita... Preparava una spedizione militare contro i Parti, e sottomessi costoro pensava di attraversare l'Ircania costeggiando il mar Caspio ed il Caucaso, aggirare il Ponto, invadere la Scizia, percorrere le regioni vicine alla Germania e la Germania stessa, e sarebbe rientrato in Italia passando per la Gallia, chiudendo così in un cerchio i suoi domini, di cui l'Oceano avrebbe costituito tutto intorno il suo confine »
(Plutarco, Vite parallele - Cesare, 58)

« Cesare concepì l'idea di una lunga campagna contro Geti e Parti. I Geti sono una nazione che ama la guerra e una nazione vicina, che doveva essere attaccata per prima, I Parti dovevano essere puniti per la perfidia usata contro Crasso. »
(Appiano di Alessandria, Guerra civile, 2.110.)

Già dall'autunno del 45 a.c. ebbero inizio i preparativi di guerra, stabilendo i mandati politici delle magistrature più importanti nella sua assenza. Ad Apollonia si preparavano 16 legioni e 10.000 cavalieri per la primavera del 44 a.c., tre giorni dopo le famose idi di marzo, quando Gaio Giulio Cesare venne assassinato privando Roma del migliore generale di tutti i tempi. 



POMPEO MAGNO (42 a.c.)

Gli Arsacidi inviarono soldati per sostenere le truppe dei cesaricidi nella Battaglia di Filippi del 42 a.c.. Il re dei Parti Fraate (37 al 2 a.c.) chiese a Pompeo di consegnargli Tigrane minore, Pompeo rifiutò e Fraate invase la Turchia sudorientale, ma venne respinto dall'esercito del console romano Lucio Afranio. 

Morto Fraate III, assassinato dai figli Orode II e Mitridate III, in Partia fu guerra per la successione e Orode costrinse Mitridate a fuggire in Siria romana. Aulo Gabinio, proconsole della Siria, volle sostenere Mitridate, ma desistette per soccorrere Tolomeo XII Aulete in una rivolta in Egitto. Comunque Mitridate conquistò Babilonia, ma il generale di Orode Surena riconquistò la Seleucia e lo fece giustiziare.



QUINTO LABIENO (40 a.c.)

Quinto Labieno, fedele a Cassio e Bruto, figlio di Tito Labieno, fedele a Cesare e poi a Pompeo, si schierò con la Partia contro il II triumvirato nel 40 a.c. e poi invase la Siria insieme a Pacoro I. 
Marco Antonio non combattè i Parti dovendo recarsi in Italia per radunare l'esercito contro Ottaviano, per poi negoziare con lui a Brindisi. Occupata la Siria da Pacoro, Labieno invase l'Anatolia mentre Pacoro invase la Siria romana.

Intanto in Giudea, le forze ebraiche pro-romane condotte da Ircano II, Fasaele, ed Erode, furono sconfitte dai Parti e dal loro alleato ebraico Antigono II Mattatia incoronato re di Giudea mentre Erode fuggiva a Masada. 



PUBLIO VENTIDIO BASSO (39 a.c.)

Publio Ventidio Basso, un alto ufficiale di Marco Antonio, cacciò i Parti dalla Siria, poi sconfisse e fece giustiziare Labieno nella Battaglia delle Porte Cilicie nel 39 a.c.. Ancora sconfisse l'esercito partico nella battaglia del Monte Amano in Siria per cui Pacoro I dovette ritirarsi dalla Siria per tornarci però nel 38 a.c., e di nuovo si scontrò con Ventidio, nella Battaglia del Monte Gindaro, a nordest di Antiochia, dove rimase ucciso in battaglia, e il suo esercito dovette ritirarsi oltre l'Eufrate. Alla successione di Pacoro, Orode II scelse come erede Fraate IV (r. c. 38–2 a.c.).



MARCO ANTONIO (36 a.c.)

Morto Cesare Marco Antonio riprovò a sconfiggere i Parti, pur con un esercito di oltre 100.000 armati tra truppe alleate e numerose legioni tra cui la III Gallica, IV Scythica, V Alaudae, VI Ferrata, X Equestris, XII Fulminata, XVII Classica, XVIII Lybica, XXII Deiotariana.

Nel 38 a.c., programmò la campagna partendo da Zeugma, in Siria, ma fu un totale insuccesso. Dei 100.000 armati, di cui 60.000 legionari, tornarono in Siria solo 30.000 legionari e 5/6000 cavalieri iberi. Una volta sul trono Fraate IV fece uccidere o esiliare i suoi fratelli, ma uno di essi, Monaeses, fuggì presso Antonio e lo convinse a invadere la Partia. Antonio però volle prima riconquistare la Giudea, detronizzando re Antigono, alleato dei Parti, e insediando Erode come re cliente di Roma (37 a.c.).

Nel 38 a.c. Antonio marciò fino ad Erzurum, nell'Anatolia orientale e Artavasde II re di Armenia gli inviò dei rinforzi. Poi Antonio invase la Media Atropatene (Azerbaigian), governata dall'alleato della Partia, Artavasde I, onde espugnarne la capitale Praaspa. La retroguardia di Antonio fu attaccata da Fraate IV, e anche se dei rinforzi permisero alla retroguardia di salvarsi, l'attacco costò ai Romani 10 000 soldati uccisi e furono distrutte tutte le armi d'assedio preparate per l'assedio di Praaspa, per giunta Artavasde e la sua cavalleria armena abbandonarono Antonio. 

Infine, inseguito dai Parti, ciò che restava dell'esercito di Antonio riuscì a raggiungere la Siria. Antonio attirò allora Artavasde II in un tranello con la promessa di un'alleanza matrimoniale, lo imprigionò e lo portò a Roma dove venne giustiziato nel 34 a.c.. L'anno dopo Antonio si ritirò dall'Armenia, sia per gli attacchi dei Parti, sia perché Ottaviano stava attaccando le sue forze occidentali. Così l'alleato dei Parti Artaxias II salì di nuovo al trono di Armenia.

MITRIDATE I DI PARTIA

OTTAVIANO AUGUSTO (20 a.c.)

Sconfitto Antonio ad Azio nel 31 a.c., Ottaviano nel 27 a.c. ottenne dal senato il titolo di Augusto e di Imperatore. Tiridate fuggì presso i Romani, recando uno dei figli di Fraate. Nell' 1 a.c. però Artavaside III, re d'Armenia filo-romano, fu eliminato dai Parti e dal pretendente al trono Tigrane IV. Augusto inviò il nipote Gaio Cesare, che concluse un patto col re dei Parti, riconoscendo ancora l'Eufrate  confine tra i due imperi.

Nel frattempo Tigrane IV era stato ucciso in guerra e Gaio, in nome di Augusto, diede la corona ad Ariobarzane, già re della Media dal 20 a.c. Ma il partito antiromano provocò disordini e Gaio Cesare dovette intervenire con l'esercito. Nel 21 a.c., Augusto fece condurre a Tiberio un esercito in Oriente, per porre sul trono armeno Tigrane II, e recuperare le insegne imperiali. Lo stesso Augusto si recò in Oriente. Il suo arrivo e l'esercito di Tiberio fecero temere al re dei Parti un'invasione, per cui restituì le insegne perdute a Carre nel 53 a.c., e i prigionieri romani. 

Augusto fece celebrare la restituzione delle insegne come una vittoria sulla Partia, e la schiava italica sposò Fraate IV divenne la Regina Musa, la preferita tra le cinque regine del re. Per assicurare la successione di suo figlio Fraatace, Musa convinse Fraate IV a consegnare gli suoi altri figli ad Augusto come ostaggi. Quando Fraatace salì al trono come Fraate V, Musa sposò suo figlio e regnò con lui ma i nobili parti, disapprovando il matrimonio incestuoso e il sangue non-Arsacide del re, li costrinse all'esilio in territorio romano.

A Fraate successe Orode III per due anni, e poi Vonone I, vissuto come ostaggio a Roma dove aveva appreso lo stile di vita romano, disapprovato dalla nobiltà partica che appoggiò Artabano II esiliando Vonone nella Siria romana. Ottaviano, dopo aver sconfitto Antonio, pose lungo le frontiere dell'Impero romano, 28 legioni romane più le truppe ausiliarie. 



TIBERIO (r. 14–37 d.c.)

L'Imperatore Tiberio sostenne il colpo di Stato di Farasmane I di Iberia per porre suo fratello Mitridate sul trono di Armenia, assassinando l'alleato dei Parti, il re armeno Arsace. Artabano II fuggì in Scizia e i Romani posero sul trono Tiridate III, tenuto in ostaggio presso di loro, affinché governasse la Partia come alleato di Roma. 

Morti i re della Cappadocia, di Commagene, e di Cilicia, vassalli di Roma, Tiberio nel 18 inviò il figlio adottivo Germanico, con l'imperium proconsolaris maius su tutte le province orientali. Germanico, con il consenso dei Parti, incoronò Artaxata sovrano d'Armenia e riconobbe re il giovane Zenone, col nome di Artaxias. Stabilì per Commagene un pretore romano, pur con formale autonomia, ma la Cappadocia diventava provincia, e la Cilicia entrava della provincia di Siria.

Artabano si recò da Germanico sula riva dell'Eufrate, chiedendo che Vonone fosse scacciato dalla Siria. Germanico accettò confinando Vonone a Pompeiopoli in Cilicia, dove venne ucciso da cavalieri romani in fuga. Nel 19 anche Germanico morì, ma il suo operato garantì la pace fino al 34, quando re Artabano II di Partia pose il figlio Arsace sul trono di Armenia. 

Tiberio inviò Tiridate, discendente arsacide in ostaggio a Roma, a contendere il trono partico ad Artabano, e sostenne l'insediamento di Mitridate sul trono di Armenia, che vi riuscì, ma venne ucciso dai servi di Arsace. Artabano, temendo i Romani,  abbandonò l'Armenia e il trono, mentre il controllo del regno passava all'arsacide Tiridate. Poi però Artabano, radunato un grosso esercito, marciò contro di lui costringendolo a ritirarsi, e Tiberio dovette accettare che lo stato dei Parti fosse governato da un sovrano ostile ai Romani. 



CLAUDIO (r. 41–54 d.c.)

Caligola inviò ambasciatori da Artabano per un nuovo trattato di pace in cui Roma lo riconobbe re dei Parti, ma gli fece consegnare uno dei suoi figli come ostaggio. Morto Artabano nel 38 d.c., scoppiò la guerra civile tra il successore Vardane I e suo fratello Gotarze II che lo uccise, ma parte della nobiltà partica a lui ostile, nel 49 d.c. si appellò all'Imperatore Claudio perchè liberasse il principe ostaggio Meherdates onde sfidare Gotarze. 

Meherdates non solo non riuscì a impadronirsi del trono di Partia, ma subì la mutilazione delle orecchie, in modo da impedirgli di ereditare il trono. La mutilazione era usuale in oriente in quanto il re non poteva avere anomalie fisiche. 

CAVALIERE PARTICO CATAFRATTO

NERONE (r. 54 - 68) 

L'Armenia era un regno cliente di Roma, ma nel 51 Radamisto, figlio del re di Iberia (Georgia sud est), Farasmane I, invase, su ordini del padre, l'Armenia e depose il re Mitridate. Ma il re dei Parti Vologase I invase l'Armenia per incoronarvi suo fratello, Tiridate della Dinastia arsacide di Armenia. Anche dopo la caduta dei Parti, il regno di Armenia venne retto da Arsacidi.

Nel 55 Vologase I ritirò le sue forze dall'Armenia per reprimere la rivolta di suo figlio Vardane II, e Roma inviò il generale Gneo Domizio Corbulone per riportare l'Armenia sotto il controllo di Roma. Il generale insediò sul trono armeno Tigrane VI di Armenia come re cliente dei Romani. ma il successore, il generale Lucio Cesennio Peto, perse l'Armenia fuggendo in Cappadocia. Roma dovette riconoscere come re d'Armenia Tiridate I che venne incoronato a Roma nel 63  dall'Imperatore Nerone in persona divenendo cliente di Roma.



TRAIANO (r. 98–117)

Traiano volle invadere la Mesopotamia preparando la campagna con un contingente senza precedenti di circa  ottantamila uomini. D’altronde, l’imperatore si ispirò ad Alessandro Magno, e voleva occupare Ctesifonte, i suoi legionari erano equipaggiati al massimo, con la lorica segmentata che proteggeva dalle frecce dei cavalieri parti e aveva come architetto, Apollodoro da Damasco, che rimise in funzione un vecchio canale nella media Mesopotamia, collegando il Tigri all’Eufrate. 

Secondo Dione Cassio: «Traiano sognava di derivare l’Eufrate nel Tigri, attraverso un canale che, dopo il passaggio delle navi, consentisse di costruire un ponte; ma venuto a sapere che l’Eufrate era molto più elevato del Tigri, rinunciò al progetto, nel timore che l’Eufrate non fosse più navigabile dopo la derivazione. Per questo motivo farà  trasportare le navi, utilizzando dei tiranti nel punto di minore distanza fra i due fiumi…».

113 d.c. - Traiano decise di invadere il regno dei Parti, per rimettere sul trono d'Armenia un re che non fosse un fantoccio nelle mani dei Parti. In realtà, sulle orme del grande Alessandro e  di Cesare, voleva invadere la Partia.
«Poi decise di compiere una campagna contro Armeni e Parti, con il pretesto che il re armeno aveva ottenuto il suo diadema, non dalle sue mani, ma dal re dei Parti, anche se la sua vera ragione era il desiderio di ottenere nuovi successi e fama.»
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXVIII, 17.)

114 d.c. - Dopo un lungo periodo di pace Osroe I depose il re armeno Tiridate e lo sostituì con Axidares, figlio di Pacoro II, senza consultare Roma. Traiano fece uccidere il candidato partico al trono, Parthamasiris, nel 114, rendendo l'Armenia una provincia romana. Espugnò inoltre Nisibi per assicurarsi il controllo delle vie maggiori mesopotamiche.

114-5 - le legioni romane occuparono l’Armenia e la Mesopotamia del nord, facendone province romane. Traiano proveniva da una famiglia spagnola, era stato giovane ufficiale, comandante di legione e governatore nelle province turbolente. Traiano salì al trono nel 98 e riprese l’antico progetto di invadere la Mesopotamia.

115 d.c. - Traiano invase la Mesopotamia con minima resistenza in quanto Osroe era impegnato in oriente contro Vologase III. Poi scendendo lungo l'Eufrate, espugnò Dura-Europos, la capitale Ctesifonte e Seleucia, sottomettendo il Characene, dove assistette alla partenza delle navi verso l'India dal Golfo Persico.

116 - Traiano entra nella città di Ctesifonte, dove re Cosroe in fuga abbandona tutte le sue ricchezze. I Romani vi cattureranno diversi personaggi di alto rango, ivi compresa una figlia del re, e anche il trono reale in oro massiccio.

Acclamato Imperator dalle truppe, Traiano si attribuisce il titolo di Parthicus e farà circolare un nuovo conio con la dicitura Parhia capta. «Alla vista di un vascello in rotta per l’India, l’imperatore avrebbe esclamato: “Io sarei andato fino agli Indiani, se fossi ancora giovane” ».

Alla fine del 116, Traiano invia uno dei suoi migliori generali a reprimere la rivolta degli Ebrei in Palestina, mentre altre rivolte scoppiavano in tutta la Mesopotamia. Traiano deve allora far salire sul trono dei Parti un “re amico”, Parthamaspate, un figlio di Osroe, che collaborava con i Romani.
Intanto i Parti avevano ritrovato la loro unità politica e cacciato i Romani dall’Armenia. 

117 - 118 d.c. - Mentre Traiano si ritirava verso nord, i Babilonesi si rivoltarono contro i Romani, per cui Traiano incoronò a Ctesifonte Partamaspate nuovo re di Partia e vassallo dei Romani. Poi si ritirò dalla Mesopotamia nel 117, intendendo rinnovare l'attacco alla Partia nel 118 e "rendere realtà la sottomissione dei Parti", ma spossato dopo tanti anni passati sul campo di battaglia, il sessantenne Traiano si ammalò e morì nel 117 a Selinunte di Cilicia, un piccolo porto dell’Asia Minore, mentre rientrava a Roma per celebrare il suo trionfo.

IMPERO PARTICO

ADRIANO (r. 117–138)

Adriano riportò sull'Eufrate la frontiera romano-partica, rinunciando alla conquista della Mesopotamia dato le scarse risorse militari di Roma. Nel frattempo, in Partia, una rivolta costrinse Partamaspate alla fuga in territorio romano, dove i Romani nominarono re Osroene. 

Osroe I riprese dunque il possesso dei territori usurpati da Partamaspate ma perì nel 129 durante il suo conflitto con Vologase III, che regnava sulla parte orientale dell'Impero partico; a Osroe I succedette nella parte occidentale dell'Impero Mitridate IV, il quale continuò la lotta contro Vologase III. 



 MARCO AURELIO (r. 161–180)

Fu Vologase IV a riunire l'Impero Partico, invadendo nel 161 l'Armenia e la Siria e riconquistando Edessa. L'Imperatore Marco Aurelio affidò al coimperatore Lucio Vero la difesa della Siria; dopo insuccessi iniziali i Romani riconquistarono i territori. Marco Stazio Prisco invase l'Armenia nel 163, ricollocando sul trono d'Armenia un re cliente di Roma, l'anno dopo Avidio Cassio conquistò Dura-Europos.

Nel 165 i Romani avanzarono verso il Golfo Persico distruggendo Seleucia e Ctesifonte, ma contrassero una malattia letale (vaiolo?) che in breve si propagò in tutto il mondo romano. I Romani conservarono comunque il possesso della città di Dura-Europos. 



SETTIMIO SEVERO (r. 193 - 211)

Settimio Severo  riprese le ostilità contro la Partia governata da Vologase V, facendo della Mesopotamia settentrionale una nuova provincia romana per cui ottenne il titolo di Parthicus maximus, con un Trionfo e un arco trionfale nel foro romano. Intraprese poi una nuova guerra contro i Parti in due campagne. 

La prima nel 195 con cui ricostituì la provincia di Mesopotamia ponendovi a presidio la legio I e la III Parthica. La seconda nel 197-198 dove saccheggiò nuovamente Ctesifonte meritando l'appellativo di Adiabenicus e Parthicus maximus, oltre a un nuovo arco di Trionfo.

Severo si ritirò verso la fine del 198, tentando invano di impadronirsi di Hatra, che aveva già resistito a Traiano. Intorno al 212, dopo l'ascesa al trono di Vologase VI, suo fratello Artabano IV si rivoltò contro di lui impadronendosi di gran parte dell'Impero. 



CARACALLA (r. 211–217)

Nel 215, l'Imperatore Caracalla attaccò i Parti: depose i re di Osroene e Armenia rendendole di nuovo province romane, e dichiarò guerra alla Partia per conquistare Arbil ad est del fiume Tigri. L'anno dopo invase la Media, devastando l'Adiabene fino ad Arbela e ingannando il sovrano dei Parti, Artabano IV.
Caracalla fu assassinato l'anno successivo lungo la strada per Carre dai suoi soldati, e, in seguito a ciò, i Parti sferrarono una vittoriosa controffensiva sconfiggendo i Romani nei pressi di Nisibi. 



MACRINO (r. 217–218)

Morto Caracalla, il prefetto del pretorio, Macrino, si fece proclamare imperatore e tornò ad Antiochia, dove incontrò il figlio Diadumeniano, che proclamò Cesare. Le battaglie continuarono in Mesopotamia, dove Artabano IV vinse l'esercito romano presso Nisibi e Macrino firmò una pace per cui i Romani dovevano pagare oltre 200 milioni di denarii più ulteriori doni. Ma l'Impero dei Parti, indebolito da una crisi interna e dalle guerre con Roma, era prossimo alla sostituzione con l'Impero sasanide.

Nel 224 un nobile persiano, di nome Ardashir I, capo locale iranico di Persis si ribellò e cominciò a sottomettere i territori circostanti del dominio arsacide. Poi Ardashir I scese in campo con Artabano IV e nel 224 lo sconfisse in battaglia presso Esfahan, e fondò l'Impero sasanide. 

La nuova dinastia dei Sasanidi, che si dice discendesse dagli Achemenidi, era impegnata in un'espansione imperialistica avversaria dei Romani. "Ardashir I fu il primo re persiano che attaccò il regno dei Parti e il primo a riuscire a riconquistare l'impero per i Persiani."
(Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio.)

I Sasanidi riconquistarono per breve periodo la Siria, parte dell'Anatolia, e l'Egitto ai danni dell'Impero romano d'Oriente sotto Cosroe II (r. 590 - 628), ma li ripersero nel 628 in seguito alla vittoriosa controffensiva di Eraclio. I Sasanidi, che si dicevano discendenti dei Persiani, rivendicavano l'impero degli Achemenidi, compresi i territori, ora romani, di Asia Minore e Vicino Oriente fino al mare Egeo.

Nel 633 l'Impero sasanide, stremato dalle continue guerre coi Romani, fu invaso dagli Arabi musulmani. La maggior parte del territorio sasanide venne annesso al Califfato islamico e nel 651, con la morte dell'ultimo sovrano sasanide, si concluse la conquista islamica della Persia.


BIBLIO

- Appiano di Alessandria - Guerre mitridatiche - Guerra civile I - 
- Erodiano - Storia dell'Impero romano - Libro VI - 
- Livio - Periochae - ab Urbe condita libri -
- Vegezio. Epitoma rei militaris - Libro III -
- M. Colledge - L’impero dei Parti – Newton Compton - Roma - 1979 -
- J. Wiesehöfer - La Persia antica – il Mulino - Bologna - 2003 -
- R. M. Sheldon - Le guerre di Roma contro i Parti, sangue e sabbia - Gorizia - LEG edizioni - 2019 -
- Yarshater, Ehsan - The Cambridge History of Iran - The Seleucid, Parthian and Sassanian periods - Cambridge University Press - 1983 - 


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