SOTTO SAN BARTOLOMEO ALL'ISOLA



ISOLA TIBERINA E CHIESA DI SAN BARTOLOMEO

La basilica di San Bartolomeo all'Isola è un'antica chiesa che si trova sull'Isola Tiberina, nel rione Ripa,
edificata nell'anno 1000 sull'Isola Tiberina per conservare e mostrare all'adorazione dei fedeli le reliquie di san Bartolomeo apostolo.

Teniamo conto che l'anno 1000 era ritenuto l'anno della fine del mondo, "Mille non più mille" profetavano i preti e i falsi profeti, per cui tutti si battevano il petto e facevano penitenze. il terrore regnava sovrano perchè i barbari invadevano le terre un tempo difese dai romani e ora alla mercè dei barbari che razziavano, uccidevano e stupravano.



ISOLA TIBERINA

Nella Forma Urbis di età severiana viene definita "inter duos pontes"; infatti l'Isola Tiberina è collegata alle due rive del Tevere dal Ponte Cestio e dal Ponte Fabricio. Secondo la leggenda l'isola si sarebbe formata nel 510 a.c. dai covoni del grano mietuto a Campo Marzio, di proprietà del re Tarquinio il Superbo, gettati nel Tevere al momento della rivolta che ne causò la cacciata.

Nella prima metà del I secolo a.c. vennero costruiti il ponte Fabricio e il ponte Cestio, e il Vicus Censorius che li collegava, dando all'isola la forma di una nave (di cui oggi è ancora visibile la prua), con blocchi di travertino sopra all'interno in peperino, e alcune decorazioni raffiguranti Esculapio con il suo serpente e una testa di toro, forse per gli ormeggi.

Il Vicus Censorius (vico Censorio) che collegava il Ponte Cestio e il Ponte Fabricio era l'unico vicus dell'isola. Il vicus corrispondeva all'odierna strada di collegamento tra i due ponti, passando per il lato settentrionale di piazza di San Bartolomeo all'Isola.

Il vicus è citato nella Base Capitolina, o Base dei Vicomagistri, il basamento marmoreo di una statua dedicata all'imperatore Adriano dai vicomagistri nel 136 d.c. che consente la ricostruzione della topografia dell'antica Roma, in quanto vi è riportato l'elenco dei vicomagistri dedicanti, suddivisi ciascuno per il vicus di competenza.

La Base Capitolina venne rinvenuta sul Campidoglio nel XV secolo, è conservata presso i Musei capitolini, il Vico Censorio è citato sul basamento marmoreo ma pure in altre due epigrafi rinvenute poco lontano.

STAMPA DEL PIRANESI

LA CHIESA

Danneggiata in modo irreparabile da una piena del Tevere nel 1557, l’edificio sacro fu ricostruito nel XVII secolo dall’architetto Orazio Torriani. Esternamente, San Bartolomeo all’Isola presenta una facciata barocca su due piani con un portico a piano terra; internamente, è divisa in tre navate sorrette da colonne antiche evidentemente reperite nell'antico tempio.

Nella chiesa sono custoditi i resti di San Bartolomeo apostolo, il cui corpo riposa in un sarcofago antico di porfido rosso sotto l’altare maggiore, e quelli di Sant’Adalberto. Tra le opere di maggiore interesse la Flagellazione di Cristo, un dipinto di Antonio Carracci (1589-1618), nipote di Annibale.
 
La chiesa è anche nota per essere la sede della "Veneranda confraternita de' devoti di Gesù Cristo al Calvario e di Maria Santissima Addolorata”, congregazione nata per iniziativa di un gruppo di fedeli nel 1760. La confraternita ottenne il permesso, da parte di papa Pio VI Braschi di ricavare al piano seminterrato un cimitero per i fratelli defunti. Durante la sepoltura, gli adepti vestivano un mantello rosso con cappuccio che valse loro l’appellativo popolare di Sacconi Rossi.

Fin dal principio, si dedicarono al recupero delle salme rinvenute nel Tevere le cui ossa scarnificate venivano deposte nella cripta del convento che divenne quindi un cimitero analogo a quello più famoso della cripta dei Cappuccini di via Veneto.


INTERNO CON COLONNE DEL TEMPIO DI ESCULAPIO

SAN BARTOLOMEO

L'imperatore Ottone III di Sassonia, re dei Franchi Orientali dal 983 al 1001, costruì questa basilica dedicandola al proprio amico, sant'Adalberto di Praga, che voleva evangelizzare le terre pagane dei Prussi, e nel 996, assieme al fratello Gaudenzio e ad un giovane monaco, andò verso la Vistola in terra pagana. 

Vennero però arrestati nel 997 ed espulsi, con minaccia di morte se fossero tornati. Pochi giorni dopo i tre furono nuovamente sorpresi nel territorio pagano e uccisi a colpi di lancia. Tuttavia all'arrivo delle reliquie dell'apostolo Ottone cambiò idea e la basilica cambiò dedica. 

Le reliquie vennero poste in una vasca collocata sotto l'altare: erano giunte a Benevento dall'Armenia (Asia) nell'809, e poi da lì inviate a Roma. Nel 1018 la bolla "Quoties illa" di papa Benedetto VIII riferisce del definitivo trasferimento della cattedrale e dell'episcopio dei vescovi di Porto nella chiesa di san Bartolomeo.

IL SACRO CATINO MIRACOLOSO

Le spoglie di san Bartolomeo furono trasportate a Roma in un catino che però fu trafugato da ignoti nel gennaio 1981 e ritrovato nel maggio 1985. La cosa notevole è che pure il catino fu ed è oggetto di venerazione, ma pure ingabbiato in un'inferriata per timore che qualcun altro possa pensare di rubarlo, perchè si pensa che essendo stato a contatto con le sante reliquie ne possieda le proprietà taumaturgiche già attribuite alle spoglie del santo.

Infatti il sacro catino è a tutt'oggi conservato all'interno della chiesa, visto che fu trafugato e poi ritrovato ma non si specifica come, perchè di catini come quello se ne trovano e soprattutto se ne trovavano. Comunque davanti ad esso c'è un inginocchiatoio preposto all'adorazione del miracoloso catino, onde i fedeli possano inginocchiarsi e pregare per ottenere grazie mediante il catino che ha contenuto le reliquie.

Tuttavia secondo alcuni le spoglie che giunsero a Roma non erano quelle di san Bartolomeo, ma del vescovo di Nola, san Paolino, in quanto le reliquie dell'Apostolo rimasero sempre ben custodite a Benevento. 

Ma la questione è dibattuta perchè sembra invece che le reliquie di San Paolino non giacciano nè a Roma nè a Benevento. ma bensì a Nola sotto un altare, come mostra l'immagine qui sotto. Purtroppo nei secoli addietro ci fu una battaglia tra le chiese che possedevano le reliquie dei santi, perchè le donazioni per l'avvenuto miracolo o la richiesta di esso erano numerose e pertanto cospicue anche le donazioni.

RICOSTRUZIONE ISOLA TIBERINA

I NUOVI MARTIRI

La basilica fu affidata nel 1993 alla Comunità di Sant'Egidio e dal 1999 si riunì per due anni nei locali della basilica la commissione "Nuovi Martiri", per indagare sui martiri cristiani del XX secolo.

Nell'ottobre del 2002, con solenne celebrazione ecumenica alla presenza dei cardinali Ruini, Kasper e George, e del patriarca romeno ortodosso Teoctist, è stata posta sull'altare maggiore una grande icona dedicata ai martiri del Novecento, e altre memorie di martiri sono state collocate nelle cappelline laterali.

IL SACRO POZZO

I MIRACOLI DELL'ACQUA BENEDETTA

La basilica venne costruita in un luogo di pellegrinaggio già molto frequentato. Infatti, sull’Isola Tiberina esisteva un tempio dedicato ad Esculapio, e i pellegrini affluivano numerosi per implorare la guarigione di sè o dei loro cari. 

Il pozzo presente nella basilica, che risale all’epoca romana ha delle acque che in antico venivano ritenute taumaturgiche grazie ad Esculapio. Oggi la leggenda non cambia, cambia solo la religione, le acque non guariscono in nome di Esculapio ma in nome di San Bartolomeo o di Gesù Cristo. 

In realtà anticamente vi era una fonte, che sembra vi sia a tutt'oggi, visto che l'antico pozzo con un bassorilievo raffigurante i tre santi (s. Adalberto, s. Bartolomeo e Ottone III. o san paolino perchè non risulta che Ottone sia un santo), realizzato con il rocchio di un'antica colonna da Nicola d'Angelo o da Pietro Vassalletto nel XIII secolo.

I cristiani credevano che l'acqua fosse miracolosa, essendovisi trovate le ossa dei martiri romani Esuperanzio e Marcello, e un'iscrizione infatti riporta "Os putei Sci sancti circumdant orbe rotanti"; nel secolo scorso il pozzo è stato chiuso a causa della malsanità dell'acqua, ma se c'erano le ossa dei santi erano più malsane all'epoca. 

Viene anche da chiedersi come abbiano riconosciuto l'appartenenza delle ossa e chi le aveva gettate nei pozzi. Forse era stata tramandata la condanna a morte dei due santi, ma non si spiega perchè gettarli nei pozzi. I romani erano grandi igienisti, le terme erano ad acqua corrente e i cadaveri li bruciavano, Roma era piena di ustrina, figurarsi se ci inquinavano i pozzi.

Nella antica vera di marmo che sovrasta il sacro pozzo di Esculapio, a scambio equivoci vi è un’immagine scolpita di un santo (almeno da un lato), di chiaro stile medievale, che è stata aggiunta per ragioni di appartenenza e di fede.

Dunque i fedeli pagani bevevano l'acqua sacra, che da pagana divenne fonte cristiana, per cui la bevvero per curarsi anche i cristiani, però c'era qualcosa che non convinceva, alla fine decisero che era malsana anche se cristiana e chiusero tutto.

LA BASILICA

LA BASILICA

Danneggiata in modo irreparabile da una piena del Tevere nel 1557, l’edificio sacro fu ricostruito nel XVII secolo dall’architetto Orazio Torriani nel nuovo stile barocco che si impose in quel secolo. Infatti San Bartolomeo all’Isola presenta una facciata barocca su due piani e un portico sottostante. Internamente, è divisa in tre navate sorrette da colonne antiche.

Nella chiesa sono custoditi i resti di San Bartolomeo apostolo, il cui corpo riposa nel sarcofago di porfido rosso, di provenienza antico-romana, sotto l’altare maggiore, e quelli di Sant’Adalberto, vescovo di Praga, ucciso nel 997 mentre era intento a evangelizzare le popolazioni pagane del Nord-Europa.
 
Tra le opere di maggiore interesse c'è la Flagellazione di Cristo, un dipinto di Antonio Carracci (1589-1618), nipote di Annibale Carracci, mentre un affresco con Maria in Trono con il Bambino tra figure di oranti, arte bizantina con chiari influssi romanici, risalente al XII secolo, compare sopra un altare laterale. 

SERPENTE DI ESCULAPIO
La chiesa è anche nota per essere la sede della "Veneranda confraternita de' devoti di Gesù Cristo al Calvario e di Maria Santissima Addolorata”, congregazione nata per iniziativa di un gruppo di fedeli nel 1760. 

La confraternita ottenne il permesso, da parte di papa Pio VI Braschi di ricavare al piano seminterrato un cimitero per i fratelli defunti. Durante la sepoltura, gli adepti vestivano un mantello rosso con cappuccio che valse loro l’appellativo popolare di "Sacconi Rossi". 

Fin dal principio, si dedicarono al recupero delle salme rinvenute nel Tevere le cui ossa scarnificate venivano deposte nella cripta del convento che divenne quindi un cimitero analogo a quello più famoso della cripta dei Cappuccini di via Veneto.


ESCULAPIO ED IL SERPENTE

IL TEMPIO DI ESCULAPIO

Essendo un'isola sacra la Tiberina ospitò il tempio di Esculapio, Dio della medicina, il cui culto fu introdotto nel 292 a.c. in seguito ad una pestilenza. Al centro vi era un obelisco, un albero maestro simbolico, a ricordo della nave romana che nel 292 a.c. da Epidauro portò a Roma l'effigie del Dio Esculapio. 

Il tempio venne costruito nel 293 - 290 a.c., e la sua consacrazione avvenne nel 289 a.c..
Secondo la leggenda nel 293 a.c. era scoppiata una grave epidemia a Roma, per cui il Senato, fatti consultare i Libri Sibillini, decise di costruire un edificio alla divinità greca Asclepio, che assunse il nome latino di Esculapio.

ESCULAPIO
Figlio di Apollo e di Arsinoe secondo Esiodo, oppure di Apollo e Coronide per Pindaro, Esculapio venne istruito nella medicina dal centauro Chirone, ma avrebbe ereditato tale proprietà dal padre Apollo.

Questi però più che Dio della medicina era Dio delle malattie, infatti con i suoi strali poteva suscitare la peste.

Esculapio divenne comunque Dio della medicina, molto seguito dal popolo, in quanto benevolo con gl'infermi a cui era riservato un ampio spazio adiacente al tempio

Così a Roma, dopo aver consultato i Libri Sibillini, una delegazione di ambasciatori romani venne inviata ad Epidauro, in Grecia, in cui era presente il famosissimo santuario di Asclepio, onde ottenere una statua del Dio da portare a Roma.

Secondo la leggenda durante i riti propiziatori un grosso serpente (un colubro, attribuito al Dio Apollo) uscì dal santuario andandosi a nascondere all'interno della nave romana. 

Certi che questo fosse un segno da parte della divinità i romani si affrettarono a tornare nella loro città, dove ancora imperversava l'epidemia.

Giunti sul Tevere, mentre stavano per rientrare a Roma, accadde che nei pressi dell'isola Tiberina il serpente uscì dalla nave e si nascose sull'isolotto, sparendo dalla vista degli ambasciatori, indicando così il luogo dove avrebbe dovuto sorgere il tempio. 

Si dette subito inizio ai lavori e il tempio venne inaugurato nel 289 a.c., e subito dopo l'epidemia ebbe fine. L'isola, a ricordo dell'evento, venne rimodellata a forma di trireme. 

Un obelisco venne infatti posto al centro dell'isola, davanti al tempio, in modo da somigliare ad un albero maestro, mentre sulle rive vennero posizionati blocchi di travertino, scolpiti in modo da sembrare una poppa e una prua. Sull'isola sorsero diverse strutture adibite al ricovero degli ammalati, e ciò è testimoniato da numerosi voti ed iscrizioni pervenute sino ai giorni nostri.

L'ISOLA VISTA DA DIETRO CON LA FORMA DEL TRIREME


Il tempio andò distrutto durante l'Alto Medioevo, poiché già nell'anno 1000 sorse sulle sue rovine la basilica di San Bartolomeo all'Isola per volere di Ottone III. 

Il pozzo medioevale posto accanto all'altare della chiesa sembra essere lo stesso da cui sgorgava l'acqua utilizzata per curare i malati, così come testimoniato da Sesto Pompeo Festo (II secolo d.c.), un grammatico latino, ma in realtà è ricavato da una antica colonna scolpita.

Del poco che rimane dell'antico tempio di Esculapio sono da ricordare alcuni frammenti dell'obelisco, conservati a Napoli e a Monaco, e alcuni blocchi di travertino visibili sotto le costruzioni moderne sull'isola Tiberina, tra cui spicca un rilievo del bastone di Esculapio.

Papa Sisto V ordinò che il Ponte Fabricio, che collega l'isola tiberina alla riva sinistra del Tevere, risalente del 62 a.c., venisse ristrutturato. A tale scopo incaricò quattro architetti tra i più famosi del suo tempo. Questi però non andavano d'accordo, e spesso scatenarono violenti litigi. Il restauro fu comunque ben eseguito e il papa prima si congratulò con loro, e poi li fece decapitare sul ponte stesso, a monito dei litigiosi..
 

BIBLIO

- Basilica di San Bartolomeo Apostolo all'Isola -  gcatholic.org, -
- Giuseppe Cappelletti - Le chiese d'Italia: dalla loro origine sino ai nostri giorni - Venezia - 1864 -
- Alfredo Cattabiani - Santi d'Italia - Milano - Ed. Rizzoli - 1993 -
- Frammento della Forma Urbis relativo all'Isola Tiberina - su formaurbis.stanford.edu. -
- Rodolfo Lanciani - Forma Urbis Romae - pianta di tutti i resti conosciuti dell'epoca romana e fino al VI secolo, composta da 46 tavole in scala 1:1000 -
- Rodolfo Lanciani - Rovine e scavi di Roma antica - The Ruins and Excavations of Ancient Rome: a Companion Book for Students and Travelers - London - Macmillan - 1897 - Roma - Quasar - 1985 -

 


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