SOTTO VILLA ALDOBRANDINI



VILLA ALDOBRANDINI VISTA DALL'ALTO

Situata in prossimità della piazza del Quirinale, la villa, del XVI-XIX secolo, ma dal 1926 proprietà dello Stato, si presenta come un giardino pensile di 8000 mq, racchiuso da muraglioni, in prossimità di via Nazionale e di Quattro Novembre.

La Villa Aldobrandini, situata sull'estremità del colle del Quirinale, detta dagli antichi romani Collis Latiaris, sul percorso dell'antica via Alta Semita, era affacciata sui Mercati traianei e la salita di Magnanapoli.

Visto dall'alto appare molto più chiara l'antica provenienza romana delle spesse mura che affiorano nella parte nord-est della villa, i cui scavi, del resto molto limitati, non ne hanno messo in luce la sicura provenienza. Sembra che gli unici scavi effettuati siano stati inerenti a un rifugio antiaereo effettuato nel 1940.

PARCO DI VILLA ALDOBRANDINI VISTO DA SOTTO

Le mura risalgono all'epoca romana ma con diverse elevazioni in epoca cinquecentesca. Vi si accede da una via laterale, attraverso una ripida scalinata che si inerpica tra ruderi antichi della fine del I secolo. La villa era stata edificata sui resti di costruzioni del I e II secolo, ancora visibili sull'ingresso da via Mazzarino. 

Da qui salendo le scale con la rampa di destra raggiungiamo la villa dopo aver superato l'emiciclo sovrastato da una loggia con una statua naturalmente senza testa. 

Delle statue che erano presenti in questo giardino nessuna si è infatti salvata dalla decapitazione, che non è opera di devastatori, visto che nessuna testa è stata ritrovata, ma come accadde sull'Appia Antica, opera di trafugatori che si sono rivendute le teste.

LA VILLA

Fortunatamente sembra che tutte le statue fossero in copia, ma nel giardino vi sono anche dei sarcofaghi sia romani che etruschi, mentre all'interno del giardino vi sono i resti di un ninfeo ornato da statue, quindi un vialetto di accesso ornato da elaborati ed autentici frammenti marmorei romani, e le scale su via Mazzarino sono ornate da un bel sarcofago antico.

Trattasi del padiglione su largo Magnanapoli (angolo con via Panispera), dal quale si arrivava al prospetto principale del palazzo attraverso una via coperta con cordonata oggi non più visibile. 

Appartenuta in passato alle famiglie Este e Vitelli, venne acquistata dal cardinale Pietro Aldobrandini (1571-1621), nipote di Clemente VIII (Aldobrandini, appunto), che ne fece ricostruire il corpo principale orientandolo su via Panisperna, e fece costruire il primo padiglione.

QUESTO ERA IL NINFEO DEL PALAZZO VISTO DA VIA PANISPERNA

La famiglia fiorentina degli Aldobrandini acquisì grandissimo prestigio quando un loro membro salì al soglio pontificio nel 1592 con il nome di Clemente VIII, un papa comunque controverso per alcune ombre come le condanne della sfortunata, sequestrata e abusata Beatrice Cenci (forse anche per incamerare i beni dei ricchi Cenci), e di Giordano Bruno, filosofo, scrittore e frate domenicano.

Dopo 400 anni, papa Giovanni Paolo II (1920-2005), si dispiacque per la morte atroce di Giordano Bruno "che costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo rammarico", ma "questo triste episodio della storia cristiana moderna" non consente la riabilitazione dell'opera del filosofo nolano arso vivo come eretico, perché "il suo pensiero lo condusse a scelte incompatibili con la dottrina cristiana".

In un’incisione del 1575 appare in primo piano una pila di macerie, alle cui spalle vi è un’esedra diroccata, che marcava il punto centrale del lato sud-occidentale del complesso, accompagnata dalle seguente didascalia:

I MURI ROMANI

"Vestigij delle Terme di Constantino (in realtà ex terme di Massenzio) nel monte quirinale dalla parte che guarda verso Libecchio qualli per esser molto ruinati non vi si vede adornamenti ma solo grandissime muraglie et stantie masimamente nel giardino del Ill.mo Car.le de Vercello et da poi che io designai questa parte vi si sono fabricate case et granarij di modo che al di doggi non si puol piu vedere per esser occupata di dette fabriche"

Nel 1510 circa, nell’angolo più a nord delle rovine, fece costruire il suo palazzo la famiglia Ferrero, che nel corso del secolo ebbe tra i suoi membri ben cinque cardinali; tra di loro era Guido Ferrero,uno degli esponenti del clero più influenti del suo tempo, conosciuto localmente come ”cardinale di Vercelli”.

Nel 1600 Clemente Vitelli, figlio di Giulio, vendette la Villa a papa Clemente VIII (1592-1605), e questi la donò l'anno successivo al nipote, il cardinale Pietro Aldobrandini. Giacomo Della Porta, architetto di fiducia del nuovo proprietario, dotò il palazzo di scale e logge e di una facciata continua sul giardino. Questo fu arricchito con alberi ad alto fusto, in parte ancora esistenti. 

I viali furono arredati con statue (oggi per fortuna in copia), vasi, cippi, sedili, alcune fontane e una peschiera (oggi non più esistente). Tutti i lavori, per i quali il cardinale impiegò una grande quantità di denaro, vennero condotti, anche se non del tutto finiti, in un lasso di tempo molto breve tra il 1601 e il 1602.

Ai piani superiori del palazzo era ospitata una ricchissima collezione di opere d'arte lasciate in eredità al cardinale nel 1598 dalla duchessa di Urbino, Lucrezia d'Este, con cui lo stesso Aldobrandini aveva trattato la donazione di Ferrara alla Santa Sede.

Dopo la morte del papa però i suoi discendenti morirono e nel giro di pochi anni il ramo degli Aldobrandini di Roma rimase senza eredi e i capolavori contenuti nella villa, facenti parte della strepitosa collezione del cardinale Pietro, andarono perduti nelle case private e nei musei del mondo.

Tra le mirabili opere di Caravaggio, Tiziano, Correggio e Parmigianino, tutte trasferite in svariati musei, si trovava lo stupendo dipinto "Le nozze Aldobrandini", ceduto a Pio VII per la cifra di 10000 scudi. Risalente al I secolo d.c., l'affresco fu ritrovato sull'Esquilino da due "tombaroli" ed è attualmente conservato nella Biblioteca Apostolica del Vaticano.

UNA DELLE STATUE DELLA VILLA

La villa comprendeva, in epoca cinquecentesca, un edificio, un giardino segreto e un parco che si estendeva fino al palazzo del cardinale Scipione Borghese (poi palazzo Pallavicini Rospigliosi). Giulio Vitelli affidò i lavori di restauro e abbellimento della Villa all'architetto Carlo Lambardi che ampliò il portone di ingresso costruendovi sopra una loggia.

Dopo la morte del cardinale, la Villa passò per via ereditaria alle famiglie Pamphilj e Borghese, che spostarono nelle Gallerie dei propri palazzi gran parte della collezione Aldobrandini. Già agli inizi dell'800 la villa apparteneva alla famiglia Borghese.

Tra il 1811 e il 1814 la Villa fu sede del governatore francese a Roma, conte Sextius de Miollis, acquistando nuova importanza, ma subito dopo tornò in mano degli Aldobrandini, che la tennero fino al 1926 quando - ormai ridotta di dimensioni per l'apertura di via Nazionale - passò allo Stato italiano.

Negli anni Trenta, infine, l'architetto Marcello Piacentini aggiunse a destra del portone che oggi rappresenta l'entrata principale del palazzo, su via Panisperna, un corpo neocinquecentesco.

L’apertura di via Nazionale, realizzata dopo il 1870 in seguito all’avvento di Roma Capitale, comportò la drastica riduzione delle estese proprietà della villa, (che con i suoi orti arrivava in prossimità del Casino Pallavicini-Rospigliosi accanto alla piazza del Quirinale) riducendo il territorio alle dimensioni attuali. 

NOZZE ALDOBRANDINI

Il palazzo e parte del giardino, già recintati e chiusi al pubblico, furono assegnati all'Istituto Internazionale per l'Unificazione del Diritto Privato; il resto del parco, con i tre padiglioni, è passato al Comune di Roma che, su progetto di Cesare Valle, fece costruire nel 1938 una scalinata per il nuovo ingresso pubblico su via Mazzarino.

Dal novembre 2013 all’aprile 2016 la Villa è stata chiusa al pubblico per effettuare interventi di restauro del giardino e degli arredi artistici. Il cantiere, che doveva partire nel 2012, partì un anno dopo grazie a un finanziamento di 500mila euro di fondi Arcus, società governativa per la promozione culturale, ottenuti dall’allora assessorato all’Ambiente capitolino. 

I Lavori, che hanno riguardato, anche la messa in sicurezza di tutta l’area, sono stati realizzati dal Dipartimento Tutela Ambientale-Servizio Giardini di Roma Capitale e dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Oggi però i giardini non sono più in sicurezza, incolti, sporci, devastati e con le statue mutile. Tutti i lavori di restauro sono stati praticamente inutili perchè il bene è stato poi abbandonato completamente a se stesso.

SARCOFAGO ETRUSCO IN COPIA

La collezione

Ormai divisa e trasferita in altre sedi e musei, la collezione ospitata nella villa era formata dalla produzione pittorica italiana cinquecentesca e degli inizi del Seicento. 

La villa era sontuosamente decorata e ospitò una preziosissima collezione di opere d'arte che nel tempo si arricchì di opere di tutti i maggiori artisti italiani, da Giovanni Bellini a Correggio, a Giorgione, a Leonardo da Vinci, al Mantegna, al Tintoretto, a Tiziano, al Veronese e altri ancora.

Nel padiglione cinquecentesco era collocata la pittura di epoca romana raffigurante una scena nuziale, universalmente nota come "Nozze Aldobrandine", venuta in luce nel 1601 "a Santo Giuliano", nel Rione Esquilino ed ora conservata ai Musei Vaticani, un affresco romano del I secolo oggi alla Biblioteca Apostolica Vaticana, insieme a molti marmi antichi.

TESTA RIMPIAZZATA SU CORPO DI GIOVINETTO

ALDOBRANDINI SENZA EREDI

Passata durante il XVIII secolo alla famiglia Pamphili, le collezioni sono andate disperse nelle vicende ereditarie della famiglia Aldobrandini, e l'apertura di via Nazionale, tra il 1876 e il 1901, ha profondamente modificato il contesto urbanistico circostante, riducendola a grande belvedere alberato. Ancora a metà dell'Ottocento lo splendore della residenza meritava una nota nella Topografia statistica dello stato pontificio, ma nel 1929 lo Stato italiano acquistò la villa, aprendone al pubblico il giardino. 

Il palazzo padronale fu invece concesso in uso dallo Stato all'UNIDROIT, Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato, che tuttora vi ha sede.
Saremmo lieti se ci informassero in quale museo possa ammirarsi ad esempio l'originale, che doveva essere in terracotta, di questo splendido sarcofago etrusco dove riposano due sposi. a cui peraltro è stata staccata la testa.

Ci chiediamo altresì quale fosse l'edificio romano che sovrastava il colle, di certo un edificio importante visto le grandi e impegnative sostruzioni, attinenti al tempio di Diana Planciana che però era un po' spostata, oppure agli Horti Scipionis con relativi edifici.


L'attribuzione più probabile sembrerebbe però quella dei magazzini di Lucio Nevio Clemente, un edificio adibito al commercio nell'antica Roma, i cui resti, piuttosto voluminosi e massicci sono visibili nell'edificio in laterizio di via Mazzarino, sul retro di villa Aldobrandini sul colle Quirinale.

I magazzini furono costruiti alla fine del I secolo d.c. e restaurati più volte in epoca traianea e severiana. Il complesso venne poi coperto dal terrapieno sul quale sorsero le terme di Costantino, che però sono spostate rispetto alla villa e ai giardini. Altre parti riemersero in occasione dello scavo di un rifugio antiaereo nel 1940.


BIBLIO

- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore - Verona - 1984 -
- C. Benocci, Villa Aldobrandini a Roma, Roma 1992
- M. Sapelli, Restauri in Palazzo Aldobrandini a Magnanapoli. Le statue sulla balaustra, Roma 1997
- C. Benocci - Il nuovo museo della Villa Aldobrandini - Bollettino dei Musei Comunali di Roma - XIII - 1999 -
- C. Benocci - Villa Aldobrandini - A. Campitelli Verdi Delizie. Le ville, i giardini, i parchi storici del Comune di Roma, Roma 2005 -



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