LE GROTTESCHE ROMANE



RICOSTRUZIONE DELLE GROTTESCHE DELLA DOMUS AUREA

ANDRE' CHATEL

"Che ne è stato di quella specie di euforia davanti all'ornato, del piacere di accogliere le bizzarrie e l'assurdo, del divertimento e della canzonatura mescolati alla decorazione che abbiamo creduto di intravedere come una componente della cultura e dell'allestimento delle dimore nel corso dell'età detta classica? Una volta svilita e banalizzata la decorazione degli interni, la fantasia evapora per far posto, in tutto l'Ottocento, alla pedanteria. Se però ammettiamo che le "follie" della grottesca fanno parte di una tentazione permanente che rimbalza, di epoca in epoca, ci si deve chiedere che cosa sia diventata nell'arte questa propensione al comico. 


L'arte detta moderna potrebbe essere interrogata a tal proposito nelle sue fondamenta e nel suo "subcosciente": Aubrey Beardsley, Schnitzler, i disegnatori della Secessione, esponenti dell'arte grafica in Gran Bretagna e in Germania, meritano di essere interpellati. E perché non andare oltre? Nelle forme in sospensione, in lievitazione, in corso di metamorfosi di Paul Klee, nei giochi caricaturali pieni di ghirigori e di meandri dovuti alla penna di Steinberg, e addirittura nei mobiles di Calder, che disegna con l'aiuto di falsi rami metallici sinuosità aeree affascinanti e impreviste..., si possono palesare legami familiari, reminiscenze, un bisogno di esilarante leggerezza, tutti impulsi e virtù che nulla perdono se collegati nella prospettiva storica della grottesca ".

(Andrè Chatel - Abscondita, 2010)

RICOSTRUZIONE DELLE GROTTESCHE DELLA DOMUS AUREA

Le grottesche sono una particolare decorazione pittorica originata a Roma in epoca augustea (63 a.c. - 14 d.c.) e completamente ignorata, nascosta e distrutta per secoli e secoli negli evi oscuri finchè non venne riscoperta e resa famosa verso la fine del 1400.

L'impatto della scoperta della pittura romana antica in un ambiente culturalmente già ben predisposto al recupero dell'antico fu prorompente e stimolò non solo visite di artisti, come quelle descritteci dall'anonimo autore delle Antiquarie prospettiche romane, ma una gran mole di disegni per confrontarsi e imitare quella che era l'autentica decorazione pittorica antica.

RICOSTRUZIONE DELLE GROTTESCHE DELLA DOMUS AUREA

La decorazione a grottesca è caratterizzata dalla raffigurazione di esseri favolistici e mitici, quali le chimere, i pegasi, i geni alati, i satiri, le sfingi, spesso ritratti in figurine esili e flessuose, che si fondono in decorazioni geometriche e naturalistiche, come ad esempio la candelabra a racemi. Il tutto strutturato in modo assolutamente simmetrico, su uno sfondo in genere bianco o comunque monocromo.

Le figure sono molto colorate e generano tralci e cornici, effetti geometrici, intrecci e prospettive di scorci architettonici, ma sempre con una certa levità e ariosità, per via del fatto che in genere i soggetti sono lasciati minuti, quasi calligrafici, sullo sfondo. Le colonne sono a loro volta esili come gli archetti decorati, con tavolinetti minuscoli o appena accennati, con fiori e piante. 


RICOSTRUZIONE DELLE GROTTESCHE DELLA DOMUS AUREA IN CG

L'illustrazione prevalentemente fantasiosa e ludica, non sempre persegue una funzione puramente ornamentale, ma riveste talvolta anche uno scopo didascalico ed enciclopedico, riproducendo inventari delle arti e delle scienze o raffigurazioni a carattere mitico.
Come ci informa Benvenuto Cellini nella sua autobiografia, questo nome deriva dalle grotte del colle Esquilino a Roma che erano in realtà i resti sotterranei della Domus aurea di Nerone, scoperti nel 1480 e divenuti immediatamente popolari tra i pittori dell'epoca che spesso vi si fecero calare per studiare le fantasiose pitture rinvenute.

Tra questi vi furono Filippino Lippi, il Pinturicchio, Raffaello, Giovanni da Udine, il Morto da Feltre, Bernardo Poccetti, Marco Palmezzano, Gaudenzio Ferrari e altri che in seguito diffusero questo stile dando vita a quella che il Longhi definisce la "curiosa civiltà delle grottesche".

RICOSTRUZIONE DELLE GROTTESCHE DELLA DOMUS AUREA IN CG

BENVENUTO CELLINI - Autobiografia:

"Queste grottesche nome dategli dai moderni, per essersi trovate in certe caverne della terra in Roma dagli studiosi, le quali caverne anticamente erano camere, stufe, studii, sale e altre cotai cose. Questi studiosi trovandole in questi luoghi cavernosi, per essere alzato dagli antichi in qua il terreno, e restate quelle in basso; e perchè il vocabolo chiama quei luoghi bassi in Roma grotte.

Da questo si acquistorno il nome di grottesche; il quale non è il suo nome; perché si bene, come gli antichi si dilettavano di comporre de' mostri usando con capl, con vacche e con cavalle, nascendo questi mescugli, li domandavano mostri; così quelli artefici facevano con i loro fogliami questa sorte di mostri: e mostri è il vero lor nome, e non grottesche. Faœndo io di questa sorte fogliami, commessi nel sopraddetto modo, erano molto più belli da vedere che i turcheschi."

RESTI ORIGINALI DELLA DOMUS AUREA
I primi esempi di tale fantasiosa decorazione risalgono alla seconda metà del I secolo a.c., esattamente  verso il 42-36 a.c. per la decorazione della casa di Augusto sul Palatino (oggi completamente restaurata e visitabile), e verso il 30 a.c. per l'Aula Isiaca che inoltre presenta l'uso di preziosi inserti a foglia d'oro. 

Non per nulla Vitruvio (80 - 15 a.c. - De architectura libro VII, cap. V), condannò la moda di questi ornamenti, sia per un criterio estetico, ritenendo che "le creazioni ibride contravvenendo alle leggi di Natura sono contrarie al canone della mimesis", sia per un un criterio morale "le pitture fantasiose sono puro pretesto a sfoggio di ricchezza smodata privilegiando l'uso di colori costosi quali il blu di Armenia o il porpora ed il cinabro, in contrasti cromatici violenti tesi ad impressionare lo sguardo secondo un gusto alieno alla sobrietà dell'arte ufficiale che vuole opporsi allo stile dell'Oriente ellenistico".

RESTI ORIGINALI DELLA DOMUS AUREA
Ai tempi di Augusto, molto morigerato nel cibo e nel vestire, tanto che i suoi pranzi erano piuttosto parchi e non abbuffava di certo i suoi ospiti (ma non era altrettanto morigerato nel gioco, per cui spese delle fortune), l'imperatore avversò parecchio le cene sontuose dei ricchi romani, invitando alla moderazione anche nelle vesti, nonchè nei gioielli, moderazione di cui anche Livia era un esempio importante.

Addirittura fece delle leggi che proibissero di approntare banchetti che nel costo superassero una determinata cifra, pena delle multe salate. I ricchi cittadini se ne fregarono e continuarono i loro lussuosi banchetti, disposti a pagare multe piuttosto che privarsi del divertimento. Anche le grottesche furono giudicate da alcuni moralisti molto costose e indecenti, ma su questo l'imperatore non si trovò d'accordo.

RESTI ORIGINALI DELLA DOMUS AUREA

Già allora, come nel Cinquecento, le grottesche, per quanto criticate, conquistarono Augusto e le sua corte e la loro diffusione fu inarrestabile, perchè piacque moltissimo e perchè la famiglia imperiale dettava la moda dell'epoca. Il suo riflesso si propagò anzi per tutto l'impero.

« La diffusione della pittura a grottesca nel Cinquecento fu immensa. Dopo la sperimentazione del tardo Quattrocento, le sue forme definitive furono stabilite con Raffaello a Roma, nelle Logge Vaticane e a Villa Madama, e i suoi collaboratori le diffusero per tutta l'Italia, dopo il Sacco di Roma del 1527. Negli anni Settanta, il più vasto complesso esistente di grottesche era nel palazzo Farnese a Caprarola »

(Cristina Acidini (1999), cit., pp. 13-14)

CASA DEI VETTII (POMPEI)

In effetti sia pittori che disegnatori iniziarono a esplorare le vaste sale della Domus Aurea, copiando con precisione le decorazioni parietali e delle volte in quarto stile (ma pure in II stile) riproducendoli in meravigliosi acquerelli. Queste decorazioni cominciarono quindi a diffondersi negli ambienti colti, dove ebbero un grande successo, si da essere riprodotte nelle ville e palazzi rinascimentali commissionati dai cardinali della corte papale o dalle famiglie più in vista.

Che risalissero alle pitture romani lo attesta anche il Vasari, che nel capitolo XXVII delle sue "Vite dè più eccellenti pittori, scultori e architettori" descrive dettagliatamente questo genere di decorazione, attribuendone correttamente l'invenzione agli antichi agli antichi romani, poichè la Domus Aurea si trovava quasi completamente sepolta e perciò i suoi ambienti apparivano simili ad ipogei, ovvero grotte. Simili grottesche vennero rinvenute anche nelle Terme di Tito a Roma e nella casa dei Vettii a Pompei.

VILLA DI AGRIPPA POSTUMUS (BOSCOREALE)
La grottesca presenta una tipica divisione verticale della parete in zoccolo o basamento, parte centrale e parte superiore, generalmente riservata alle caratteristiche architetture fantastiche, che compaiono senza soluzione di continuità, caratterizzate da una ricchissima policromia, sebbene non manchino esemplari dipinti a monocromo o con colori neutri.

Chiunque abbia visitato Pompei ed Ercolano avrà notato i coloratissimi interni delle domus, cioè delle case delle famiglie più ricche, caratterizzati da pavimenti a mosaico o di vari tipi di marmi lavorati con la tecnica dell'opus sectile, colonne generalmente tinteggiate di bianco e rosso, più raramente color ocra, e pareti riccamente affrescate.

Tra questi affreschi spicca l'eleganza delle esili volute delle grottesche, con dipinte filiformi colonne, cornicioni, candelabri, tetti e balconate, con figure mitiche o di pura fantasia: draghi e arpie, serpenti e pegasi, chimere e geni alati, in uno svolgersi di colori a volte delicati a volte forti ma sempre in forme snelle e sinuose senza una soluzione di continuità.


COMMISSARIATO DI RAFFAELLO DI URBINO

RODOLFO LANCIANI

1515, 27 agosto. Raffaello di Urbino è nominato commissario delle antichità eoa breve apostolico, per impedire soprattutto la distruzione dei marmi epigrafici. L'opera del divino artista fu bensì efficace dal punto di vista teorico: nell'atto pratico riuscì a poco o nulla. A lui dobbiamo il vasto e grandioso progetto di una illustrazione dei monumenti romani, dal punto di vista epigrafico e topografico, con metodo strettamente scientifico. 

Egli si prese a collaboratori Jacopo Mazochio per la parte epigrafica, cui fu accordato sin dal 30 novembre 1517 un breve per la pubblicazione entro i sette anni delle « epigrammata antiquae urbis » (date in luce nell'aprile 1521); Fabio Calvo per la compilazione della pianta archeologica della città romulea, serviana e augustea, divisa in XIV regioni, pubblicata nel febbraio-aprile 1527; e Andrea Fulvio per le « Antiquitates » edite nel 1527, e per la sua descrizione di Roma, data in luce nel 1545. 
Vedi il mio scritto: La pianta di Roma antica e i disegni archeologici di Raffaello, in Rend. Acc. Lincei, seduta 25 nov. 1895. 

Quanto alla pratica ed efficace tutela dei monumenti scritti scolpiti della città e del suburbio, essa fallì interamente, e le devastazioni continuarono sotto il commissariato di Raffaello, a dispetto del breve di nomina e delle buone intenzioni del commissario. Il solo ricordo che ci resta della sua attività in questo campo si conserva nell'archivio di Stato di Roma nel protocollo 1187 del not. Pacifici, a e. 112'. Vi si narra: « quod vir nobilis Gabriel de Rubeis « abitante nel rione Pigna « in suo testamento ordinaverit quod in casum in quem figuras marmoreas et alias antiquitates ipsius testatoris aliquis superior vellet ab heredibus per vim et violentiam disrapere » fossero chiamati ad intervenire i Conservatori della città « quod possint et debeant illas capere et asportare, et in palatio dnorum Conservatorum locare et conservare » . 

La persona di cui Gabriel de Rossi temeva la violenza era precisamente Raffaello commissario delle antichità. Segue di fatto il notaio a narrare come «  Raphael de Urbino costrinse il magistrato ad intervenire e ricorrere al Pontefice, perchè la volontà del defunto e i diritti del popolo fossero rispettati. » Il Pontefice dette torto a Raffaello. Si tratta dunque di un colpo di testa riuscito male.

Raffaello e Giovanni da Udine hanno certamente visitato e studiato le grottesche della Casa Aurea e delle cripte sepolcrali, essi hanno tolto schizzi e profili dei marmi di scavo, quando se ne presentava loro spontanea l'occasione: ma soltanto perchè nei marmi architettonici trovavano modelli per gli scorniciamenti delle loro fabbriche, nei marmi figurati il motivo di composizioni pittoriche, e nelle grottesche un nuovo tipo di elegante decorazione. 

Vedi l'eccellente memoria del eh. collega Loewy: « Di alcune composizioni di Raffaello ispirate a monumenti antichi  » e gli scrittori che egli cita nelle note perchè nei loro scritti sono mentovati molti monumenti esistenti o scavati vivente Raffaello. Il Loewy dimostra, p. e., aver Raffaello visto e schizzato il sarcofago di villa Medici, Matz-Duhn, II, n. 3341, ed altro, di pari soggetto, che si conserva in villa Pamphili, ibid. n. 3342 : dimostra pure aver Lorenzetto, l'esecutore della sepoltura Chigi a s. M. del Popolo, conosciuto e copiato il bassorilievo borghesiano delle fanciulle danzanti, ora nel Louvre.

(Rodolfo lanciani)


BIBLIO

- Andrè Chatel - Abscondita - 2010 -
- Cristina Acidini Luchinat - Storia dell'arte italiana - AA.VV. - Torino - Einaudi - 1982 -
- Rodolfo Lanciani - La pianta di Roma antica e i disegni archeologici di Raffaello - in Rend. Acc. Lincei - seduta 25 nov. 1895 -
- K. F. Flegel - “History of Comic Grotesque” - 1788 -.- Benvenuto Cellini - Autobiografia - Vita di Benvenuto Cellini orefice e scultore fiorentino - dottor Francesco Tassi. - Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, 1829.
- Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Torelli - L'arte dell'antichità classica - Etruria-Roma - Utet - Torino 1976.



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