HATRIA - ATRI (Abruzzo)



CISTERNA ROMANA
Hatria, oggi Atri, è una città posta in provincia di Teramo, anche se più vicina e meglio collegata con Pescara e la sua area metropolitana, nel comprensorio delle Terre del Cerrano, in Abruzzo. Secondo una leggenda vanne fondata da Diomede il quale, essendovi giunto in inverno ed avendovi tuttavia trovato una giornata di sole, la chiamò Haithria, cioè sereno, nome poi corrotto in Hatria.
Secondo altri le sue origini leggendarie risalirebbero alle migrazioni dalla Dalmazia del X sec. a.c., degli Illiri che, attraversato l'Adriatico, si stabilirono anche sulle opposte sponde del Piceno, spingendosi pure nelle valli interne e integrandosi con le primitive popolazioni indigene. 
Questa impronta illirico-sicula si evincerebbe anche dal nome Hatria, caratterizzata dalla stessa radice di Hatranus o Hadranus, divinità sicula raffigurata insieme al cane, animale ad essa sacro, sulle monete cittadine coniate, secondo molti studiosi, anteriormente ai primi contatti con Roma. Atri si contende con Adria veneta l'onore di aver dato il nome al mare Adriatico. Il territorio su cui era sorta Atri fu sottoposto successivamente alle migrazioni delle genti umbro-sabelliche, a loro volta soppiantate dai Piceni.


In antico la città ebbe floridi commerci con gli Etruschi, gli Umbri e con la Grecia alla quale esportava vino e olio. L'Ager Hatrianus si estendeva a nord dal fiume Tordino, comprendeva il Vomano, e finiva a sud fino al fiume Saline, dove aveva inizio il territorio dei Vestini, mentre il confine occidentale coincideva con le pendici del Gran Sasso.

Ad Hatria era molto viva anche l'oreficeria, segno del lusso della sua popolazione, ma pure oggetto di grande esportazione. Ad Hatria sono stati rinvenuti splendidi monili (secondo alcuni etruschi, secondo altri locali), conservati oggi nel museo archeologico nazionale di Campli o museo Paludi di
Celano, qui rinvenuti oppure sono conservati al British Museum di Londra.



L'ALLEATA DI ROMA

Il suo importante porto le permise di creare una nutrita flotta e di avere contatti commerciali floridi con la Grecia, nonostante le navi venissero spesso attaccate dai pirati Illirici. Infatti partecipò al fianco di Roma alla lotta contro i pirati che infestavano l'Adriatico, alla guerra illirica ed alla guerre puniche.

Molto probabilmente Annibale, dopo aver saccheggiato tutto il Piceno, si accampò con le sue truppe nel ricco e fertile Ager Hatrianus per ritemprare i suoi soldati e pure i suoi animali.


Atri rimase fedele a Roma, inviando soldati e vettovaglie anche quando la vittoria cartaginese sembrava vicina e per questo, insieme a Signa, Norba, Saticola, Fregelle, Lucera, Venosa, Brindisi, Fermo, Rimini, Ponza, Pesto, Cosa, Benevento, Isernia, Spoleto, Piacenza e Cremona, fu inserita in un decreto del Senato romano che rendeva pubblici i nomi delle città cui Roma doveva la sua salvezza. 
Divenuta colonia latina nel 289 a.c., comunque Hatria continuò comunque a battere la sua moneta e si distinse nelle ulteriori battaglie accumulando premi e privilegi. Anche durante la Guerra Sociale Atri si schierò a fianco di Roma, anche perchè godeva del diritto di voto nei Comizi essendo iscritta nella tribù Mecia. 

Nel periodo imperiale la città continuò ad essere un centro importante, diede origine alla famiglia dell'imperatore Adriano, che la riteneva sua seconda patria ed in essa ricoprì la carica di quinquennale a vita e di curator muneris pubblici. Dalla stessa famiglia, italica, trasferitasi in Spagna nacque anche l'imperatore Traiano, suo consanguineo.

LE GROTTE

LE GROTTE

Le Grotte, raggiungibili attraverso una ripida gradinata a circa 800 metri da porta Macelli, caratterizzano tutto il territorio delle Terre del Cerrano. L’ingresso è posto a Nord – Ovest; provenendo dal centro storico, in zona caserma dei carabinieri, si deve imboccare la prima strada a destra. Da lì è molto semplice continuare da soli grazie ai cartelli. 

 Secondo l’Archeoclub locale si tratterebbe di un enorme complesso industriale di età romana. Infatti, Atri era famosa in quel periodo soprattutto per il commercio del lino. Le pareti presentano anche i caratteristici cordoli, tipici delle cisterne romane. Le grotte non sarebbero altro che un’enorme vasca in cui si lasciava questo filato a macerare. 

Mentre, le piccole aperture in fondo, ai grandi saloni, non erano altro che sfoghi per le acque reflue dopo il complesso ed ingegnoso sistema di macerazione. Ai dubbiosi si ricorda che in altri siti cittadini si possono rinvenire sistemi di canalizzazione e raccolta del le acque di alta ingegneria, come le fontane archeologiche (kanat) ed il sistema di raccolta e trattamento di potabilizzazione rinvenuto recentemente presso il Palazzo D’Acquaviva. 


Oggi gli studiosi concordano che le grotte costituissero una grossa riserva d’acqua, mantenuta a bassa temperatura grazie alla posizione interrata. All’ingresso vi è una sala scavata nella viva roccia, collegata ad altre di eguale e minore ampiezza, intersecate da stretti cunicoli, sempre più bassi ed oscuri via, via che ci si allontana dalle aperture. 

Il complesso fin’ora esplorato ha una forma grosso modo trapezoidale, con una superficie di circa 700 mq disposto su tre piani. Particolarmente interessante risulta l’aspetto planimetrico con un corpo di gallerie più ampio (quattro navate e tre gallerie) ed uno ristretto (due gallerie principali e sette laterali, dette “le grotticelle”), che porterebbe denunciare successive riprese dei lavori e con buona probabilità la funzione collaterale di cava. 

La leggenda cristiana invece narra che le grotte, avendo cinque entrate e cinque uscite, sarebbero in realtà l’estensione della mano di S. Reparata che, durante un terribile terremoto, tenne fra le sue mani la Città di Atri impedendole di crollare. 

IL TEATRO

IL TEATRO

L'area archeologica è posta in via del Teatro, nei pressi di Palazzo Cicada, sec. III - II a.c. 
Nell'autunno 1993 sono iniziati gli scavi per riportare alla luce il monumento, ipotizzato da Giovanni Azzena, studioso dell'Istituto "Cardinal Cicada", come italico. 

Il teatro è stato in larga parte riportato alla luce, con un diametro di 70 metri, può contenere 10 000 persone a sede, nella zona della cavea si trova, nelle cantine del palazzo Cicada, al suo interno, dove il paramento dell'originale struttura è visibile, lo stato di conservazione risulta ottimo.

RESTI DEL TEATRO ROMANO
Al contrario i pavimenti non sono conservati, per un generalizzato abbassamento dei piani delle cantine del palazzo, senza un minimo rispetto per le antiche vestigia. Le volte parzialmente distrutte per permettere l'innalzamento dei soffitti moderni, erano costruite in calcestruzzo, con setti delimitati da nervature in laterizi tagliati, posti di coltello. 

Sono venuti alla luce anche parti dell'antico convento dei Gesuiti, sorto sempre sulle rovine di questo teatro nel XVII secolo, e resti di varie abitazioni; inoltre molti mattoni del teatro presentano la scritta PH, ossia Hatrianus Populus (popolo di Atri, oppure "Hatria").



LE MURA

A cingere l'orto del convento di Santa Chiara, nell'area del Belvedere, vi è un lungo e alto muro che, dalla parte che guarda Viale delle Clarisse, è in laterizio e risale al XV secolo, mentre sul tratto affacciato in Vico Mariocchi è costituito da grandi blocchi squadrati di epoca romana, per cui si presuppone che si tratti di una piccola parte delle fortificazioni della romana Hadria.



LE MURA CICLOPICHE

Dichiarate del VI secolo a.c., ma sicuramente più antiche, sono le mure della Atri picena, costituite da blocchi in pietra di varie dimensioni posti a secco e ad incastro. Si trovano presso la Fonte della Strega, poco fuori il centro storico.



IL PORTO ROMANO

«il torrente Matrinus, che scorre dalla città di Atri, con l'omonimo porto»
(Strabone - Geografia - V, 4, 2)  

Sulla costa antistante Atri, nei pressi della Torre di Cerrano (Pineto), su un fondale sabbioso tra 5 e 15 metri, dovrebbero estendersi le rovine sommerse dell'antico porto, con un molo a forma di "L", opere murarie, lastroni in pietra d'Istria, colonne e vari manufatti. Secondo l'opera di Luigi Sorricchio, che ripercorre la storia di Atri nel tempo, le rovine dell'antico porto si troverebbero nei pressi della foce del fiume Vomano precisamente tra Scerne e Roseto degli Abruzzi. 

Nel 2011 è stato ritrovato un antico mosaico di epoca romana durante dei lavori stradali, nel confinante comune di Roseto degli Abruzzi il che fa supporre che tutto ciò non sia solo una semplice supposizione.

Il porto di Cerrano-Matrinus esisteva già in epoca romana, ma alcune indicazioni mostrano che fosse già vivo in epoche anteriori. La successiva decadenza è documentata nella prima menzione medievale, risalente all'VIII secolo:
«In qua sunt civitates Firmus, Asculus et Pinnis et iam vetustate consumpta Adria, quae Adriatico pelago nomen dedit
(Paolo Diacono - Historia Langobardorum - II, 19)
dove appunto non si fa cenno al porto che probabilmente doveva essere già sparito da tempo.



BIBLIO

- Museo Nazionale Archeologico - Campli, in Musei e siti archeologici d'Abruzzo e Molise - Pescara - Carsa Edizioni - 2001 -
- Anton Ludovico Antinori - Annali degli Abruzzi - Vol. I -- Luigi Sorricchio - Hatria-Atri - I vol. - Roma - Tip. del Senato - 1911 -
- Giovanni Azzena - Atri - forma e urbanistica - Roma - L'Erma di Bretschneider - 1987 -
- Maria Cristina Mancinelli - L’Antico Porto di Hadria su Torre del Cerrano - Area Marina Protetta, Co.Ges. - Torre del Cerrano -



1 comment:

Anonimo ha detto...

Complimenti per la dettagliata descrizione, splendidi appunti storici di quella

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