LUPIAE - LECCE (Puglia)



RICOSTRUZIONE GRAFICA - ITLAB (http://itlab.ibam.cnr.it)

Situata quasi al centro della penisola salentina, tra la costa adriatica e quella ionica. La città di Lecce risiede nella parte centro-settentrionale della pianura salentina, nel cosiddetto tavoliere di Lecce, un vasto e uniforme bassopiano del Salento compreso tra i rialti terrazzati delle Murge, a nord, e le serre salentine, a sud.

L'area è caratterizzata da un particolare terreno calcareo-marnoso del Miocene, che nell'Italia meridionale s'incontra quasi esclusivamente nella Terra d'Otranto. comunemente conosciuto come "pietra leccese", più o meno chiara, dal bianco al giallo e più o meno compatta fino ad essere porosa, comunque facilmente scavabile e tagliabile. La morfologia del territorio è comunque soprattutto pianeggiante.

Gli antichi geografi greci, Strabone, Tolomeo, le attribuiscono il toponimo (greco) Λουππίαι Luppíai o Λουπία Lupía, i latini traducono in Lupiae, l’antico nome romano dato alla città, tra il I e il II secolo d.c. Il primo insediamento fu fondato dalle popolazioni provenienti dall'Illiria durante le migrazioni del III millennio a.c. ma fiorisce soprattutto tra il VII e il IV secolo a.c. 



I MITI

Le prime attestazioni della civiltà messapica risalgono all'VIII secolo a.c., ma delle sue leggende mitologiche greche si rifanno al mito di Paride, alla storia di Odisseo e a quella di Ifigenia. La leggenda tramanda che già prima della guerra di Troia esistesse una città fondata da Malennio,  il primo dominatore di quest'area e portatore della cultura greca nella città, allora chiamata Sybar, 1211 anni prima della nascita di Cristo. Dopo la distruzione di Troia, fu occupata da Lictio Idomeneo che, oltre a darle il nome, ne introdusse la cultura greca. 

MASCHERONE DEL TEATRO
Il mito narra che Idomeneo, re di Creta, figlio di Deucalione e nipote di Minosse, risolse una disputa sorta tra Teti e Medea su chi fosse la più bella, decidendo in favore di Teti. Medea, irritata, maledisse lui e la sua stirpe e condannò i Cretesi a non dire mai più la verità. Da qui il detto secondo cui «I Cretesi sono tutti bugiardi».

Benché avanti negli anni, ma ancora bellissimo, Idomeneo aspirò alla mano della bella Elena, che amò con passione e per cui soffrì molto quando fu destinata a Menelao. Gli ambasciatori cretesi annunciarono che il loro re Idomeneo avrebbe guidato cento navi a Troia se Agamennone avesse acconsentito a condividere con lui il comando della spedizione e il re acheo accettò.

Nell'Iliade si narra che Idomeneo si distinse in numerose imprese, uccidendo vari eroi troiani e difese le navi greche contro gli assalti di Deifobo ed Enea. 

Inoltre fu tra gli eroi che, nascosti nel cavallo di legno, penetrarono nella città e fu tra i giudici che attribuirono le armi di Achille ad Odisseo.

Secondo alcune tradizioni, Idomeneo venne ucciso da Ettore nella guerra di Troia, ma secondo altri, partì per la sua terra con la sua nave, trovando il suo trono usurpato da Leuco, al quale Idomeneo aveva lasciato la guardia della casa in sua assenza, con cui sua moglie Meda aveva avuto una relazione.

Partì nuovamente per l'Italia e si stabilì definitivamente in Calabria (nome antico del Salento, la parte più meridionale della Puglia), dove fondò una nuova città. Una variante afferma che fu costretto a lasciare la patria per una sommossa dei suoi sudditi, avendo egli ordinato il sacrificio di suo figlio Idamante per mantenere fede a un voto fatto mentre ritornava dalla guerra di Troia: i Cretesi interruppero la cerimonia provocando così la fuga del re.

RICOSTRUZIONE GRAFICA - ITLAB (http://itlab.ibam.cnr.it)

LA NASCITA DI LECCE

Nel III secolo a.c. Roma conquistò tutto il Salento, quindi anche Sybar, ormai chiamata Lupiae, e la vicina Rudiae, città natale del poeta Quinto Ennio che, negli Annales, cantò sei secoli di storia di Roma, dall'arrivo di Enea sulle coste laziali. Tra la fine dell'età repubblicana e gli inizi dell'età imperiale, Lupiae si era cinta da mura, costruite su quelle messapiche, si era dotata di un foro, di un teatro, un anfiteatro e uno sbocco sul mare: Porto Adriano, l'attuale marina di San Cataldo. Era insomma romanizzata.

A Lecce il primo insediamento di tipo urbano, avviene così verso la fine del IV secolo a.c., con potenti mura difensive, lunghe 3 km e spesse 5 metri; (individuati i tratti presso Porta Napoli, via Adua, Viale Lo Re e via Manifattura Tabacchi) eseguite a grandi blocchi di calcare, per un'area di circa 50 ettari. 

Il tessuto abitativo era discontinuo, con assi viari non rettilinei, alternati con spazi agricoli, luoghi di culto e necropoli. Il passaggio dalla città messapica a quella romana non sembra sia avvenuto in modo traumatico o violento, perchè non c'è traccia di abbattimenti o distruzioni, ma avviene invece gradualmente nel corso del I secolo a.c., modificando pian piano il tessuto urbano messapico con le strutture tipiche della città romana. 

L'ANFITEATRO

IL NOME

Lecce divenne così romana assumendo il nome di Lupiae che qualcuno ha associato a Lupus = lupo, altri a Lupu = Lep = roccia, rupe, in latino " Lapis "= roccia. Oppure, e ci sembra più accettabile, proviene da alluvies (piena), tanto è vero che in provincia di Venezia esiste Campagna Lupia, derivata da luvia, cioè zona alluvionata o alluvionabile.



LA CITTA' MESSAPICA

La città messapica divenne presto conquista dei Romani nel III a.c., per poi diventarne municipio nell’89 a.c., assumendo in tutto e per tutto quelle caratteristiche architettoniche proprie di una città romana, nell'architettura e nei costumi. La civiltà messapica di Lecce è ben visibile nell'Ipogeo Palmieri, un esempio di architettura funeraria messapica, visitabile all'interno del giardino di Palazzo Guarini, lungo la via Palmieri. 

Rinvenuta nel 1912 da un appassionato di antichità locali, la tomba apparve già priva di corredo, depredata probabilmente nel corso del XVI secolo, epoca a cui risalgono alcune iscrizioni graffite sulle pareti del corridoio d'ingresso e delle celle. L'ipogeo è composto da tre ambienti disposti intorno a un vestibolo. Sulla base di confronti stilistici e tipologici, per la tomba, realizzata evidentemente per una famiglia locale aristocratica, è stata ipotizzata una datazione agli inizi del III secolo a.c.

Fu dopo il 272 a.c. che la città messapica rientrò nell'area di controllo di Roma, trasformandosi poi in vero territorio romano, pur mantenendo in parte caratteristiche proprie. Quando poi Ottaviano sbarcò nel porto di Lupiae, ebbe abboccamenti con i governatori locali saggiando l’amicizia e la fedeltà degli esponenti dell’aristocrazia locale per il defunto dittatore e pertanto per il suo figlio adottivo.

Ottenuta questa rassicurazione Ottaviano progettò un'ulteriore e più profonda trasformazione della città, motivata dalla sua decisione di assegnare a Lupiae un ruolo eminente rispetto alle altre città messapiche, all’interno di un progetto più ampio di riorganizzazione territoriale del Salento.



IL MUNICIPIO

Più tardi la città, dopo la Guerra Sociale (89 a.c.) passò da statio militum a municipium (con l’iscrizione dei nuovi cittadini alla tribù Camilia) retto da Quattuorviri con potestà giusdicente. 

L'applicazione delle leggi municipali, dettste dalle leggi romane, ed in particolare il divieto di seppellire all'interno dell'abitato, impose l'abbandono delle aree funerarie poste all'interno delle mura, permettendo invece una continuità d'uso di quelle esterne consentendo la formazione di nuove necropoli. 

IPOGEO PALMIERI

IPOGEO PALMIERI

Le necropoli, secondo l'uso Messapico, si articolavano sia dentro che fuori la città, alternandosi alle abitazioni. Le tombe venivano scavate nella roccia o in fosse rettangolari o come ampie camere ipogee con decorazioni tanto più ricche tanto più alto è il rango sociale del defunto. Tra le poche tombe a camera rinvenute nell'area del centro storico emergono l'Ipogeo Palmieri, nel giardino di Palazzo Guarini, e quella nei sotterranei della Banca d'Italia.

Quando Lupiae divenne municipio romano, le necropoli vennero spostate all’esterno della cinta muraria, come tipico delle consuetudini romane e venne introdotto il rito dell’incinerazione. Il mondo dei vivi si separava così dal mondo dei morti. Successivamente ottenne la promozione a colonia guidata da duumviri.

PORTA NAPOLI CON TRATTI DELLE MURA

PARCO ARCHEOLOGICO DI RUDIAE

Rudiae è un’antica città messapica fondata nei pressi dell’antica Lupiae, nella Valle della Cupa e in mezzo agli ulivi secolari dove oggi domina l’anfiteatro romano, portato alla luce durante gli scavi avviati nel 2011. Pertanto Lecce aveva in effetti due anfiteatri e due teatri, uno in città e uno a Rudiae.

Il suo parco archeologico si trova sulla via per San Pietro in Lama e racchiude una parte dei resti dell'antico centro messapico di Rudiae, città natale del padre del poeta Quinto Ennio, distrutta nel 1147 da Guglielmo il Malo.

Nel sito sono stati rinvenuti tratti delle monumentali fortificazioni messapiche che dovevano estendersi per circa 100 ettari. Sono state rinvenute anche delle strade basolate e un luogo di culto del I secolo a.c. con vicino una tomba ipogea con pianta a T, di età ellenistica.

Ma il monumento principale rudiano è il suo anfiteatro, al centro dell’antica città e portato alla luce solo nel 2011, che si conserva quasi interamente e fu costruito in epoca Traianea tra il 98 e il 117 d.c.. Di m 85 x 50, poteva ospitare quasi 8.000 spettatori.
A differenza degli anfiteatri romani che sorgevano subito fuori delle mura della città, anche per evitare che il piccolo centro si riempisse di stranieri, l’anfiteatro di Rudiae fu realizzato al centro del precedente insediamento messapico, in un’area che grazie alla presenza di una dolina naturale, ne rendeva più facile la costruzione.
Nel corso dei primi scavi sono state portate alla luce inoltre una necropoli e diversi reperti attualmente conservati presso il museo Sigismondo Castromediano di Lecce.



LA RICOSTRUZIONE ROMANA

È però in età augustea che avviene la grande trasformazione urbanistica della città che si riforma a scacchiera con le due vie ortogonali.  Si racconta che Ottaviano, di ritorno dall’Oriente dopo la morte di Cesare, sia arrivato a Lecce nel 44 a.c. e qui accolto come nuovo Cesare.

Vennero in quest'epoca costruiti il teatro e l’anfiteatro e, nell’area dell’attuale Piazza Duomo, il foro della città. posto all’incrocio del cardo e del decumano massimi. Il primo Duomo viene costruito in età paleocristiana sostituendo lo spazio civile della Basilica con quello religioso della chiesa.

Secondo alcuni studiosi però al posto del Duomo non vi era una basilica ma bensì un grande tempio, posizionato tra la piazza del Duomo e il teatro romano.

RICOSTRUZIONE GRAFICA DEL TEATRO - ITLAB (http://itlab.ibam.cnr.it)

IL TEATRO

Dimenticato da secoli nel sottosuolo dell’antica Lupiae, il Teatro Romano di Lecce riemerse per caso dal passato dopo secoli di dimenticanza, e di Lupiae e di tutte le bellezze degli antichi romani, nel 1929. Naturalmente avvenne per caso,  a seguito della ristrutturazione dei giardini di due palazzi nobiliari posti nel centro storico. 

Così nei primi del '900 partirono gli scavi archeologici che fecero riemergere anzitutto la cavea del monumento, larga esternamente 40 metri, ed interiormente circa 19 metri, scavata direttamente nella roccia, secondo l'uso greco.

Il restauro non solo portò alla luce ma risistemò in parte l’antico rivestimento di pietra. Dodici gradoni si alternano alle scalette d’accesso per gli spettatori, che secondo le stime degli studiosi dovevano assommare a oltre 5000.

SEZIONE DEL TEATRO (http://itlab.ibam.cnr.it)

Il teatro, ricavato in un banco di roccia, fu rivestito in opus quadratum. Il teatro è pertanto in parte scavato nella roccia sottostante, da cui è ricavata la scena ancora in luce, e in parte edificato. Essa è divisa in sei cunei da cinque scalette radiali dei cui gradini ogni coppia corrisponde ad uno di quelli riservati agli spettatori. 

Ogni cuneo è costituito da dodici gradoni dell'altezza di 0,35 metri e di una profondità di 0,75 metri circa, molti dei quali sono stati già restaurati.

Davanti all'orchestra, conservata nella sua originale pavimentazione a lastre rettangolari di calcare bianco, si notano tre larghi gradini che girano a semicerchio sui quali venivano collocati dei seggi particolari e mobili riservati ai notabili. 

IL TEATRO OGGI

Dietro i gradini è presente un muretto e, dietro l’orchestra, oltre al canale destinato a raccogliere il sipario, è presente la scena, in cui l'altezza dal piano dell’orchestra è di metri 0,70; la profondità di 7,70 metri e la larghezza di 30 metri.

Ma erano presenti anche molti incavi, probabilmente utilizzati per le impalcature degli scenari in legno. I romani sapevano creare le scene scolpendole e dipingendole, e pure macchinari che potessero trasportare velocemente le scene a volte semplicemente facendole ruotare.

L'ANTICO BASOLATO
Il monumento è datato al periodo augusteo, al quale apparterrebbero alcuni frammenti della decorazione fittile del balteus, mentre all’età degli Antonini si vuole risalgano le statue marmoree che adornavano il teatro. 

La scaenae frons doveva essere decorata da nicchie con lesene e ornamenti vari, e con statue riproducenti prototipi di età classica o ellenistica; spesso si trattava di copie romane di statue greche, molto apprezzate dai romani che adoravano l'arte ellenica.

Infatti sono stati rinvenuti in loco frammenti delle statue di Ares, di Artemide, di Amazzone, di Athena, di Zeus, e pure un clipeo con l’immagine della Dea Roma, probabilmente accompagnata da una statua di Augusto, collocata al centro del frontescena. 

I reperti di cui sopra, provenienti dallo scavo sono conservati attualmente al Museo Provinciale "Sigismondo Castromediano" di Lecce. Il complesso architettonico del teatro è stato utilizzato per un lungo tempo, rappresentando sia tragedie che commedie.

IL TEATRO (http://itlab.ibam.cnr.it)

L'OLEIFICIO

In Piazzetta Castromediano sono venuti alla luce, durante la ristrutturazione della piazza, alcune strutture connesse con varie fasi della storia della città. Ad età romana vanno ascritti i resti di alcune strutture produttive pertinenti alla lavorazione dell’olio (frantoio e cisterna), del II-I secolo a.c. Questo rinvenimento permette di collocare in quest’area il quartiere artigianale della città romana.

I resti del trapetum del I secolo a.c. sono visibili nella vetrina ad est. Vediamo un vasto ambiente con pavimento in cocciopesto con presse per la spremitura. L’olio era convogliato tramite canali nel lacus olearius (rivestito in cocciopesto con scaletta di accesso e pozzetto sul fondo, in cui si sedimentavano i depositi dell’olio spremuto).

Oltre a queste strutture negli ultimi anni sono venute alla luce le Terme Pubbliche, nell’area prospiciente la Chiesa di Santa Chiara, una struttura templare, forse dedicata ad Iside, nella zona del teatro, sotto Palazzo Vernazza, e un’area artigianale in Piazzetta Castromediano, con il suddetto oleificio.

L'ANFITEATRO DI LECCE

L'ANFITEATRO ROMANO DI LECCE

Sono ancora visibili i resti dell’Anfiteatro di Lecce, il massimo edificio teatrale conservato in Puglia. È datato ad età augustea con rifacimenti dell'imperatore Adriano. Venne messo alla luce negli anni Trenta del Novecento, nell’ambito dell'era fascista. 

L’Anfiteatro Romano ha una forma ellittica ed è stato scavato nella viva roccia tufacea: fu costruito in pietra leccese, rivestito completamente in marmo, e con preziose decorazioni. E' situato, al contrario di quelli romani che giacevano appena fuori le mura, nel centro della città e ne restano l'arena, le gradinate inferiori e parte delle mura esterne.

L’opera si trova al di sotto del livello stradale e fu edificata in parte direttamente nella roccia e in parte su arcate in opera quadrata che restano allo scoperto, oltre ad una parte dell’arena ellittica, intorno alla quale si sviluppano le gradinate dell’ordine inferiore, due corridoi anulari, uno sotto le gradinate, l’altro esterno e porticato.

Ciò che oggi è visibile, ad una profondità di circa 8 metri, è parte dell’arena, la gradinata inferiore e due gallerie interne che si collegavano presumibilmente al porticato che si stendeva all’esterno. Misurava circa 102 m × 83 m e riusciva a contenere oltre 25 000 spettatori. In epoche successive fu sotterrato e sovrastato da altri edifici. L’arena era divisa dalla gradinata che ospitava gli spettatori (cavea) da un alto muro con parapetto (podium) ornato di rilievi marmorei a bauletto che raffiguravano scene di lotta tra uomini ed animali.

Nel muro che separava l’arena dalla cavea si aprivano passaggi per il corridoio centrale ed un corridoio minore, dietro l’arena, destinato ai servizi. Tutti i fregi marmorei rinvenuti, così come la testa di Efebo e la bella scultura dell’Amazzone ferita, sono oggi conservati all’interno del Museo Sigismondo Castromediano.

Il monumento venne scoperto durante i lavori di costruzione del palazzo della Banca d'Italia, effettuati tra il 1904 ed il 1938. Gli scavi sotto la guida dell'archeologo Cosimo De Giorgi, durarono sino al 1940; ma solo un terzo del monumento venne recuperato, il resto giace sotto piazza Sant'Oronzo dove si ergono alcuni edifici e la chiesa di Santa Maria della Grazia. Il monumento di età augustea, tramite iscrizioni rinvenute durante gli scavi con riferimenti a Traiano, si pensa oggi che risalga al II d.c..

Solo un terzo della struttura venne scavato in quanto il resto era collocato sotto la Chiesa di Santa Maria delle Grazie e pertanto intoccabile. L’anfiteatro era collocato come si usava all'epoca, aldifuori delle mura della città, in una posizione intermedia tra l’abitato e il territorio.

SEZIONE DELL'ANFITEATRO - ITLAB (http://itlab.ibam.cnr.it)

Ciò aveva i vantaggi di attirare anche forestieri dall'esterno senza che questo ingombrasse la città, e che in caso di risse o scontri, che non erano rari soprattutto nella tifoseria delle corse dei cavalli, questi tafferugli non invadessero la città.

L'anfiteatro, come il teatro, in parte venne scavato nel banco roccioso sottostante, in modo da reimpiegare nella costruzione le pietre cavate. A tutt'oggi dell'anfiteatro resta solo la ima cavea. Sotto alla cavea passavano due corridoi, uno centrale anulare per gli spettatori, con numerosi accessi dal porticato, ed un’altro di servizio.

Il podium, muro che divide l’area dalla cavea, era decorato da rilievi in marmo che rappresentano le venationes che avvenivano al’interno della struttura. Troviamo rappresentati cacciatori, gladiatori, bestie e animali di varia natura: cani, lepri, tori, cervi, lupi, cinghiali, pantere, leoni, orsi, e perfino un elefante e un rinoceronte.

IL SECONDO ANFITEATRO, IERI ED OGGI

IL SECONDO ANFITEATRO - DI RUDIAE

Oggi è tornato alla luce (grazie al prof Francesco d’Andria e al lavoro dell’Università del Salento e della Soprintendenza) anche l’anfiteatro di Rudiae. Lecce è l’unica città al mondo che possa vantare due anfiteatri romani, anche se duemila anni fa lo spazio urbanistico attuale non esisteva, e Lupiae e Rudiae erano due città distinte, che forse proprio per antagonismo si vollero dotare entrambe di un simile e importante monumento.

Ma il monumento principale rudiano è il suo anfiteatro, al centro dell’antica città e portato alla luce solo nel 2011, che si conserva quasi interamente e fu costruito in epoca Traianea tra il 98 e il 117 d.c.. Di m 85 x 50, poteva ospitare quasi 8.000 spettatori.
A differenza degli anfiteatri romani che sorgevano subito fuori delle mura della città, anche per evitare che il piccolo centro si riempisse di stranieri, l’anfiteatro di Rudiae fu realizzato al centro del precedente insediamento messapico, in un’area che grazie alla presenza di una dolina naturale, ne rendeva più facile la costruzione.
Nel corso dei primi scavi sono state portate alla luce inoltre una necropoli e diversi reperti attualmente conservati presso il museo Sigismondo Castromediano di Lecce.

RESTI TEMPIO DI ISIDE

IL TEMPIO DI ISIDE

Il palazzo Castromediano-Vernazza ospita nei suoi sotterranei i resti del tempio di Iside. Si sa che a Lupiae, da quanto riportano diverse fonti: molti mercanti venivano qui per portare un tributo alla Dea della fecondità e della maternità. Questi doni erano monete e iscrizioni. 

In una di queste si legge "Tiberinius Isidi" (Tiberio dedica ad Iside) ed è stata trovata durante gli scavi nel palazzo, insieme alla testa di una statua della Dea che, come d'ordinario, doveva essere conservata nella cella del tempio dedicata alla divinità.

Nel piano inferiore del palazzo è stato rinvenuto il "purgatorium", un battistero pagano, al quale si accedeva tramite una gradinata scavata nella roccia, che portava in un piccola fossa, all’interno della quale il fedele compiva il "lavacrum" per potersi purificare prima di entrare nel tempio. Mediante i suoi resti ne è stata effettuata una ricostruzione, con una vasca a pianta rettangolare e nicchia sul fondo in cui era conservata l' acqua sacra del Nilo. 

"Nel purgatorium si svolgeva il rito della purificazione: l'immersione nell'acqua, attraverso una scaletta in parte tagliata nella roccia, permetteva al fedele di liberarsi dalle passioni e dai desideri terreni prima di accedere all'area sacra." 
(Apuleio, Metamorfosi Xl, 23, 9).

Dal santuario sono emerse sculture in marmo di etå imperiale, chiaramente egizie. Degli "oscilla" (lastrine di marmo) erano appesi alle ghirlande tra le colonne del portico di cui uno circolare recante una maschera teatrale.

Altri due "oscilla", rettangolari, rappresentano il Dio Anubis con testa di sciacallo ed Iside con crescente lunare sulla testa, sistro (lo strumento musicale) nella mano sinistra e situla nella mano destra (secchiello per l' acqua da cui deriva quello cattolico delle aspersioni) utilizzato appunto nelle aspersioni rituali isiache.

Dal santuario provengono anche dei bacini lustrali tra cui un labrum in breccia corallina con iscrizione ad Iside da parte di Memmius Cinyps Tiberinus ed alcune sculture tra cui una statua di  Afrodite. 

LA COLONNA DI S. ORONZO

SANTO ORONZO

La leggenda vuole che un giorno san Paolo consegnasse una lettera a Giusto per recapitarla a Roma, ma Giusto naufragò presso Lecce, ove fu salvato e curato da Publio e suo nipote Fortunato. Giusto parlò a Publio dell'unico Dio, e questi subito si convertì e si fece battezzare insieme a suo nipote, cambiando il nome in Oronzo, cioè "risorto". 

Giusto e Oronzo cominciarono a predicare e furono denunciati al pretore romano, che li fece frustare e carcerare. Scarcerato, Giusto invitò Oronzo e Fortunato da san Paolo che consacrò Oronzo Vescovo di Lecce e della Japigia (Puglia). Tornati nel Salento, predicarono e convertirono la popolazione, ma vennero trovati dai legionari, ricondotti a Lecce, e qui giustiziati per decapitazione.



COLONNA DI SANT'ORONZO

COLONNA DI BRINDISI
E' famosa a Lecce la colonna, peraltro romana, che oggi sostiene la statua di Sant’Oronzo. Originariamente si trovava a Brindisi, accanto ad un’altra colonna che,  con l'altra, segnalava il termine della Via Appia a Brindisi.

Il 20 novembre 1528 una delle colonne crollò (per incuria) e i vari pezzi marmorei rimasero a terra per oltre un secolo (sempre per incuria). Nel frattempo nel 1657 la peste seminò morte nel sud Italia, ma non toccò il Salento, per cui a Lecce si credette ad un’intercessione del santo patrono per cui Dio non aveva sterminato anche loro.

Il monumento venne realizzato utilizzando i rocchi crollati dello stelo marmoreo di una delle due colonne romane, così nella piazza s'innalza dunque la colonna del santo, alta circa 29 m, donata dalla città di Brindisi per adornare la piazza. 

Sulla sommità ospita la statua del patrono eseguita a Venezia nel 1739, in segno di gratitudine a sant'Oronzo, a cui la città attribuì la salvezza dalla peste diffusasi nel 1656 nel Regno di Napoli.

Così il popolo riconoscente volle realizzare un monumento al santo patrono e l’allora sindaco di Brindisi decise di offrire i pezzi della colonna caduta, danneggiati e in stato di abbandono.

I lavori furono guidati dall'architetto Giuseppe Zimbalo, che costruì il basamento in pietra con balaustre e statue, rastremando i rocchi scheggiati a causa del crollo. Anche il capitello fu quello dell'antica colonna romana, su cui venne posizionata la statua (alta 4,16 m) in legno ricoperta di rame. Durante i festeggiamenti del Santo nel 1737, un razzo colpì e bruciò la statua che venne totalmente rifatta in bronzo e ricollocata nel 1739.



TEATRO ROMANO

Il Teatro Romano di Lecce si trova in via dell'Arte della Cartapesta. Fu scoperto nel 1929, databile come l'Anfiteatro. La cavea di questo Teatro, probabilmente riservato ai lupiensi mentre quello di piazza Sant'Oronzo veniva frequentato dai provinciali, misura 19 m di diametro. Le sue statue sono conservate presso il Museo archeologico provinciale Sigismondo Castromediano.

Il Teatro veniva frequentato per sette mesi (da aprile a ottobre), in quanto gli spettacoli erano all’aperto e per l'occasione si usava spruzzare fragranze di rose o zafferano nebulizzati attraverso delle doccette.

Nelle prime file dotate di cuscini sedevano i senatori, le quattordici file successive erano riservate ai cavalieri, poi vi erano i posti popolari e infine le donne, gli schiavi e i bambini; in ogni settore occorreva giungere in anticipo per occupare il posto migliore. L’ingresso era consentito a tutti, ma regolato da tessere d’osso che permettevano di riconoscere i litigiosi e collocare gli spettatori nel giusto settore.



SOTTERRANEI DI LECCE

Il tracciato di vico dei Sotterranei è occupato da una serie di mosaici pavimentali attribuibili a una ricca domus del V secolo. Inoltre si è rinvenuto un tratto di strada basolata di età imperiale, il cui tracciato nordest-sudovest non si inserisce nella maglia ortogonale proposta da alcuni studiosi. Sembra che il tracciato delle vie fosse rimasto in parte messapico e in parte romano.

Nel Vico dei Sotterranei, un luogo posto oggi sotto il livello stradale, si conservano una serie di mosaici pavimentali appartenenti alle domus romanr del V secolo. Il sottosuolo di Lecce è ancora tutto da scavare per fornire nuove sorprese.

IL PORTO

IL PORTO

In'età imperiale, soprattutto nel II secolo, Lupiae diventa il centro più importante del Salento, accanto alla colonia latina di Brindisi. Traiano decide allora di collegare Lupiae all'ultimo tratto della Via Traiana (Via Traiana Calabra) che conduce da Brindisi a Otranto, il nuovo porto di collegamento con l'oriente. 

L'imperatore Adriano fece di più, perchè  dotò Lupiae anche di un porto nella vicina rada di San Cataldo. Chi però ampliò e abbellì ancor più lupiae fu Marco Aurelio Antonino (161-180) di origini salentine, che si riteneva discendente di Malennio, per cui la città gli era particolarmente cara. 

Questo ruolo di egemone ricchezza dura fino al V-VI secolo quando anche a Lupiae, come in tutto il mondo antico, si assiste alla ridefinizione funzionale del centro urbano, in parte legata alla diffusione del Cristianesimo con conseguente edificazione degli edifici di culto cristiani e demolizione di quelli pagani.

Da secoli dimenticato, il porto romano di Lecce (antica Lupiae), fatto ricostruire dall’imperatore Adriano, lentamente sta ritornando alla luce grazie ad una campagna di scavi che ne ha riportato in vista i tratti visibili sottraendoli alle sterpaglie. Pausania, scrittore, viaggiatore e geografo greco del II secolo d.c. lo citava nelle sue opere. Qui sbarcò Ottaviano, dopo aver appreso della morte di Cesare.

Un sito strategico, posto fra le città portuali di Brindisi e Otranto, svolgendo importante ruolo di scalo o rifornimento. Sotto ne vediamo, studiando la fotografia aerea, il disegno dell’antico impianto oggi ormai sott’acqua. Dopo la fine dell’Impero cadde nella totale dimenticanza, come tutta la zona del litorale, occupata da paludi e boschi. Soltanto nel XVI secolo qualche viaggiatore appunta l’esistenza di questa struttura muraria.

I RESTI DEL MOLO

Il bastione si inoltra in mare per circa 150 metri, ma la parte centrale è crollata distrutta dalle mareggiate senza che nessuno mai intervenisse. Fra il 2004 e il 2008 l’intera struttura è stata almeno  studiata, per ottenerne un progetto. Si è scoperto che dai suoi tempi c'è stata una variazione del livello marino è di circa 3 metri, rispetto al livello attuale.

Molti dei grossi conci presentano ancora le tracce lasciate dagli attrezzi utilizzati per la messa informa (ascia martello e scalpello a taglio liscio). Nelle fonti d’archivio ottocentesche si fa riferimento alla presenza di “barre di ferro” utilizzate per rendere solida la struttura. Del sistema di fissaggio restano sei grappe a doppia T e a pi greco.

L’architettura del molo si riscontra in numerose strutture del bacino mediterraneo di diverse epoche. Qui giungeva la strada che arrivava da Lupiae, in alcuni tratti (dei circa 10 km di campagne attraversate) ancora visibili.

Si sono riscontrate analogie strutturali tra il molo di San Cataldo e l’anfiteatro di Lecce, datato tra l’età repubblicana e la metà del II secolo d.c. per cui si è ipotizzata una datazione simile, anche se la presenza di pozzolana d’importazione nel nucleo dell’opera cementizia dell’edificio leccese, risulta  assente nel molo. Non si può pertanto essere certi che i due edifici siano coevi.

La soluzione edilizia adoperata a San Cataldo deve essere stata fortemente condizionata dall’ampia disponibilità di pietra da taglio e alla facilità di estrazione del materiale lapideo, reperito in zone assai vicine. Delle colonne di marmo bianco che in origine si allineavano lungo tutto il molo, ne resta solo un moncone.

Comunque in età imperiale l’insenatura sabbiosa fu dotata di un molo in muratura innestato nell’estremità settentrionale nella terraferma, a chiudere uno specchio d’acqua adeguato per le manovre di carico e scarico di imbarcazioni di piccolo tonnellaggio.



IL DECLINO

Con la caduta dell'impero romano d'occidente, la città conobbe un lento declino, causato dalle varie dominazioni. Dopo prima dominazione ostrogota, fu coinvolta nella guerra tra goti e bizantini. Fu saccheggiata da:
- Totila (r. 541 - 552) il re degli Ostrogoti, nel 542 e di nuovo nel 549,
- dopodichè passò sotto il dominio dell'Impero Romano d'Oriente (395 d.c. - 1453), di cultura prevalentemente greca, per cinque secoli. 
- poi fu dominata dai Saraceni.



MUSEI ARCHEOLOGICI

- Museo archeologico provinciale Sigismondo Castromediano
- Museo archeologico Faggiano
- Museo del Teatro Romano
- Musa - Museo storico-archeologico dell'Università del Salento
- MUST - Museo Storico della Città di Lecce
- Museo papirologico dell'Università del Salento


BIBLIO

- M. Bernardini - Lupiae - Centro Studi Salentini - Lecce - 1959 -
- Francesco Maria Pratilli - La Puglia romana: un paesaggio pietrificato - in Quaderni dell'Archivio Storico Pugliese XXI - Bari - 1982 -
- Domenico Musti - Magna grecia. Il quadro storico - Bari - Laterza - 2005 -
- P. Larizza - La Magna Grecia - Reggio Calabria - Istar Editrice - 1993 -
- G. Palumbo - Storia di Lecce con documenti inediti - Lecce - 1910 - 
- Salento. Architetture antiche e siti archeologici - Edizioni del Grifo, 2008.
- Galatina - Lecce romana e il suo teatro - F. D'Andria ed. - 1999 -
- V. A. Sirago - Il Salento al tempo di Augusto - Brindisi - 1979 -



0 comment:

Posta un commento

 

Copyright 2009 All Rights Reserved RomanoImpero - Info - Privacy e Cookies