AUXIMUM - OSIMO (Marche)



GROTTE DI OSIMO

Osimo, città situata nella parte centrale delle Marche, della prov. di Ancona, a soli 15 km dal mare, venne fondata dai romani con il nome di Auximum nel 157 a.c. su un pianoro piuttosto importante per il controllo delle valli dell’Aspio e del Musone, attraverso le vie di transito fra l’entroterra e il mare. Fu l'unica enclave in territorio piceno, cioè un centro con sovranità propria completamente circondato da territori stranieri e senza sbocco sul mare.

Gli storici locali del Sei-Settecento hanno tentato una ricostruzione dotta del termine, collegandolo al verbo greco αὐξάνω (lat.augeo), dandogli quindi accezione di “accrescimento”. Secondo Gino Vinicio Gentili alla base del nome si trova la radice ac, che indica acutezza, e che è diffusa nella toponomastica mediterranea perindoeuropea, col significato anche di altezza. 

OSIMO ROMANA (INGRANDIBILE)
Il suffisso -moè un suffisso primario italico che si trova sia nei nomi di luogo (v. Sul-mo, Sulmona) sia nei nomi propri (v. Poue-mo, Pomonio). In sostanza lo studioso fa derivare il toponimo Auximum-Oximum dal sostrato umbro-sabino della gente picena prima dell'arrivo dei Senoni.
Il nome di Osimo, potrebbe anche derivare dalla radice celtica uxama, città elevata, anche se in realtà è poco elevata, raggiungendo solo i  265 m slm.

La sua esistenza vine menzionata da diversi autori:
Plinio (Naturalis Historia III, XIII. 112)
"...intus Auximates"
all'interno stanno gli Auximati.

Strabone (Storia Universale 5, 4.2)
"Αὔξουμον πόλις μικρὸν ὑπερ τῆς θαλάττης"
La città di Osimo, un pò all'interno della linea di costa.

Lucano (Pharsalia, Bellum Civile II, 466-468)

"Varus, ut admotae pulsarunt Auximon alae, per diversa ruens neglecto moenia tergo qua silvae qua saxa, fugit..."

Varo, non appena gli squadroni di cavalleria si mossero ed attaccarono Osimo, attraversando sconsideratamente diverse città senza neanche curarsi di proteggersi le spalle, fugge per boschi e luoghi rocciosi.



LA STORIA

RITRATTO DI UN ROMANO
L'area su cui sorge la cittadina fu contesa nel tempo da diversi popoli: dai Piceni, dai Greco-Siculi, dai Galli Senoni e infine dai Romani.

Ma sul colle doveva già esistere un oppidum anteriore al centro romano di Auximum, che si sviluppò dal IV secolo a.c. in poi, per proteggere le popolazioni picene sud-orientali e quelle della costa di Numana dall'invasione dei terribili Galli Senoni. 

Fu un'importante presidio delle arterie stradali, che passavano all'interno della città: la Ancona-Nucerina, che a partire da qui si collegava con la via Flaminia che conduceva a Roma, e la Ancona-Urbs Salvia, che si agganciava ad Asculum ed alla via Salaria.

L'abitato piceno risale al V sec. a.c., ma parte del territorio cadde soggetto ai Galli Senoni nel IV secolo a.c., quando questi invasero il Piceno settentrionale occupandolo fino al fiume Esino. Poi si spinsero a sud fino al bacino del Musone.

I Galli rimasero così ad una distanza di 5-6 km da Osimo, occupando con i loro villaggi le colline di nord-ovest.



CONTATTI CON ROMA

- 299 a.c. - I primi contatti con i Romani delle popolazioni picene nel territorio di Osimo si farebbero risalire al 299 a.c., quando Roma, temendo la prossima guerra con Etruschi e Galli, si alleò ai Piceni.

- 295 a.c. - La vittoria di Sentinum nel 295 a.c. liberò il Piceno dalla preoccupazione dei Senoni ma attirò le mire di Roma, che si rivolse alla conquista della regione, che venne conseguita al Asculum dal console Sempronio Sofo ricoprì il consolato nel 268 a.c. con Appio Claudio Russo e con il collega guidò i Romani alla sottomissione definitiva dei Piceni nella Guerra Picentina.

La carriera di un notabile di Osimo - il testo dell’iscrizione:

Q(uinto) Plotio Maximo /
 Col(lina tribu) Trebellio Peli/diano, equo p(ublico), /
 trib(uno) leg(ionis) II Traian(ae) Fort(is), /
 trib(uno) coh(ortis) XXXII Volunt(ariorum), /
 trib(uno) leg(ionis) VI Victricis, /
 proc(uratori) Aug(usti) pro magistro /
 XX hereditatium, /
 praef(ecto) vehiculor(um), /
 q(uin)q(uennali), p(atrono) c(oloniae) et suo, pont(ifici). /
 Colleg(ium) cent(onariorum) Auximat(ium) /
 ob eximium in muni/cipes suos amorem. /
 L(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum).

A Quinto Plozio Massimo Trebellio Pelidiano, membro dell'ordine equestre con cavallo pubblico, ufficiale nella II legione Traiana Valorosa, comandante della coorte XXXII dei Volontari, ufficiale nella legione VI Vincitrice, funzionario per la riscossione della tassa del 5% sulle successioni ereditarie, funzionario ai trasporti, magistrato supremo, patrono della colonia e proprio. L'associazione dei fabbricanti di coperte di Osimo per lo straordinario amore dimostrato da Pelidiano nei confronti dei suoi concittadini. Luogo concesso per decreto del consiglio municipale.



LA GUERRA PICENTINA

- 283 a.c..La Guerra Picentina fu combattuta dai Romani per domare la rivolta del popolo piceno contro Roma che stava circondando il suol territorio. I Romani infatti nel 290 a.c. avevano già occupato il territorio dei Pretuzi, a sud del Piceno e nello stesso periodo sconfissero i Senoni, con l'aiuto degli stessi Piceni. Nel 283 avevano dichiarato Auximum municipio.

Poi, nel 283 a.c., sui territori sottratti ai senoni i romani avevano fondato la colonia marittima di Sena Gallica, l'attuale Senigallia, e stavano progettando la fondazione di un'altra colonia poco più a nord. I Piceni si resero conto di avere appoggiato una potenza troppo grande dalla quale si sentirono circondati; ruppero così l'alleanza con i Romani e reagirono scatenando una rivolta. 

- 269 a.c. - Il Senato romano nel 269 a.c. inviò nel Piceno i consoli Quinto Ogulnio Gallo e Gaio Fabio Pittore che non ottennero il successo sperato. Allora successivamente, nel 268 a.c., inviarono i consoli Appio Claudio Russo e Publio Sempronio Sofo, che durante due anni di guerra, sconfissero definitivamente la resistenza picena.

- 218-202 a.c. - Durante la seconda Guerra Punica, il Piceno, ricco di prodotti del suolo, venne percorso dagli eserciti di Annibale, che proveniva dall'Umbria. Molte città si allearono con il condottiero cartaginese, città che, a guerra finita, vennero punite dai Romani con la deportazione presso Salerno e con l'uccisione degli uomini validi alle armi. 
Molto probabilmente l'invasione interessò il territorio di Auximum, visto che gli eserciti seguirono l'itinerario su cui venne stabilita la strada romana Nuceria Camellaria-Ancona (che terminava ad Ancona passando per Osimo). Non sappiamo come si comportò Auximum.

- 174 - 172 a.c. - Abbiamo notizie di Auximum già prima prima della deduzione colonica romana, essendo accaduti, come riporta Livio, due allarmanti prodigi: nel 174 a.c. era nata una bambina con i denti e nel 172 a.c. era caduta una pioggia di sabbia. 

Ambedue i prodigi erano nefasti, e sappiamo che i romani uccidevano con particolari rituali i bambini nati con inusuali deformità. Il prodigio nefasto indicava la collera degli Dei e doveva essere placato con sacrifici e riti di espiazione onde placarne l'ira.

Alla collera degli Dei poteva seguire una qualche calamità, e la più temuta era quella delle invasioni barbariche. Fu infatti proprio nel 174 a.c. che i censori fecero costruire le mura urbane e alcune opere pubbliche nel foro onde accogliere templi e strutture difensive.  

- 157 a.c. - Basandosi sulla testimonianza di Velleio Patercolo nel 157 a.c. venne istituita la colonia romana di Auximum, l'ultima delle colonie maritimae, in posizione interna a praesidium del tratto di costa a sud del Conero, separando così il territorio piceno a nord di Firmum, prova ne sia che la guerra sociale riguardò solo la parte meridionale del Picenum.

REPERTO DEL LAPIDARIUM

LA COLONIA

Fu durante le conquiste di Roma che in territorio piceno vennero dedotte due colonie di cittadini romani: la prima fu Potentia (184 a.c., odierna Porto Recanati), la seconda fu Auximum, a circa trent'anni dalla prima.

Le colonie venivano donate ai legionari veterani che andavano in pensione, dopo aver concluso 20 anni (solo successivamente passarono a 16) di onorato servizio militare. Pertanto gli antenati degli osimati furono i gloriosi legionari di Roma. 

Dalla posizione isolata che le consentiva di dominare molta parte del territorio circostante, Osimo trasse molti vantaggi, offrendo ai viaggiatori tutti i servizi necessari, dalle caupone alle mansio, ai rifornimenti di cibo e ai prodotti manifatturieri locali. 
Auximum è l'ultima delle colonie romane lungo la costa adriatica nel II sec. a.c., e fa seguito a Potentia e Pisaurum. 

- 83 a.c. - Nell'83 a.c. Pompeo, che da piccolo soggiornava nel Piceno, quando scoppiò la guerra tra Silla e Carbone, si schierò dalla parte di Silla e da Osimo raccolse volontari per tutto il territorio, riuscendo a mettere insieme ben tre legioni.

- 49 a.c. - Anche Cesare (100 a.c. - 44 a.c.) individuò l'importanza strategica dell'oppidum, che espugnò nel 49 a.c. dopo aver passato il Rubicone per non lasciarlo in mano ai pompeiani. Pompeo vi sostò e vi reclutò i suoi soldati.

63 a.c. - 14 d.c. - Fu con Augusto che questo importante scalo entrò a far parte della V regio, cioè del Piceno. In età augustea il territorio di Osimo darà parte della V Regio e testimonianze epigrafiche ne attestano l’appartenenza alla tribù Velina.  

- V sec. d.c. - Nel V secolo Osimo toccò l'apogeo del suo splendore, tanto che Procopio la considera capitale della regione e chiama Ancona suo porto. Pertanto intorno alle sue mura si accanisce la lotta tra Bizantini e Goti, che si contenderanno la città prima che questa diventi Ducato longobardo.

- 535-553 - L’importanza di Osimo si protrasse oltre la fine dell’Impero romano, quando divenne teatro di vicende militari durante la guerra greco-gotica.



IL CASTRUM

Nel centro storico è facilmente riconoscibile lo schema del castrum, caratterizzato dall’asse viario detto cardo e dal decumano (oggi corso Mazzini), ma il principale monumento cittadino è la cinta muraria della città romana, databile al II secolo a.c. 

Sul Gòmero si elevava invece la cittadella fortificata detta arx a proteggere il Capitolium. Numerose e varie sono le testimonianze di età romana: monete, oreficeria, mosaici pavimentali 

LE MURA ROMANE

LE MURA

I censori romani Q. Fulvius Flaccus ed A. Postumius Albinus ebbero l’appalto per la costruzione di “mura urbiche” che inglobarono le due colline di arenaria: il Gomero, situata a 265 m s.l.m. (zona cattedrale) e l’altra riferibile all’odierna Piazza Dante.

L’opera fu realizzata con grandi blocchi rettangolari di tufo secondo la tecnica costruttiva dell’opus quadratum di cui rimangono resti in corrispondenza dell’attuale porta, sulla strada per Cingulum, Aesis e Trea e una porta per Potentia, oggi non visibile.

Osimo è una delle poche città delle Marche che conserva ancora un tratto (200 metri) di mura romane, soprattutto sotto il Convento di S. Francesco. In origine si estendevano per una lunghezza complessiva di 2 km. Alte tra i sei e gli otto metri, in epoca romana e anche dopo la fine dell’Impero dovevano raggiungere i dieci, e ciò spiega la forte resistenza che la città oppose a ogni assedio.

Le mura sono state realizzate con grandi blocchi di arenaria proveniente dai colli vicini con la tecnica dell’opus quadratum. Tale cortina muraria presenta una larghezza di 2 m e un’altezza di almeno 10 m; tre sono le porte individuate.

Lo storico Livio riporta, infatti la notizia che furono i censori Q. Fulvius Flaccus e A. Postumius Albinus, in carica nel 174 a.c., ad appaltare i lavori di costruzione dell’opera e delle tabernae intorno al foro, grazie al ricavato della vendita dei terreni pubblici.



PORTA VETUS AUXIMUM

Sulla strada che porta ad Ancona Ancona,


PORTA S:GIACOMO

PORTA SAN GIACOMO 

Detta anche Porta Borgo, era la porta romana sul tratto settentrionale delle mura, da dove usciva la via per Ancona.

Tra il 1487 e il 1488 vi venne costruita la porta attuale.
Oggi resta ancora l’arco quattrocentesco con l’iscrizione Vetus Auximum sui cunei bugnati.



PORTA MUSONE 

Porta romana a sud dell’antica cerchia muraria, per la quale entrava in città la Via Nuceria che proseguiva poi per Ancona. 

Di originale rimane il piedritto di sinistra, mentre il resto è medievale. 
Notevole è la casa di guardia dietro il muro di difesa. 
Situata nel quartiere di Borgo Guarnieri, anticamente detto Filello, fu detta nel Medioevo porta Caldarara per la presenza dei calderai che lavoravano nei pressi.



PORTA VACCARO

Si apre sulla parte est delle mura. Originariamente con un solo arco e poi nel 1937 venne ampliata con due passaggi pedonali. Per questo motivo oggi é chiamata "Porta dei tre Archi". Porta Vaccaro sostituì la Portarella, antica porta romana detta Vaccaro perché da questa porta si usciva per raggiungere il Vaccaro nella zona di San Sabino (un'area archeologica identificata probabilmente come "sportiva " o " ludica").

FONTE MAGNA

LA FONTE MAGNA

Di particolare rilievo è la fontana monumentale chiamata Fonte Magna, posta sotto lo strapiombo delle mura romane. Secondo la leggenda, Pompeo Magno, durante la guerra contro Cesare, avrebbe fatto sosta qui per abbeverare i cavalli e arruolare nuovi soldati. Ma la denominazione deriverebbe dall’essere una delle più importanti risorse idriche della città a tutt'oggi ancora attiva. 

Questa fonte, costruita per uso pubblico tra I e il II d.c. ed oggi conservata per una altezza di quasi 6 m, è uno dei pochi monumenti antichi delle Marche di cui ci narrano la fonti storiche. Scendendo le scale in pietra dalla via Fonte Magna si giunge ad un posto che sembrerebbe dell'antica Arcadia. 

Immersa nel verde dei muschi e delle piccole felci, qui si trova l’antica Fonte Magna, un ninfeo romano risalente al I secolo a.c. chiamato così per le sue dimensioni e perché principale acqua sorgiva della zona. Si narra che Pompeo Magno fece abbeverare qui i suoi cavalli durante una breve sosta nella città per reclutare soldati da impiegare contro Cesare durante le guerre civili.

Questa fontana risulta essere uno dei rari monumenti antichi delle Marche citati in testimonianze scritte, come il De Bello Gothico di Procopio di Cesarea, storico al seguito del condottiero bizantino Belisario, dove viene descritta nel dettaglio e sottolineata la sua importanza strategica nell’espugnazione della città occupata al tempo dagli Ostrogoti di Vitige.

Il ninfeo aveva una forma ad esedra semicircolare e si pensa che in origine fosse protetto da una copertura a volta decorata, in modo da poter permettere l’accesso all’acqua anche in caso di assedio.
La struttura, di cui rimangono alcuni resti, corrisponderebbe ad un ninfeo databile tra I sec. a.c. e II sec. d.c., realizzato in opera cementizia e blocchi in opera quadrata, appartenente ad una delle tipologie più frequenti di fontane monumentali, quelle ad esedra semicircolare.

Servivano non solo per il rifornimento idrico per gli abitanti della città e delle zone periferiche, ma anche come lavatoi, dato che in molti casi si riconoscono ancora, oltre alle vasche, i ripiani in pietra per lavare i panni o le tettoie per proteggere le lavandaie dal sole e dalla pioggia.



L'AREA ARCHEOLOGICA

L’area archeologica di Montetorto di Casenuove conserva una delle più interessanti testimonianze di villa rustica romana, cioè una azienda agricola. L’invasione dei Romani comportò la spartizione del terreno agricolo tra i nuovi arrivati; la fattoria di Monte Torto s’inserisce nel contesto della centuriazione della media valle del Musone. 

E' un raro esempio di fattoria agricola, datata I sec. d.c., utilizzato per la produzione 
di vino ed olio che si articola in una serie di ambienti: frantoi, cantine e magazzino, collegati fra loro e disposti intorno ad un ampio cortile porticato. Di grande interesse per lo stato di conservazione sono i due ambienti con frantoi, ovvero i torcularia, destinati rispettivamente alla lavorazione del vino e dell’olio. I materiali archeologici raccolti durante gli scavi condotti negli anni 1982-1995 suggeriscono che la fattoria fosse attiva tra la fine del I secolo a.c. e il I d.c.

La sezione archeologica del Museo Civico di Osimo, sita in un’ala del piano nobile di Palazzo Campana, comprende materiali di proprietà statale, comunale e privata. Qui sono stati raccolti materiali rinvenuti nell’area di Monte Torto, in cui si distingue la preziosa “testa di Vecchio” della prima metà del I secolo a.c., alta 31 cm, che ritrae molto realisticamente un patrizio romano, e la stele funeraria con una coppia di sposi scolpita su pietra calcarea e risalente al I secolo a.c. Sono da segnalare le dodici statue marmoree acefale (decapitate) del I-II secolo d.c. visibili nell’atrio del palazzo comunale che hanno dato agli osimani il nomignolo di “senza testa”.

I SENZA TESTA

I SENZA TESTA

Entrando nell’atrio d’ingresso del Palazzo Comunale si incontrano dodici statue romane, tutte prive del capo. L’appellativo di “Senza Testa” dato ai cittadini osimani deriva proprio da queste statue acefale sul cui fenomeno si sono fatte diverse e anche strane supposizioni:

1) per alcuni si tratterebbe semplicemente di statue incompiute. 
2) a tagliare le teste come atto di sfregio sarebbe stato il generale milanese Giangiacomo Trivulzio che per conto del papa nel 1487 cacciò il tiranno Boccolino da Guzzone dalla città, perché aveva osato pretendere l’indipendenza dallo Stato Pontificio. 
3) le teste sarebbero cadute nel corso di altre vicende belliche, come la guerra greco-gotica.

Ora, le statue incompiute non sono senza testa, gli scultori sbozzano tutto il corpo di una statua, testa compresa, e come si può vedere ovunque, la testa non gliela attaccano successivamente, altrimenti tutte le statue avrebbero una frattura all'altezza del collo.

Che sia una ritorsione del Pontefice è ugualmente assurdo, il papato le statue o le faceva a pezzi perchè pagane o, più tardi se le teneva perchè di grande valore, oppure le cedeva in cambio di favori.
In quanto alle vicende belliche i militari non si preoccupavano di decapitare le statue ma le persone, anche perchè una statua non si decapita con la spada ma occorre una potentissima mazza, spesso tenuta da due persone.

Oltre metà delle statue romane sono decapitate, e se non sono decapitate sono mutilate alle braccia e alle gambe, oppure sformate dai colpi di mazza sul viso, ad opera dei vari vescovi, santi o militari cristiani che dovevano cancellare secoli di paganesimo per instaurare, in modo non pacifico, la nuova religione.

IL LAPIDARIUM

IL LAPIDARIUM

Nel Lapidarium sono inoltre conservati numerosi reperti, in gran parte steli e fregi architettonici. Fra questi, si può apprezzare il rilievo raffigurante una processione di magistrati con littore, una stele con la figura del dio Attis e una pietra sepolcrale con una curiosa figura anguipede.

Il pezzo forte della collezione è senza dubbio il frammento che riporta la più antica iscrizione finora ritrovata con il nome di Pompeo Magno (52 a.c.), il famoso triumviro che proprio ad Auximum, antico nome latino di Osimo, cominciò la sua carriera politica e militare.

LE GROTTE

LE GROTTE

Il sottosuolo di Osimo è attraversato in ogni direzione da camminamenti di vario tipo e dimensione.
Utilizzate come cantine dei Palazzi padronali da cui avevano accesso, sono stata censite in epoca relativamente recente e sarebbero circa un centinaio per 9 km di grotte disposte su 5 livelli di profondità.

Questo labirinto di cunicoli a misura d’uomo, che sfociano in volte a botte, nascono forse come cave per ricavarne l’arenaria per costruire le case della città ma vennero poi usate come grotte sepolcrali, come rifugi o a scopo di culto pagano.

MODELLO CISTERNA ROMANA DI OSIMO

GLI ACQUEDOTTI

Gli acquedotti di Osimo rivelano una tecnologia del passato che è davvero incredibile. Infatti sono stati realizzati per portare l’acqua in città direttamente dal Monte Crescia percorrendo, tramite gallerie sotterranee, un percorso di dieci chilometri! Il percorso è studiato nei minimi dettagli e sfrutta pendenze, profondi pozzi, condotte a pressione con la tecnica del sifone. Una tecnologia sorprendente che permetteva all’acqua di percorrere non solo discese, ma anche alcune salite.

In seguito ai lavori di restauro del loggiato comunale sono riaffiorati importanti reperti archeologici. Riferendosi a costruzioni e luoghi succedutisi nel corso dei secoli, essi rappresentano un’ulteriore testimonianza di quanto sia ricco il passato della nostra città, dall’insediamento piceno all’Ottocento, attraversando la fase romana, il Medioevo, il Rinascimento e il Barocco.
Ma il rinvenimento più importante è stato senza dubbio quello di una statua femminile, anche se solo la parte inferiore, realizzata con grande maestria in pregiato marmo greco. Basta osservare il delicato panneggio che simula sosfisticate trasparenze. Tale opera è confrontabile con una statua ritrovata in Tunisia che sembra ritraesse Plotina, la moglie di Traiano. Il modello si riferisce ad originari greci di fine IV sec a.c. riconducibili alla tipologia della pudicizia, per raffigurare personaggi della famiglia imperiale o personaggi di alto rango."
VILLA ROMANA DI MONTETORTO

GLI SCAVI

XV sec.: - L'anconetano Ciriaco de' Pizzicolli, agli inizi del XV sec., per primo trascrisse quattro epigrafi conservate in diversi luoghi della città. Negli anni successivi i lavori d'edilizia pubblica nell'antica area forense, portarono al  rinvenimento nel sottosuolo di dieci basi, con epigrafi dedicate nella prima metà del II sec. d.c. a patroni della città. Queste, raccolte nell'atrio del palazzo comunale, costituirono il primo nucleo del Lapidario, arricchito poi da nuovi rinvenimenti, e in seguito utilizzate dal Mommsen nel IX volume del CIL.

XVII sec. - Agli inizi del 1600 per la prima volta si fa riferimento a otto statue acefale di calcare e di marmo, recuperate durante lavori nel sito corrispondente all'antica area forense e depositate nella locale Lapidario.

XVIII sec. - Dal 1700 il Lapidario ricevette delle raccolte private della nobiltà locale (come le collezioni Briganti-Bellini e Cesare Leopardi)

XIX sec. - Nella seconda metà dell'ottocento iniziarono le prime campagne di scavo, portando alla luce numerose tombe in località Monte S. Pietro, a circa 4 km dal centro urbano, e una seconda necropoli lungo il pendio o del colle. Successivamente furono recuperati corredi funerari dalla necropoli di S. Filippo. 

XX sec. - Solo a partire dal 1957 sono stati condotti saggi di scavo nell'area urbana, dove al di sotto del mercato coperto si è identificata l'area dell'abitato piceno con la successiva città romana. Lo scavo eseguito con metodi innovativi evidenziò una complessa stratigrafia di ben dodici livelli. 

Non vennero recuperati materiali di abitazioni, ma solo resti di intonaco relativi all'accentramento capannicolo suburbano di Monte S. Pietro. Nell'abitato di Osimo, come anche in quello di Monte S. Pietro, è pervenuta una notevole produzione vascolare locale, costituita da vasi d'impasto e buccheroidi con forme tipiche della civiltà picena, insieme a ceramica daunia, e in seguito vasellame attico.

SARCOFAGO DI SAN LEOPARDO
Tra i vasi attici a figure nere si segnala:
- uno skỳphos, proveniente dall'abitato piceno; 
- una kỳlix, dalla necropoli, con uomo barbato e fanciullo, viene riferita al Pittore dello Splanchnòptes. 
- uno skỳphos a figure rosse molto frammentario con scena dionisiaca, databile alla fine del V sec. a.c., 
- ceramica attica di V sec. è stata rinvenuta nell'abitato piceno e nell'adiacente necropoli, 
- un frammento di una presunta kỳlix a vernice nera lucente rinvenuto a Monte S. Pietro. 
- dal sepolcreto dell'area Fornace Giardinieri, una kỳlix con medaglione a figure rosse, attribuita alla scuola del Pittore di Pentesilea o del Pittore di Calliope, 
- due kỳlikes a vernice nera lucente
- dal sepolcreto piceno in area ex Fornace Giardinieri, un gruppo di frammenti di vasellame a vernice nera delle ceramiche protocampana e campana,  metà  IV e metà  III sec. a.c. 
- da vari punti della città, frammenti di ceramica a vernice nera della seconda metà del ΙΙΙ-inizi del I sec. a.c.
-  al IV sec. viene fatto risalire lo splendido sarcofago dei Ss. Martiri, conservato nella cripta del Duomo, che racchiude le reliquie dei santi Sisinio, Fiorenzo, Dioclezio e Massimo.

A partire dalla fine del VI sec. a.c. si diffusero insediamenti sia nella zona subappenninica sia in quella costiera, per una rotta di cabotaggio dei naviganti greci che risalivano l'Adriatico occidentale, soprattutto in relazione al porto di Numana, e per le vie commerciali che dalla costa, seguendo le vie di fondovalle, raggiungevano attraverso i valichi appenninici il versante tirrenico.

Si segnalano gli insediamenti rurali di Villa Egidi, Fornace Fagioli, Grugneto, S. Stefano, Montetorto, le necropoli a Case Bellini, Osteriola, la tomba a camera di Casenuove, il grosso complesso per la produzione dell'olio individuato sempre a Casenuove di Osimo.

La frequenza e l'ubicazione degli insediamenti sembrano delineare numerosi percorsi viari minori di collegamento con i centri urbani più vicini. 

Già nel 2014 la Giunta aveva dato il via libera ad un mandato esplorativo, che aveva poi confermato la presenza della cisterna romana a circa 7 metri di profondità, tra Piazza Don Minzoni e Piazza Boccolino, in parte coperta da detriti e in parte sommersa dall’acqua.


BIBLIO

- Giuseppe Colucci - Della origine e delle antichità di Osimo e Annali di Osimo - in Antichità picene - Fermo - 1789-97 -
- Gino Vinicio Gentili - Auximum (Osimo): Regio V Picenum - Roma - Istituto di Studi Romani - 1955 -
- Gino Vinicio Gentili - Osimo nell'antichità: i cimeli archeologici nella civica raccolta d'arte e il Lapidario del Comune - Casalecchio di Reno - Grafis edizioni - 1990 -
- Carlo Grillantini - Storia di Osimo - IV edizione - Osimo - 2006 -





3 comment:

Lorica Valtiberina on 21 gennaio 2019 alle ore 05:21 ha detto...

Cittadina splendida e ricca di storia, da visitare.

Anonimo ha detto...

Avete fatto un lavoro splendito. Complimenti. Essendo osimano sono orgoglioso di questo lavoro! BRAVI!!! :D

Anonimo ha detto...

Da osimana neanche sapevo di tutti questi bellissimi posti nella mia cittadina, complimenti!

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