CULTO DI ANGIZIA





Silius  Punicae (libro VIII, 495-501)
"Angitia, figlia di Eeta, per prima scoprì le male erbe,
così dicono, e maneggiava da padrona i veleni 
e traeva giù la luna dal cielo;
con le grida i fiumi tratteneva e,
chiamandole, spogliava i monti delle selve".

Angizia era una divinità italica adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, associata soprattutto al culto dei serpenti. Questo attributo la rivela senza dubbi alla Dea Madre, o alla Dea Terra, o alla Dea Natura che dir si voglia, perchè in qualsiasi parte del mondo il serpente è stato il simbolo della Dea Madre.

La Dea serpente era adorata in ogni luogo della Terra, dalla Dea Uadjet egizia, con testa di donna e corpo di serpente (o viceversa ma più raro), alla Dea cretese Britomarti che agitava con le braccia alzate i due serpenti, ad Atena Atena che nel Museo Nazionale d’Atene, spalanca col braccio alzato il suo manto di serpi.

La Dea Angizia ebbe grande culto in vaste zone dell'Italia Centro Meridionale e la tradizione di cerimonie che si svolgono a metà primavera in diverse contrade rimandano un rito propiziatorio della fertilità.

ANGIZIA DEA LIBANESE DEI
SERPENTI A BAALBECK
Le antiche sacerdotesse sapevano ricavare medicine sia dalle erbe che dal veleno dei serpenti, pertanto la Dea fu pure Dea Medica. 
Da non sottovalutare che la Dea, come praticamente tutte le antiche Dee era maga, pertanto incline non solo alle guarigioni ma anche ai miracoli.

Chiamata in latino Angitia o Angita, da anguis, serpente, Angitia fra i Marsi, Anagtia presso i Sanniti, in Aesernia le veniva riservato l'appellativo di divina; Anaceta o Anceta nella peligna Corfinio.

Ella aveva culto fra le donne ed era invocata con l'attributo di Keria, dal sumero kur (terra), accadico kerû (terra coltivata, orto) e il latino Cerere il cui culto in Roma era abbinato a quello della Terra.

Talvolta venne associata alla divinità iranica Anahita o Anchita, compagna di Mitra, nome sumero del sole, e alla Dea assira Ištar, anch'essa dea della fecondità. Dai Romani veniva talvolta associata alla Bona Dea.

I tradizionali pellegrinaggi di devoti che dai paesi della conca del Fucino si recano, la prima domenica di maggio, al santuario della Madonna della Libera a Pratola Peligna, poco distante da Corfinio; a Cocullo, il primo giovedì dello stesso mese.

La singolare cerimonia che si svolge a Luco dei Marsi il giorno di Pentecoste che prevede, indizio rivelatore, l'imprescindibile presenza degli zampognari con sosta presso i ruderi del tempio di Angizia; le ricorrenze religiose, con pratiche all'aperto, in altri luoghi vicini, richiamano il culto della divinità italica della fecondità.



GLI SCAVI NELLA MARSICA

Rinvenute nel santuario della Dea Angizia a Luco dei Marsi, durante la campagna di scavo del 2004, le tre statue sono state denominate le “dee del bosco di Angizia”, nei luoghi sacri in cui i Marsi invocavano gli dei, tratta da AA.VV., Meraviglie sconosciute d'Abruzzo, vol. VI, Carsa edizioni, Pescara 2006, p.55.

STATUA ACEFALA IN TERRACOTTA
La statua rinvenuta, realizzata in terracotta, rappresenta la Dea seduta sul trono, sicuramente opera di un artigiano greco, dato lo splendore dell'esecuzione.

Scoperte nell’estate del 2003 a Luco dei Marsi, insieme ad alcuni oggetti offerti alle divinità, le statue che raffigurano la  Dea Angizia diventano protagoniste della mostra allestita dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo presso la sezione archeologica del Castello Piccolomini di Celano (Aq).

Dopo gli allestimenti espositivi ai Musei Capitolini e al Colosseo a Roma, i reperti rientrano per un omaggio d’obbligo all’Abruzzo, che conserva e restituisce ancora moltissime testimonianze di un passato articolato e aperto all’esterno.

La statua in terracotta che ritrae la divinità seduta in trono rappresenta un caso singolare nel panorama archeologico abruzzese: un’opera eccezionalmente raffinata, datata tra III e II sec. a.c.

Da notare la raffinatezza del trono con le zampe da leone e le teste di Medusa (cosa che ha fatto supporre una sorellanza mitologica con la Dea). Purtroppo anche essa, come la maggior parte delle divinità pagane, è stata oggetto di persecuzione e vandalismo.



FESTA DEI SERPARI

A sottolineare che Angizia fosse una Dea Grande Madre è il simbolo del serpente rimasto nel folclore popolare. Tutte le grandi Madri della terra avevano come simbolo sacro il serpente, e a Cocullo, una cittadina abruzzese a 870 m sul livello del mare, sulle montagne della Marsica e del monte Pelino, si svolge tutt'oggi un'antica cerimonia "La Festa dei Serpari".

La popolazione del paese, circa 300 abitanti, in questo giorno va a caccia di serpenti in onore del loro santo Domenico di Foligno protettore di coloro che vengono morsi dai serpenti, nella festa che si celebra ogni primo di Maggio.

I RESTI DEL SANTUARIO

Il rituale preromano si rifà infatti alla Dea Angizia (Angitia) venerata dagli antichi abitanti del Fucino, i Marsi e i Peligni. Nell'area dei Marsi infatti emergono i resti del santuario dedicato alla Dea del fuoco e dei serpenti

I serpenti vengono catturati (con poca pietà e poco rispetto) all'inizio dell'estate, vengono posti in cesti di vimini e poi allevati fino al giorno della festa.

I pellegrini vengono per la festa di San Domenico da Molise, Lazio e Campania, e durante la processione che segue, accompagnata da inni e canti, la statua del santo, i serpenti vengono liberati e posti sulla statua, ben attenti che essi non coprano il volto del santo. 

Se malgrado le accortezze il viso di san Domenico viene coperto dai serpenti, questo sarà un segno infausto, un cattivo "omen". 

Se poi durante il trasporto uno o più serpenti cadono a terra la tradizione fa anche di questo un cattivo auspicio, perchè si avrà un raccolto povero. 

Se invece i serpenti restano sul capo del santo il raccolto sarà prosperoso.

Poi i fedeli tornano in chiesa con tutta la processione e sfilando lentamente dietro l'altare, ognuno dei fedeli raccoglie una manciata di terra (che si presume benedetta) per portarla nella propria casa, perchè sembra che quel terriccio salverà gli abitanti della casa dal morso dei serpenti per tutto l'anno.

In quanto ai poveri serpenti, fino a pochi anni fa c'era la crudele usanza di ucciderli nella piazza davanti la chiesa, ora invece vengono riportati nelle campagne da cui furono sottratti. A volte purtroppo li vendono ad alcuni turisti. 

A noi sembra crudele anche questa temporanea sottrazione, così come il venderli ai turisti, pensando al terrore degli animali chiusi e stipati per giorni e giorni e poi maneggiati come non fossero creature senzienti. Il rispetto di Madre Natura ovvero della Dea Angizia dovrebbe suggerire anche il rispetto degli animali.



LUCO DEI MARSI

Qui si tramanda l’antica leggenda di un gigantesco serpente, che alcuni avrebbero scorto tra la chiesa di Santa Maria, sorta sopra l'antico tempio dedicato alla Dea Angizia, e il cimitero del paese. Le apparizioni avverrebbero ogni cinque/dieci anni circa. Secondo la tradizione il serpente sarebbe il guardiano del “tesoro della Dea”.

L'anziano sacrestano di Don Nicola Ansini, ex parroco di Luco dei Marsi, tra il 1930 e il 1935 narrò di aver visto nei pressi della chiesa “un grosso trave” ostruirgli la strada, si avvicinò per spostarlo e il trave si dileguò, rivelandosi in realtà un enorme serpente. Don Nicola, recandosi sul posto, trovò una traccia tortuosa larga circa trenta centimetri sulla strada polverosa.

Un autista della corriera Avezzano-Luco, narrò di aver dovuto frenare bruscamente per la presenza di un “grosso trave” che ostruiva la carreggiata, sempre nei pressi del cimitero di Luco dei Marsi. Gli avvistamenti di questo enorme rettile si sono susseguiti ogni 5/10 anni, sempre da persone che frequentavano la stessa zona, come ex guardiani del cimitero o addetti delle pompe funebri. Le descrizioni coincidevano: il serpente era lungo tra i 7 e i 10 metri, con una testa gigantesca con occhi grandi e lucenti.

Ciò che lascia perplessi è la denominazione di trave, è vero che certi travi antichi erano tondi ma stando su una strada come mai non veniva da pensare a un lungo tronco, possibilmente di un albero caduto, anzichè di un trave da costruzione?



LUCUS ANGITIAE

Conosciuto più semplicemente come Angizia dal nome della Dea sorella della maga Circe, è un sito archeologico presso la sponda meridionale della Conca del Fucino, vicino a Luco dei Marsi in provincia dell'Aquila.

Sembra che gli abitanti (o almeno le sacerdotesse) sapessero preparare antidoti contro i veleni di serpenti.

In età preromana il sito era occupato, come l'intero Fucino, dal popolo italico dei Marsi, per i quali costituiva un bosco sacro dedicato alla Dea. Secondo alcuni autori vi si praticava la ierodulia, cioè la prostituzione sacra nel santuario.

Nell’antichità si diceva che Angizia “con la sua magia fosse capace di far scendere la luna dal cielo e le sue irresistibili nenie fermassero i fiumi e incantassero i serpenti placandone l’ira”. E sempre la dea Angizia salvò l’antica città di Anxa da un’apocalittica invasione di rettili, così numerosi e aggressivi che gli abitanti dovettero lasciare per svariate settimane le loro abitazioni.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Angela Giallongo - La donna serpente - Storie di un enigma dall'antichità al XXI secolo - Bari - Dedalo - 2012 -- Giuseppe Grossi - La città di Angitia, il Lucus Angitiae e le origini di Luco dei Marsi - Luco dei Marsi - G.A. - 1981 -
- Giuseppe Ragone - Dentro l'àlsos. Economia e tutela del bosco sacro nell'Antichità Classica in Il sistema uomo-ambiente tra passato e presente - Bari - 1998 -
- R. Del Ponte - La religione dei romani - Rusconi - Milano - 1992 -



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