BATTAGLIA DI ZAMA (202 a.c.)




La battaglia di Zama fu l'ultima battaglia della II guerra punica combattuta il 19 ottobre 202 a.c. fra truppe romane e cartaginesi nella località di Zama. Determinò il tramonto della potenza punica a favore di Roma sul Mediterraneo.

Anno 548 a.u.c. (ab urbe condita)
 “… i Romani erano tutti animati dalla speranza che in quell’anno il conflitto si sarebbe deciso in Africa e la guerra punica avrebbe avuto fine. Questa certezza aveva riempito di vane superstizioni gli animi che erano perciò proclivi ad annunciare prodigi e a prestarvi fede. Se ne divulgavano parecchi: si raccontava che erano stati visti due soli e che durante la notte era brillata la luce; a Sezia si era vista una meteora luminosa stendersi da oriente ad occidente; a Terracina e ad Agnani la porta e in molti punti il muro erano stati colpiti dal fulmine; a Lanuvio nel tempio di Giunone Sospita si era udito uno strepito accompagnato da un terribile fragore. Per espiare questi prodigi fu celebrato per un sol giorno un rito solenne; si celebrò anche un novendiale poiché dal cielo erano piovute pietre.”
(T.Livio – Storia di Roma – XXVIII, 14, 2-5).


LE FONTI

Ci restano due tradizioni sulla battaglia di Zama:

- una di Tito Livio (Patavium, 59 a.c. – Patavium, 17) e una di Polibio (Megalopoli, 206 a.c. – Grecia, 124 a.c.), seguita dalla maggior parte degli storici moderni,

- l'altra di Appiano (Alessandria d'Egitto, 95 – 165) e Cassio Dione ( Nicea, 155 – 235), meno attendibile e meno seguita.

Le differenze tra le due versioni sono notevoli, differendo per i luoghi, i tempi, le strategie e i numeri. I testi storici antichi, ma pure quelli moderni, non sempre erano attendibili, perchè ciò che è riferito muta nel tempo arricchendosi di variazioni anche inventate, ma pure quando si tratti di documenti scritti da generali, la tentazione di incensarsi un po' era grande, o perchè volevano osannare i romani per far piacere agli imperatori. Nei resoconti di Zama si ha qualche perplessità.


DIALOGO TRA SCIPIONE ED ANNIBALE PRIMA DELLA BATTAGLIA


PROTAGONISTI


PUBLIO CORNELIO SCIPIONE (235 - 183 a.c.)

Grande generale e uomo politico romano.
Nel 211 a.c., a soli 24 anni, ma già molto esperto, avendo alle spalle ben 7 anni di servizio militare, fu inviato in Spagna dal senato e dai comizi come proconsole per riprendere il controllo dell’Iberia. Il giovane condottiero romano iniziò una guerra spietata contro gli insediamenti cartaginesi ottenendo numerose vittorie,
nel 209 a.c. condusse con successo un attacco a sorpresa contro il quartier generale dell'esercito cartaginese stanziato a Carthago Nova (l'odierna Cartagena);

SCIPIONE
- nel 208 a.c. a Baecula sconfisse il generale cartaginese Asdrubale, che comunque varcò i Pirenei e giunse in Italia per portare aiuto al fratello Annibale.

- Riuscì invece a conquistare Cadice, allontanando definitivamente dalla Spagna l'esercito cartaginese.

- Eletto console nel 205 a.c., tra il 204 e il 203 a.c. guidò una campagna militare in Africa settentrionale, sconfiggendo i Cartaginesi ai Campi Magni (l'odierna Suk al-Khamis, in Tunisia). 
- Annibale fu allora richiamato dall'Italia e Scipione ottenne su di lui una vittoria decisiva nella battaglia di Zama (202 a.c.). Per questa vittoria, che mise fine alla seconda guerra punica, Scipione fu soprannominato "Africano".

- Nel 190 a.c., durante il consolato del fratello Lucio Cornelio, fu il suo consigliere nella guerra contro il re seleucide Antioco III, che si concluse con la disfatta dell'esercito siriaco a Magnesia, in Asia Minore.
- Rientrato a Roma, Scipione fu accusato dal suo avversario politico Marco Porcio Catone di avere accettato denaro da Antioco e subì un processo. Assolto dalle accuse, si ritirò dalla vita pubblica nella propria villa di Literno, in Campania.



ANNIBALE BARCA (247 – 183 a.c.)

Considerato uno dei più grandi strateghi della storia, diventò famoso per le sue vittorie nella II guerra punica.
ANNIBALE
Figlio di Amilcare Barca, che gli aveva inculcato l’odio contro Roma, succedette a soli 25 anni al cognato Asdrubale nel governo dei territori spagnoli.

Dopo due anni trascorsi a completare la conquista dell’Iberia mise sotto assedio Sagunto (che cadde nel 219 a.c.), città alleata a Roma, e diede inizio alla II guerra punica che da lui si disse "guerra annibalica", poiché ne fu l’abile protagonista.

Partito dalla Spagna, col suo esercito attraversò i Pirenei e le Alpi, scese quindi in Italia dove sconfisse le legioni romane:

- al Trebbia (218 a.c.),

- al Lago Trasimeno (217 a.c.)

- a Canne (216 a.c.).

Dopo la vittoria di Scipione in Tunisia fu richiamato in Africa nel 204 a.c. per difendere Cartagine e venne poi sconfitto da Scipione a Zama nel 202 a.c.
Dopo la sconfitta definitiva di Zama fu esiliato in Siria dal re seleucide Antioco III nel 195 a.c. e successivamente, dopo la sconfitta di Antioco III da parte dei Romani, in Bitinia presso il re Prusia I 
nel 189 a.c. Qui si tolse la vita nel 183 a.c. per non cadere nelle mani dei Romani.



I PREGRESSI

- 216 a.c. - Il disastro di Canne (216 a.c.), con l'annientamento da parte di Annibale delle otto legioni comandate da Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone sembrava aver deciso la sorte di Roma a favore di Cartagine. Ci volle la strategia temporeggiatrice di Fabio Massimo per evitare la fine della repubblica.

Il senato si dedicò subito alla riorganizzazione dell’esercito. Annibale dal canto suo, deluso dalla mancata defezione dal campo romano della maggior parte degli alleati italici della Repubblica, fece una dimostrazione in forze davanti alle mura di Roma, ma privo delle adeguate strutture per l'assedio, dovette tornare nell'Italia meridionale per consolidare il suo esercito.
Naturalmente fiorirono le leggende e si disse che il Dio romano Redicolo apparve ad Annibale, dopo la battaglia di Canne, che aveva percorso la via Appia Antica arrivando fino alle porte di Roma. Il Dio aveva assunto una sembianza così spaventosa da indurre Annibale a tornare indietro con tutto l'esercito.

- 212 a.c. - Dal suo canto Roma, limitandosi a tenere sotto controllo i movimenti di Annibale nell'Italia del sud, aveva già nel 212 formato 22 legioni, più di quante ne avesse prima di Canne.

- 207 a.c. - Asdrubale riuscì a varcare i Pirenei e ad entrare in Italia, ma fu duramente battuto sul fiume Metauro, nelle Marche. Annibale aveva certamente bisogno di rinforzi, ma per capovolgere definitivamente le sorti del conflitto aveva bisogno di un generale dell’abilità e dell’esperienza del fratello al comando di truppe numerose.
La testa mozzata del fratello, che i Romani fecero arrivare nel campo cartaginese, troncò ad Annibale le speranze di ricevere aiuti dalla madrepatria. Le uniche basi e gli unici alleati che gli rimanevano erano nel Bruzio, che cercò di raggiungere evitando qualsiasi scontro con i romani.

- 206 a.c. - Asdrubale di Giscone e Magone Barca, nel 206, affrontarono di nuovo i romani in Spagna ma, alla battaglia di Ilipia, Scipione sconfisse decisamente anche Asdrubale di Giscone cacciando definitivamente la dominazione cartaginese e il suo esercito dalla Spagna.
Dopo questa serie di pesanti sconfitte, seguite alle vittorie iniziali, i cartaginesi richiamarono Annibale dall'Italia che tornò sul suolo africano, dopo 20 anni di battaglie, ad Hadrumetum (Susa - Tunisia),

- 205 a.c. - Rientrato a Roma nel 205 Scipione fu nominato console e da questa posizione tentò di convincere il Senato ad appoggiarlo nel suo progetto: portare la guerra in Africa per sconfiggere definitivamente Cartagine. I senatori sapevano di poter battere Cartagine ma non consideravano necessario un intervento immediato perché al momento Roma non era in condizioni di pericolo, inoltre la presenza di Annibale in Italia non poteva protrarsi all’infinito, cosa tra l’altro trascurabile per la marginalità strategica ed economica del possesso cartaginese.

Fabio Massimo, sorretto da larga parte del Senato e sostenitore della pace, considerava la proposta di Scipione un’impresa dall’esito incerto e un rischio inutile, perché la minaccia di Annibale poteva tornare a farsi sentire.

Secondo Scipione invece Annibale non era più una minaccia; lui che aveva guidato le legioni romane alla conquista dei territori iberici battendo nemici superiori per numero e fama, era convinto di poter sconfiggere Annibale sul proprio territorio segnando la fine di Cartagine per incoronare Roma regina del Mediterraneo.

INIZIO DELLA BATTAGLIA
Il popolo sostenne Scipione, e al popolo romano i senatori non potevano dire di no, per cui gli fu assegnata come provincia consolare la Sicilia, con l’autorizzazione a partire per l’Africa, ma non gli fu concesso di reclutare nuove legioni, poteva arruolare volontari e doveva accontentarsi della V e VI legione presenti in Sicilia, erano i reduci della sconfitta di Canne cui si erano aggiunti gli sconfitti delle due battaglie di Herdonea.

Ma i reduci della sconfitta di Canne erano quelli che il giovanissimo Scipione aveva rincuorato e incoraggiato a seguirlo quando tutto era perduto, promettendo loro di portarli alla salvezza, e così fece. I legionari salvati avevano ora cuore solo per due cose, dimostrare al loro capitano l'immensa gratitudine per averli scampati da morte certa, e il desiderio fortissimo di riabilitarsi dalla terribile sconfitta agli occhi del popolo romano.

I romani infatti avevano grande rispetto per i legionari perchè da loro dipendeva la sicurezza della patria, e ne seguivano costantemente le gesta attraverso i messi che giungevano a Roma. Si formava così una specie di tifoseria per l'uno o l'altro capitano o soldato che avessero compiuto gesta particolari.

Ora tutta Roma osannava quel giovinetto intelligente e coraggioso che aveva saputo porsi a capo di incalliti veterani per condurli alla salvezza quando tutto sembrava perduto, inclusa la sicurezza di Roma.

205 a.c. - Scipione arrivò in Sicilia con 7.000 volontari, prese contatto con le truppe, e cominciò l’addestramento che per lui era tutto. Non sarebbe partito fino a quando i suoi uomini non avessero assimilato i suoi schemi tattici che erano alla base di tutte le sue vittorie.

204 a.c. - Scipione salpò da Lilibeo (Marsala) con 16.000 fanti e 1.500 cavalieri, aveva trasformato un gruppo di volontari e veterani esiliati in una macchina da guerra perfetta, la più efficiente che Roma abbia mai visto.

- 203 a.c. - Annibale abbandona l'Italia nell'autunno del 203. Vedeva di giorno in giorno diminuire i propri alleati e le proprie forze in scaramucce ed assedi, in una guerra di logoramento nella quale il suo genio non sarebbe mai potuto brillare. Imbarca solo i migliori tra i suoi uomini sacrificando cavalli e gli animali da soma. Non ci sono nè il tempo nè le risorse.
I cartaginesi riconoscevano il valore di Annibale ma lo temevano: davanti al senato romano i messi di Cartagine che chiedevano la pace dissero che la guerra era un equivoco: una questione personale di Annibale che aveva disobbedito agli ordini della città.
Appena sbarcato con i suoi 15.000 veterani, riassettò l'esercito, ricevendo reclute da Cartagine e i mercenari di Asdrubale Giscone (... - 202 a.c.) e Magone Barca ( 219 - 203 a.c.), per prepararsi a combattere la battaglia decisiva.
- Publio Cornelio Scipione era già sbarcato in Africa nel 204 a.c., dove iniziò subito le battaglie contro i generali nemici sconfiggendoli tutti e perfezionando la sua tattica d'accerchiamento che ora riusciva a fare anche senza cavalleria. Aveva inoltre ottenuto l'alleanza del principe in esilio, Massinissa (229 - 148), fornendogli aiuti per riconquistare il trono, usurpato da Siface, alleato di Cartagine. Il giovane principe ricambiò offrendo la sua amicizia e la sua preziosa cavalleria, che tanto aveva aiutato Annibale.

Le truppe di Magone arrivarono subito dopo quelle di Annibale, e furono almeno in gran parte avviate ad Hadrumentum. I cartaginesi, certi di vincere, rifiutarono il trattato di pace offerto da Scipione, che non sperava altro e che reagì devastando i territori dell'interno della Tunisia, inoltre richiamò Massinissa e la sua cavalleria, impegnati a sedare delle rivolte in Numidia, Massinissa per combattere contro Vermina, si era spinto molto in là, fino ai confini della Mauretania.



Scipione sbarcò presso Utica (porto Farina) e la assediò. Le sue legioni furono finalmente rinforzate dall'arrivo della cavalleria numida del principe Massinissa. Intanto i cartaginesi con 30.000 fanti e 3.000 cavalieri guidati da Asdrubale e il re dei numidi Siface, alleato di Cartagine, stava risalendo il corso del fiume Bagradas con 50.000 fanti e 10.000 cavalieri. Le due armate nemiche posero i campi a una dozzina di km a sud del campo romano.

Scipione a Roma aveva diversi nemici, stava per affrontare «...non Siface, re di gente barbara e rozza oppure Asdrubale, comandante noto per le sue fughe, oppure eserciti raccogliticci adunati in fretta con una folla mezzo armata di contadini, ma avrebbe dovuto affrontare Annibale divenuto vecchio in mezzo alle vittorie ed un esercito mille volte cosparso di sangue romano »
(Livio, XXX 28 3-5).

- 203 a.c. - Scipione attaccò gli accampamenti numidi e punici riportando una grande vittoria. Secondo le cifre riportate dagli storici i morti furono 40.000, con pochi scampati, tra cui Siface e Asdrubale, mentre da parte romana le perdite furono dell’ordine delle decine. 

Vinse ancora ai Campi Magni, (Suk Al-Khamis - Tunisia), dove mise in rotta l’esercito improvvisato di Cartagine, guidato ancora una volta da Asdrubale e Siface. Ottenuti questi successi, Scipione pose il campo a Tunisi minacciando l’assedio a Cartagine, comunque sempre difesa da poderose mura.

Il gran consiglio cartaginese, ora in preda al panico, richiamò in patria Annibale e il suo esercito. Era quello che Scipione desiderava, fiducioso di poter sconfiggere Annibale in una battaglia campale.

- 202 a.c. - Verso la primavera del 202, dunque, le forze di Scipione erano ancora divise e distanziate da settimane di marce ma il carattere di Scipione, con la sua enorme calma e sicurezza placava tutti gli animi. 

Un convoglio di 30 da navi guerra e 200 navi onerarie cariche di rifornimenti per Scipione, fu travolto da una tempesta e disperso. Le onerarie vennero catturate dai cartaginesi. A Scipione erano giunte notizie, subito comunicate ai cartaginesi, che il senato romano aveva ratificato gli accordi di pace. Ma Scipione non era d'accordo.

Le devastazioni di Scipione avevano annientato le ricchezze dei grandi proprietari terrieri e dei mercanti cartaginesi, per cui sollecitarono Annibale ad affrontare i romani. Ma Annibale rimaneva ad Hadrumentum, addestrando con cura le sue milizie. Egli era in attesa che si risolvesse il confronto tra Massinissa e Vermina, onde poter contare sulle forze di quest'ultimo..

Finalmente Annibale tolse il campo e giunse a Zama, a circa 140 km in linea d'aria tanto da Hadrumentum quanto da Cartagine. Annibale doveva verificare se Massinissa non si fosse già ricongiunto con Scipione. Diede incarico a tre esploratori di accertare la situazione: ma questi furono catturati e condotti da Scipione, che fece fare loro il giro dell'accampamento, si assicurò che avessero visto tutto, e li rimandò indietro con una scorta romana affinché tornassero sani e salvi da Annibale

Si pensa che Scipione volesse far notare l'assenza di Massinissa che comunque er abbastanza vicino..
Fatto sta che Annibale chiese un colloquio a Scipione, il quale accettò solo all'arrivo di Massinissa.
Scipione era un genio della strategia, forse pari o comunque vicino al grande Giulio Cesare. Anche Annibale però fu un grandissimo stratega e tra i due uomini vi fu sempre un grande rispetto reciproco, non consueto per Annibale che spesso disprezzava i suoi nemici romani:

Scipione si recò fino ai pressi di Narraggarra, e annunciò ad Annibale che si poteva iniziare a discutere del luogo migliore per i colloqui. Annibale seguì Scipione verso ovest, spostando il proprio campo nei pressi di Sicca Veneria Entrambe le armate erano lontanissime dalle loro basi, ma mentre per Annibale Hadrumentum sarebbe stata un rifugio sicuro in caso di sconfitta, per Scipione i Castra Cornelia erano solo un punto di imbarco.

Come narrano Polibio e Livio. Annibale cerca di convincere Scipione, a non rischiare una sconfitta, ma di stipulare una pace più giusta per Cartagine, perché "oggi sei tu quello che io fui a Trasimeno e a Canne" (Livio XXX 30 12).

Annibale ha 45 anni, con molta più esperienza di Scipione che ha solo 33 anni, ma che in realtà sta nell'esercito da 16 anni. E' giovane, risoluto, ammira Annibale di cui riconosce il valore tattico ma comunque è certo di poterlo battere. Scipione chiede la guerra e guerra fu..



LUOGHI DELLA BATTAGLIA

Il luogo della battaglia di Zama non è certo; è stata di recente collocata a Naraggara (per es. da De Sanctis) o a Margaron (da Veith); ma senza prove inoppugnabili. Dalla  "Storia del mondo Romano", vol 1. di Howard. H. Scullard:

"Nell'Africa settentrionale vi erano probabilmente due città chiamate Zama (una terza a Sidi Abd el Djedidi, a nord-ovest di Kairouan, non era forse chiamata Zama). Zama Regia era con ogni probabilità Seba Biar, ma questo insediamento può essere scomparso e la Zama dell'impero romano può essersi trovata nell'odierna Jama: vedi Scullard, Scipio (1970), pag. 271 segg. Una volta determinati approssimativamente i paraggi di Zama, i luoghi esatti sono meno importanti per le operazioni militari, dal momento che a Zama c'era evidentemente solo l'accampamento di Annibale, prima della sua avanzata finale a ovest verso il campo di battaglia. Dal canto suo, Scipione si accampò a Naraggara (Livio; Polibio indica Margaron, che è altrimenti sconosciuta), ma è impossibile individuare in quella zona un campo di battaglia adatto. Il luogo più probabile è quello proposto da Veith (Atlas, col. 40, Schlachtfelder, IV, p. 626 segg.) nella pianura di Draa-el-Metnam, a circa tredici chilometri da El Kef, pressappoco a metà strada tra Naraggara e Zama (Seba Biar). Un sopralluogo ha corroborato in chi scrive la convinzione della plausibilità di questa collocazione, su basi geografiche oltre che letterarie. La maggior parte della letteratura sulla questione è vagliata criticamente da Veith, Schlachtfelder, III, pag. 599 segg. e IV, p. 626 segg., sebbene egli stranamente trascuri la valida versione data da De Sanctis, SR, III, 2, pp. 549 segg., 588 segg., che apparve prima che egli pubblicasse il suo quarto volume. Per la discussione di un'altra collocazione, proposta da F. H. Russell (Archeology, 1970, p. 122 segg.), vedi Scullard in Polis and Imperium, Stud. in Hon. of E. T. Salmon (a cura di J. A. S. Evans, 1974), p. 225 segg. (dove ho corretto il nome della collina su cui Scipione si accampò da Koudiat el Behaima a Koudiat Sidi Slima)."




FORZE IN CAMPO

I ROMANI

- Fanteria: 
  • 23.000 Romani e Italici (Appiano), 
  • 6.000 Numidi (Liv., XXX, 29, 4; Pol., XV, 5, 12) 
  • 900 berberi (De Sanctis).
- Cavalleria: 
  • 1.500 Romani e Italici (Appiano), 2.400 tra Romani e Italici (secondo Livio),
  • 4.000 Numidi (Liv.,  Pol.), 
  • 600 Berberi (Appiano). 
  • 300 cavalieri romani, particolarmente addestrati e molto ben equipaggiati, che Scipione aveva addestrato in Sicilia.


I CARTAGINESI

- Fanteria: 
  • 12.000 mercenari tra Liguri, Celti, Baleari e Mauri (Pol., XV, 11, 1), 
  • 15.000 Libi e Cartaginesi, 
  • 15.000 veterani della campagna d'Italia 
  • 4.000 macedoni (Liv., XXX, 26, 3).
- Cavalleria: 
  • 2.000 Cartaginesi, 
  • 2.000 Numidi.
- Elefanti: 80 (Liv., XXX, 33, 4)



GLI ESERCITI

L'ESERCITO ROMANO

La legione romana era generalmente schierata “a scacchiera” su tre file di combattimento divise in manipoli. La prima fila era formata dai manipoli degli hastati, intervallati dallo spazio di un manipolo; dietro al quale si locavano i manipoli dei principes, che si schieravano sulla seconda fila; l’ultima fila era formata dai triarii che coprivano gli intervalli lasciati vuoti dai manipoli dei principes.

Gli hastati e i principes, sempre piuttosto giovani, erano equipaggiati con un elmo di bronzo, una corazza e un grande scudo ovale. L'armamento era composto di due giavellotti di peso diverso (s. pilum - pl. pila) e da una spada corta per il corpo a corpo dopo avere scagliato i giavellotti.

La fanteria leggera era costituita dai velites, soldati giovanissimi a supporto del manipolo. Portavano un elmo di bronzo, spesso coperto da una pelle di lupo, uno scudo rotondo (Parma), alcuni giavellotti leggeri e una corta spada di tipo italico o spagnolo come quella dei fanti pesanti.

I legionari meno giovani formavano i manipoli dei triarii che nello schieramento della legione erano disposti in terza fila. Erano equipaggiati come i principes e gli hastati, ma al posto del pilum avevano lunga lancia di tipo oplitico. I triarii erano una riserva mobile alle spalle della legione, o per respingere con le lunghe aste gli attacchi dei cavalieri nemici, o per attaccare i fianchi o il retro delle formazioni avversarie.


I Romani di Scipione

- Al centro: le legioni, 
  • in prima linea gli astati, 
  • seconda linea i principi
  • terza linea i triari. 
I manipoli non erano schierati a scacchiera, come erano soliti fare i romani, ma ogni manipolo di principi era allineato perfettamente al corrispondente degli astati sul fronte dell'esercito, per permettere il passaggio degli elefanti senza troppi danni negli ampi spazi così liberati (Liv.  Pol.). 
Per rafforzare il fronte, tra un manipolo e l'altro di astati furono sistemati i veliti, con l'ordine di iniziare la battaglia e di ritirarsi dietro l'esercito lasciando liberi i corridoi verticali.

- Ala Sinistra: cavalleria italica guidata da Gaio Lelio (Liv. Pol.) e probabilmente anche i cavalieri berberi di Damacas.
- Ala Destra: cavalleria e fanteria numidica guidata da Massinissa (Liv. Pol.).



L’ESERCITO CARTAGINESE

L’esercito cartaginese era formato da truppe mercenarie reclutate tra le popolazioni soggette al dominio cartaginese. Popoli diversi con lingue diverse e diversi stili di combattimento. Nella II guerra punica vennero reclutati nell’entroterra africano, come i famosi cavalieri leggeri numidi, e la fanteria pesante libo-fenicia, nonchè i coloni iberici, con un'ottima fanteria medio-leggera e una buona cavalleria.
Le vittorie di Annibale in Italia fecero accorrere nel suo esercito i Galli della pianura padana e molti Italici del centro-sud.
Nel corso della campagna di Annibale, le sue truppe spesso si riequipaggiarono con il materiale catturato ai Romani sul campo di battaglia, e saranno questi i suoi “veterani” a Zama.


L'esercito di Annibale aveva:
- una fanteria di: 
  • 15.000 veterani d'Italia, molti dei quali Italici o Spagnoli, 
  • 15.000 fanti Libi e Cartaginesi, poco abili sul campo, 
  • 12.000 mercenari tra Liguri, Celti, Balearici e Mauritani più 4.000 Macedoni. 
- una cavalleria di:
  • 2.000 cartaginesi 
  • 2.000 numidi. 
Inoltre 80 elefanti africani delle foreste, più piccoli di quelli delle savane, ma comunque pericolosi.


Schieramento cartaginese:
- Al centro: 
  • davanti a tutti  80 o più elefanti, 
  • dietro questi la prima linea di fanteria formata dai mercenari; 
  • in seconda linea si trovavano i libi e i cartaginesi. e forze inviate dalla Macedonia in aiuto dei punici guidate da Soprato (Liv.);  
  • in terza linea, distanziati di uno stadio (Pol.), cioè circa 200 m, i veterani della campagna italica di Annibale.
- Ala sinistra: cavalleria numidica
- Ala destra: cavalleria cartaginese



LA BATTAGLIA

Annibale, come Scipione aveva previsto, lanciò la carica degli elefanti. 
Però i romani avevano avevano già avuto a che fare con questi giganteschi animali; che se da un lato si lanciavano pungolati dai loro padroni, dall'altro si frastornavano se udivano suoni forti e acuti.

Infatti i romani iniziarono a trarre suoni acutissimi dalle trombe, batterono sugli scudi e innalzarono alte grida, al che gli elefanti si imbizzarrirono.

Così gli animali fuggirono volgendosi contro la cavalleria numidica dell'ala sinistra cartaginese che si scompaginò. Scipione ne approfittò mandando Massinissa, che era stato posto di fronte a questa, con i suoi cavalieri, per sbaragliare gli avversari già disorientati..

LOCALIZZAZIONE DEGLI ESERCITI
Tuttavia qualche elefante non imbizzarrito proseguì la corsa iniziale avventandosi sui romani, Subentrarono allora i veliti a bersagliare da distanza i pachidermi, che per sfuggire ai dardi, cercarono di fuggire, trovando aperti gli spazi che i manipoli degli hastati romani avevano liberato, tirandosi di lato e creando dei corridoi nello schieramento romano.

Una strategia simile a quella di Annibale l'aveva usata il re indiano Poro contro l'esercito macedone di Alessandro Magno nella battaglia di Idaspe, ponendo gli elefanti in prima linea.

Comunque i Romani già conoscevano gli elefanti: infatti, nella battaglia di Benevento (275 a.c.) riuscirono ad avere la meglio sulle truppe epirote e tarantine, facendo scagliare dai propri arcieri frecce infuocate e torce contro le torri montate dagli elefanti, in modo da far imbizzarrire i pachidermi e creare così scompiglio tra le stesse truppe amiche (Floro, I, XVIII).

(Livio e Polibio riferiscono che ottanta elefanti furono utilizzati da Annibale nella battaglia di Zama, undici dei quali furono poi portati a Roma. Tra le condizioni di pace imposte ai Cartaginesi, Polibio ci informa che era richiesta anche la consegna di tutti gli elefanti.)
Colpiti dai veliti, che si erano riparati dietro le file degli hastati, e dai principes, questi elefanti fuggirono addosso all'altra ala della cavalleria cartaginese.

Le prime file di Annibale come previsto arretrarono fra le seconde file, mentre la cavalleria fuggì inseguita da Massinissa e Lelio.
La cavalleria romana in effetti non temeva rivali, i cavalieri sapevano tirare da cavallo, salire o scendere al volo, sapevano far saltare grossi ai cavalli e pure comandarli con la voce.

Gli astati romani ebbero la meglio sulla prima linea cartaginese che del resto erano quasi tutti mercenari, che iniziò ad arretrare. 

Ma la seconda linea formata dai veterani di Annibale resistette e ingaggiarono i corpo a corpo della fanteria. Ala fine gli astati di Scipione erano stanchi per cui subentrarono i principi che contrattaccarono seriamente.

Scipione tentò di ripetere la manovra dei Campi Magni e mosse le sue file di principi e triari sui fianchi per accerchiare le forze di Annibale, ma i veterani che Annibale teneva di riserva nella terza linea, ne rimasero fuori, e Inoltre lo spazio tra loro e i romani era disseminato di cadaveri, formando una barriera invalicabile.

Scipione dovette rinunciare e far retrocedere le seconde file per reggere l'urto dei cartaginesi. Inoltre i corridoi creati per far fuggire gli elefanti, non permettevano l'utilizzo della tattica manipolare, che necessitava di una disposizione a scacchiera. Perciò, gli hastati furono i più penalizzati nell'urto del combattimento. 

Ora la battaglia per i romani era diventata molto dura, e i fanti erano stanchi.
Però le cose non stanno proprio così perchè Scipione non ha fallito la sua manovra a tenaglia.

Aveva si fatto compiere ai suoi legionari il movimento sui fianchi, già utilizzato con successo in precedenza, ma questa volta solo per estendere da entrambi i lati il fronte degli hastati non per aggirare il nemico.

Così il fronte romano risultò pari o di poco superiore a quello cartaginese ma con principes e triarii, finora poco impegnati, che si trovarono a combattere sulle ali contro forze più stanche, anche se gli hastati, impegnati finora nello scontro, dovevano ora vedersela con i veterani cartaginesi ancora freschi.

La manovra geniale di Scipione aveva esteso il suo fronte, assottigliando i ranghi fino a coprire tutto il fronte punico, evitando così un possibile accerchiamento da parte dei cartaginesi.. Però ora i romani dovevano arrivare allo scontro frontale con un nemico che li soverchiava per numero e per la maggiore freschezza.

La cavalleria avversaria era dispersa, ma pure quella di Scipione che li inseguiva e che venne tosto richiamata. Finalmente tornarono Lelio e Massinissa con i loro cavalieri e si avventarono alle spalle delle forze cartaginesi, accerchiandoli e massacrandoli. Annibale aveva contato di poter fiaccare i romani sullo scontro con ben tre linee: elefanti, mercenari, e soldati cartaginesi, prima di arrivare al confronto decisivo con i veterani dell'ultima linea, dove i romani dovevano essere ormai stanchissimi.

Ma i legionari romani non erano soldati qualsiasi. Non era la leva dei contadini che abbandonavano il campo per una guerra tornandovi l'anno dopo. Erano volontari scelti e addestrati in tutti i modi e con tutti i tempi. 

Scipione, come Cesare, addestrava i suoi uomini col sole e con la pioggia, e magari con la neve, di giorno e di notte, con un compito molto specialistico per ciascuno ma in grande sintonia con gli altri.

La legione romana era un corpo unico e come tale funzionava senza personalismi o privilegi. 

I romani sapevano combattere bene e a lungo, e i veterani di Annibale non poterono competere con quelli di Scipione, seppure più stanchi. 

Come al solito i romani ebbero la meglio.

Finita la battaglia iniziò I'inseguimento e il massacro, come era accaduto a Canne sui romani, ma stavolta era sui cartaginesi.. 

Annibale riuscì a fuggire verso Cartagine. Scipione aveva avuto la sua battaglia campale e come ne aveva avuto in anticipo la certezza, aveva vinto.
Cartagine era finita.



IL CONTO FINALE

- Perdite romane
1.500 - secondo altri 4000, metà dei quali numidi

- Perdite puniche
24.000 morti secondo altri 20000
circa 15.000 prigionieri - secondo altri 10000

- Bottino dei Romani
11 elefanti
132 insegne militari



LE CONSEGUENZE

La vittoria di Zama pose fine alla II guerra punica (219-202 a.c.) e sancì il crollo della potenza cartaginese nel Mediterraneo.

Cartagine che per sessant’anni aveva conteso a Roma il predominio sul Mediterraneo occidentale, era sconfitta per sempre.

Roma non fu tenera con la sua rivale:  le fece smantellare completamente la flotta da guerra, consentendole solo poche decine di navi, tutte le colonie cartaginesi in Spagna passavano al dominio romano; in più Cartagine doveva pagare un pesantissimo tributo che per cinquant'anni avrebbe gravato sulla sua economia.

Mezzo secolo dopo ci sarebbe stata una III guerra punica, culminata con la distruzione di Cartagine, ma fu la vendetta su di un rivale già distrutto.

Per paura della vendetta romana la città costrinse il grande Annibale, il vincitore di tante battaglie, ad andare in esilio presso il re di Siria Antioco III; ma dopo la sconfitta di quest'ultimo contro i Romani in Bitinia, Annibale si avvelenò per non essere consegnato a Roma.


Liternum, la tomba di Scipione
- Sorto presso la sponda meridionale della Literna Palus, era un piccolo e povero abitato quando, dopo la II guerra punica, per fortificare il litorale campano, vi fu dedotta una delle più antiche colonie (194 a.c.) della regione, che aveva il rango di Colonia maritima civium. Il paese deve la sua celebrità a Publio Cornelio Scipione l'Africano, il vincitore di Annibale, che vi si ritirò disgustato dalle accuse e dal processo che gli avevano intentato i suoi nemici. 

Abitò in una modesta e austera villa (Seneca, Epistolae 86), dove morì nel 183 a.c. circa. La città, ricordata anche da Cicerone, decadde per l'isolamento rispetto alle vie di comunicazione e per l'impaludamento della fascia costiera. E' grave che un paese dimentichi gli eroi che l'hanno fatto grande.


BIBLIO

- Appiano di Alessandria - Historia Romana - VII e VIII -
- Tony Bath - Hannibal's campaigns : the story of one of the greatest military commanders of all time, Barnes & Noble - 1981 -
- Guido Clemente - La guerra annibalica - Storia Einaudi dei Greci e dei Romani - XIV - Milano -  2008 -
- François Decret, Carthage ou l’empire de la mer, in Points histoire, Parigi, Seuil, 1977 -
- Hédi Dridi - Carthage et le monde punique, Parigi, Les Belles Lettres, 2006 -
- Howard Hayes Scullard - Scipio and the second Punic war, 1930 -
- Santo Mazzarino - Scipio Africanus: soldier and politician - 1970 -



2 comment:

Anonimo ha detto...

Veramente interessante
Grazie

Anonimo ha detto...

Racconto esauriente. Semplice ma completo. Complimenti.

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