I DEBITI NELL'ANTICA ROMA





LE FIGURE GIURIDICHE NEL DIRITTO ROMANO:


VINDEX

- Il vindex era una figura giuridica del diritto romano di età arcaica e repubblicana, riguardante la stipulazione di un debito, previsto dalle legis actiones (processo privato). Fungeva da garante e sostituiva in toto la figura del debitore sottoposto alla "manus iniectio".

- Il vindex, surrogandosi al debitore fallito, assumeva su di sé le conseguenze del processo esecutivo, con conseguenze in negativo raddoppiate, secondo il principio giuridico della Litiscrescenza.

- La "manus iniectio" era una condanna al pagamento di una somma di denaro dove il creditore giungeva ad afferrare il debitore, lo trascinava davanti al pretore, e pronunciava la solenne dichiarazione della manus iniectio.

- Dopo tale dichiarazione, il debitore (addictus) era alla mercé del creditore che poteva trattenerlo incatenato presso la propria dimora, venderlo come schiavo, o addirittura ucciderlo.

- Il vindex che non adempie al suo debito viene ceduto al creditore insoddisfatto che lo può detenere per 60 giorni nel suo carcere privato. In quest'arco di tempo il vindex deve essere portato per 3 giorni di seguito al mercato così da trovare qualcuno che lo riscatti e che soddisfi il creditore. Se il vindex non viene riscattato egli verrà ucciso o venduto come schiavo all'esterno di Roma.



LEGIS ACTIO PER MANUS INIECTIONEM

 GAIO - GIURISTA ROMANO
La legis actio per manus iniectionem era in genere una condanna al pagamento di una somma di denaro e si suddivideva in:

- La manus iniectio iudicatiderivata da una disposizione delle XII tavole, che permetteva al creditore riconosciuto da una sentenza di esperire l'actio dopo trenta giorni dalla sentenza, nel caso in cui il debitore non avesse assolto al debito. 

C'era poi il confessus, quando il convenuto confessava il proprio debito in iure, parificato quindi allo iudicatus.

- La manus iniectio pro iudicato era utilizzata da coloro che, detti sponsor, avevano prestato garanzia di un debito, avendolo quindi pagato e ritrovandosi senza pagamento, da parte del debitore garantito, da oltre sei mesi.

- La manus iniectio pura, poteva essere utilizzata per i crediti direttamente esigibili. 

La lex furia testamentaria (per causa di morte) concedeva all'erede di agire contro il legatario che avesse percepito, a titolo di legato, più di mille assi. 

Qui era però riconosciuta la possibilità al debitore di negare il debito, senza che il vindex venisse sottoposto al procedimento del raddoppio dell'importo (litiscrescenza).



ADIECTUS SOLUTIONIS CAUSA 

- L'adiectus solutionis causa era un soggetto, diverso dal creditore, legittimato a ricevere il pagamento per conto del creditore, che in tal modo liberava il debitore ed estingueva l'obbligazione sottostante. L' obligatio poteva intercorrere fra due o più soggetti: quando era indicato il creditore, il pagamento liberatorio avveniva solo nei suoi confronti.

Se invece l'obbligazione conteneva la formula "prometti di dare a Caio o a Tizio", allora sorgeva la figura dell' adiectus, un soggetto indicato nell'atto come destinatario alternativo del pagamento, dunque una persona di fiducia del creditore che stipulava un'obbligazione sulla scorta di quella originaria, con lo stesso oggetto, ma non era valido se il creditore non lo autorizzava.



ACTIO DE PECULIO ET DE IN REM VERSO

L' actio de peculio et de in rem verso era un actio adiecticia qualitatis con la quale il dominus sarebbe stato responsabile non solo del peculio originario, ma anche di quanto esso si fosse incrementato nella gestione peculiare. Essa risale al II sec. a.c., ad opera di un editto pretorio che introdusse anche l'actio quod iussu.



ACTIO QUOD IUSSU

Era il procedimento della stima del peculio, il cui importo era al netto dei debiti naturali contratti dal servo (o filius familias) con il proprio padrone (o pater familias), poiché questi veniva considerato, nei confronti del proprio servo, un creditore privilegiato (a differenza dell'actio tributoria), mentre i terzi creditori, dal canto loro, venivano soddisfatti alla spicciolata sino ad esaurimento del peculio.

ERENNIO MODESTINO - GIURISTA ROMANO

ACTIO TRIBUTORIA  

L' actio tributoria era un'actio concessa dal pretore ai creditori del soggetto che avesse contratto obbligazioni e compiuto negozi con le merci peculiari concessegli dal pater familias o dominus affinché ne commerciasse.

I terzi creditori, temendo la bancarotta del sottoposto, si rivolgevano al pretore che invitava il dominus a procedere alla ripartizione dell’importo delle merci peculiari tra i creditori attribuendo una quota proporzionale al credito di ciascuno e partecipando anche egli alla ripartizione sullo stesso piano.

A differenza di quando si agiva con l’actio de peculio et de in rem verso, nella quale l'importo del peculio da dividere tra i creditori era calcolato al netto dei debiti contratti dal sottoposto con l'avente potestà, si realizzava una par condicio creditorum con il dominus.

PIETRA DELLO SCANDALO A FIRENZE

LA PIETRA DELLO SCANDALO

Questa legge delle XII tavole venne poi abolita e sostituita da Giulio Cesare con una meno cruenta: quella della "pietra dello scandalo". 

Questa pratica, con valore legale, era così chiamata “labonorum cessio culo nudo super lapidem” (cessione delle proprietà con sedere nudo sopra la pietra). In quella circostanza, i commercianti disonesti, i debitori o falliti, venivano esposti ad una pubblica umiliazione. 
 
Essa consisteva nel fatto che, davanti a tutti, per tre volte, l’interessato doveva gridare il: “cedo bona”, ossia “cedo le mie proprietà”, ossia alla cosiddetta “cessione dei beni, a natiche denudate, sopra una pietra”, mentre si sedeva con violenza, e con le vesti alzate, sulla pietra, con su scolpito un leone, che a Roma era davanti al Campidoglio, tutto ciò di fronte ad una folla che lo scherniva.

Dopo il "rituale" i creditori non potevano più perseguire i debitori e questi ultimi non erano più "a rischio" di schiavitù od uccisione. Chi, fallito, effettuava il "rituale della pietra" non poteva più testimoniare in giudizio.



3 comment:

Fuffello on 10 agosto 2021 alle ore 11:29 ha detto...

la bonorum cessio culo nudo super lapidem non è un uso romano antico, ma medievale, perlomeno dell'Italia centrosettentrionale, menzionato come tale nelle Glosse bolognesi alle Institutiones del corpus giustinianeo. In liguria si dice dâ du cü ins'a ciapa 'drae del culo sulla lastra' (quella della pescheria in piazza) per dire 'fallire'

Anonimo ha detto...

ROMANI

La Via Reale di Persia era un'antica strada fatta costruire dal Re dei Re persiano Dario I nel V sec. a.c., per consentire rapide comunicazioni attraverso il vasto impero. Lo storico greco Erodoto scrisse: "Non c'è nulla al mondo che viaggi più veloce di questi corrieri persiani.. Né la neve né la pioggia, il caldo o il buio della notte impediscono loro di portare a termine il loro compito con la massima velocità".

Però fu Ciro II di Persia che organizzò un vero e proprio servizio di posta pubblica, come narra Senofonte, basato sull'ipotesi di percorrenza di un cavallo nell'arco di 24 ore ed in base a cui vennero costruite le scuderie di sosta. Lungo tutto il percorso viario si contavano 111 stazioni ed i messaggeri riuscivano a coprire tutta la distanza in 9 giorni.

RESTI DELLA STRADA REALE PERSIANA
Augusto ne rimase colpito e si occupò personalmente della riorganizzazione del servizio di posta che divenne così: “Cursus publicus” ovvero “posta statale”.

I messaggeri erano chiamati “tabellari” e custodivano i messaggi scritti su tavolette d'osso o di metallo spalmate di cera. Ma presto, per rendere il trasporto più agevole, le tavolette vennero sostituite con rotoli di papiro scritte con un inchiostro vegetale detto “Atramentum”.

Il percorso tra una città e l'altra era su carri ed organizzato in stazioni di cambio dei cavalli chiamate “Statio Posita” da cui derivò il nome “stazione di posta”. Per riconoscere gli originali proprietari, i carri erano provvisti di vere e proprie targhe composte da “bulla” ovvero borchie circolari di metallo. Secondo la ricostruzione ad opera della Tavola Peutingeriana (XII - XIII sec.) la rete postale e viaria romana era formata da 200.000 km di strade che consentivano un inoltro rapidissimo di tutte le informazioni. Per consegnare una missiva i “cursores” ossia i “corrieri” potevano percorrere 270 km in 24 ore. Naturalmente superarono i servizi postali persiani.

Anonimo ha detto...

Ruffello, Cioè era una legge romana, di oltre 2200 anni fa, ma non era in uso allora ma nel medio evo?

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