VILLA DI AGRIPPINA MAGGIORE (al Gianicolo)





UNA SCONOSCIUTA DOMUS ROMANA AL GIANICOLO

di Isabella de Stefano Giannuzzi Savelli

-  Roma: a Palazzo Altemps in esposizione i reperti ritrovati nel 1999 sotto il Gianicolo durante i lavori di scavo del parcheggio sotterraneo per il Giubileo.

- Vi si possono ammirare marmi colorati, lastre di alabastro e pitture parietali datate al I – II sec. a.c.

- Il fasto? Una parola tutta da reinventare, dopo una visita ad una mostra come quella a Palazzo Altemps.

- I colori del fasto. La domus del Gianicolo e i suoi marmi, che documenta con rigore e disinvoltura la ricchezza di una domus imperiale scoperta casualmente nel 1999, durante i lavori di costruzione del tunnel della rampa del Gianicolo, in direzione del parcheggio sotterraneo.

- Sono sempre più frequenti le sorprese che la città di Roma riserva anche agli archeologi più consolidati, con un sottosuolo ricco di testimonianze di ogni epoca che aspetta ancora di essere conosciuto e studiato.

- Dalle notizie lette sui quotidiani degli ultimi giorni, non è di grande consolazione sapere che il patrimonio archeologico conosciuto sul territorio nazionale rappresenta meno del 5% di quello complessivamente esistente; inoltre solo 1% è sottoposto a vincoli ufficiali e il 50% è a rischio di furto e distruzione.

- La vicenda di questa incredibile scoperta inizia nel 1999 quando, scavando il “fertile”suolo di Roma in occasione dei lavori giubilari, sono stati trovati preziosi reperti provenienti da un complesso edilizio di età imperiale databile fra l’età traianea e il II – III secolo d.c., che da alcuni è stato identificato come la villa suburbana di Agrippina Maggiore, la madre di Caligola.

- Un lusso “sfrenato”, paragonabile forse solo alla ricchezza di un sultano o di uno sceicco della nostra epoca, caratterizzava gli arredi di questa domus romana, sconosciuta anche ai grandi nomi dell’archeologia contemporanea.

AGRIPPINA
- Come possiamo rimanere indifferenti davanti alla varietà di almeno quindici pregiati marmi antichi, dai nomi così altisonanti ed evocativi da far girare la testa, come il rosso antico, il cipollino, il bigio, il pavonazzetto, il giallo antico, il serpentino e tanti altri che costituiscono un caleidoscopio cromatico di luci e colori, di cui anche i pochi frammenti superstiti riescono a suggerire la magnificenza del luogo.

- Marmi e non solo, perché gli scavi hanno riportato alla luce anche degli affreschi parietali, contraddistinti da esili e delicate architetture, dipinte nei teneri colori pastello del verde o nella vivacità, mai violenta, del giallo, del rosso e del blu.

- Fragili uccellini, che fanno invidia ai moderni trompe l’oeil, si alternano alle ghirlande e ai tralci floreali, quasi cantando la poesia della stagione primaverile.

- I motivi floreali tornano anche in due splendidi, nonché rari, capitelli di parasta, formati da una lastra di rosso antico su cui sono applicate deliziose foglie di acanto in marmo bianco e giallo antico e delicatissimi fiori di calcare verde, di una raffinatezza che sembra ricordare l’eleganza delle porcellane settecentesche.

- Un’opera che, anche dai pochi frammenti rimasti, ci suggerisce la dimensione di un capolavoro, degno di essere ammirato con i dovuti onori.

- L’ambiente, in cui sono stati trovati questi preziosi marmi, era anche ricoperto da un rivestimento di alabastro, di cui sono esposte in mostra alcune lastre, venate di sfumature policrome che variano dal tono caldo del giallo miele, listato di bianco, a quelle più accese e variopinte di un rosa più intenso.

Queste e tante altre sono le sorprese che riserva la mostra di Palazzo Altemps, in un percorso avvincente capace di riunire tanti reperti preziosi, allestiti secondo un criterio che riesce a calibrare in un perfetto equilibrio contenuto e contenitore - in questo caso d’eccezione perché si tratta dello scenografico teatro del Museo in appena due stanze del Museo.

A conferma che la qualità di una mostra non coincide sempre con la quantità delle opere esposte, criterio che invece, in molti casi, sembra guidare l’indistinto proliferare delle mostre degli ultimi tempi.



ARCHEOLOGIA ROMANA


I fasti del Gianicolo


A Roma, a Palazzo Altemps, sfila per la prima volta il repertorio unico e inedito di marmi imperiali rinvenuti nel 1999, durante i lavori di scavo per la rampa d'accesso al parcheggio sotterraneo del Gianicolo.

- Fu uno dei ritrovamenti più eclatanti della Roma antica. Uno di quelli che riuscì a scatenare polemiche e controversie all'ennesima potenza. Perché c'era di mezzo il mastodontico cantiere delle infrastrutture per il Giubileo e si lavorava sotto la spada di Damocle delle scadenze urgenti da rispettare. 

- A fronte di una soprintendenza archeologica di Roma che ordinava lo stop alle ruspe per avviare uno studio d'emergenza ed evitare perdite o manomissioni di quello che da subito appariva come un tesoro d'inestimabile valore. 

- Accadde nell'estate del 1999, mentre si scavava per la rampa d'accesso al parcheggio sotterraneo del Gianicolo, adiacente al traforo Principe Amedeo Savoia, in una posizione leggermente elevata alle pendici settentrionali del colle, in una zona compresa tra la riva destra del fiume Tevere e il cosiddetto Monte di Santo Spirito. 

- Un'area notoriamente indicata dalle fonti antiche come sede privilegiata delle residenze private della famiglia imperiale e dove, con molta probabilità, si sarebbero trovati gli "horti" di Agrippina Maggiore (14 a.c. - 33 d.c.), nipote di Augusto e madre di Caligola. 

- E Roma non si smentì neanche in quell'occasione. 

- Vennero alla luce i resti pertinenti ad un ampio complesso edilizio, ribattezzato la "domus imperiale", che cominciò a regalare sorprese su sorprese. 

- Innanzitutto la stessa struttura architettonica datata verosimilmente fra l'età traianea e il II-III secolo d. c., articolata in molti ambienti e dotata di un apparato decorativo di pitture su fondo bianco che riproducono in un elegante e raffinato naturalismo uccellini, maschere gorgoniche e finte edicole stilizzate inquadrate da tralci e ghirlande. 

- Un complesso che infervorò non poco il parterre di archeologi che volevano riconoscervi i famosi sopra-citati "horti Agrippinae", i giardini di Agrippina Maggiore che potrebbe averli ricevuti in eredità dal marito Germanico oppure dal padre Agrippa, genero di Augusto, rinomato per le sue vaste proprietà nel campo Marzio e nel Vaticano. Giardini passati poi, nel 33 d.c., a Caligola e menzionati da Tacito.

- Non solo. 


- Due ambienti della domus restituirono un eccezionale deposito di elementi architettonici, unico e rarissimo, nei più pregiati marmi colorati, disposti ordinatamente l'uno accanto all'altro lungo le pareti. 

- Circa seicento elementi marmorei, databili al I secolo d.c. e pertinenti ad un altro edificio aulico, che per il momento rimane sconosciuto, reduci da un ipotetico smontaggio dell'apparato decorativo. 

- Un deposito delle meraviglie per la ricchezza e la varietà dei marmi e per i dettagli plastici decorativi dei singoli elementi architettonici.

- L'apoteosi di sontuosità raccontata da grandi capitelli di lesena in rosso antico, uno dei marmi più preziosi proveniente dalla Grecia meridionale, arricchiti da applicazioni policrome, un unicum nel panorama finora noto dell'architettura antica.  


- La serie strepitosa di capitelli corinzieggianti in marmo bianco insieme ad altri più piccoli capitelli figurati con il motivo di coppie di delfini. 

- Ancora, marmi giallo antico della Numidia utilizzato in cornici o in piccoli inserti per pannelli figurati, l'ardesia per cornici e pannelli intarsiati, il portasanta, pavonazzetto, cipollino in molte cornici e lastre di rivestimento insieme con l'africano, il marmo di Sciro. 

- E, soprattutto, un eccezionale corpus di lastre di alabastro per rivestimenti parietali entro cornici.

- Un'altra sorpresa fu anche il rinvenimento, sul pavimento di un ambiente scavato, di una piccola statuetta in marmo di Afrodite Charis, elegante nella fattura, che rivela l'immagine della dea vestita di una semplice tunica fluttuante e scivolata, lasciando intuire il movimento del corpo, leggermente flesso, senza la rigidità canonica della statuaria classica. Un piccolo grande capolavoro. 


- E dalle viscere del Gianicolo questo repertorio unico e inedito di marmi imperiali mai visti primi dal grande pubblico sfila per la prima volta nella mostra:

-  "I colori del fasto. La Domus del Gianicolo e i suoi marmi"

LE COLATE DI CEMENTO
- In scena a Palazzo Altemps fino al 18 aprile, curata dal soprintendente archeologico di Roma Angelo Bottini, dalla direttrice di Palazzo Altemps Matilde De Angelis d'Ossat, da Fedora Filippi e Claudio Moccheggiani Carpano. 

- Una rassegna che gioca sulla preziosità dei reperti antichi e sulla personalità sontuosa dello stesso Palazzo Altemps. 

- Tant'è che l'allestimento insiste sull'effetto di una "mise en scène," su una scenografia che coinvolge l'intero Teatro del Palazzo, dove sono stati ricostruiti gli ambienti della domus con le pitture parietali, e nello specifico quelli che hanno riportato alla luce il deposito dei marmi.

- In più, si avanza una ipotesi di ricostruzione dell'apparato decorativo dell'ambiente cui appartenevano i materiali del deposito, sfoggiando i tre mirabili ordini di capitelli. 


- Quello maggiore, dato dal grande capitello di lesena in rosso antico, che poteva raggiungere un'altezza di quasi 6 metri. Il mediano, costituito dalla serie de splendidi capitelli corinzieggianti di lesena, che si alzavano per almeno 3,50 metri. 

- Il minore, documentato dai capitelli figurati con delfini appartenenti a semicolonne dell'altezza di un metro e che inquadravano presumibilmente delle edicole, all'interno delle quali gli archeologi immaginano che fossero posizionate piccole statue decorative come quella dell'Afrodite Charis.

-  "Tutto il materiale in mostra è frutto della complessa vicenda della scoperta archeologica - racconta Angelo Bottini - che risale al 1999 quando durante gli scavi per il Giubileo, si trovarono una serie di ambienti datati al II secolo d.c., decorati con pitture a fondo bianco, e in due ambienti, si rinvenne lo straordinario deposito di materiali marmorei, circa 600 pezzi riferibili al I secolo d.c.".

- "Fu un ritrovamento eclatante, al centro di polemiche - ricorda Moccheggiani - Dopo la scoperta, la soprintendenza bloccò i lavori e avviò invece lo scavo archeologico sviluppando un accurato studio scientifico. 


- Lo scavo intercettò una struttura addossata alla collina del Gianicolo, parzialmente ipogea, collegata con scale alle parti superiori, quindi strutturata su almeno due piani. 

- Datata all'epoca d Traiano, per il rinvenimento di bolli traianei in cartiglio circolare sulla cabaletta del sistema fognario. La villa rivelò ben presto interventi di ristrutturazione dei epoche successive, con una ripartizione degli ambienti e un apparato decorativo risalenti al II secolo d.c. 

- All'interno di due stanze, la vera scoperta del deposito, con tutto questo materiale architettonico che probabilmente costituiva l'apparato decorativo di un altro complesso edilizio datato al I secolo d.c. in seguito abbandonato e smontato. 

- Forse fu un terremoto a seppellire questo magazzino, altrimenti oggetto di razzia". "Nelle nostre intenzioni - anticipa Bottini - una volta conclusa la mostra, vorremmo conservare questo materiale proprio qui a Palazzo Altemps, inserendolo nel percorso permanente di visita del museo".


MOSTRE: ROMA, LA DOMUS IMPERIALE A PALAZZO ALTEMPS

Esposti per la prima volta i reperti della dimora al Gianicolo
di Adnkronos Cultura © ADNKRONOS - Gennaio 2006

- Secondo le antiche fonti, tra cui i testi di Seneca e Filone, sulle pendici settentrionali del colle Gianicolo, nella zona compresa tra il monte di Santo Spirito e la riva destra del fiume Tevere, si trovavano gli Horti di Agrippina Maggiore, sede delle residenze private di Agrippina, nipote di Augusto e madre di Caligola.

- Il fastoso apparato decorativo della dimora che sorgeva tra i giardini affacciati sul Tevere, i suoi pregiati marmi colorati lavorati a capitelli, lesene, cornici e lastre di rivestimento, le raffinate decorazioni parietali e i vari rinvenimenti, ricostruiscono idealmente il lusso della dimora lungo il percorso espositivo e nella "mise en scène" allestita nel Teatro di Palazzo Altemps. 

- Tra il 1999 e il 2000, gli scavi portarono alla luce, infatti, una serie di ambienti (di cui uno ricostruito in mostra) con pitture a finte architetture e motivi decorativi e, da uno di questi ambienti, emerse uno straordinario deposito di materiali marmorei, ordinatamente riposti per essere poi riutilizzati: seicento pezzi, probabilmente appartenuti ad un unico complesso edilizio, databili intorno al I secolo d.c.

- Gran parte dei rinvenimenti provengono dal deposito dei marmi della domus, in cui i pezzi erano stati suddivisi per tipologie (capitelli, basi, lesene, cornici lisce e decorate, architravi e così via). 

- I marmi colpiscono per la grande varietà: dal bianco di Carrara al rosso antico della Grecia meridionale; dal giallo antico della Numidia all’ardesia; dal portasanta al pavonazzetto e il cipollino; dal marmo di Sciro all’orientale alabastro. In questo sorprendente deposito, sono stati rinvenuti anche elementi di intarsi figurati, una colonnina, una base di tripode e l’“Afrodite Charis”. 

- Figura femminile vestita di un lungo chitone trasparente che le lascia in parte scoperto il seno, il volto della piccola e raffinata statuetta di Afrodite presenta un volto eseguito con grande perizia: nell’ovale del volto spiccano gli occhi dal taglio allungato, il naso dritto e ben proporzionato, la bocca appena dischiusa. 

- La pettinatura dei lunghi capelli, divisi da una scriminatura centrale e raccolti sulla nuca in uno chignon, presenta due fori che fanno risaltare l’acconciatura raffinata completata da un alto diadema gemmato. 

- L’elegante figurina, uno degli esempi più raffinati del tipo statuario detto “Afrodite Louvre-Napoli”, riflette il gusto eclettico del secondo quarto del I secolo per l’aggraziata figura ispirata alla scultura greca di età classica.

- Tra le decorazioni parietali ritrovate ed esposte, elementi a tralci e ghirlande vegetali, maschere gorgoniche, uccellini, candelabri, steli floreali. 

- All’interno di uno dei pannelli, sotto il festone di foglie, si conserva parte di una figura umana, mentre sull’intonaco sono stati rinvenuti alcuni graffiti, quali studi con un compasso, un occhio apotropaico e alcune lettere capitali. 
- Particolarmente curiosa, un’iscrizione su due righe in alfabeto greco a lettere capitali, frutto probabilmente di una delusione d’amore: corretti gli errori, nell’iscrizione si può leggere la frase “la città è bella ma la donna è brutta”.

- Tutte le caratteristiche degli affreschi rinvenuti rientrano nell’ambito della pittura del II secolo d.c., caratterizzata da una progressiva semplificazione dei sistemi decorativi con una sempre maggiore perdita della ricerca prospettica. 

- L’edificio, doveva essere strutturato almeno su due piani, come suggerisce l’impronta di una scala rinvenuta su uno degli ambienti. 

- Accanto agli ambienti originali della domus, sono stati rinvenuti una serie di spazi orientati in senso nord-sud, frutto delle diverse fasi costruttive che si sono succedute nel tempo. 

- Difficile identificare i resti rinvenuti ma, vista la ricchezza e la raffinatezza dei materiali, è quasi certo che si tratti delle decorazioni di una domus di età imperiale, databile tra l’età traianea e il II e III secolo d.c. 

- Le strutture ritrovate hanno destato l’interesse dell’ambiente scientifico: in molti hanno voluto riconoscervi i famosi Horti Agrippinae, i quali dovevano estendersi nella zona prima occupata da quelli di Domizia. 

- Alla morte di Agrippina (33 d.c.), Caligola divenne a sua volta proprietario degli horti, che ritroviamo, in seguito, menzionati da Tacito come proprietà dell’imperatore Nerone.

Da Romano Impero:

- Tra il 1999 e il 2000, gli scavi eseguiti per ricavare le fondazioni di un parcheggio portarono alla luce, una serie di ambienti con pitture a finte architetture e motivi decorativi e, da uno di questi ambienti, emerse uno straordinario deposito di materiali marmorei, ordinatamente riposti per essere poi riutilizzati: seicento pezzi, probabilmente appartenuti ad un unico complesso edilizio, databili intorno al I secolo d.c.

Purtroppo la villa viene demolita per volontà del sindaco di Roma per far posto ad un parcheggio a beneficio del Vaticano. Solo in Italia accadono queste cose.... -



COME ANDARONO LE COSE

Coro di critiche: decisione scellerata. 
Rifondazione: hanno vinto gli interessi del Vaticano Gianicolo, via libera del governo
Sarà completata la rampa di accesso al parcheggio. 
Melandri vota contro

Quattrocento pullman (al giorno) contano di più di un’area archeologica addirittura imperiale.

E’ ovvio: si tratta di pullman ultramoderni, con aria condizionata, Abs, toilette e tv e che trasportano tanti bei pellegrini pronti ad aprire il portafoglio; mentre la villa di Agrippina è roba vecchia, duemila anni, pensate un po’, che sta lì solo per creare problemi.

Perciò, nessun dubbio: la rampa Torlonia di accesso al parcheggio del Gianicolo, nel cuore di Roma, sarà completata, anche se i lavori dovranno essere subordinati ad una serie di prescrizioni (e comunque non saranno terminati prima di Pasqua).

E’ questa la contestatissima decisione (che ha visto contrario persino il ministro dei Beni culturali, Giovanna Melandri) presa ieri dal governo, chiamato a decidere sul futuro della rampa dopo il ritrovamento in una discarica dei reperti archeologici estratti durante i lavori.
Ci siamo spiegati?

Il ritrovamento in una discarica dei reperti archeologici estratti durante i lavori. 

Perchè Rutelli aveva fatto buttare giù tutto e non aveva dichiarato nulla, sono intervenuti i carabinieri e poi la guardia di finanza allarmati da una denuncia di privati che avevano scoperto pezzi romani buttati insieme ai calcinacci.

Al sottosegretario Bassanini è toccato il compito di illustrare la decisione del consiglio dei ministri. In sostanza, il governo si impegna a realizzare l’opera e contemporaneamente: proseguire gli scavi archeologici, cercare soluzioni idonee alla conservazione e valorizzazione dei reperti (anche mediante il ricollocamento in sito) e introdurre modifiche nei lavori qualora si scoprissero altri resti archeologici importanti.

Come dire: conciliare l’inconciliabile. E’ per questo che la decisione del governo ha raccolto esclusivamente critiche, se si fa eccezione, manco a dirlo, per il sindaco Rutelli, che, invece, l’ha definita "equilibrata e soddisfacente". Nettamente contrari Vittorio Emiliani e il senatore verde Manconi del "Comitato per la bellezza", secondo i quali la decisione del governo è "scellerata" ed "è un atto di funambolismo".

Anche perché i tecnici hanno già bocciato ogni altra soluzione alternativa.
Addirittura "vergognosa" la definisce Italia Nostra, secondo la quale "dove non sono arrivati i lanzichenecchi hanno provveduto il governo D’Alema e il Campidoglio. Un vero e proprio colpo di spugna", dice l’associazione ambientalista, visto che l’inchiesta penale nei confronti dei responsabili del cantiere è ancora in corso.

Durissimi anche i Verdi. La decisione, secondo la portavoce Grazia Francescato, "non è motivato delle motivazioni addotte dal sottosegretario Franco Bassanini, che forse non sa che non è possibile costruire una rampa senza attentare ai reperti archeologici".

Ora aspetteremo al varco governo e sindaco di Roma su due punti: sull’assicurazione che i lavori verranno fatti "a mano" e senza ruspe e sulla questione dei bus turistici, che rischiano di essere un boomerang per un sindaco che aveva promesso di cacciare i pullman dal centro storico".

Già, i pullman. Angelo Bonelli, leader dei Verdi del Lazio, ricorda che saranno 400 al giorno quelli ospitati nel parcheggio: "sarebbe bene – dice, annunciando un ricorso alla Corte dell’Aja per impedire la distruzione della villa di Agrippina – che il consiglio comunale arrivi in fretta a diminuire se non dimezzarne il numero".



E CHE ACCADDE? LA VILLA FU DISTRUTTA

Su questo i Verdi troveranno dalla loro parte il Prc, che fin da ora annuncia una battaglia per ridimensionare la presenza dei bus turistici. Rifondazione, spiega il capogruppo in comune Patrizia Sentinelli – offende chiunque abbia a cuore il futuro di Roma. Quel parcheggio non serve alla città, risponde solo agli interessi del Vaticano".

E mentre Salvadore Bonadonna, assessore regionale all’urbanistica (Prc) parla di "precedente umiliante" e di un "atto di subalternità alle scelte del Vaticano", Walter DeCesaris e Roberto Musacchio, rispettivamente deputato e responsabile ambiente del Prc, commentano:

"Il governo si è coperto di ridicolo agli occhi del mondo. Solo il peggiore speculatore avrebbe avuto il coraggio di prendere una decisione simile. Il governo italiano ha reso in questo modo chiaro come intende preservare il patrimonio storico culturale del nostro Paese: lo considera semplicemente un ingombro da rimuovere e buttare in discarica".

DOMANDA FACILE FACILE:

Una villa sontuosa come quella di Agrippina doveva essere piena di statue e bronzetti e statuette e rilievi. Guarda caso non ce n'è neppure uno.

RISPOSTA FACILISSIMA:

O se li sono portati a casa o se li sono venduti all'estero, forse un po' tutti e due. E l'Italia è tutt'ora così.


BIBLIO

- Richard A. Bauman - Women and Politics in Ancient Rome - Routledge - 2002 -
- Horti di Agrippina - Horti Agrippinae -
- Furio Sampoli - Le Grandi Donne di Roma Antica - Roma - Newton & Compton - 2003 -
- Lindsay Powell - Germanicus: The Magnificent Life and Mysterious Death of Rome's Most Popular General - Pen and Sword - 2013 -
- Trecy Deline - The criminal charges against Agrippina the Elder in a.d. 27 and 29 - in The Classical Quarterly -2015 -


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