GLI EQUITES ROMANI




L'ANTICA NOBILTA' ROMANA

Gli equites, i cavalieri. erano un ordine sociale e militare romano basato sul censo. La più antica nobiltà di Roma derivò i suoi costumi dalla cavalleria d'età regia. I cosiddetti Celeres, cioè i veloci, erano all'inizio guardie dell'ordine urbano o al servizio del re, che ottennero in seguito un cavallo chiamato equus publicus, o cavallo pubblico, mantenuto a spese dello Stato, e conservando la foggia e i distintivi del grado, cioè:
-  l’anello d’oro,
- le borchie d’argento del cavallo,
- la trabea o mantello da cavaliere col bordo rosso,
- la scarpa rossa detta calceus patricius
- e il bordo rosso (clavus) alla toga e alla tunica: tutti distintivi che passeranno tutti al patriziato romano.
Contemporaneamente venne istituito il cognome o nome della gens, per assicurarsi il censo degli Equites.

Il titolo di Cavaliere era un titolo personale, come per i senatori, con funzione civica e funzionale senza aspetti economici, che richiedeva perciò un patrimonio consistente, almeno di 400 mila sesterzi.

Ma i soldi non bastavano, occorreva una buona prestanza fisica, saper addestrare un cavallo, saperlo cavalcare e aver militato nell'esercito per almeno 10 anni, un vero cursus honorum.

Non c'erano in realtà restrizioni di provenienza familiare o stato sociale, tutti i soldati potevano diventare Cavalieri, e un legionario, con 10 anni di servizio poteva aver accumulato coi bottini di guerra la ricchezza necessaria per il ceto dei Cavalieri.

C'erano però gli "Equites Romani Equo Publico" e i semplici "Equites" e solo un numero ristretto di cavalieri, un quarto circa, riusciva ad entrare nella prima classe, col privilegio del cavallo donato dello stato, mentre i semplici Equites dovevano comprarlo a proprie spese, ma soprattutto avevano il vantaggio delle cariche pubbliche, sia giuridiche che senatoriali, che agli equites era quasi impossibile ottenere.

La guerra inoltre portava grandi ricchezze per i bottini distribuiti tra i soldati, per cui tra i Cavalieri c'erano proprietari fondiari, finanzieri, commercianti, pubblicani cioè esattori nelle provincie, procuratores, cioè amministratori, nonchè storici e avvocati, ai piu alti livelli dello stato.



LA MONARCHIA

Durante l'età regia di Roma e nel periodo iniziale della Roma repubblicana, gli equites erano semplicemente dei soldati a cavallo; non formeranno un ordo, cioè una classe di censo a parte, fino al tempo dei Gracchi. Il loro armamento consisteva in un elmo, uno scudo rotondo (clipeus) in bronzo, una lancia leggera ed una spada.

Secondo Polibio non avevano la corazza, ma una semplice trabea, un mantello, per cui era facile e comodo salire e scendere da cavallo, ma negli scontri correvano grossi rischi poiché combattevano praticamente nudi.

Gli equites non disponevano della sella equestris, cioè la sella del cavallo, e in questo senso specifico la sella si ha solo nel IV sec. d.c,; in origine non si usava; la gualdrappa, più o meno imbottita, fu considerata indegna di uomo armato.
Nella disposizione dell'esercito in guerra, la cavalleria era inserita ai lati della fanteria legionaria, ed i suoi squadroni erano alle dipendenze dei Tribuni Celerum, sotto il diretto comando del Rex.
  • Romolo - lui è attribuita la loro creazione, fece eleggere dalla curia 300 cavalieri, divisi in tre centuriae, una centuria per ognuna delle Gentes originarie, e cioè Ramnes, Tities e Luceres. Le unità che componevano le centurie erano poi divise in modo da rappresentare tutte e tre le Gentes. Quando però la città quadrata si ingrandì e ai Romani si unirono i Sabini, decise di raddoppiare le sue truppe in 6000 fanti e 600 cavalieri. Romolo costituì inoltre una guardia personale di ulteriori trecento cavalieri chiamata Celeres. "Celeres vale a dire pronti e leggieri. Romolo diede questo nome a trecento giovani de quali aveva composta la sua guardia e che erano comandati da tre Centurioni sotto un uffiziale generale che chiamavasi Tribuno dei Celeri. La lancia e la spada servivano d'armi ordinarie a queste guardie che circondavano il re in ogni tempo ma principalmente alla guerra ove essi dovevano essere i primi all'attacco e gli ultimi alla ritirata". (G.J. MONCHABLON Prof. della Università di Parigi - 1832)
  • Tullo Ostilio - terzo re di Roma, secondo altre fonti fu lui ad aggiungere agli equites dieci turmae di Albani, con un totale di 600 cavalieri. Ma il numero delle centurie non era aumentato, essendo ogni centuria di 200 uomini.
  • Numa Pompilio - abolì la guardia privata dei Celeres.
  • Tarquinio Prisco - quinto re di Roma, ne raddoppiò il numero, creando nuove centurie che voleva chiamare col suo nome; rinunciò per l'opposizione dell'augure Atto Navio, chiamandole invece Ramnes posteriores, Titienses posteriores e Luceres posteriores. Queste ulteriori tribù vennero dette sex suffragia, e costituite da ulteriori 1.800 cavalieri. Questa riorganizzazione è attribuita da Cicerone a Tarquinio Prisco, ma il resoconto di Cicerone è frammentario, comunque Cicerone sostenne che l'organizzazione degli equites non fosse cambiata dai tempi di Tarquinio Prisco.
  • Servio Tullio - riformò sia la fanteria che gli equites, disponendo la recluta degli equites oltre alle precedenti 12, di altre 6 centurie, forse le stesse formate da Tarquinio Prisco e riconducibili ai sex suffragia: per un totale di 18 centurie. Per l'acquisto dei cavalli l'erario stabilì, lo stanziamento annuo di 10.000 assi a centuria, mentre le donne non sposate dovevano pagarne il mantenimento con 2.000 assi annui a centuria. Tale costo fu più tardi trasferito alle classi più ricche. Servio Tullio, con l'istituzione dei Comitia centuriata, riorganizzò l'iesercito e gli equites, formando dodici nuove centurie ex primoribus civitatis, cioè composte dai cittadini più ricchi, portò a sei le tre centurie create da Romolo, di origine patrizia, per un totale di diciotto centurie e cioè 3600 equites. In sostanza l'esercito serviano contava ora di 1.800 cavalieri e 17.000 fanti, suddivisi in 5 classi e 170 centurie, oltre ad unità speciali per un totale di 193 centurie. Si componeva il tutto in 2 eserciti legionari, uno per difendere la città e l'altro per le campagne militari esterne.

Gli equites ricevevano dallo stato:
  • un cavallo, detto perciò equus publicus,
  • oppure l'Aes equestre, consistente in 1.000 assi, cioè i soldi necessari per acquistarne uno,
  • più l'Aes hordearium, ovvero una somma annuale di 200 assi per il suo mantenimento.

Livio riferisce che nell'assedio di Veio, alcuni cittadini benestanti, che non erano equites ma avevano abbastanza denaro per mantenere un cavallo, si arruolarono volontari con un cavallo a loro spese; lo stato li ripagò con una somma per aver servito con i propri cavalli.

I soldati di fanteria avevano iniziato a ricevere una paga da pochi anni; la paga dei nuovi equites venne stabilita nel triplo. Roma aveva capito l'imoprtanza degli Equites in guerra.
Le due classi di equites convivevano distinte:
  • la prima, detta equites equo publico, chiamata anche Flexumines o Trossuli;
  • la seconda, composta da ricchi volontari, detta degli equites Romani.


LA REPUBBLICA

Nel periodo repubblicano si delineò la struttura degli equites sia come corpo militare che come classe di censo. Gli equites che ricevevano un cavallo dallo stato erano sottoposti a ispezioni periodiche da parte dei censori, il quali avevano il potere di togliere loro il cavallo e ridurli alle condizioni di un aerarius, cioè di un soldato stipendiato di fanteria, nonché di assegnare l'equus publicus a un cavaliere che aveva finora servito con un cavallo a sue spese e si era dimostrato valoroso.

L'spezione pubblica dei Censori, detta Equitum Recognitio, avveniva nel Foro, dove gli equites delle varie tribù si schieravano in ordine. Ognuno, chiamato per nome. doveva sfilare a piedi davanti ai censori, i quali potevano giudicare l'equipaggiamento incompleto, o il cavaliere indegno, e sequestrargli il cavallo, obbligandolo a rifondere le spese del mantenimento allo stato.

In questa rivista delle truppe, gli equites che volevano ritirarsi dal servizio, o avevano passato i limiti di età facevano davanti ai censori un resoconto delle campagne cui avevano partecipato e delle azioni compiute, ed erano congedati con onore o disonore, quindi con compensi diversi o nessun compenso.


La parata militare

Livio ricorda che nel 304 a.c. i censori Quinto Fabio Massimo Rulliano e Publio Decio Mure, veterani ed eroi delle guerre sannitiche, istituirono l'Equitum Transvectio, che si teneva alle Idi di Quintilis.

Tutti gli equites componevano una processione dal tempio di Marte, nel Campo Marzio fuori le mura, entrando in città, passando per il Foro, fermandosi davanti al Tempio dei Dioscuri.

Tutti gli equites erano coronati con rami di ulivo, e indossavano la trabea, cioè il manto rosso, portando con sé i riconoscimenti ottenuti in battaglia.


Ordo equestris

Fino al II secolo a.c. le centurie equestri erano solo una divisione dell'esercito, perchè la principale divisione politica a Roma era quella tra patrizi e plebei. Nel 123 a.c. la Lex Sempronia, introdotta da Gaio Sempronio Gracco, introduceva tra le due classi una terza, l'Ordo Equestris.

Secondo questa legge i giudici dovessero essere scelti tra i cittadini di censo equestre, tra i trenta e i sessant'anni, essere o essere già stato un equites, o avere il denaro per acquistare e mantenere un cavallo, e non essere un senatore.

Il termine equites, perciò, dall'iniziale identificazione dei soldati a cavallo, passò prima a indicare chi aveva ottenuto dallo stato il cavallo aveva o aveva la possibilità di acquistarlo, e poi chi aveva la possibilità di essere eletto giudice.

Con le riforme dell'esercito di Gaio Mario, della fazione dei populares, la consentita presenza di nullatenenti nell'esercito cominciò a mutare l'identificazione degli equites, ormai anche con un censo di 120-125.000 assi.

Inoltre, ai soldati romani si affiancarono le truppe di cavalleria ausiliarie italiche; mentre la parte militare ne uscì rafforzata, l'ordo equestris mal tollerava di servire insieme ai nullatenenti, pur essendo plebei come loro; perciò fecero larghe spese e grandi sfoggi per distinguersi dal resto della plebe.


Silla

Con Silla, nel 70 a.c., agli equites venne proibito di divenire giudici attraverso la Lex Aurelia. Il prestigio e la ricchezza del ordo equestris vennero mantenuti attraverso i pubblicani, cioè gli esattori delle imposte, i quali dovevano avere una cospicua ricchezza personale per non arricchirsi attraverso le tasse; perciò questo divenne il mestiere comune degli equites nella tarda repubblica.


Cicerone

Cicerone considerò infatti pubblicani ed equites quasi come sinonimi, e durante il suo
consolato, gli equites collaborarono parecchio nel sopprimere la congiura di Catilina, acquistando un maggior potere. Da allora, come ricorda Plinio il Vecchio, divennero il terzo corpo dello stato, insieme a patrizi e plebei, al punto che dopo il Senatus PopolusQue Romanus aggiunsero et Equestris Ordo.

Nel 63 a.c., con la Lex Roscia Othonis, il tribuno della plebe Lucio Roscio ottenne per gli appartenenti all'ordo equestris il privilegio di sedere nei primi quattordici posti davanti alla platea negli spettacoli. Altre leggi restituirono all'ordo equestris le prerogative che Silla aveva loro tolto, come il diritto di vestire il Clavus Angustus, e di indossare un anello d'oro, prima ristretto ai soli Equites Equo Publico.

Tra la repubblica e i primi imperatori, il numero di equites ammessi nell'ordo equestris aumentò considerevolmente, con il criterio del censo, poiché i censori non indagarono più sulle radici familiari, che dovevano essere illustri, per l'ammissione, con gran malcontento dell'ordo equestre che si sentiva sminuito come classe.

Come fece ironicamente notare Orazio:

"Tu hai cuore, buoni costumi, eloquenza,
ma dai sei, sette ai quattrocentomila,
manchi di censo: sarai plebe."



CESARE

Gaio Giulio Cesare, nel corso della conquista della Gallia, introdusse il cursus honorum per il centurionato, che si basava sui meriti del singolo individuo, per gesti di eroismo, iniziative brillanti, nonchè fedeltà ed obbedienza.

Così alcuni legionari vennero promossi ai primi ordines, dove al vertice si trovava il primus pilus di legione, che asua volta poteva essere promosso a tribunum militum.

Il merito permetteva così, anche ai militari di umili origini, di accedere all'ordine equestre.

Per cui Cesare indebolì la discriminazione tra ufficiali e sottufficiali, rafforzando lo spirito di gruppo e la professionalità delle unità militari, e dando spazio soprattutto al merito.

De bello gallico:

"Saputo ciò, Cesare vi manda verso mezzanotte parecchi squadroni di cavalleria, con l'ordine di sparpagliarsi in tutte le direzioni facendo più rumore del solito. All'alba ordina di far uscire dall'accampamento un gran numero di animali da soma e muli, fa toglier loro i basti e ordina che i mulattieri, con gli elmi in testa, fingendo di essere cavalieri, si aggirino per le colline. Manda con loro anche pochi cavalieri, che si spingessero più lontano per farsi vedere. Ordina a tutti di dirigersi, facendo un largo giro, verso la stessa zona."



AUGUSTO

Augusto restituì prestigio all'ordo equestris. Dal 50 a.c. l'ufficio della censura era vacante; quando Augusto nel 29 a.c. assunse la praefectura morum, ripristinò la tradizione dell'eqitum recognitio e dell'equitum transvectio, formando così una nuova classe di equites che dovevano avere il censo di un senatore, e il vecchio requisito della nascita da libero almeno fino al nonno.

Inoltre permise loro di indossare il latus clavius e la possibilità di eleggere tra le loro fila sia i tribuni della plebe che i senatori. Al termine della magistratura in senato, c'era poi l'opzione di rimanere nella classe senatoria o ritornare nell'equestre. Questa nuova classe di equites venne distinta dalla precedente con il titolo di Illustres Equiti Romani. Caddero così in scarsa considerazione gli equites che non erano anche viri illustres.

Vegezio racconta che tutti i soldati romani, dai cavalieri ai legionari, erano comunque addestrati a montare a cavallo, soprattutto agli inizi del periodo imperiale, sotto Augusto, quando fu reintrodotta la cavalleria legionaria:

"Non soltanto alle reclute, ma anche ai soldati di professione è sempre stata richiesta la capacità di montare a cavallo. Cavalli di legno erano predisposti in inverno al coperto, d'estate nel castrum. I giovani dovevano montare inizialmente senza nessuna armatura, fino a quando non avevano sufficiente esperienza, in seguito armati. 

Ed è così grande la cura che ci mettono che questi non solo imparavano a salire e scendere da destra ma anche da sinistra, tenendo in mano persino le spade sguainate e le lance. Si dedicavano a questo esercizio in modo assiduo, poiché nel tumulto della battaglia potevano montare a cavallo senza indugio, visto che si erano esercitati tanto bene nei momenti di tregua."

Augusto distinse le carriere superiori dalle inferiori, cioè il cursus honorum, con parametri d'avanzamento ridefinito poi da Claudio.

  • Carriere militari: prefetto di coorte, tribuno angusticlavio di legione, prefetto d'ala e un triplo tribunato a Roma: vigili, coorti urbane e coorti pretorie.
  • Procuratele: di carattere palatino (uffici di Roma), cancelleresco o tributario (es. a studiis, ab epistulis, XX hereditatium), finanziario provinciale, di maggior rango in province con più di una legione.
  • Presidiale: di maggior rango in province con più auxilia.
  • Fastigium equestre, l'apice della carriera di un cavaliere, cioè: Prefetture di flotta, dei vigili, dell'annona, d'Egitto, del pretorio.
  • Sembra potessero anche adire a cariche sacerdotali.
La carriera equestre si divideva essenzialmente in tre categorie di rango;
  • C (centenario), stipendio annuo percepito: 100.000 sesterzi
  • CC (ducenario), stipendio annuo percepito: 200.000 sesterzi
  • CCC (tricenario), stipendio annuo percepito: 300.000 sesterzi.
Ottaviano creò poi gli Equites singulares Augusti, cavalleria personale di Augusto, un corpo militare di 500 cavalieri che costituivano la scorta dell'imperatore, ne garantivano la sicurezza durante le campagne militari, e facevano parte della guardia pretoriana.

La fine di Cesare gli aveva insegnato qualcosa, senza valida scorta le congiure erano all'ordine del giorno. Il corpo, istituito al tempo della dinastia flavia e successivamente rafforzato da Traiano, fu sciolto da Costantino I dopo la battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio, in quanto gli Equites singulares si erano schierati al fianco di Massenzio.

Gli equites dell'esercito erano organizzati in alae di cavalleria, con ciascuna ala divisa in 16 turmae di 32 uomini, di cui 16 decurioni e un decurione princeps, e comandate da un praepositus consularis per un totale di 512 cavalieri, raddoppiato a 1.000 uomini sotto Diocleziano.

Per poter diventare equites singulares occorreva avere un' esperienza di almeno cinque anni nell'esercito, il servizio durava 25 anni, e non aveva paga extra rispetto alle alae di cavalleria, ma dava largo onore e prestigio nel pubblico. Gli equites singulares erano reclutati solitamente tra le alae ausiliarie, mentre l’etnia prevalente era dapprima germanica, successivamente, a partire da Settimio Severo, in maggioranza fu di Pannoni, Daci e Traci.

Con il reclutamento i soldati ottenevano automaticamente la cittadinanza romana con tutti i relativi benefici che questa comportava, poichè l'imperatore voleva una forza d'élite efficace e fidata, ma soprattutto aldifuori delle beghe di potere e le congiure di Roma.



L'IMPERO

Sotto Tiberio furono poste limitazioni ai privilegi degli equites, vietandogli pure di indossare un anello d'oro che indicasse il loro status di equites. Queste limitazioni caddero col tempo, ma decadde pure l'importanza degli equites.

Dopo Diocleziano, gli equites ebbero solo il ruolo di guardia cittadina, sotto il comando del Praefectus Vigilum; tuttavia mantennero, fino al tempo di Valente e Valentiniano il secondo grado in città e l'esenzione dalle pene corporali.



LA FESTA

Il 18 dicembre nell’impero romano venivano tributati grandi onori alla Dea Epona, di origine celtica ma adottata dai Romani, Dea dei cavalli, dei muli e delle scuderie, cui erano particolarmente devoti i cavalieri romani, che avevano adottato la Dea dei loro avversari celti. Fu venerata soprattutto dal I al III sec. d.c.

La più antica citazione della Dea romana viene da Giovenale, a detta del quale la sua immagine veniva dipinta sulle greppie dei cavalli. Venerata soprattutto in ambienti militari, la Dea si presentava come una regina al galoppo. nella festa si facevano le corse dei carri con tifoseria e scommesse.
Ai cavalli più famosi vennero eretti cippi funerari lungo le vie ricordandone vittorie, piazzamenti, origini genealogiche e circhi in cui avevano gareggiato.



IL CAVALLO DA GUERRA

I Romani furono i primi ad usare il ferro per proteggere lo zoccolo del cavallo, ma il cavallo veniva utilizzato più come mezzo per raggiungere la zona della battaglia che per combattere.

L’ipposandalo era una specie di sandalo con la suola in ferro che veniva applicato con anelli e lacci al piede del cavallo, usato però quando l'animale era ferito e per applicargli medicamenti, o in zone molto molto accidentate.

I Gallii furono invece i primi ad usare il ferro sistematicamente. I Romani impararono da loro sia la tecnica del combattimento a cavallo che l'arte di ferrare i cavalli, e migliorarono entrambe.

Mentre i primi ferri avevano il bordo ondulato e i chiodi a sezione tonda con testa ovale, i Romani usarono il ferro con profilo liscio e chiodi con testa e sezione quadrata, il che dava maggior presa nell’unghia e tendeva meno a spezzarla.


BIBLIO

- Gaio Plinio Secondo il Vecchio - Naturalis Historia - XXXIII -
- K.R. Dixon e P. Southern - La cavalleria romana (The roman cavalry) - Londra - 1992 -
Frontino - Stratagemmata - trad. Roberto Ponzio Vaglia - Milano - Ed. Sonzogno - 1919 -
Vegezio - Epitoma Rei militaris -
- William Ramsay - "Equites" - in William Smith - A Dictionary of Greek and Roman Antiquities - John Murray - London - 1875 -


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