AMBIBARI (Nemici di Roma)




Gli Ambibari (o Ambibarii) erano popolo celtico della Gallia, appartenente al gruppo dei popoli armoricani di cui si ignora però la precisa localizzazione. Armorica o Aremorica è il nome che nell'antichità veniva dato all'odierna Bretagna e ai territori compresi tra la Senna e la Loira. Il nome armoar significa, in gallico, costa, cioè "terre sul mare", in contrapposizione con l'interno di tale penisola definito argoat.


IL NOME

Il loro nome (latinizzato) indica che il loro territorio si estendeva sulle due rive di un corso d'acqua, senza che sia possibile localizzarlo con precisione. È anche possibile che si tratti dello stesso popolo degli Ambilatri, ugualmente citati da Cesare (Libro iii, 9).



LA CONQUISTA DELLA GALLIA

« La Gallia è, nel suo complesso, divisa in tre parti: la prima la abitano i Belgi, l'altra gli Aquitani, la terza quelli che nella loro lingua prendono il nome di Celti, nella nostra, di Galli. I tre popoli differiscono tra loro per lingua, istituzioni e leggi. Il fiume Garonna divide i Galli dagli Aquitani, la Marna e la Senna li separano dai Belgi. 
Tra i vari popoli i più forti sono i Belgi, ed eccone i motivi: sono lontanissimi dalla finezza e dalla civiltà della nostra provincia; i mercanti, con i quali hanno scarsissimi contatti, portano ben pochi fra i prodotti che tendono a indebolire gli animi; confinano con i Germani d'oltre Reno e con essi sono continuamente in guerra. 
Anche gli Elvezi superano in valore gli altri Galli per la stessa ragione: combattono con i Germani quasi ogni giorno, o per tenerli lontani dai propri territori o per attaccarli nei loro. La parte in cui, come si è detto, risiedono i Galli, inizia dal Rodano, è delimitata dalla Garonna, dall'Oceano, dai territori dei Belgi, raggiunge anche il Reno dalla parte dei Sequani e degli Elvezi, è volta a settentrione. 
La parte dei Belgi inizia dalle più lontane regioni della Gallia, si estende fino al corso inferiore del Reno, guarda a settentrione e a oriente. L'Aquitania, invece, va dalla Garonna fino ai Pirenei e alla parte dell'Oceano che bagna la Spagna, è volta a occidente e a settentrione »
(Cesare, De bello gallico, I, 1.)
MONETA D'ORO CELTICA

All'epoca della coalizione dei popoli gallici guidata da Vercingetorige contro i Romani, guidati da Giulio Cesare nel 52 a.c., fornirono un esercito di ben 20 000 guerrieri che vennero tuttavia debellati. 
La conquista della Gallia fu la campagna di conquista dei popoli delle regioni dell'attuale Francia (ad esclusione della parte meridionale, ovvero della Gallia Narbonense, già sotto il dominio romano dal 121 a.c.), del Belgio, del Lussemburgo e parte della Svizzera, dei Paesi Bassi e della Germania, iniziata e portata a termine da Gaio Giulio Cesare con arditissima ed eccezionale maestria dal 58 al 51/50 a.c. e da lui narrata nel De bello Gallico. 

Egli debellò per sempre quel Metus Gallicus, la paura dei Galli di Brenno, che provocarono nel 387 a.c. quel terribile Sacco di Roma descritto da Tito Livio. In effetti gli Ambibari si conoscono proprio perchè menzionati da Giulio Cesare, nei suoi Commentarii, che li pone come nemici di Roma a fianco dei Coriosoliti, Redoni, Caleti, Osismi, Lemovici e Unelli.

«Queste cose si compivano ad Alesia. Nel frattempo i Galli tengono un'assemblea dei capi in cui decidono di non chiamare alle armi, come voleva Vercingetorige, tutti gli uomini abili, ma di chiedere ad ogni popolo un contingente determinato, perché temevano che fosse impossibile, nella confusione di una tale moltitudine, mantenere la disciplina, distinguere le varie truppe, provvedere agli approvvigionamenti di grano. 
Ordinano agli Edui ed alle loro tribù clienti, Segusiavi, Ambivareti, Aulerci Brannovici, Blannovi 35.000 armati; egual numero agli Arverni insieme agli Eleuteti, Cadurci, Gabali e Vellavi che a quel tempo erano sotto il dominio degli Arverni; ai Sequani, Senoni, Biturigi, Santoni, Ruteni e Carnuti 12.000 ciascuno; ai Bellovaci 10.000 (ne forniranno solo 2.000); ai Lemovici 10.000; 8.000 ciascuno a Pittoni e Turoni, a Parisi ed a Elvezi; ai Suessoni, Ambiani, Mediomatrici, Petrocori, Nervi, Morini, Nitiobrogi ed agli Aulerci Cenomani, 5.000 ciascuno; agli Atrebati 4.000; ai Veliocassi, Viromandui, Andi ed Aulerci Eburovici 3.000 ciascuno; ai Raurici e Boi 2.000 ciascuno; 10.000 a tutti i popoli che si affacciano sull'Oceano e per consuetudine si chiamano genti Aremoriche, tra cui appartengono i Coriosoliti, i Redoni, gli Ambibari, i Caleti, gli Osismi, i Veneti, Lessovi e gli Unelli...»

(Cesare, De bello Gallico, vii, 75.)
Tutti questi popoli vennero debellati e conquistati da Giulio Cesare, il più grande stratega di tutti tempi.


BIBLIO

- Cesare - Commentarii de bello Gallico - Progetto Ovidio -
- Appiano di Alessandria - Historia Romana -
- Frontino - Strategemata -
- Dione Cassio - Storia romana -
- Svetonio - De vita Caesarum libri VIII -
- Renato Agazzi -Giulio Cesare stratega in Gallia - Pavia - Iuculano - 2006 -
J. Carcopino, Giulio Cesare, traduzione di Anna Rosso Cattabiani, Rusconi Libri, 1981
Luciano Canfora, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, 1999
- Venceslas Kruta - Les Celtes - Histoire et Dictionnaire - Éditions Robert Laffont - coll. «Bouquins» - Paris - 2000 -


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