SOTTO VILLA ALBANI-TORLONIA




La Villa Albani Torlonia, di proprietà della famiglia Torlonia dal 1867, fu edificata praticamente in città, lungo la Via Salaria a Roma, anzi appena fuori Porta Salaria, oggi a due passi da Villa Borghese, ma allora verso la metà del XVIII secolo per volere del cardinale Alessandro Albani (1692-1779), nipote di papa Clemente XI.

Alessandro però non fu solo cardinale ma anche militare, mecenate, poeta, bibliofilo, e soprattutto grande collezionista di opere d'arte e cimeli dell'antichità, che sistemò nella splendida Villa.
Oltrepassato il cancello solenne, si torna infatti all'antica Roma. Il viale che sembra non finire mai conduce a un giardino all’italiana gremito di bellezze e capolavori scultorei all'uso delle ville romane.

Albani, promotore della nascente arte neoclassica, fu mecenate e amico dello storico dell'arte e archeologo tedesco Winckelmann, che fu suo ospite per molti anni, e acquistò la villa per accogliere la notevolissima collezione di antichità curata appunto dal Winckelmann. I lavori di riallestimento della villa furono affidati all'architetto Carlo Marchionni, che li completò nel 1758. 

LA CUPOLA ROMANA

NEOCLASSICISMO  

Il Neoclassicismo è una tendenza culturale sviluppatasi poco dopo la metà del 1700 e continuato sino ai primi decenni dell'800. Nato come reazione al fronzuto tardo barocco e al rococò, si ispirò alla più all'arte antica, in particolar modo quella greco-romana, nella pittura, nella statuaria, nella letteratura, in campo teatrale, musicale e nell'architettura.

Ne furono antesignani a Roma gli scritti dell'archeologo e storico dell'arte Johann Joachim Winckelmann e del pittore e storico dell'arte Anton Raphael Mengs, ma soprattutto grazie alle scoperte e agli scavi delle antiche città di Ercolano e Pompei, alla formazione dell'archeologia come scienza e alla diffusione di pubblicazioni sulle antichità greche.

Giovan Battista Piranesi e Johann Joachim Winckelmann sono i maggiori esponenti in arte del Neoclassicismo, due importanti teorici, rispettivamente sostenitori dell'arte romana e greca. Entrambi privilegiano l'imitazione dell'arte alla sterile copia. Nelle vedute romane di Piranesi si nota maggiormente lo spirito della Roma antica, e nel neoclassicismo prevale il senso della quiete e dell'otium. 

I romani passeggiavano negli splendidi giardini tra il fruscio delle vesti leggere, lo stormire delle fronde e il gorgoglio delle fontane, spesso assisi sulle panchine di marmo decorato a leggere poemi o poesie d'amore, a rinfrescarsi coi vaiopinti ventagli o a sdraiarsi sull'erba molle di rugiada.



VILLA ALBANI

Fu il cardinale Albani a volere il vasto complesso architettonico realizzato a metà del XVIII secolo dall’architetto C. Marchionni (1702-1786) su una distesa di campagna coltivata a vite, a pendii e terrazzamenti. Il progetto nacque per accogliere la prestigiosa raccolta di antichità del cardinale Alessandro Albani (1692-1779) dal dialogo con Gian Battista Piranesi (1720-1778), e i progetti di ripristino del Giardino degli Aromi, secondo i disegni settecenteschi del grande incisore e cartografo Giovanni Battista Nolli (1701-1756). 

Inoltre la reintegrazione dei bossi del giardino all’italiana con le talee delle piante storiche originali allevate in vivaio negli ultimi anni, sono il recente esempio di una gestione etica, basata sulla ricerca storica e filologica, sviluppata con metodi biologici.

Ma Gian Battista Nolli si valse anche di Angelo Strigini per il sistema di fontane e con ‘il padre’ della storia dell’arte, J.J.Winckelmann (1717-1768) per l’allestimento della collezione, colui che sostenne un'arte basata sul senso dell'armonia, su una «nobile semplicità e quieta grandezza»: i suoi ideali ebbero vastissima eco nella cultura del tempo, soprattutto nelle arti figurative, influenzando artisti come Antonio Canova, Anton Raphael Mengs e Jacques-Louis David.


In realtà la villa si ispirava ai famosi Horti Romani, copiandone i padiglioni, i giardini roani (chiamati poi all'italiana dagli italiani e alla francese dai francesi), i tempietti, le scalinate, i viali alberati, le fontane e gli euripi, i boschetti, le statue e i complessi statuari, le balconate, ma pure i campi coltivati  e le vigne, con percorsi di meravigliose passeggiate che ancora potevano definirsi come "le tranquille dimore degli Dei".

Una narrazione senza soluzione di continuità, ispirata a temi di arcaica bellezza, studiata attraverso percorsi ricchi di arte per stupire e deliziare i visitatori, il cui sguardo può spaziare dai Monti Sabini ai Colli Albani, seguendo i due assi prospettici in cui è suddiviso il parco, dal bosco di alberi ad alto fusto e antichi pini, e otto viali di lecci che conducono all’ampio e geometrico giardino all'italiana. Ma non mancano gli alberi di bosso, i cipressi e i glicini rampicanti. 

L’iscrizione a lettere in bronzo sulla facciata ne ricorda i fautori:
«ALEXANDER ALBANI VIR EMINENTISSIMUS INSTRUXIT ET ORNAVIT / 
ALEXANDER TORLONIA VIR PRINCEPS IN MELIUS RESTITUIT» 
(L'eminentissimo Alessandro Albani costruì e adornò / 
il Principe Alessandro Torlonia restaurò ed abbellì).



IL II MECENATE

La Villa, posta fuori le mura vicino a Porta Salaria, fu realizzata tra il 1747 e il 1763 su disegno dell'architetto Carlo Marchionni, quando l'ampia distesa di verde, già proprietà Accoramboni, Ercolani e Orsi, venne acquistata dal cardinale Albani. Concepita come ammirevole edificio di rappresentanza, la Villa fu teatro di erudite discussioni, concerti, danze e commedie mascherate organizzate per dilettare la cerchia di amici antiquari che l'Albani radunava intorno a sé.

Il complesso comprendeva la villa, terrazze e scalinate, e sul lato opposto un emiciclo con la Caffeehaus, il piccolo edificio settecentesco, usato per prendere il caffè e la cioccolata in tazza, un giardino all'italiana, fontane, alcuni edifici minori e un tempietto, adibito a voliera, ma pure obelischi e cippi romani, urne ed erme, colonne e colossali tazze di porfido in marmo colorato. Tra i vari edifici della Villa colpivano inoltre il Tempio di Diana, il Tempio delle Cariatidi, il Canopo, il Tempietto diruto e la camera del Biliardo. 

In questo enorme e variegatissimo giardino della villa furono collocati ad arte i pezzi della prestigiosa collezione di antichità del cardinale, ognuno in un suo ambiente che gli si confaceva, cole piante adatte, nell'angolo adatto. Il posto adatto per ciascuno dei suoi millecinquecento pezzi della sua superba collezione.

S. ELENA LA MADRE DI COSTANTINO

IL GRAND TOUR

La villa testimonia insomma una delle più alte espressioni del particolare gusto antiquario emerso a metà del Settecento, nel passaggio tra Rococò e Neoclassicismo, quando Roma era diventata meta privilegiata del Grand Tour il lungo viaggio nell'Europa continentale intrapreso dai ricchi dell'aristocrazia europea a partire dal XVIII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere con partenza e arrivo in una medesima città.

L'Italia con la sua eredità della Roma antica, con i suoi monumenti, divenne uno dei posti più popolari da visitare. Oltre alla conoscenza del mondo antico, gli inglesi vennero così a contatto con le opere di Palladio a Venezia e nel Veneto e con il Neoclassicismo a Napoli. Durante il viaggio i giovani potevano acquistare, secondo le loro possibilità e i mezzi, numerose opere d'arte e cimeli, e visitare le rovine di Roma, ma anche di Pompei ed Ercolano che erano state riscoperte recentemente (a partire dal 1748)

Nel 1761, nel salone del Casino, il pittore neoclassico Anton Raphael Mengs dipinse l'affresco del Parnaso, forse il più importante manifesto pittorico dello stile neoclassico. Nella sala successiva, detta di Antinoo, si trova il celebre rilievo di Antinoo, proveniente da Villa Adriana. La Pinacoteca ospita opere di Niccolò da Foligno, Perugino, Gherardo delle Notti, van Dyck, Tintoretto, Ribera, Guercino, Giulio Romano, Borgognone, Luca Giordano, David e Vanvitelli.

TEMPIETTO DI ARTEMIDE - DIANA

Alessandro Albani (1692 - 1779) al pari dei fratelli Annibale e Carlo uomo sagace e intelligente, era considerato come il maggiore “antiquario” europeo della sua epoca. Un suo stretto collaboratore fu lo scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi, chiamato a completare le lacune di rilievi, statue, superfici lapidee ed epigrafi, per ricomporre e reinterpretare frammenti eterogenei ridando vita alle sculture classiche.

Alla morte del cardinale Albani, la situazione economica degli eredi è assolutamente compromessa. Abbé Richard, nella sua Description Historique et Critique de l’Italie, del 1766: « La Villa Albani è l’ultima a essere stata edificata fra tutte le ville intorno alla città, con un gusto e una magnificenza che la rende superiore alle altre, giacché le bellezze contemporanee sono unite con i tesori dell’antichità… In questa dimora tutto è squisito e impeccabile. È ben noto lo spirito vivace del porporato e la sua cortesia. Si è degnato di sottolineare lui stesso la bellezza di alcuni pezzi non con la prevenzione del proprietario ma con la saggezza del conoscitore che non ammetterebbe mai nelle sue raccolte una cosa non degna della preziosità dell’insieme ». 

Il bosco di alberi ad alto fusto e pini domestici, oggi tra i più antichi di Roma, accoglie gli ospiti che scendono lungo i viali di lecci e la siepe di bosso sottostante scandita da erme; verso il Piazzale della Stella, allora dominato da un obelisco egizio quale primo omaggio alla più antica delle civiltà, fino all’ampio e ordinato parterre. 

Sistemato in aiuole per linee parallele riunite al centro dalla Fontana dei Facchini, una grande vasca sostenuta da quattro atlanti (oggi esposti al Louvre), il disegno di bossi punteggiato di rose, sale verso le spianate laterali, un tempo vigna ornata da fontane barocche da un lato e dal giardino degli aromi dall’altro, con gli agrumi in vaso ed il frutteto oggi ricordati dai grandi cedri e dalle magnolie, piantati dall’arco trionfale della fontana della camera del Bigliardo fino al Tempietto diruto 
“…finta rovina realizzata con l’assemblaggio di frammenti antichi, divertissement che diverrà un arredo modello per le altre grandi ville romane sistemate in epoca neoclassica…” (Alberta Campitelli)

SALA DEI CANOPI

Il giardino come luogo del rimpatrio dello spirito dal secolare” (R. Assunto) è un succedersi di diverse ‘idee di giardino’ e quindi pittorici paesaggi che dalla grande scalea conducono al Casino Nobile, fucina culturale più che abitazione, creato secondo un preciso disegno unitario e con lo spirito enciclopedico di voler mostrare tutta l’arte conosciuta all’epoca. Un sogno condiviso con i migliori intellettuali dell’epoca che si riunivano nel “Cenacolo di Villa Albani”, dando vita a quel gusto antiquario promotore del movimento europeo del Neoclassicismo.

La raccolta è tuttora pressoché integra. Dei millecinquecento pezzi che ne formavano il corpus, cinquecento furono selezionati per essere inviati a Napoli, durante il dominio napoleonico. Alla fine però ne furono asportati solo centocinquanta. Con i trattati della Restaurazione, l’Antinoo adrianeo, incastonato come un’icona tra volute e timpani sopra un camino rocaille della sala omonima, fece ritorno qui. 

Tra le opere più importanti della Collezione: 
- la fanciulla di Vulci, 
- il cosiddetto vecchio da Otricoli, 
- l'Hestia Giustiniani, la Pallade di Porto, 
- la colossale Testa di Apollo di Kanachos, 
- due esemplari dell'Eirene di Cefisodoto padre di Prassitele, 
- l'Afrodite Anadiomene, 
- l'Atleta di Mirone, 
- il Diadumeno di Policleto, 
- il ritratto noto come Eutidemo di Battriana, 
- il rilievo di Portus con gli edifici, le navi,  e le divinità protettrici e della vita commerciale dell'antico porto di Roma, 
- il cratere con simposio bacchico detto Tazza Cesi, 
-  pregevolissimi sarcofagi, come quello delle fatiche di Ercole 
- e quello singolare di un'accolta di dotti a grandi figure, 
- la splendida serie di un centinaio di ritratti, in maggior parte imperiali.

HESTIA GIUSTINIANI

Altre opere, a causa della scarsità di fondi, furono vendute all’estero, in particolare all’Elettore di Baviera, per finanziare il trasporto in patria di quanto era stato razziato. 

A parte qualche mancanza, come per esempio i facchini che sorreggevano la fontana centrale del parterre, che ora fanno bella mostra di sé al Louvre, e alcune opere, specie nel Kaffeehaus, la collezione riesce ad annullare ogni cesura del tempo. 

Appare ancora come la si poteva vedere nel Settecento, disposta nella sua precisa collocazione e secondo i canoni estetici originari.

Nel 1761 Anton Raphael Mengs, il pittore filosofo che con Winckelmann elabora i fondamenti teorici del Neoclassicismo, nella Galleria affacciata sul giardino dipinge l’affresco del Parnaso, manifesto pittorico del nascente gusto neoclassico. 

Un programma iconografico dagli intenti dichiarati, probabilmente dettato dallo stesso Johann Joachim Winckelmann. Dipinti rinascimentali e barocchi fanno da contraltare al marmo candido delle sculture.

AUGUSTO IN SEGGIO

Un vero gioiello è il “Gabinetto delle lacche cinesi”, la stanza da letto del cardinale Albani. Pannelli in vernis Martin su fondo scuro dai toni ambrati e morbidi d’oro vecchio, pro­dotti in botteghe romane, sono inseriti sulle pareti e a soffitto en­tro un apparato di stucchi dai colori delicati, modellati su reperto­ri tessili Régence della Manifattura di Beauvais. 

Sfilano lucerne in bronzo di ispirazione archeologica e  la narrativa allegorica e croma­tica dei pavimenti a mosaico marmoreo. Le partiture murarie sottolineate dal bronzo dorato, sontuose ordiscono scagliola e marmi rari, alabastri e micro-mosaici, talvolta di recupero archeologico, serpentino, basalto e onice, cotognino, basanite, porfido e brecce. 

La Fondazione Torlonia nasce per volere del principe Alessandro Torlonia, con lo scopo di preservare la Collezione Torlonia, la più importante collezione privata di sculture greco-romane al mondo e Villa Albani Torlonia, tra le più alte espressioni di gusto settecentesco: "patrimonio culturale della Famiglia per l'Umanità" da tramandare alle generazioni future. 
(fondazionetorlonia.org)

FONTANA DI NETTUNO

CAVE DI VILLA ALBANI

Il 2 Marzo 1987, a seguito dell’apertura di una voragine causata dalle incessanti piogge di quei giorni, gli abitanti di via di Villa Albani, vedono improvvisamente aprirsi sotto i loro piedi una inaspettata porta sul passato. L’esplorazione dell’ipogeo, ridimensiona l’entità del ritrovamento, facendolo classificare come una cava di pozzolana di tipo estrattivo ‘per camere e pilastri’.

La particolare robustezza delle opere dell’antica Roma è dovuta soprattutto ad un materiale che permette di ottenere una malta con ottime proprietà coesive, la pozzolana, di cui, insieme al tufo il sottosuolo romano è ricchissimo. La crescente urbanizzazione del territorio quindi, vide sempre più favorire l’attività estrattiva e di conseguenza si venne a creare, nel sottosuolo romano, un complesso reticolo di cunicoli e gallerie che ancora oggi, anche se per lo più sconosciute, si estendono sotto buona parte dell’Urbe.

Questo declassamento tuttavia, non intaccò assolutamente il fascino e la suggestione che l’ambiente emanava, era infatti possibile notare che ad ogni crocicchio, erano presenti i resti di quelli che in passato erano stati i pasti dei cavatori. Inoltre in alcuni casi, sotto cumuli di massi, risaltavano piatti e lucerne ormai in frammenti. 

Nelle gallerie ormai in disuso, numerosi erano i riempitivi costituiti da calcinacci dell’epoca: cocci di anfora, pezzi di mosaici con raffigurazioni di animali, graziosi ricami in rosa ed azzurro pastello, tasselli dorati e severi tratti di geometrica pavimentazione in bianconero. 

CAFFEEHAUS

Doveva essere comunque molto, il tempo trascorso dagli antichi cavatori nelle viscere della terra, vennero infatti ritrovate diverse pedine da gioco, un dado da gioco perfettamente identico come fattura a quelli moderni, anche se intarsiato in avorio bianchissimo, moltissimi spilloni in osso, ed una moneta di Settimio Severo, che ha permesso di datare il fulcro dell’attività estrattiva al 200 d.c.

Sulla facciata principale della moneta infatti, è presente la testa dell’imperatore Settimio Severo (145-211) con la scritta L(ucius) SEPT(imius) SEV(erus) PERT(inax) AUG(ustus) IMP(erium) VIII. Sul retro della moneta invece, è raffigurato l’imperatore in divisa ed a cavallo, con la mano destra alzata in segno di saluto. Compare inoltre la scritta ADVENTUI AUG(usti) FELICISSIMO. Considerando la scritta IMP(erium) VIII, l’emissione della moneta si localizza nel 196-197. Si tratta di un’emissione di tipo propagandistico, che commemora un ‘Arrivo Trionfale’ dell’imperatore (ADVENTUI).

Tra gli altri reperti ritrovati spicca un sandalo medioevale, che testimonia come questo luogo sia stato continuamente frequentato nel tempo. Purtroppo però questi pochi resti sono destinati a rimanere come l’unica testimonianza di questa antica cava, venne infatti data priorità a problemi di ordine statico-geologico a salvaguardia delle costruzioni presenti in zona e, forse con troppa superficialità, venne fatto pompare del cemento in enorme quantità all’interno della cava, seppellendo per sempre le testimonianze di un antico passato che un triste giorno di marzo aveva osato disturbare il traffico locale, e con esso la frenetica quotidianità della vita cittadina.

(Fonte: Da Roma sotterranea, Marco Placidi)


BIBLIO

- Antonio Nibby - Villa Albani - Itinerario di Roma e delle sue vicinanze - Roma - 1844 -
- Stefano Morcelli, Carlo Fea, Ennio Quirino Visconti - La Villa Albani descritta - Roma - 1869 -
- S. Settis, C. Gasparri - I marmi Torlonia. Collezionare capolavori - Roma - Mondadori Electa - 2021 -
- P. E. Visconti - Catalogo del Museo Torlonia di sculture antiche -Roma, Tipografia Tiberina - 1881 -
- M. Listri, R. Gnoli, C. Gasparri - Villa Albani Torlonia - Alle origini del Neoclassicismo - Mondadori Electa - 2021 -



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