DEA DIA - ARVALI (17 Maggio)



LA DEA
«Romolo per primo istituì i sacerdoti Arvali e chiamò se stesso dodicesimo fratello tra quelli generati da Acca Larenzia, sua nutrice...»
(Plinio il Vecchio)



FRATRES ARVALES

La Dea Dia era un'antichissima divinità protettrice della fertilità della terra. Venne identificata con la Madre Terra ed ebbe un tempio a lei dedicato prima sul Palatino, poi al V miglio della Via Portuense, in un tempio di cui restano solo pochi ruderi.

I sacerdoti addetti al suo culto erano i Fratres Arvali, i Fratelli Arvali, un'antichissima confraternita sacerdotale romana, restaurata da Augusto, composta di 12 membri scelti tra la classe senatoria per lo più per cooptatio, cioè scelto dall'organo collegiale senza elezioni. La cooptatio era caratteristica dell'ordinamento giuridico aristocratico, diffusissimo nel diritto romano arcaico. A capo dei Frates c'era un magister assistito da un flamen.

La cosa particolare è che gli Arvali, che essendo sacerdoti ufficiali venivano stipendiati dallo stato, ricevevano anzitutto un vitalizio, per cui erano pagati anche se non erano in grado di officiare per la vecchiaia, che non perdevano neppure in caso di esilio, nè a causa di una qualsiasi condanna, e neppure se cadeva prigioniero di un nemico.



IL BOSCO SACRO

A sud di Roma, al V miglio, all'incrocio tra Via Portuensis e Via Campania, c'era un boschetto sacro dedicato alla Dea, chiamato "Lucus Deae Diae", nel cui ambito era stato eretto un grande tempio di pianta circolare, sopraelevato su alto podio.

IL BOSCO SACRO
In questo luogo i fratelli Arvali si incontrano e registrano i loro nomi e tutto ciò che riguarda il culto, che non è segreto e che quindi può essere pubblicato, sulle tavole di marmo apposte all'esterno del Tempio.

Il Lucus era compreso in una più ampia distesa boschiva, la Silva Moesia, un tempo sotto il dominio degli Etruschi di Vejo.
Macrobio identifica il Pastore Faustolo, marito di Acca Larentia nutrice di Romolo, con il personaggio etrusco di Tarunzio, leggendario possessore di quelle terre (Saturnalia, I-10).
Tito Livio invece riporta l’incontro etrusco-romano al tempo di Anco Marzio, quando gli Etruschi dovettero abbandonare la Selva ai Romani (“Silva Moesia Vejentibus adempta”, Historiae, I-33).

Il Bosco sacro si sviluppava in pendìo (clivus), dall’ansa fluviale della Magliana Vecchia risalendo la collina di Monte delle Piche. La parte rivierasca, chiamata Antelucum, ospitava gli edifici sacri minori e di servizio (CaesareumTetrastylumBalneumPapiliones e il Circo).

Il complesso ebbe diverse fasi costruttive, tra le quali un’importante sistemazione è stata datata ad epoca flavia (metà del I sec. d.c.) seguita da un’integrale ristrutturazione effettuata sotto Alessandro Severo (222-235 d.c.).



AEDES DEA DIAE

La parte centrale, intersecata dalla Via Campana, ospitava il grandioso Tempio rotondo di Dia (Aedes Deae Diae) e quello più antico di Fors-Fortuna.

AEDES DEA DIAE - RICOSTRUZIONE DI R. LANCIANI
Il Tempio di Dia (o degli Arvali), o quel che ne resta, è un santuario di epoca augustea, sito nella via Tempio degli Arvali, presso il ristorante La Tavernaccia, alla Magliana vecchia.

Infine, vi era una parte in pendenza, che si arrampicava con un’organizzazione a terrazze, fino alla sommità della collina, dove si trovava l’Ara sacra dei Lari. La sua conformazione è nota attraverso gli Acta Fratrum Arvalium, di epoca imperiale.

Oggi la proprietà del terreno che ospita il sito, pur essendo di interesse archeologico, ed essendo stata studiata dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, non è stata mai espropriata ed è rimasta privata, per cui non è visitabile e non è visibile nemmeno dalla strada, visto che è al di sotto del piano stradale. Quand'è che lo stato si occuperà di salvare un sito così storicamente importante?

- Il CESAREUM era un complesso del III - II sec. d.c., dedicato agli imperatori defunti e divinizzati, ove s'immolavano vittime in loro onore. Vi si riunivano a banchetto gli Arvali nel secondo giorno delle feste ambarvali. Nel Cesareum dovevano essere esposte le statue degli imperatori di cui furono infatti rinvenute nel XVI secolo alcuni piedistalli con relative iscrizioni.

- Il TETRASTYLUM, effigiato nella monetazione di Tiberio, era uno dei templi minori del Lucus deæ Diæ, nominati negli atti degli Arvali. Lo studioso Peruzzi ne rimanda la fondazione a Romolo (“hoc sacellum ordinatum fuit a Romolo”).
Il tempio aveva quattro colonne senza muri poste agli angoli di un basamento quadrato, a sostegno delle travi angolari e del tetto (“Tetrastyla sunt, quae subiectis sub trabibus angularibus columnis et utilitatem trabibus et firmitatem praestant”. Vitruvio, De architectura VI, 3.3).
All’interno dovevano trovarsi un idolo e i “triclinia” per i confratelli arvali. Peruzzi ipotizza fosse dedicato ai riti tradizionali della benedizione del grano e del suolo (“ad benedicendum granum et agrum”) e riferisce di un basamento rettangolare, tra il Tempio di Dia e le Terme, ritenendola una riedificazione del Tetrastylon in epoca antoniniana (“sic restauratum ab Antonino”), ma potrebbe appartenere al Cæsareum.

- Il BALNEUM era l’edificio termale, sopra il quale insiste in parte l’attuale Casale Agolini, rimesso alla luce negli scavi dei francesi nell'estensione della sua planimetria, con il vestibolo, le sale riscaldate, le latrine e il frigidarium che conservava ancora i resti della decorazione a mosaico policromo di una delle vasche.
Il complesso era già in stato di abbandono nel IV secolo, tanto che in uno degli ambienti del balneum nel V secolo si impiantò una fornace di laterizi mentre il resto delle strutture venne distrutto. Molti dei materiali andarono dispersi, fra i quali alcuni frammenti di iscrizioni degli acta riutilizzati a chiusura di alcuni loculi nelle vicine catacombe di Generosa, o ancora le numerose antefisse in marmo probabilmente pertinenti alla decorazione del tempio.

- I PAPILIONES ricordavano le tende in cui si accampavano gli Arvales con i loro assistenti e sicuramente con le autorità cittadine. Probabilmente un tempo erano reali tende militari poi sostituite da vani dietro il lato curvo del portico monumentale utilizzati dai membri del collegio come luogo di soggiorno provvisorio.

- Il CIRCUS era un piccolo circo per il rito, gli spettacoli e la corsa dei cavalli. Ancora dubbia la sua ubicazione, pur ricordato negli acta, probabilmente da collocare nella zona ad occidente del santuario.

Comunque i Fratelli Arvali officiavano certi riti nella casa del magister, e pure nel Tempio di Giove Capitolino.

LUCIO VERO SACERDOTE ARVALE
Per la festa del 17 Maggio i Frates Arvales si recavano nel sacro boschetto a sud di Roma, per eseguire i riti pubblici della festa. Li seguivano i rappresentanti dell'amministrazione e il popolo che giungeva a piedi o in carrozza.

Al mattino i sacerdoti sacrificavano due maialini e una mucca con la pelle bianca. La carne dei sacrifici veniva distribuita agli astanti, con il brindisi e l'augurio di propiziare i raccolti; col sangue delle vittime si facevano invece delle salsicce che sarebbero state consumate l'anno successivo, mentre nel banchetto rituale si consumavano quelle dell'anno precedente.

Più tardi, coperti da un velo, gli Arvales sacrificavano pubblicamente una pecora nel boschetto, si crede per propiziare la pastorizia, in epoca arcaica basata sulle pecore. Anche questo cibo veniva distribuito tra il pubblico.

Successivamente i sacerdoti si recavano nel tempio dove erano stati preparati molti vasi e pentole di fango crudo cotto al sole, evidentemente a ricordare il vasellame dell'epoca più arcaica, pieni di spighe, prodotti vegetali e vino. I sacerdoti pronunciano una preghiera e quindi gettano il vasellame giù dalla scalinata del tempio, distruggendoli insieme ai loro contenuti.

Ciò fa pensare a riti arcaicissimi che non contemplavano il sacrificio degli animali ma solo l'offerta delle primizie con la creazione dei recipienti che venivano anch'essi sacrificati. Usanza che troviamo anche nelle patere degli etruschi spesso spezzate nelle tombe.

Nel pomeriggio gli Arvales si recavano nel Cesareum, all'interno del tempo, dove il pubblico non poteva entrare nè vedere perchè le porte del tempio venivano chiuse, e dove consumano un pane comune chiamato pane laureato, fatto con lauro, evidentemente connesso agli imperatori divinizzati. Quindi cantavano una litania, il canto dei defunti, ma diretta agli Dei, che ai tempi dell'impero era diventata quasi intelligibile, era il Carmen Arvale.

Sono stati rinvenuti vari frammenti degli "Acta Arvalium", nei quali venivano annotati e registrati i principali eventi dell'Urbe. Tra i riti è pervenuta anche la formula della cerimonia, incisa su marmo, degli Arvali, negli Acta epigrafici dell’anno 218 d.c., curati annualmente dalla confraternita, la cui arcaicità linguistica rimanda ai primordi della religione romana:

«enos Lases iuvate - (Lari aiutateci)
enos Lases iuvate - (Lari aiutateci)
enos Lases iuvate - (Lari aiutateci)

neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris - (non permettere, Marte, che la rovina cada su molti)
neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris - (non permettere, Marte, che la rovina cada su molti)
neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris - (non permettere, Marte, che la rovina cada su molti)

satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber - (Sii sazio, feroce Marte. Balza oltre la soglia. Rimani lì)
satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber - (Sii sazio, feroce Marte. Balza oltre la soglia. Rimani lì)
satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber - (Sii sazio, feroce Marte. Balza oltre la soglia. Rimani lì) 

semunis alterni advocapit conctos - Invocate a turno tutti gli Dei delle sementi.
semunis alterni advocapit conctos - Invocate a turno tutti gli Dei delle sementi.
semunis alterni advocapit conctos - Invocate a turno tutti gli Dei delle sementi. 

enos Marmor iuvato - (Aiutaci Marte)
enos Marmor iuvato - (Aiutaci Marte)
enos Marmor iuvato - (Aiutaci Marte) 

triumpe triumpe triumpe triumpe triumpe.- (Trionfo, trionfo, trionfo, trionfo, trionfo)»

FASTI E DECRETI DEI FRATELLI ARVALI
Noi interpretiamo questo come un'invocazione all'antico Marmar, il Dio Lupo figlio della Dea Lupa, cioè la cupidigia che distrugge le sementi messe da parte per la semina futura. Per questo gli si intima di non varcare il confine del tempio, affinchè le semenze non vengano toccate, nè dai topi, nè dagli uomini, nè dalle malattie. Infatti vengono poi invocati gli Dei delle sementi, i Semoni, affinchè aiutino a preservare i semi conservati nelle olle.

Subito dopo i sacerdoti Arvali uscivano dal tempio eseguendo dinanzi al pubblico una danza arcaica e primitiva al ritmo ternario, chiamato "tripudium", si suppone fosse il dolore per gli imperatori defunti e il successivi tripudio per la loro divinazione.

Finita la danza, sia gli Arvales che il pubblico si recavano al circo dove si svolgeva uno spettacolo di acrobati e funamboli, ma pure cavalli con i desultores, degli auriga che cavalcavano due cavalli alla volta, senza sella e volteggiando tra entrambi. Seguivano poi le corse vere e proprie di cavalli che mandavano in visibilio gli spettatori. Di solito gli Arvali distribuivano tra gli assistenti del pubblico cibo, fiori e persino denaro.

A questa festa seguiranno poi le Ambavaralia, del 29, 30 e 31 Maggio e la festa del 17 Dicembre.
Il magister presiede a tutti i riti e giochi di queste feste. Il 17 Maggio inoltre, il resto dei fratelli sceglie chi sarà il nuovo magister, che viene eletto ogni anno, e che prenderà possesso della sua posizione il 17 dicembre - il giorno in cui si celebra un altro rito in onore della Dea Dia.
Il culto della Dea rimase fino al III - IV sec. d.c.


BIBLIO

- Vittorio Dini - Il potere delle antiche madri - Firenze - Pontecorboli - 1995 -
- Marija Gimbutas - Le dee viventi - Milano - Medusa - 2005 -
- Marija Gimbutas - Il linguaggio della dea - Roma - Venexia - 2008 -
- Marija Gimbutas - Le dee e gli dei dell'antica Europa. Miti e immagini del culto - Viterbo - Stampa Alternativa - 2016 -



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