HORTI DI MECENATE - HORTI MAECENATIS



L'INTERNO

Mecenate non fu il primo ideatore degli Horti, perchè già c'erano quelli di Lucullo e Sallustio, ma fu il primo a stabilirsi sull'Esquilino, e Orazio lodò i suoi horti per la purezza della loro aria, la bella vista che si godeva sulla Sabina ed i colli Albani e le loro lunghe passeggiate sulle mura serviane.
Proprio a Orazio dobbiamo la descrizione del colle Esquilino prima della bonifica fatta da Mecenate; una zona destinata a sepolture trasformata da Mecenate in una splendida villa con immensi giardini tra il 42 e il 35 a.c..

"Gli orti di Mecenate chiamati i nuovi orti stavano prima ove portàvansi i cadaveri e occupavano una parte almeno del Campo, dunque debbono porsi fuori e non dentro mura di Servio come quasi tutti gli Antiquari hanno fatto. 

E a maggior prova di ciò si legge in Acrone scoliaste di Orazio a questo passo 'Antea sepulcra erant in loco quo sunt horti Maecenatis ubi sunt modo Thermae' e queste Terme delle quali parla Acrone non vanno confuse con quelle di Tito e di Trajano come molti credono poichè sono troppo lungi Campo Esquilino."

(Antonio Nibby - Le Mura di Roma - 1821)

Sembra anzi che la villa di Orazio fosse dentro gli stessi Horti di Mecenate, per grazioso dono del terreno o della costruzione, vista la solida amicizia tra i due e la grande generosità di Mecenate.

Discendente da una raffinata famiglia etrusca, Mecenate, forte di una notevole cultura ma anche generoso e di molto buon senso, fece parte del ceto borghese dei cavalieri.

Fu amico e consigliere di Ottaviano (che divenne l'imperatore Augusto), e fu da lui incaricato di amministrare Roma mentre egli combatteva contro Sesto Pompeo.

Dopo la fine della guerra civile e la vittoria di Ottaviano, si ritirò a vita privata, pur rimanendo un influente consigliere durante il regno di Augusto, usando le sue enormi ricchezze per creare un cenacolo artistico di poeti e scrittori di primo rango, fra i quali Virgilio, Orazio e Properzio, che protesse e finanziò.

INTERNO
A volte la protezione poteva provenire da un sentimento, visto che come il grande Virgilio, era omosessuale.

Questo cenacolo aveva un doppio scopo: incoraggiare le arti (Mecenate stesso era poeta e raffinato conoscitore d'arte) e fare propaganda politica in favore di Augusto.

Ancora oggi si definisce come "mecenate" un intelligente e raffinato protettore e finanziatore delle arti e degli artisti.

Il ricchissimo e raffinatissimo Gaio Cilnio Mecenate, celebre protettore di artisti e poeti dell’età di Augusto, nonchè amico e consigliere dell'imperatore, effettuò una radicale risistemazione del colle Esquilino, corrispondente alla porzione del colle ad est dell’attuale via Merulana, trasformandolo in un grande e notevolissimo parco.

In esso, fra le tante costruzioni, vi era anche un altissima torre, che, si diceva, toccasse quasi il cielo.

SEZIONE DI COME DOVEVA APPARIRE
Secondo Svetonio, era questa la torre dall'alto della quale Nerone, assistendo all'incendio di Roma, aveva cantato la caduta di Troia.

La necropoli venne in parte eliminata interrandone una parte, trasformando così l'Esquilino in un pianeggiante altopiano.

Tutta quest'area lussureggiante di verde aveva la ricchezza degli acquedotti (Marcio, Claudio, Anio Vetus e Anio Novus) che entravano a Roma passando per l'Esquilino, e con la cui acqua si poteva innaffiare i giardini e in più adornare la residenza di fontane con giochi d'acqua.

IN ROSSO LA POSIZIONE DEGLI HORTI MECENATIS
(INGRANDIBILE)
Gli horti di Mecenate costituirono probabilmente un ampliamento di un suo più antico possesso più a sud, dove più tardi furono costruite le terme di Traiano. I confini dovevano quindi trovarsi tra le successive Terme, la Porticus Liviae e il clivus Suburanus, mentre non si sa fino a che punto essi si estendessero a est delle Mura Serviane.

Negli Horti, lasciati alla sua morte da Mecenate in eredità ad Augusto, si andò a ritirare Tiberio al ritorno dal suo esilio di Rodi. Nerone, poi, quando creò la sua Domus Transitoria, fece di essi il fulcro del suo progetto e li incorporò in essa.

Filone di Alessandria, venuto a Roma nel 38 d.c., a capo di un'ambasceria ebraica presso Caligola, ci ha lasciato una precisa descrizione dei giardini imperiali sul l'Esquilino: gli horti di Mecenate e quelli Lamiani erano limitrofi, vicini alla città, ed ambedue di proprietà dell'imperatore, provvisti di sale a due piani, finestre schermate con lastre di marmi preziosi e di ogni altro lusso.

Gli horti di Mecenate passarono poi in proprietà del retore Frontone alla metà del II sec.



LA SCOPERTA

ERMA FEMMINILE
La scoperta dell'Auditorium di Mecenate avvenne come al solito casualmente, nel 1874, nei lavori di apertura della nuova via Merulana e di Largo Leopardi.

L'aula absidata che fu allora riportata alla luce faceva parte di un complesso assai più ampio, disposto a cavallo delle Mura Serviane, che fu purtroppo immediatamente demolito, perchè gli architetti sabaudi che stavano costruendo per spostare la capitale a Roma, poco si intendevano di arte antica.

Oggi qualcosa di questi horti di Mecenate si è conservato, ma sicuramente molto giace ancora sottoterra.

A parte la grande piscina natatoria, dalla quale fu notato qualche resto, esiste ancora il cosiddetto auditorium, un interessantissimo ninfeo tutto affrescato e con una gradinata dotata di un impianto per irrigare sulla quale si sistemavano le piante in vaso.

Si tratta in realtà di un ninfeo - coenatio, cioè una sala da pranzo con le pareti ricoperte di affreschi (fregi floreali, paesaggi e giardini, uccelli) e una piccola cascata d'acqua corrente, per mangiare al fresco.


I reperti

La decorazione scultorea dei giardini, rinvenuta in pezzi riutilizzati all'interno di muri tardo-antichi, dà un'idea dei gusti raffinati del padrone di casa, con immagini di Muse ed erme con ritratti di illustri personaggi della cerchia letteraria, e la sua passione collezionistica, con stele funerarie greche e copie di altissima qualità di originali greci. 

Eccone alcuni:

- Erma femminile arcaistica in Marmo pentelico, 430 a.c. Città del Vaticano, Museo Gregoriano Profano.
Questa erma fa parte, insieme a un'altra a fianco, di una serie di quattro sculture pressoché identiche fra loro. La resa del panneggio e del volto testimonia la ripresa di motivi stilistici di gusto arcaico.

- Cinque rari rilievi funerari attici risalenti al V secolo a.c. vi sono stati rinvenuti, dal XVI secolo ad oggi.

Probabilmente queste opere, che già in epoca romana erano preziosi tesori d'antiquariato, servirono di ornamento a una parte del giardino che doveva rappresentare in piccolo il "Ceramico", lo stupendo cimitero monumentale che si estendeva alle porte di Atene. Tra queste la 'Stele funeraria "del Palestrita"'

- Il Calco in gesso alabastrino, 1930 Roma, Museo della Civiltà Romana, è una replica della fontana originale oggi al Museo dei Conservatori in Campidoglio, che riproduce un rhyton o corno potorio. Le eccezionali dimensioni e la qualità del modellato fanno di questa scultura, firmata dall'ateniese Pontios, uno dei capolavori delle botteghe neoattiche attive in età augustea.

- Statua di Marsia, dal mito di Marsia scuoiato da Apollo per aver osato sfidarlo nel suono della cetra, copia romana da originale greco del II sec. a.c. in marmo pavonazzetto, oggi al museo della Centrale Montemartini.

- Erma in marmo di Menandro, da originale greco del III se. a.c., oggi nel museo del Palazzo dei conservatori, rinvenuto nel 1874 accanto all'Auditorium di Mecenate

- Statua marmorea di Ercole combattente, da originale greco di fine IV sec. a.c. conservato nei Musei Capitolini.

- Bellissima Testa di amazzone, che conserva ancora tracce della pittura originale, in particolare sui capelli, da originale greco del V sec. a.c..

- Magnifica statua di cane in marmo verde (serpentina moschinata) dove ogni muscolo e ogni piega sono rappresentati con intenso realismo, contemporaneamente alla composta tensione dell'animale che sembra in attesa.

- Frammento di rilievo marmoreo con iniziazione dionisiaca, da originale ellenistico del II secolo a.c. di squisita fattura.

- Statua marmorea e acefala di Musa seduta, sembra di Calliope, da originale di età ellenistica dal pregiatissimo panneggio, l'altra sembra della musa Melpomene.

ERME ARCAISTICHE IN MARMO PENTELICO

DESCRIZIONE

L'auditorium è una lunga aula absidata di oltre 24 m, della quale si possono distinguere quattro parti: una sorta di vestibolo rettangolare a sud-est, di m 13,20 x 5,70; l'aula vera e propria, di m 10,50 x 13,20; l'esedra a gradini, con un raggio di m 5,30; e infine una doppia rampa di accesso, a sud-ovest, larga m 2,27.

Il complesso, che anche in origine era semisotterraneo, è costruito in reticolato di tufelli (cm 6,5).

Tre ingressi permettevano di accedere al vestibolo: quello a sud, ancora utilizzato, si apriva sulla rampa, mentre gli altri due (quello di fronte al primo, a est, e quello al centro della facciata, a sud-est, connesso con una scalinata), richiusi dopo lo scavo, mettevano l'aula in comunicazione con gli ambienti vicini.

La copertura doveva essere a volta, a giudicare almeno dal grande spessore dei muri di circa ben 2 m. Forse in essa erano ricavate alcune aperture, come sembrerebbe dimostrato da resti di vetri da finestra scoperti al momento dello scavo.

All'esterno dovevano emergere solo la volta e la sommità dei muri.

Nella sala rettangolare si aprono sei profonde nicchie per parte e tra di esse si notano alcuni restauri antichi in mattoni. La decorazione pittorica, assai ben conservata al momento della scoperta, è oggi in parte svanita.

Le pareti sono dipinte in rosso; sopra le nicchie corre un fregio a fondo nero, alto 27 cm, con figure di animali dipinte a colori più chiari.

L'interno delle nicchie era decorato con riproduzioni realistiche di giardini.

Nell'angolo ovest si riconoscono due pavimentazioni successive: una originaria, in fine mosaico bianco con due strisce rosse, e quella più tarda, in lastre di marmo giallo antico e bigio. A quest'ultimo si sovrappone un ampliamento in mattoni dell'esedra, che quindi è ancora successivo.

L'esedra è occupata da sette gradini molto stretti, il più basso dei quali ha inizio a m 1,10 dal pavimento.

Essa venne in seguito ampliata con un muro in mattoni largo 80 cm. I gradini erano coperti di lastre di cipollino, di cui restano tracce.

Al di sopra di essi si aprono cinque nicchie, meno profonde di quelle della navata, anch'esse decorate da pitture di giardino, sotto le quali corre un fregio a fondo nero con figure di animali e di cacce, a continuazione di quello della navata.

La parte alta della navata stessa e dell'esedra era decorata con ampie campiture e leggeri candelabri a eleganti volute vegetali.


La datazione

IL CANE
L'edificio risale alla fine della Repubblica, mentre la decorazione pittorica di III stile (simile a quella della Villa di Livia a Prima Porta) appartiene a una seconda fase, di età augustea. Il complesso faceva parte con certezza della villa di Mecenate sull'Esquilino.

Sappiamo da Orazio e dai suoi commentatori che per la costruzione di questa villa fu ricoperto il malsano cimitero dei poveri, che allora occupava questa zona dell'Esquilino, e venne parzialmente livellato l'Agger delle Mura Serviane.

Sulla facciata verso la via Leopardi sono infatti ancora incastrati alcuni blocchi di tufo di Grotta Oscura, che appartenevano alle mura repubblicane.

L'identificazione è confermata dalla scoperta, accanto all'edificio, di una fistula acquaria di piombo con il nome di Cornelio Frontone; infatti questo famoso maestro di retorica dell'età adrianea era poi venuto in possesso degli Horti Maecenatis, regalatigli dall'imperatore.

Alla sua morte, Mecenate aveva lasciato la sua villa ad Augusto. Certamente fu allora che vennero eseguiti gli affreschi di III stile, oppure quando Tiberio, di ritorno dal suo esilio di Rodi, nel 2 a.c., andò ad abitarvi.

La presenza di un'iscrizione con i primi due versi di un epigramma di Callimaco, in cui si accenna al convito, ha fatto pensare che si trattasse di una cenatio, sala da pranzo estiva.

Altri, essendo una zona semisotterranea e per il carattere della decorazione, si tratterebbero di un ninfeo.

Si è pensato anche che le gradinate servissero per sorreggere vasi da fiori. Il che non escluderebbe affatto un triclinio in zona semisotterranea per mangiare in un ambiente fresco nei periodi più afosi. .


BIBLIO

- Rodolfo Lanciani - Forma Urbis Romae - Milano - 1893-1901 -
- Danila Mancioli - Gli horti dell'antica Roma - a cura di Giuseppina Pisani Sartorio e Lorenzo Quilici - Roma Capitale - 1870-1911 - L'archeologia in Roma Capitale fra sterro e scavo - Venezia - Marsilio - 1983 -
- Maddalena Cima e Eugenio La Rocca (a cura di) - Le tranquille dimore degli dei - catalogo della mostra (Roma, maggio-settembre 1986) - Venezia -
- Eugenio La Rocca e Maddalena Cima - Horti Romani - Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma - Atti del convegno - Roma - 1995 -
- Eugenio La Rocca - Horti Romani - atti del convegno, Roma 1995 con Maddalena Cima - Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma - L'Erma di Bretschneider - Roma - 1998 -



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