BASILICA DI SAN PIETRO (COSTANTINIANA)





L'EPOCA

L'estensione della religione cristiana, voluta da Costantino I con l'editto di Milano del 313, portò alla costruzione di edifici sacri sia in Palestina che a Roma.

L'antica basilica di San Pietro in Vaticano, detta anche basilica di Costantino, era posta a Roma, nell'area ora occupata dalla nuova basilica vaticana. Il nome di "Basilica di S. Pietro Antica " viene usato fin dalla costruzione dell'odierna basilica per distinguere le due. In un lasso di tempo tra il 313 e il 319, vennero iniziate le costruzioni di: la Basilica Apostolorum, la Basilica di S. Lorenzo, la Basilica di San pietro (in Vaticano), la Basilica di S. Giovanni e la Basilica dei Santi Marcellino e Pietro.

L’inizio dei lavori di costruzione della Basilica di San Pietro è collocabile tra il 319 e il 324, probabilmente terminata prima della morte di Costantino.

PIANTA DEL CIRCO DI NERONE PRECEDENTE
La più antica basilica fu quella di San Giovanni in Laterano ma la più importante fu la basilica di San Pietro, costruita sulla presunta sepoltura dell'apostolo Pietro nella vasta necropoli vaticana, rimasta in uso dal II al IV sec., sorta ai margini del circo di Caligola (o di Nerone), e ai piedi del colle Vaticano.

La costruzione di S, Pietro fu ordinata dall'imperatore Costantino, e fu realizzata tra il 318 e il 322, e si impiegarono circa 30 anni per completarla. La sua struttura ci è nota da fonti iconografiche (disegni, affreschi), letterarie (come le descrizioni di Onofrio Panvinio, Tiberio Alfarano e Giacomo Grimaldi) nonchè da scavi archeologici.

Secondo il "Liber Pontificalis" la prima basilica venne edificata dall'Imperatore Costantino, nel luogo ove sorgeva la Tomba di San Pietro, martirizzato a Roma tra il 64 ed il 67 che oggi è sepolto nella Necropoli Vaticana. La cronologia esatta della costruzione della basilica comunque non è conosciuta, anche se il Liber Pontificalis la indica edificata da Costantino durante il pontificato di papa Silvestro I (314-335), ma forse anche dopo la morte del papa e dell'imperatore (337). I lavori si conclusero sostanzialmente entro il 333.


Per la sua costruzione, il cui scopo era la celebrazione del sepolcro di S.Pietro e per le funzioni liturgiche, fu purtroppo distrutta gran parte della necropoli vaticana che sorgeva lungo il pendio del colle, nonchè l'antica via Cornelia. La collina vaticana fu tagliata soprattutto nella zona nord, per livellare il terreno e creare il pianoro su cui fu edificata la Basilica Costantiniana. Il livellamento del terreno fu aiutato dalla costruzione di enormi fondazioni spesso sorrette da terrapieni.

ASSONOMETRIA DELLA BASILICA (INGRANDIBILE)
Viene tramandato che lo stesso Costantino abbia operato il primo scavo per le fondamenta, terra poi  riposta in 12 ceste, in onore dei 12 Apostoli.

Inoltre chiuse i resti dell'apostolo Pietro in un sarcofago di bronzo fissato a terra e disposto in una stanza sotterranea circondato da ceri perennemente accesi, con un ciborio e una lampada d'oro a forma di corona con archi che ricadevano su 4 colonne, con altre due che dovevano equilibrarne l'insieme.

Ci si chiede però quali resti ci fossero visto che S. Pietro era morto oltre due secoli prima.

Costantino dotò S. Pietro di ricchi appezzamenti di terre, tutte delle province orientali, quindi il suo dono non potè precedere la sconfitta di Licinio, il 18-20 settembre 324.
Certamente dopo il 324 ma anche prima del 329, Costantino donò alla Chiesa una croce d'oro pesante, con un iscrizione che riportava se stesso e sua madre Elena come benefattori della chiesa:

CONSTANTINUS AUGUSTUS ET HELENA AGUSTA HANC Domun REGALEM SIMILI FULGORE CORRUSCANS AULA CIRCUMDAT.

Per costruire l'imponente basilica, Costantino aveva fatto spianare quasi tutti i mausolei della necropoli, interrata con materiale di riporto e livellare l'intera zona creando un pianoro detto platea Sancti Petri. La distruzione di un'area cimiteriale, contraria alla religione nonchè alle leggi romane, non fu difficile per un imperatore che oramai riuniva in sè il potere religioso e quello politico.


1487. SACRA VIA — BASILICA NOVA. 11 Runseu, « Forum - p. 4. fissa a quest'anno il grande scavo dinnanzi l' ingresso laterale della basilica di Costantino, il quale condusse alla scoperta dei frammenti del colosso di Domiziano, e delle colonne di porfido che fiancheggiavano l' ingresso predetto, I marmi furono trasportati nel cortile de' Conservatori. Vedi Gregorovius, Storia, tomo VII, p. 665 : Michaelis, Storia Coli. Capitol. Roma, 1891, pp. 18-19: Fulvio, ed. 1527, fol. XXI: « extat in ipso atrio (palatii conservatorum) caput et pedes marmorei colossi et queda alia fragméta que
erat antea iuxta teplù pacis i via sacra » e Albertini, « Opusc. », f. 86.  

(Rodolfo Lanciani)


LA COSTRUZIONE

Costantino ebbe grandi difficoltà per costruire la basilica sul luogo della tomba di San Pietro, e questo influenzò la pianta dell'edificio. Per costruire l'imponente basilica (circa 110 x 65 m, 30 m di altezza), l'imperatore, coadiuvato probabilmente da papa Silvestro I, fece spianare quasi tutti i mausolei della necropoli demolendo le volte che fuoruscivano dalla quota prevista, inoltre fece interrare con materiale di riporto le camere funerarie e livellare l'intera zona creando una spianata.

Il livellamento della Collina Vaticana, avvenne sulla riva occidentale del fiume Tevere, al di fuori dei confini della città antica, così l'abside con l'altare erano situati nella zona ovest in modo che la facciata della basilica poteva fronteggiare il pellegrino o fedele partendo dal lato orientale di Roma. Dal momento che l'usanza era quella di offrire la Messa ad orientem (cioè rivolta verso oriente), questo significava che i papi, offrendo la Messa nella basilica, involontariamente dovevano fronteggiare la congregazione.

L'atto di spianare un'area cimiteriale ancora in uso, inaudito sotto il profilo sia religioso che giuridico, fu anche molto costosa, ma giustificata dalla grande importanza della sepoltura dell'apostolo, che mai tuttavia si è potuto dimostrare autentica. L'apostolo Pietro dovrebbe aver subito il martirio proprio nei vicini Horti neroniani.

La forma era quella tipica della basilica romana per uso civile, con piano ed elevazione simili a quelli delle basiliche romane e delle sale di udienza, come ad esempio la Basilica Ulpia nel Foro di Traiano e   l'Aula Palatina di Costantino a Treviri, piuttosto diversa dunque da un qualsiasi tempio greco-romano.

I dati che la tradizione cristiana ha espresso sulla tomba di Pietro presentano aspetti contrastanti:
  • secondo il presbitero Gaio, la sepoltura di Pietro era "alla via del Vaticano";
  • secondo altre testimonianze la tomba di Pietro era ad Catacumbas, cioè presso le attuali catacombe di san Sebastiano.
A favore della seconda ipotesi si può ascrivere:
  • la documentazione epigrafico-archeologica presso San Sebastiano;
  • la Depositio Martyrum, (martirologio romano del 354),
  • un epigramma di Papa Damaso.


LA DESCRIZIONE

La chiesa aveva cinque porte, di nome rispettivamente (da sinistra a destra): la Porta iudicii, Ravenniana, Argentea o Regia maior, Romana, e Guidonea. 

La prima è stata chiamata la "Porta giudizio", perché i funerali entravano o uscivano attraverso di essa. 

Il nome "Ravenniana" sembra aver avuto origine nella caserma di fanteria marina della flotta di Ravenna, oppure dal nome di "Civitas Ravenniana" dato a Trastevere nell'epoca della decadenza. 

Era riservato per l'uso degli uomini, come la quarta o Romana era per le donne, e la quinta, Guidonea, per i turisti ed i pellegrini. 

L'ingresso principale, chiamato "Regio", o "Porta d'Argento", veniva aperto solo nelle grandi occasioni. Il suo nome deriva dagli ornamenti d'argento apposti sul bronzo da Onorio I., (626-636 dc), in commemorazione della riunione della chiesa dell'Istria con la Sede di Roma. 

C'erano figure di S. Pietro sulla sinistra e S. Paolo a destra, circondati da pietre preziose. Essi furono preda dei Saraceni nel 845. 

Leone IV, fece restaurare la porta inserendovi degli anelli d'argento. Nell'anno 1437, Antonio di Michele da Viterbo, un fratello laico domenicano, ebbe la commissione da papa Eugenio IV, di creare nuove porte laterali in legno, mentre a Antonio Filarete e Simone Bardi venne chiesto di modellare in bronzo, quelle dell'ingresso centrale.



L'INTERNO

La basilica era preceduta da avancorpi monumentali; all’interno si accedeva da un piazzale con gradinata, era a cinque navate e misurava m 87 x 64. La navata centrale era più alta e larga, coperta da capriate. Le navate erano 5 e divise da 3 colonnati di 22 colonne ciascuna, coperte da architravi nella navata centrale e da archi in quelle laterali. Numerose finestre si aprivano nella parte più alta della navata maggiore.

La chiesa aveva un unica abside con un transetto stretto e sporgente, nel cui centro, collegato alle navate attraverso trifore separate da colonne, era localizzata la Tomba di Pietro con un'edicoletta pagana del II sec. riciclata, detta anche "trofeo", in pavonazzetto e porfido.

Sopra troneggiava un baldacchino, sorretto da quattro colonne tortili in marmo pario con decorazione di putti vendemmianti, evidentemente anche queste pagane e riciclate. Dette colonne vennero riutilizzate negli altari incassati nei piloni della basilica attuale.


L'abside era decorata da mosaici offerti da un figlio di Costantino, probabilmente Costanzo II, che rappresentavano Cristo tra san Pietro e san Paolo, e sporgeva dal pavimento della basilica, a soli 30 cm dal livello originario della necropoli.

Il pavimento della Basilica di Costantino era in lastre di marmo bordate da porfido e da serpentino. L'entrata e l'arco absidale erano decorati con affreschi, mentre nel catino dell'abside c'era un mosaico raffigurante "Costantino che mostrava a Cristo e Pietro il modello della Basilica".

La chiesa era in grado di ospitare da 3.000 a 4.000 fedeli alla volta. Era composta da cinque navate, una vasta navata centrale e due navate laterali più piccole per ogni lato, che erano ciascuna divisa da 21 colonne di marmo, provenienti da edifici pagani precedenti.

Misurava oltre 350 piedi (110 m) di lunghezza, costruita a forma di croce latina, e aveva un tetto a capanna che era in legno per l'interno e che si innalzava a più di 100 piedi (30 m) al centro. 


Un atrio, conosciuto come il Giardino del Paradiso, si apriva nell'ingresso attraverso cinque porte. Però fu un'aggiunta del VI sec. 

Della costruzione costantiniana rimangono i resti delle fondazioni delle navate, del transetto e dell’abside.

La struttura muraria era in opera laterizia e listata. Degli alzati rimangono scarsi resti del muro nord della navata centrale, dell’abside e del transetto.

Nel VI sec. il mausoleo divenne luogo per il servizio liturgico; il pavimento del presbiterio fu rialzato così da accedere al sepolcro attraverso due rampe di scale laterali che conducevano a un corridoio semicircolare.



L'ESTERNO

L'esterno aveva un atrio chiamato "Paradiso", ed era un cortile a forma di quadriportico con nel centro un ninfeo, con una fontana a forma di pigna di bronzo, oggi conservata nel cortile della Pigna dei Musei Vaticani. In questo cortile della Basilica vi era anche un mosaico raffigurante il "Cristo Salvatore", un frammento è conservato nel Museo di Roma.

La luce filtrava attraverso le numerose finestre che si aprivano nella parte elevata della navata maggiore, o cleristorio. La copertura era in capriate lignee. La facciata aveva degli spioventi digradanti, ma a differenza di San Giovanni in Laterano non vi era uno spiovente per navata, ma le navate minori erano coperte da un'unica travatura digradante.

La facciata presentava finestroni ad arco su due ordini, con un piccolo rosone, e la parte corrispondente alla navata centrale era decorata con mosaici del V sec. che nella parte più alta erano leggermente incurvati verso il basso per una migliore visione.

Era preceduta da un quadriportico con giardino e fontana al centro per le abluzioni.

La facciata aveva spioventi digradanti unici, che coprivano tutte le navate. Il suo transetto (trans saepta, oltre i cancelli) fu il primo concepito come navata trasversale indipendente, alto come la navata centrale e dotato di una propria copertura.

Sul transetto si apriva l'abside e in fondo ai bracci si trovavano due nicchie rettangolari che sporgevano esternamente oltre il profilo delle navate. In corrispondenza della navata centrale si apriva sul transetto l'arcone, o arco di trionfo, tipico della basiliche paleocristiane.

CORTILE
Le navate minori terminavano invece con trifore colonnate, simili a quelle che sia aprivano nelle nicchie laterali del transetto.

Sulla Basilica di Costantino fu poi inserito una specie di campanile, una torre con in cima una palla di bronzo dorato ed un gallo di bronzo, che si conservano nella sala del Tesoro.

Sul pavimento c'era la "rota porphyretica" che oggi si trova nella navata mediana della nuova basilica, su cui si inginocchiava l'imperatore per essere incoronato dal Papa.

Il monumento più importante dell'atrio, dopo la fontana, era la tomba dell'imperatore Ottone II. († 983), o quello che si credeva essere la sua tomba, che alcuni scrittori contemporanei attribuiscono a Cencio, prefetto di Roma, morto nel 1077. Il corpo giaceva in un sarcofago di marmo, adornato da lastre di serpentino, il tutto sormontato da una copertura in porfido che si suppone provenisse dal Mausoleo di Adriano. 

L'immagine a mosaico rappresentava il Salvatore tra SS. Pietro e Paolo. Questo monumento storico è stato demolito da Carlo Maderno, nella notte del 20 ottobre 1610. La tomba fu rimossa per il Quirinale e si trasformò in una fontana che Grimaldi vide nei pressi del cancello d'ingresso dal lato di Via dei Maroniti. I pannelli in serpentino sono stati utilizzati nel nuovo edificio, l'immagine del Salvatore è stata rimossa, la copertina in porfido è stata capovolta e trasformata in una fonte battesimale.

I mosaici erano posti su tre ordini:
- in alto Cristo tra san Pietro, la Vergine ed i simboli del tetramorfo;
- in mezzo quattro figure disposte tra i finestroni ed identificati con gli evangelisti o santi;
- in basso, sotto un'iscrizione, altre figure identificate negli Anziani dell'Apocalisse;
- sui frontoni triangolari delle navate laterali immagini di Gerusalemme e Betlemme.

La facciata a spioventi della basilica era preceduta ad est da un quadriportico dove sostavano anticamente i catecumeni durante la celebrazione dell'Eucarestia. Il quadriportico aveva anche una funzione cimiteriale.

L'area interna del quadriportico era originariamente un giardino (da cui forse la denominazione Paradisus) con all'interno un fontana per abluzioni purificatrici. Con l'aumento del numero dei pellegrini l'area fu pavimentata nel VII secolo e vi fu posta al centro il Pignone, una scultura in bronzo di epoca romana, oggi nel cortile della Pigna nei Musei Vaticani.

La Donazione di Roma della scuola di Raffaello mostra l'interno dell'antica basilica con i colonnati architravati della navata e il pergolato con le colonne tortili.  La basilica era a cinque navate (87x64 m), con la centrale rialzata e più larga, e coperta da capriate. 

LA BASILICA NELLA SCUOLA DI RAFFAELLO

RODOLFO LANCIANI

Entrando nella navata il visitatore era colpito dalla semplicità del disegno di Costantino, e dalla moltitudine e varietà di aggiunte successive, con la quale il numero dei soli altari era stato aumentato da 1 a 68.

Novantadue colonne sostenevano un tetto aperto a capriate. A dispetto di frequenti riparazioni, derivanti da incendi, decadimento, e l'età, alcune di queste capriate ancora portava il marchio del nome di Costantino.

Erano splendidi esemplari di legname. Filippo Bonanni, la cui descrizione di S. Pietro merita più credito di tutto il resto insieme, tranne i manoscritti di Grimaldi, dice che il 21 febbraio 1606, ha esaminato e valutato la trave orizzontale della prima capriata dalla facciata che Carlo Maderno aveva appena portato a terra: era lunga settantasette piedi ed aveva tre metri di spessore.

Le stesse copie scritte da un diario manoscritto di Rutilio Alberini, datato 1339, raccontano che papa Benedetto XII (1334-1342) spese ottanta mila fiorini d'oro per riparare il tetto di S. Pietro.

Inoltre era inciso il nome del costruttore della chiesa (Costantino), ed i solchi erano così enormi che tutti i tipi di animali erano entrati nei loro buchi o vi avevano fatto i nidi. I fori sembravano piccole caverne, lunghe diversi metri.

Grimaldi salito sul tetto all'inizio del 1606, lo descrive come fatto di certi tipi di piastrelle di bronzo e mattoni ".. l'uso di tegole di bronzo dorato invalsero nel tempo dell'imperatore Adriano per il tetto del tempio di Venere e Roma".

A Papa Onorio I (625-640) era stato permesso da Eraclio a farne uso per S. Pietro. Le tegole in laterizio sono state tutte timbrate con il sigillo del re Teodorico, o con il motto BONO ROMAE (per il bene di Roma).

Le lastre di piombo portavano i nomi di vari Papi, da Innocenzo III, (1130-1138) a Benedetto XII.
Tutti questi materiali preziosi per la cronologia e la storia della basilica sono scomparsi, salvo un paio di tavole del tetto, con le quali sono state fatte le porte della chiesa moderna.

Un'altra peculiarità di San Pietro era l'uso del transetto (trans saepta, "oltre i cancelli"), il primo ad essere concepito come navata trasversale indipendente, alto come la navata centrale (ma meno ampio) e dotato di una propria copertura.

Sul transetto si apriva l'abside e in fondo ai bracci si trovavano due nicchie rettangolari che sporgevano esternamente oltre il profilo delle navate. In corrispondenza della navata centrale si apriva sul transetto l'arcone ("arco di trionfo") tipico della basiliche paleocristiane, sia cristiane che civili.

Le navatelle terminavano invece con trifore colonnate, simili a quelle che si aprivano nelle nicchie laterali del transetto. L'abside era decorata da mosaici offerti da un figlio di Costantino (forse Costanzo II) che rappresentavano Cristo tra san Pietro e san Paolo secondo traditio legis, in sostituzione forse di un originario mosaico color oro senza immagini.

Un altro spettacolo deve aver colpito il pellegrino come ha varcato la soglia, quello "dell'arco di trionfo", tra la navata e il transetto, scintillante di mosaici dorati. Dobbiamo al Prof. Al Frothingham, Jr., di Baltimora, la conoscenza di questa opera d'arte, che ritrovò descrizione di essa grazie al cardinale Jacobacci nel suo libro "De Concilio" (1538).

I mosaici rappresentano l'imperatore Costantino che viene presentato da S. Pietro al Salvatore, al quale stava offrendo un modello della basilica. E 'stato distrutto, con l'iscrizione dedicatoria, nel 1525.

Il Battistero eretto da papa Damaso, dopo la scoperta delle sorgenti del Aqua Damasiana, e restaurato da Leone III, (795-816), si presentava al termine del transetto nord con delle iscrizioni con il verso:

"Una Petri sedes unum verumque lavacrum,"

Un'allusione sia al fonte battesimale che alla "cattedra di S. Pietro", su cui i Papi sedevano dopo aver battezzato i neofiti. 

La cattedra è menzionata da Ottato Milevitanus, Ennodio di Pavia, e da autori più recenti, d'aver cambiato posto molte volte, fino a quando Alessandro VII, con l'aiuto di Bernini e Paolo Schor, collocò una cassa di bronzo dorato, alla fine dell'abside. E 'stata minuziosamente esaminata e descritta più volte da Torrigio, Febeo, e de Rossi. 

L'ho vista nel 1867. Il quadro e alcuni pannelli della reliquia possono eventualmente risalire a tempi apostolici, ma fu evidentemente restaurato dopo la pace della Chiesa. I pali ai quattro angoli sono stati gradualmente cancellati dai primi pellegrini.

Nell'abside si trovava anche, dove si troverebbe di solito l'altare, la memoria dell'Apostolo, che altro non era che l'edicoletta del II secolo detta anche "trofeo". Quest'ultima sporgeva dal pavimento della basilica (qui a solo 30 cm dal livello originario della necropoli) ed era inserita in un dado marmoreo con lesene in porfido e recintato da una pergula con colonne tortili e amorini vendemmianti, che fecero da ispirazione per il baldacchino seicentesco.

Le colonne originarie della pergula vennero riutilizzate negli altari incassati nei piloni della basilica attuale e ne resta traccia in varie opere d'arte come una copia fedele nella cassetta eburnea di Pola del V secolo.

Un'altra opera d'arte merita attenzione, perché la sua origine, età e stile sono ancora materia di controversia. Intendo la statua bronzea di S. Pietro, posta contro la parete destra della navata, vicino al S. Andrea di Francesco de Quesnoy. 

Senza tentare una discussione che sarebbe in contrasto con lo spirito di questo libro, posso affermare con sicurezza che le teorie suggerite da scultori (petrografisti) moderni, da Torrigio a Bartolini, non meritano alcun credito. La statua non è il Giove Capitolino trasformato in apostolo, né fu fatto con il bronzo di quella figura, nè ha mai tenuto il fulmine al posto delle chiavi del cielo. La statua è stata presentata come un ritratto di S. Pietro, la testa appartiene al corpo, le dita alzate della mano destra sono dettagli essenziali e genuini della composizione originale. 

La grande difficoltà consiste nello stabilire la sua età. Non vi è dubbio che gli scultori cristiani eccellenti nelle statue-ritratto fiorirono nel II e nel III secolo: come è dimostrato da quella di Ippolito, scoperto nel 1551 in Via Tiburtina, ed ora nel Museo Lateranense, un lavoro del tempo di Alessandro Severo.

LA FONTANA

LA FONTANA

La struttura è composta da un tabernacolo quadrato sorretto da otto colonne di porfido rosso, con una cupola di bronzo dorato.

Pavoni, delfini, e fiori, anche di bronzo dorato, sono stati collocati sui quattro architravi, da cui getti d'acqua scorrevano nella vasca sottostante.

Il bordo della vasca è stata fatta di marmi antichi bassorilievi, che rappresentavano panoplies, grifoni, ecc. Sulla parte superiore della struttura vi erano semicircolari ornamenti di bronzo lavorato "à jour", cioè in rilievo aperto, senza sfondo, e coronati dal monogramma di Cristo.
Questo gioiello dell'arte del VI sec. fu spietatamente distrutto da Paolo V.

Le otto colonne di porfido, una delle quali venne decorata con un busto imperiale in altorilievo, sono scomparse, stessa sorte i bassorilievi del confine del fontana, anche se Grimaldi sostiene di averne salvato uno. I bronzi sono stati portati al giardino del Vaticano, ma, con l'eccezione della pigna e due pavoni, sono stati condannati a condividere la sorte dei marmi.

Nel 1613 i frontoni semicircolari, i quattro delfini, due dei pavoni, e la cupola sono state fuse per fornire metallo necessario per la fusione della statua della Madonna che è stata posta da Paolo V sulla colonna di S. Maria Maggiore.

LA FONTANA

LE FASI

- Dopo il 324 e prima del 329:
Viene costruito il mausoleo previsto per la morte di Costantino, ma successivamente ospita la tomba di Elena, ed è attaccato alla Basilica dei Santi Marcellino e Pietro, che si trova all'interno del fundus Laurentus, tenuta romana di Helena.
Il presbitero Caio, come citato in Storia ecclesiastica Eusebio (303-324), punta polemicamente alla trophea a Roma dei Santi Pietro e Paolo in Vaticano e sulla Via Ostiense.

- 317-318: 
Le monete trovate all'interno del sarcofago nel Mausoleo Trebellena Flacilla sotto al transetto sud, dimostrano l'integrità del cimitero in quel momento.

- 319-322:
Un'iscrizione, oggi posta nell'ex museo Laterano, del IV sec., è generalmente interpretata come riferita a una interruzione di 28 anni nei sacrifici annuali offerti alla Grande Madre nel santuario Phygianum, presumibilmente situato vicino all'estremità meridionale della facciata del Maderno del nuovo San Pietro e quindi a sud dell'atrio della vecchia chiesa. 

-319-350:
Contemporaneamente si verifica un gap tra il 319 e il 350 in una serie di iscrizioni dedicatorie riferite a questi sacrifici reperiti, anche se non in situ, per lo più nello scavo per la facciata del Maderno, altri nel Borgo e presso Castel S. Angelo.

Quindi poco prima del 350 dovrebbe terminare questa interruzione probabilmente collegata al disturbo causato dalla costruzione della vecchia San Pietro nelle vicinanze, e un'altra  interruzione, data di inizio tra il 319 e il 322, deve essere avvenuta ancora per i lavori della chiesa.

- 319-324:
Costantino, nel pontificato di Silvestro I, (314-336), dedica una basilica a S. Pietro, che si presuppone sia inclusa la tomba del santo con delle placche di bronzo; sopra si impostano pilastri di porfido e colonne su cui si avviluppano i viticci portate dalla Grecia, in modo che la volta dell'abside venga coperta con un foglie d'oro, e forniscano per la chiesa un prezioso altare, con illuminazione d'oro e d'argento per la navata, ma nessuno di fronte all'altare, nè per la navata nord.

La costruzione del grande quadriportico antistante la basilica, documentato dal 397, fu probabilmente previsto contestualmente al cantiere della basilica e realizzato poco dopo, essendo localizzato anch'esso sulla platea di terra riportata della basilica, raccordata al livello del piano originario con una grande scalinata.

Quando il re degli Ostrogoti Totila conquistò Roma il 17 dicembre 546, molti senatori e patrizi romani (tra cui Flavio Anicio Olibrio, Rufio Gennadio, Probo Oreste e Flavio Anicio Massimo) si rifugiarono qui.

Nell'800 nella basilica avvenne la solenne incoronazione ad imperatore di Carlo Magno; dopo di lui molti furono gli imperatori del Sacro Romano Impero ad essere incoronati nell'antica basilica: tra gli altri Carlo il Calvo, Ottone I, Ottone II, Ottone III, Federico I Barbarossa e Federico II.

Insomma il potere era avallato dal potere della Chiesa e insieme si giustificarono a vicenda in nome di un Cristo che non fu mai seguito nel suo esempio nè nei suoi splendidi principi, se non nei primissimi tempi del cristianesimo.



LA NECROPOLI

Sono stati rinvenuti, ed in parte resi visitabili, numerosi mausolei del II e III sec. disposti lungo una via funeraria ed altre sepolture meno monumentali costruite intorno all'area identificata come quella della tomba di Pietro.
LA NECROPOLI SOTTO SAN PIETRO

Pur privati delle volte ed interrati per realizzare la platea sancti Petri alcuni mausolei hanno conservato pavimenti, iscrizioni, pitture, stucchi e mosaici con raffigurazioni a volte di tema cristiano.

Vedi il mausoleo dei Giulii, con Giona e la balena, il Buon Pastore, e Cristo sul carro del Sole, come Apollo.




LA TOMBA DI PIETRO

RODOLFO LANCIANI

"Scavi archeologici hanno indagato la necropoli emersa dal circo di Nerone, ai piedi del colle Vaticano, fatta interrare da Costantino sotto la basilica. Sulla sinistra dell'antica strada Cornelia era il circo iniziato da Caligola, e terminato da Nerone, a destra una fila di tombe costruite contro le sporgenze di argilla del Vaticano. Il circo fu teatro delle prime sofferenze dei cristiani, descritto da Tacito nel passo degli "Annali", xv.45.

Alcuni dei cristiani furono coperti con pelli di bestie feroci in modo che i cani selvaggi potessero farli a pezzi, altri furono cosparsi di catrame e sego, e poi bruciati sul rogo, altri furono crocifissi, mentre Nerone in abito di un volgare auriga correva per il circo. Questo ha avuto luogo nel 65 d.c.
Due anni più tardi il capo dei cristiani ha condiviso la stessa sorte nello stesso posto.

Egli fu posto su una croce come gli altri, e una tradizione o leggenda romana narra che S. Pietro fu giustiziato tra le DUAS METAS, che è, in linea della spina o nel mezzo del circo di Nerone, a uguale distanza dai due obiettivi finali, in altre parole, fu giustiziato ai piedi dell'obelisco che ora troneggia davanti alla sua grande chiesa.

Per molti secoli dopo la pace di Costantino, il luogo esatto dell'esecuzione di S. Pietro è stato caratterizzato da una cappella chiamata "La cappella della Crocifissione". Il significato del nome, e la sua origine, così come i dettagli topografici connessi con l'evento, sono stati persi nel buio del Medioevo.

La cappella commemorativa ha perso la sua identità ed è stato creduto che appartenesse a "Colui che è stato crocifisso," cioè a Cristo stesso, scomparso sette o otto secoli prima.

Allo stesso tempo, le parole tra duas METAS con la quale il posto era così esattamente ubicato, sono state private ​​del loro vero significato. La meta è un nome generalmente applicato alle tombe di forma piramidale, di cui due erano ancora ben visibili tra le rovine di Roma: la Piramide di Caio Cestio vicino alla Porta S. Paolo, che è stata chiamata Meta Remi, e la chiesa di S. Maria Traspontina, nel quartiere del Vaticano che è stata chiamata Meta Romuli.

Le conseguenze di questo errore furono notevoli perchè ad essa si deve l'erezione di due monumenti nobili, la chiesa di S. Pietro in Montorio, e il "Tempietto del Bramante", nella corte del convento adiacente. Sembra che nel XIII secolo, quando alcuni chiesero di elevare un memoriale di S. Pietro tra duas METAS, scelsero questo posto sullo sperone del Gianicolo, perché era situato a uguale distanza dalla meta di Romolo presso la Traspontina, e quella di Remus a Porta S. Paolo.

La linea della Via Cornelia, che correva parallela al lato nord del circo, può essere calcolata con precisione con l'aiuto delle tombe classiche, o pagane, scoperte in tempi diversi lungo i suoi confini.

Partiamo dal sito della moderna piazza di S. Pietro. San Bartolo, mem. 56-57, dice che mentre Papa Alessandro VII stava costruendo l'ala sinistra del portico del Bernini, e la fontana del semicerchio meridionale, una tomba è stata scoperta con un bassorilievo sopra la porta che rappresenta un matrimonio ("vi era un bellissimo bassorilievo di un matrimonio antico"). 

Nel 19 Luglio 1614, altre tre furono trovate nell'atrio, in uno di queste vi era il sarcofago di Claudia Hermione, la famosa pantomima. 


La migliore scoperta, quella di tombe pagane esattamente in linea con quelle di S. Pietro, è stata fatta in presenza di Grimaldi, il 9 novembre 1616.

"In quel giorno," dice, "sono entrato in una camera sepolcrale quadrata  (10 ft x 11 ft), il cui soffitto era stato decorato con disegni in stucco dipinto.

C'era un medaglione al centro, con una figura in altorilievo. La porta si aprì sulla Via Cornelia, che era allo stesso livello. Questa tomba si trova sotto il settimo gradino davanti alla porta centrale della chiesa.
Mi si dice che il sarcofago, ora utilizzato come una fontana, nella corte della Guardia Svizzera, è stato scoperto al momento sotto Gregorio XIII, nello stesso posto, e che conteneva il corpo di un pagano ".

Veniamo ora al punto decisivo, le scoperte fatte al tempo di Urbano VIII, quando le fondamenta del suo baldacchino di bronzo sono state affondate ad una grande profondità, in prossimità della tomba di S. Pietro. 

La genuinità del conto è dimostrata dal fatto che, nonostante la sua grande incidenza sulla questione, così poca importanza è stata allegata ad esso che, non avevano il professor Palmieri e Cavaliere Armellini portato alla luce dalla polvere sacra degli archivi vaticani, in cui era stato sepolto per tre secoli e mezzo.

Il racconto pubblicato da Armellini dimostra che S. Pietro deve essere stato sepolto in un piccolo appezzamento circondato da altre tombe, e, probabilmente, era protetto da un muro di cinta. 

C'erano tombe che in epoche successive erano state scavate in confusione, una sopra l'altra, da parte di persone che desideravano stare più vicini possibile ai resti dell'apostolo.

Ma quelli del tempo della persecuzione erano disposti in file parallele, e consisteva di bare di marmo che non portano alcun nome, e contenenti uno o due corpi, che erano vestiti come mummie, con fasce di lino scura con ferite sul corpo e sulla testa.

Questa affermazione è confermata da altri elementi di prova. 
Nel 1615, quando Paolo V ebbe costruito le scale che portano alla Confessione e le cripte, "molti corpi sono stati trovati distesi nelle bare, legati con bende di lino, come leggiamo di Lazzaro nel Vangelo:. Ligatus Pedibus et manibus institis Un corpo è stato solo vestito con una specie di tunica pontificia. Nonostante l'assenza di indicazioni scritte abbiamo pensato che fossero le tombe dei dieci vescovi di Roma sepolti in Vaticano"

Così parla Giovanni Severano a pagina 20 del suo libro "Memorie sacre delle Sette Chiese di Roma," che è stato stampato nel 1629. 

Francesco Maria Torrigio, che ha assistito le esumazioni con il cardinale Evangelista Pallotta, aggiunge che le bande di lino erano "da due a tre pollici di larghezza, e che essi devono essere stati imbevuto di sostanze aromatiche". Una delle bare portava, comunque, il nome LINVS.

Passiamo ora al "Liber Pontificalis", la cui autorità come libro di testo storico non può essere messa in dubbio, fin dalla pubblicazione critica di Luigi Duchesne. 

Dopo aver descritto la "deposizione di S. Pietro in il Vaticano, presso il circo di Nerone, tra la via Aurelia e la via Trionfale, iuxta locum ubi Crucifixus est (vicino al luogo della sua crocifissione), "si procede a dire che Linus" è stato sepolto a fianco dei resti del beato Pietro, in Vaticano, il 24 ottobre."

Anche se eravamo disposti a dubitare della correttezza di Torrigio a copiare il nome del II vescovo di Roma, il fatto della sua sepoltura in questo luogo sembra essere certa, perché Rabano Mauro, un poeta del IX sec., parla della tomba di Linus come visibile e accessibile, per l'anno 822. 

Un altro uomo era presente alle scoperte enumerate da Torrigio e Severano, il maestro-muratore Benedetto Drei, il cui disegno, stampato nel 1635, è diventato molto raro.

Il lettore potrà osservare come perfettamente lo schizzo di Drei si adatta ai resoconti scritti degli altri testimoni oculari, anche nel dettaglio della tomba del bambino - "Sepoltura di UN bambino," - che è chiaramente menzionato da loro.

LA BASILICA COSTANTINIANA

I privilegi che la legge romana ha permesso ai sepolcri, anche dei criminali, ha reso possibile per i cristiani di mantenere queste tombe in buon ordine, impunemente. Tuttavia, corsero un grande rischio sotto Eliogabalo. Tra le tante stravaganze in cui questo giovane indulgeva in connessione con il circo, come la guida di un carro trainato da quattro cammelli, o lasciando liberi un migliaio di serpenti velenosi tra gli spettatori.

Lampridio cita una corsa di quattro quadrighe trainate da elefanti, che doveva eseguirsi in Vaticano, e poichè la pista interna del circo era ovviamente troppo stretta per un simile tentativo, un altro ne fu preparato al di fuori, rimuovendo o distruggendo le tombe della Via Cornelia, che si trovavano nella strada. 

E 'più che probabile che il corpo di S. Pietro fosse all'epoca stato trasferito in un luogo di riparo temporaneo al terzo miglio della via Appia, che avrò occasione di descrivere nel settimo capitolo.
Dopo la sconfitta di Massenzio nella piana di Torre di Quinto, Costantino:

"eresse una basilica sopra la tomba del benedetto Pietro, che è chiuso in una cassa di bronzo. L'altare sopra era decorato con colonne tortili intagliate con viti che si era portato da Grecia. "

La basilica fu eretta in fretta a spese del circo adiacente. Costantino ha approfittato delle sue tre pareti nord, che sostenevano i sedili degli spettatori sul lato della via Cornelia, per posare su di loro l'ala sinistra della chiesa, costruendo nuove fondazioni per la sola fascia destra. 

Il suo architetto sembra essere stato piuttosto negligente nelle sue misure, perché la tomba di S. Pietro non corrispondeva esattamente con l'asse della navata, e non era al centro dell'abside, essendo alcuni cm a sinistra. 

Le colonne sono state raccolte da tutto il mondo. Ho scoperto in uno dei quaderni di Antonio da Sangallo il Giovane, un memorandum della qualità, la quantità, le dimensioni, il colore, ecc, di 136 colonne. 

Quasi tutte le antiche cave sono rappresentate nella collezione, per non parlare di stili ed epoche. Un'eccezione deve essere effettuata a favore di dodici colonne della Confessione, di cui sopra, che, secondo il "Liber Pontificalis", sono state portate dalla Grecia (columnae vitineae Quas de Graecia perduxit: i.176). 

Dubito della correttezza della dichiarazione, ma mi appaiono una fantastica opera romana del III sec..

In ogni caso la congettura del "Liber Pontificalis" mostra quanto poco credito deve essere allegata alla tradizione che una volta appartenevano al Tempio di Salomone a Gerusalemme.

Ve ne erano undici a sinistra: di cui otto come ornamento dei balconi sotto la cupola, due, all'altare di S. Maurizio, e una (riprodotta nel nostro esempio), nella Cappella della Pietà, la prima a destra. 

Si chiama la colonna Santa, perché è stata usata in passato per l'esorcismo degli spiriti maligni. E 'stata chiusa in un pluteo marmoreo dal cardinale Orsini, nel 1438.
Le pareti della chiesa sono state pacciate con frammenti di piastrelle (tegolozza) e pietra, tranne l'abside e gli archi, che sono stati costruiti da buoni mattoni recanti il nome dell'imperatore: - Dominus Noster CONSTANTINVS AVGustus

Grimaldi dice che non riusciva a trovare due capitelli o due basi uguali. Dice anche che gli architravi ed i fregi differivano da uno intercolumnio ad un altro, e che alcuni di loro sono stati incisi i nomi e le lodi di Tito, Traiano, Gallieno, e altri. Su ogni lato del primo cancello, ai piedi dei gradini, erano due colonne di granito, con capitelli compositi, che rappresentano il busto dell'imperatore Adriano incorniciato in foglie d'acanto.

L'illustrazione di accompagnamento, che è stata copiata da incisione di Ciampini, mostra l'aspetto degli interni per l'anno 1588.

Dà un'idea abbastanza buona delle decorazioni della navata, nella loro linee generali, ma non riesce a vedere i dettagli del lavoro misto di Costantino. 

Il suo sistema di struttura può essere meglio compreso facendo riferimento a un'altra delle sue creazioni, la basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, di cui una parte degli interni è illustrata a pag. 135.

L'atrio o quadriportico era inserito da tre portali, di cui quello centrale aveva porte di bronzo con intarsi in argento. I nielli rappresentavano castelli, città e territori che erano soggetti alla Sede Apostolica. 

Le porte sono state rubate nel 1167, e portate a Viterbo come trofei di guerra.

La fontana al centro dell'atrio era un capolavoro del tempo di Simmaco (498-514), che aveva una grande predilezione per edifici collegati all'igiene e alla pulizia, come i bagni, fontane e servizi. La fontana è descritta nella la mia "Roma Antica".



ALTRI EDIFICI

Accanto alla basilica esistevano numerosi altri edifici tra cui un campanile medievale e due edifici a pianta circolare, antichi mausolei romani usati forse come monumenti del martirologio.

Uno di essi, noto come cappella di Santa Petronilla, era il mausoleo imperiale onoriano, in cui furono sepolti l'imperatore romano Onorio con le mogli Maria e Termanzia, oltre a, probabilmente, sua sorella Galla Placidia col figlio primogenito Teodosio.

L'altro era un mausoleo databile all'epoca di Caracalla e poi utilizzato come Cappella di Sant'Andrea (nota anche come chiesa di Santa Maria della Febbre).

Sul lato sud, poco discosto dalla basilica e dai suddetti mausolei, si trovava un obelisco, resto del Circo di Nerone, che, rimasto ancora in piedi, fu spostato nel 1586 al centro della nuova Piazza San Pietro.



LE OPERE D'ARTE 

SAN IPPOLITO
RODOLFO LANCIANI:
Tra le tante opere d'arte che nei secoli abbellirono la basilica, in parte andati perduti, in parte ancora conservate in Vaticano o riutilizzati nella nuova basilica o in altre chiese, gli splendidi mosaici che la adornavano internamente ed esternamente.

Qui a lato la Cattedra di S. Pietro, da una fotografia originale.
A - Era eseguita in legno di quercia, molto rovinato e tagliuzzato dai pellegrini per ricavarne una reliquia.
B - in legno di acacia, intarsiato con sculture in avorio.

Nota di Thayer:
Nel capitolo 1, Lanciani ha notato che sculture in avorio delle fatiche di Ercole appaiono sulla cattedra di S. Pietro. Osservando attentamente gli inserti d'avorio quadrati si riconosce infatti Ercole che lotta con il leone di Nemea, sulla fila superiore poi, la V da sinistra, c'è anche una decorazione solitaria e zodiacale, uno scorpione nella fila in basso, la II da sinistra. Le sculture pagane erano chiaramente incorporate per la loro pura attrattiva e la ricchezza del materiale.
CATTEDRA DI SAN PIETRO

Ma le statue-ritratto di bronzo possono appartenere a qualsiasi età, perché, mentre lo scultore in marmo è obbligato a produrre un lavoro delle sue mani, e la data di un marmo può quindi essere determinato in rapporto con altre opere ben note, lo scultore in bronzo può facilmente riprodurre esemplari antichi prima e meglio prendendo uno stampo da un buon originale, alterando le caratteristiche leggermente, e poi fondendo in ottimo bronzo.

Questo sembra essere il caso di questa immagine celebre. So che l'opinione corrente la reputa contemporanea con la costruzione della basilica di Costantino, ma per questo non posso sottoscrivere a causa della forma relativamente moderna delle chiavi.

Una delle due cose deve essere vera, o che queste chiavi sono relativamente recenti, nel qual caso la statua può essere un lavoro del IV secolo, oppure furono fuse insieme alla figura. Se è vero quest'ultimo fatto la statua è di un'età relativamente recente.

Dubbi sul tema potrebbero essere dissipati da un attento esame di questi dettagli fondamentali, che non sono stato in grado di intraprendere per la mia soddisfazione.

STAMPA D'EPOCA CHE RAFFIGURA LA COSTRUZIONE DI SAN PIETRO
E LA DEMOLIZIONE DELLA BASILICA COSTANTINIANA


LA DEMOLIZIONE

La distruzione del vecchio S. Pietro è uno dei più tristi eventi nella storia della rovina di Roma.

E 'stato fatto in due periodi e in due sezioni, avendo già costruito una parete trasversale nel mezzo della chiesa per permettere di procedere senza interruzioni, mentre la distruzione e la ricostruzione di ogni metà è stata realizzata in fasi successive.

La vecchia basilica venne demolita man mano che veniva costruita la nuova, anche se il Bramante fece una demolizione così brutale, da guadagnarsi il nome di "Mastro Ruinante".

Il lavoro iniziò il 18 Aprile 1506, sotto Giulio II. 
C'è voluto esattamente un secolo per finire la sezione occidentale, partendo dalla parete divisoria per l'abside. 

La demolizione della sezione orientale è iniziata invece il 21 Febbraio 1606. 

Nove anni dopo, la Domenica delle Palme, il 12 aprile 1615, le folle festanti hanno assistito alla scomparsa del muro divisorio, e videro per la prima volta il nuovo tempio in tutta la sua gloria.

Sembra che Paolo V, Borghese, a cui è dovuto il completamento del grande lavoro, non poteva fare a meno di provare rimorso nel cancellare per sempre i resti della basilica costantiniana. Voleva che il sacro collegio condividesse la responsabilità per l'atto, e convocò un concistoro per il 26 Settembre 1605, per porre il caso davanti ai cardinali. 

Il rapporto fu inquietante, infatti sembra che, mentre le fondamenta del lato destro della chiesa costruita da Costantino avevano fermamente resistito al peso e lo sforzo imposto su di loro, la base del lato sinistro, tra le tre pareti del circo di Caligola, aveva ceduto alla pressione, in modo che tutta la chiesa, con le sue quattro file di colonne, era china lateralmente da destra a sinistra, fino a tre piedi e sette pollici.

La relazione afferma che gli affreschi della parete sinistra erano coperti da uno spesso strato di polvere, e le estremità delle grandi travi di sostegno del tetto erano tutte marce e non più in grado di sopportare il loro fardello. 

STAMPA D'EPOCA CHE RAFFIGURA LA COSTRUZIONE DI SAN PIETRO
E LA DEMOLIZIONE DELLA BASILICA COSTANTINIANA

Allora il cardinale Cosentino, decano del capitolo, venne a dire che, solo pochi giorni prima, mentre la messa veniva celebrata all'altare di S. Maria della Colonna, una pietra pesante era caduta da una finestra in alto, facendo fuggire la congregazione. 

Il voto del sacro collegio era una conclusione scontata. 

La sentenza di morte è stata approvata sugli ultimi resti del vecchio S. Pietro, una commissione di otto cardinali fu nominata per presiedere al nuovo edificio, e nove architetti vennero invitati a competere per il progetto. Questi sono stati Giovanni e Domenico Fontana, Flaminio Ponzio, Carlo Maderno, Geronimo Rainaldi, Nicola Braconi da Como, Ottavio Turiano, Giovanni Antonio Dosio, e Ludovico Cigoli. 

Il concorso fu vinto da Carlo Maderno, con grande dispiacere del papa, che era manifestamente favorevole al suo architetto Flaminio Ponzio. 

L'esecuzione dei lavori fu segnata da un incidente straordinario. 

Venerdì, 27 agosto 1610, una tempesta spazzò la città con una tale violenza che il volume di acqua accumulato sulla terrazza sopra la basilica, non trovando sfogo, se non le scale a chiocciola con un rovinio delle sue strette pareti, precipitò giù per la navata a torrenti ruggenti, inondandola a una profondità di diversi centimetri.
La Confessione e la tomba dell'apostolo si salvarono solo dalla forza della porta di bronzo.

E 'molto interessante seguire l'avanzamento dei lavori nel diario di Grimaldi, a testimoniare con lui l'apertura e la distruzione di ogni tomba degna di nota, con l'inventario del suo contenuto. 

I monumenti erano per lo più sarcofagi pagani, o vasche da bagno, tagliate in marmi preziosi, i corpi dei Papi erano avvolti in vesti ricche, e indossavano "l'anello del pescatore" sul dito indice. 

Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo (1484-1492), era avvolto in un panno ricamato persiano; Marcello II, Cervini (1555), indossava una mitra d'oro: Adriano IV, (1154-1159), è descritto come un uomo di piccola taglia, con pantofole alla turca, e un anello con un grande smeraldo. 

Callisto III ed Alessandro VI, della famiglia Borgia, vennero disturbati due volte nella loro fossa comune: la prima volta da Sisto V, quando tolse l'obelisco dalla spina del circo, il secondo da Paolo V, sabato 30 gennaio 1610, quando i loro corpi furono rimossi per la chiesa spagnola di Montserrat, con l'aiuto del marchese di Billena, ambasciatore di Filippo III, e del cardinale Capata.

Grimaldi afferma che la pianta a croce greca di Michelangelo non era solo stata progettata sulla carta, ma in realtà già iniziata. Quando Papa Borghese e Carlo Maderno determinarono la croce latina, non solo le fondamenta della parte anteriore erano state finite su disegno di Michelangelo, ma il fronte stesso, con il suo rivestimento di travertino, era stato costruito per l'altezza di diversi metri.

Le 5 navate e l'atrio vennero definitivamente abbattute nel 1606 quando venne inaugurata la nuova facciata della nuova Basilica di San Pietro.



LA NUOVA S. PIETRO

La costruzione della cupola fu iniziata il Venerdì 15 Luglio 1588, alle ore 04:00 è stato posto il primo blocco di travertino in sito, alle 20:00 il trentesimo. La parte cilindrica o tamburo che sostiene la cupola era finita nella mezzanotte del 17 dicembre dello stesso anno, una meravigliosa prodezza in termini di bravura e di tempo. 

La cupola stessa iniziò cinque giorni dopo, e venne finita in diciassette mesi. Se ricordiamo che gli esperti dell'epoca avevano stimato dieci anni il tempo necessario per compiere l'opera, e un milione di scudi d'oro come costo, ci chiediamo quanto potere avesse la volontà di Sisto V, che lo fece in due anni spendendo solo un quinto del previsto. 

Egli si accorse che la persecuzione politica dalla corona di Spagna e le aggressioni quotidiane, quasi brutali nella loro natura, che dovette sopportare dal conte d'Olivare, l'ambasciatore spagnolo, avrebbero abbreviato i suoi giorni, di conseguenza ebbe un solo desiderio: che la cupola e le altre grandi opere realizzate per l'abbellimento dei servizi igienico-sanitari della città dovessero essere finiti prima della sua morte. 

Seicento abili artigiani vennero arruolati per spingere l'opera della cupola notte e giorno, erano esonerati dal frequentare servizio divino nei giorni di festa, escluso la domenica. Possiamo farci un'idea della fretta sentita da tutti gli interessati, e della loro determinazione a sacrificare ogni altro interesse per accelerare, dal seguente aneddoto:

I muratori, avendo bisogno di un altro recipiente per l'acqua, misero le mani sulla tomba di Papa Urbano VI. Trascinato il sarcofago di marmo sotto la cupola e svuotato dal suo contenuto. l'anello d'oro venne dato a Giacomo della Porta, l'architetto, le ossa vennero messe da parte in un angolo dell'edificio, e la bara è stata utilizzata come un serbatoio dal 1588 al 1615. -

COLONNA ROMANA DELLA VECCHIA BASILICA DI S. PIETRO
Se consideriamo che i materiali (pietre, mattoni, legname, cemento e acqua) dovevano essere sollevati ad una altezza di 400 m, non c'è da meravigliarsi che venissero consumate somme esose e quindici tonnellate di ferro. 

La cupola è stata costruita su una struttura di design più che geniale, appoggiata sul cornicione del tamburo con tanta leggerezza che sembrava sospesa in aria. Milleduecento grandi travi sono stati impiegati per essa.

Fea e Winckelman asseriscono che le lastre di piombo che ricoprono la cupola debbano essere rinnovate otto o dieci volte in un secolo.

Winckelman attribuisce loro un decadimento rapido per l'azione corrosiva del vento di scirocco; Fea alle variazioni di temperatura, che la portano a sciogliersi in estate, e a spaccarsi in inverno.

Le dimensioni e l'altezza, il numero di colonne, altari, statue, e le immagini, - in breve, le mirabilia di S. Pietro, - sono state grandemente esagerate. Non vi è alcuna necessità di esagerazione quando la verità è di per sé così sorprendente. I lettori appassionati di statistiche possono consultare le opere di Briccolani e Visconti.

La basilica viene avvicinata ad un quadrato di 1.256 m di diametro. La navata è lunga 613 piedi, ampia 88, 133 m di altezza, il transetto è di 449 metri di lunghezza. La cornice e la scritta in mosaico del fregio sono lunghe 1943 m. La cupola domina l'altezza di 448 m sopra il marciapiede, con un diametro sulla parte interna di 139,9 piedi, un po' meno di quella del Pantheon. Le lettere sul fregio sono di quattro piedi e otto cm di altezza. 

La vecchia chiesa conteneva 68 altari e 268 colonne, mentre quella moderna contiene 46 altari, e vi bruciavano 121 lampade giorno e notte, con 748 colonne di marmo, pietra e bronzo. Il numero di statue è 386, le finestre sono 290.

E ' facile immaginare a quale effetto sorprendente di luci e ombre nella vastità delle proporzioni si presta in occasione di luminarie. Queste sono state fatte sia all'interno (Santo Giovedi e Venerdì Santo) e fuori (la Pasqua, e il 29 giugno). L'illuminazione esterna ha richiesto l'uso di 400 lanterne, e di 791 torce, e l'aiuto di 365 uomini. 

Ho sentito dire da vecchi amici che ricordano l'illuminazione degli interni, che nessuna vista potrebbe essere più impressionante. Nel buio della notte, una croce tempestata con 13180 luci brillavano come una meteora a un'altezza prodigiosa, mentre la moltitudine affollando la chiesa si inginocchiò e pregò in estasi silenziosa.

LA NUOVA SAN PIETRO

Prima di lasciare il Vaticano mi permetta di rispondere a un dubbio che probabilmente è passato per la mente del lettore e che ha a lungo perplesso l'autore. Dopo le numerose vicissitudini a cui il luogo è stato soggetto, da Eliogabalo al saccheggio del conestabile di Borbone, possiamo essere sicuri che il corpo del fondatore della Chiesa di Roma giace ancora nella sua tomba sotto la grande cupola di Michelangelo, sotto il baldacchino di Urbano VIII, sotto l'altare di Clemente VIII? 

Dopo aver esaminato il caso, nei suoi vari aspetti, e considerando tutte le circostanze che hanno frequentato ciascuna delle invasioni barbariche, non vedo alcuna ragione per cui dovremmo credere al parere popolare. 

Le tombe di S. Pietro e S. Paolo sono state esposte solo una volta al pericolo imminente, e che è accaduto nel 846, quando i Saraceni presero possesso delle loro rispettive chiese e le saccheggiarono. 

Supponiamo che i crociati avevano preso possesso della Mecca: il loro primo impulso sarebbe stato quello di pulire la tomba del Profeta dalla faccia della terra, a meno che i custodi della Kaabah, avvertiti del loro approccio, abbiano avuto il tempo di nascondere o proteggere la tomba in un modo o nell'altro.

Purtroppo, sappiamo molto poco l'invasione saracena del 846; ancora sembra certo che Papa Sergio II ed i Romani furono per giorni o settimane avvertiti in anticipo dello sbarco degli infedeli, da una spedizione dalla Corsica. 

Nella misura in cui le chiese di S. Pietro e S. Paolo erano assolutamente indifese, nelle loro posizioni periferiche, sono certo che si è provveduto a nascondere a parete un ingresso alle cripte e le stesse cripte, a meno che le tombe siano state rimosse e poste a riparo all'interno delle mura cittadine. Un argomento, molto poco conosciuto ma di grande valore, sembra provare che le reliquie sono state salvate.

Il "Liber Pontificalis" descrive, tra i doni di Costantino, una croce di oro puro, del peso di svariati chili. La croce d'oro portava la seguente iscrizione in opera niello: "l'imperatore Costantino ed Elena l'imperatrice hanno riccamente decorato questa cripta reale, e la basilica che lo ripara ".

Se questo prezioso oggetto è lì, i resti sono a maggior ragione anch'essi lì. Ecco che arriva il test decisivo. Nella primavera del 1594, mentre Giacomo della Porta stava livellando il pavimento della chiesa sopra la Confessione, eliminando allo stesso tempo le basi del Ciborium di Giulio II, la terra ha dato modo, franando di fargli vedere attraverso l'apertura di quello che nessuno aveva contemplato dai tempi di Sergio II: la tomba di S. Pietro, e su di essa la croce d'oro di Costantino. 

Sentendo della scoperta, Papa Clemente VIII, accompagnato dai cardinali Bellarmino, Antoniano, e Sfrondato, scese alla Confessione, e con l'aiuto di una torcia, che Giacomo della Porta aveva abbassato nello spazio vuoto sottostante, poteva vedere con i suoi propri occhi e avrebbe ora potuto mostrarla ai suoi seguaci la croce, iscritta con i nomi di Costantino ed Elena. 

L'impressione prodotta sul Papa da questo meraviglioso spettacolo era così grande che dette l'ordine di chiudere di nuovo l'apertura. L'evento è attestato non solo da una deposizione manoscritta di Torrigio, ma anche per l'attuale aspetto del luogo. I materiali con cui Clemente VIII ha sigillato l'apertura, hanno reso la tomba di nuovo invisibile e inaccessibile, ma può ancora essere scorta attraverso la "cataratta" sotto l'altare.



MUSEO DEL TESORO DELLA BASILICA S. PIETRO IN  VATICANO

Il Museo del Tesoro della Basilica di San Pietro in Vaticano, inaugurato nel 1975 per volere di papa Paolo VI ed iniziativa del Capitolo Vaticano, ha sede negli ambienti della Sagrestia principale della Basilica di San Pietro in Vaticano, edificata nel 1784 da Carlo Marchionni.
All'origine di questo Museo è la devozione dei cristiani verso san Pietro apostolo ed il suo sepolcro. 
Purtroppo gran parte degli oggetti donati alla Basilica e ai diversi pontefici furono dispersi nei vari saccheggi cui fu sottoposta la chiesa.
La sala espone oggetti, provenienti dall'antica Basilica di San Pietro, tra cui spiccano:
  • Colonna tortile decorata con tralci di vite (IV secolo), in marmo): questa è una delle dodici colonne che attorniavano la "confessione" della Basilica costantiniana, mentre altre otto sono state collocate nelle grandi nicchie dei piloni della cupola della nuova chiesa. 
  • Gallo (metà del IX sec.) in metallo dorato, collocato sul campanile della Basilica, durante il pontificato di Leone IV (847- 855), abbattuto nel 1608. 
  • La Crux Vaticana o Croce di Giustino, alta solo 35 cm, rarissimo esempio di committenza imperiale di epoca bizantina. Giunse a Roma da Costantinopoli fra il 565 e il 578, dono dell'imperatore Giustino II e della moglie Sofia raffigurati in sontuose vesti di cerimonia sul retro. I bracci della croce sono rivestiti di lamine in argento dorato e di gemme preziose. In origine solo perle, zaffiri e smeraldi simbolo di incorruttibilità e purezza, prerogativa della famiglia imperiale. Lungo i bracci corre un'iscrizione incisa a bulino a Costantinopoli in cui i donatori si autocelebrano. All'incrocio la cappella con la reliquia, il legno della vera croce, racchiusa in una corona di dodici perle. Durante il sacco di Roma del 1527 la croce venne portata via dai lanzichenecchi e danneggiata al tempo della repubblica romana. L'inquinamento e i restauri di fine ottocento fecero il resto. «Ci sono voluti otto mesi per prenotare in Australia le perle dalle tonalità calde e della misura giusta per i castoni della capsella», racconta Guido che ha restituito alla croce la sua cromia originaria nel ritmico alternarsi di perle e gemme colorate, grezze e semilavorate.
Quanto è rimasto della antica basilica si trova accatastato nella vasta intercapedine tra le due basiliche che si è formata tra i due pavimenti e che costituisce le attuali "Grotte Sacre".


BIBLIO

- Christoph Jobst - La basilica di S. Pietro e il dibattito sui tipi edili - Onofrio Panvinio e Tiberio Alfarano - in Gianfranco Spagnesi (a cura di) - L'architettura della basilica di San Pietro - Storia e costruzione - Roma - 1997 -
- Serena Ensoli - Eugenio La Rocca - Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana - 2000 -
- F. Cancellieri - De secretariis veteris Basilicae vaticanae - lib. I - Roma - 1786 -
- Lorenzo Bianchi - Ad limina Petri: spazio e memoria della Roma cristiana - 1999 -
- Tiberii Alpharani de Basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura,a cura di M. Cerrati  - Studi e testi - XXVI - Roma - 1914 -





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