CITTA' SCOMPARSE DEL LATIUM VETUS





CITTA' DEL LAZIO SCOMPARSE A CAUSA DELLE CONQUISTE ROMANE

Sul Monte Cavo, sotto la direzione di Albalonga, in mezzo al recinto sacro, sull'ara dedicata a Giove, nella festa annua delle Feriae Latinae, si sacrificava un toro bianco le cui carni si dividevano tra i rappresentanti di tutte le tribù della lega sacra. Plinio nomina parecchie comunità latine federate, di cui alcune ignote e senza traccia:

Albani, Accienses, Aefulani, Abolani, Bolani, Bubentani, Carventani, Cusuetani, Coriolani, Fidenates, Foreti, Hortenses, Latinienses, Laurentes, Longulani, Manati, Macrales, Mucienses, Numintenses, Octulani, Olliculani, Pedani, Poletaurini, Papiri, Polluscini, Rutuli, Sanates, Sasolenses, Sisolenses, Tolirienses, Titienses, Vitellienses, Vimitellari, Vetulani.
Molti di questi popoli e delle loro città presto scomparvero.

Le città scomparse del Lazio arcaico, o Latium Vetus, riguardano cinquanta antichissime comunità, fiorite nell'età del bronzo (3400 a.c. al 600 a.c. circa), in gran parte distrutte a causa delle prime conquiste romane in età regia (753 a.c. 509 a.c.).

Il Latium era la parte meridionale dell'attuale Lazio, a sud del fiume Tevere, che lo divideva dai territori dell'Etruria meridionale (oggi Lazio settentrionale) e a nord del fiume Garigliano (presso Sinuessa) che lo divideva dalla Campania, limitato dalla costa tirrenica ed esteso sulle propaggini degli Appennini verso l'interno, fino al Sannio (Molise, sud dell'Abruzzo e nord-est della Campania).

Il Latium venne occupato, verso la seconda metà del II millennio a.c., da alcune popolazioni di lingua indoeuropea: Latini, Falisci, Capenati, Ausoni, a cui seguirono Volsci, Equi, ed Ernici, appartenenti all'altro ramo linguistico degli Osco-umbri.

- I Latini, nel corso del I millennio a.c., propagarono la lingua e la cultura latina a gran parte del bacino del Mediterraneo e dell'Europa, per cui il termine "latino" è spesso sinonimo di "romano".
- I Falisci, cioè "abitanti di Falerii", (moderna Civita Castellana) è il nome che i Romani davano a un antico popolo dell'Etruria meridionale.
- I Capenati erano un popolo italico stanziato nel Lazio centro-settentrionale, confinante a est con i Sabini, a nord con i Falisci e a sud e ovest con gli Etruschi di Veio.
- Gli Ausoni erano per alcuni una popolazione osca, per altri un gruppo italico dei Latini, il latino-falisco, e avrebbero abitato le regioni del mar Tirreno, soprattutto la zona tra Nola e Sorrento.
- I Volsci erano un popolo italico di lingua indoeuropea, riconducibile alle genti osco-umbre, inseriti a sprazzi tra il territorio degli Etruschi a nord e quello dei Greci a sud..
- Gli Equi, forse osco-umbri che occupavano il territorio che da N a S si estende dalla Sabina a Trevi nel Lazio.
- Gli Ernici occupavano il territorio situato nel Lazio fra la valle del Liri e la valle del Sacco (Trerus), confinando con i Volsci a sud e con gli Equi ed i Marsi a nord.


Città del Latium vetus sopravvissute alla conquista romana

Le città del Latium Vetus sopravvissute alla conquista romana in quanto solo a partire dalla fine del V secolo a.c., le città conquistate durante la successiva estensione dello stato romano, furono non più distrutte, ma vennero annesse politicamente.

ROMANI DEL VI SECOLO A.C.

LA ROMANIZZAZIONE

Si trattava generalmente delle città più lontane da Roma, alle quali l'espansione romana giunse solo in un'epoca successiva; esse divennero: 
- municipia,
- o di diritto latino (latini nominis),
- o di diritto romano (optimo iure)
restando talvolta città importanti fino alla piena età storica e alcune anche oltre.
Il segreto risiedette nel fenomeno della Romanizzazione, un fenomeno che si riscontra solo nella civiltà romana, che operò da civilizzatrice, portando non solo il diritto romano, e non solo le comode invenzioni romane, e non solo la ricchezza dei commerci, ma pure un metodo di vita agiata, piena di stimoli, di cultura, di comodità e di divertimenti inediti.

      • Tra queste: Anxur (Terracina), Tibur (Tivoli), Cora (Cori), Capena (nel comune di Capena), Nomentum (Mentana), Praeneste (Palestrina), Lanuvium (Lanuvio), Velitrae (Velletri), Gabii (Gabi), Ardea (Ardea), Aricia (Ariccia), Tusculum (Frascati), Lavinium (Pratica di Mare - Pomezia).



      CITTA' SCOMPARSE IN SEGUITO ALLE CONQUISTE DI ROMA 

      Primi ad essere sottomessi a Roma furono i Latini, già in epoca regia. Poi furono sottomessi Equi, Volsci (della pianura pontina), Ernici, e ancora prima i Rutuli e gli Aborigeni. E alla fine tutta la terra di queste popolazioni fu chiamata latina.

      Molte città invece scomparvero completamente in epoche più o meno arcaiche: le più vicine a Roma, conquistate per prime e distrutte, e di esse spesso conosciamo addirittura solamente i nomi, tramandati dalle fonti antiche.


        Plinio il Vecchio

          • L'elenco più ampio di città scomparse del Lazio arcaico è quello di Plinio il Vecchio, che cita ben "LIII populi" di cui alla sua epoca (I secolo d.c.) non rimaneva traccia. Prima cita le città del Lazio con il loro nome, poi si elenca in ordine alfabetico le popolazioni cittadine dell'area albana, con il nome degli abitanti, definiti come "populi albenses":


          • L'Elenco
            « In prima regione praeterea fuere in Latio clara oppida 
            - Ameriola, 
            - Amitinum, 
            - Antemnae, 
            - Antipolis quod nunc Ianiculum in parte Romae, 
            - Camerium, 
            - Collatia, 
            - Corniculum, 
            - Crustumeria, 
            - Medullum, 
            - Norba, 
            - Politorium, 
            - Pometia, 
            - Saturnia ubi nunc Roma est, 
            - Scaptia, 
            - Sulmo, 
            - Tellena, 
            - Tifata, 

            et cum iis carnem in monte Albano soliti accipere populi Albenses: 
            Albani, Aesolani, Accienses, Abolani, Bubetani, Bolani, Cusuetani, Coriolani, Fidenates, Foreti, Hortenses, Latinienses, Longani, Manates, Macrales, Munienses, Numinienses, Olliculani, Octulani, Pedani, Poletaurini, Querquetulani, Sicani, Sisolenses, Tolerienses, Tutienses, Vimitellari, Velienses, Venetulani, Vitellenses.»

            (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 68-69)

          • ANTICHE CITTA' DEL LATIUM (INGRANDIBILE)
            Le città nominate realmente però non sono cinquantatré, ma cinquanta, e magari non è un errore di Plinio, perchè forse non si conosceva all'epoca il nome di tutte le città scomparse. 
            Di poche di queste infatti si è individuato con sicurezza il sito, e di pochissime esistono tracce più o meno importanti.

              • Le ultime due città citate da Plinio nel suo primo elenco, Norba e Sulmo (Sermoneta), vennero distrutte molto tardi, nell'ambito della guerra civile tra Mario e Silla (I secolo a.c.) .

                  • Poi Plinio elenca i "populi albenses", cioè di coloro che abitavano nella regione del mons Albanus (poi Monte Cavo) o nelle zone limitrofe (Colli Albani). 

                    Questi popoli si erano riuniti con gli altri Latini del Latium Vetus nella Lega Latina, che aveva il santuario di Giove Albano sul Mons Albanus, dove periodicamente si riunivano per celebrare la festa delle feriae latinae, con il sacrificio di un toro bianco, le cui carni venivano ripartite tra i rappresentanti delle varie città lì riuniti, in un banchetto rituale. Alla fine delle celebrazioni una parte di queste carni veniva portata nella propria città da ognuno di questi rappresentanti per condividerle con i capi della proprio centro abitato.



                      • ALTRE FONTI

                        - Dionigi di Alicarnasso nelle Romanae Antiquitates, cita le ventinove città della Lega latina che, consoli Tito Larcio e Quinto Clelio Siculo (498 a.c.), si riunirono a Ferentino, dove anche per l'azione di Tarquinio il Superbo e Ottavio Mamilio, si coalizzarono contro Roma.
                        Contrariamente a Plinio l'elenco comprende sia città in seguito scomparse, sia città esistenti ai suoi tempi: Ardea, Aricia, Bovillae, Bubentum, Cora, Carventum, Circeii, Corioli, Corbio, Cabum, Fortinea, Gabii, Laurentum, Lanuvium, Lavinium, Labici, Nomentum, Norba, Praeneste, Pedum, Querquetula, Satricum, Scaptia, Setia, Tibur, Tusculum, Tolerium, Tellenae, Velitrae.

                        • - Strabone cita solo il nome di alcune città del Lazio scomparse alla sua epoca (fine del I secolo a.c. - inizi del I secolo d.c.):
                          Collatia, Antemnae, Fidenae e Labicum, ridotte ai suoi tempi a semplici villaggi o a possedimenti agricoli privati. 
                          Apiolae e Suessa descrivendo l'espansione romana nella pianura Pontina a danno dei Volsci, a cui tali città erano appartenute. 
                          Poi cita Alba Longa parlando dello stanziamento degli Equi non più esistente. Tra le città situate presso i Colli Albani nomina Tellenae, che però Plinio pochi decenni più tardi elenca tra le città ai suoi tempi scomparse.

                          • - Tito Livio cita a più riprese molte antiche città latine poi scomparse, coinvolte nelle vicende più antiche di Roma, narrate nei primi libri della sua opera Ab Urbe Condita.


                            I RESTI ARCHEOLOGICI

                            Solo poche delle città scomparse del Lazio arcaico hanno conservato dei resti archeologici:
                            Satricum, Politorium, Tellenae, Ficana, Crustumerium, Corniculum, Antemnae, Collatia, Fidenae, Pedum e Querquetulum.
                            Di altre, pur molto certificate, non conosciamo il sito esatto, vedi Alba Longa, Apiolae, Pometia e Corioli.



                              LE CITTA' DI PLINIO

                              E' il Latium Vetus con le città di Caenina, Antemnae, Crustumerium, Medullia, Fidene, Veio ecc. le città rivali della Roma di Romolo nell'VIII secolo a.c.. Essendo recente, se non attuale, all'epoca, l'assetto tribale, molti popoli vivevano in modo semi-nomadico, razziando bestiame e rubando raccolti dai terreni delle città vicine,  si che rispondere con la forza era d'obbligo.


                                  AMITINUM

                                    • Era un centro situato a est di Roma, sui monti Cornicolani, presso Corniculum, tra Sant'Angelo Romano (Medullum) e Montecelio (Corniculum), come sembra attestato dal rinvenimento di un'epigrafe che cita un "pagus amentinus" e dallo stesso Plinio il Vecchio. Abbiamo pure notizia di una tribù Mentina che non necessariamente può alludere ad Amitinum, e di un Colle Mentino che però si trova in pieno Abruzzo, e di un Amitino maior e pure minor, ambedue dei monti Corniculi, ma gli Amitinensi però erano un popolo stanziato nell'Etruria.
                                    •  


                                      • ANTIPOLI

                                        Per altri sarebbe Enapolis, o Eneopolis, un insediamento arcaico situato sul Gianicolo. Dionigi scrive che alla morte di Enea, Ascanio divise il territorio dei Latini in tre parti. Una la tenne per sè, su una vi fece edificare Alba, e la terza la dette ai suoi fratelli Romolo e Remo. Remo vi edificò Capua, Romolo vi edificò Eneopoli, in onore di suo padre, sul colle Gianicolo. Questo colle nell'età più antica non era compreso all'interno della città di Roma, ma fu inserito solo successivamente, anche perché costituiva un importante baluardo strategico.

                                          TERRACOTTA ANTENNATE

                                            ANTEMNAE

                                          Antemnae (dal latino ante amnem="davanti ai fiumi"), posizionata alla confluenza del fiume Tevere e Aniene, nei pressi dell'odierno monte Antenne, a circa 30 stadi da Roma.
                                          Dionigi (V, 21, 3) la enumera tra le città che appoggiarono i Tarquini nei loro tentativi di riprendere il trono e in particolare aderirono all'azione di Porsenna contro Roma.
                                          Viene identificata con il Monte Antenne, successivamente all'interno di Villa Ada nel comune di Roma. Era la capitale del popolo degli Antemnati.



                                          CAENINA 🔎

                                          Caenina una tra le più antiche città del Latium Vetus, ma non importante. I suoi abitanti erano detti Caeninenses. Non ne sono mai trovati i resti. 
                                        - Secondo Dionigi di Alicarnasso erano Aborigeni, vale a dire Sabini, che ne avevano cacciato gli Umbri che l'abitavano.
                                        - Per Marcio Porcio Catone erano di origine greca,
                                        - Festo scrive che era vicina a Roma,
                                        - Antonio Nibby la colloca all'interno della tenuta di Marco Simone, non distante da Crustumerium ed Antemnae,
                                        - da altri viene situato sulla sponda sinistra del fiume Aniene, 10 km prima della confluenza nel Tevere, e a 3 km dal Monte Sacro, al VI miglio della via Collatina, in zona di Ponte Mammolo.



                                          CAMERIA o CAMARIA o CAMERIUM

                                          Era una città latina situata a nord-est di Roma, citata da varie fonti in età monarchica. La città è menzionata da Plutarco contro la quale Romolo avrebbe combattuto, ucciso 6.000 dei suoi abitanti ed installato una colonia romana, sedici anni dalla fondazione di Roma. Potrebbe essere stata una colonia di Alba Longa.

                                        La città che, come tante altre città Latine, si era ribellata alla supremazia di Roma, alla morte di Anco Marzio si arrese ai romani guidati da Tarquinio Prisco, dopo che questo aveva conquistato con la forza Corniculum, e ne aveva tratto i superstiti come schiavi a Roma. Fu definitivamente distrutta nel 502 a.c. dai Romani guidati dal console Opitero Verginio Tricosto.

                                        «Sistemate le vigne e gli armamenti gli uomini stavano per fare breccia nelle mura, quando la città si arrese. Per gli Aurunci non ci fu nessuna pietà: nonostante la resa, subirono la stessa sorte che sarebbe toccata loro se la città fosse caduta a séguito di un assalto. I personaggi più in vista furono decapitati, mentre il resto dei coloni vennero venduti come schiavi. La città fu rasa al suolo e la terra messa all'incanto. I consoli ebbero il trionfo più per aver vendicato implacabilmente gli affronti subiti che per l'importanza del successo ottenuto in guerra

                                        (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II, 17.)

                                        Secondo Dionigi Opitero Verginio guidò i Romani contro i cittadini di Camaria che, sconfitti, furono tratti in schiavitù, mentre la loro città fu rasa al suolo. 



                                        COLLATIA 

                                        - Strabone la colloca a circa trenta stadi da Roma, un semplice villaggio con tenute agricole o tenute agricole.
                                        - Tito Livio narra che la città fu tolta ai Sabini dal re Tarquinio Prisco, che fece governare da suo nipote Egerio.
                                        - Secondo la tradizione era stata una colonia di Alba Longa, fondata dal re latino Silvio, discendente di Enea.

                                        Qui nacque e visse Lucio Tarquinio Collatino, primo console di Roma insieme a Lucio Giunio Bruto, e marito di Lucrezia, che proprio a Collatia si suicidò, per aver dovuto cedere con le minacce, alle richieste amorose di Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo.

                                        Fu agli abitanti di Collatia, cui Bruto rivolse un accorato appello, perché si ribellassero alla tirannia dei Tarquini, prima di ripetere lo stesso appello ai Romani. 



                                        CORNICULUM

                                        Situata nell'ager Tiburtinus, era probabilmente città sabina, e il suo nome deriverebbe dalle due colline adiacenti che le unisce proprio come una coppia di piccoli corni.  

                                        - Alcuni la identificano con la città latina di Corniculum (patria secondo la tradizione di Servio Tullio), che cessò di esistere dopo essere stata sottomessa a Roma. 
                                        - Altri la identificano con la località Montecelio, sempre dei monti Carnicolani, dove sono stati ritrovati vari materiali risalenti all'età del ferro e frammenti ceramici del VII-VI secolo a.c., che per alcuni ne hanno suffragato l'identificazione.

                                        La città, che come tante altre città Latine, si era ribellata alla supremazia di Roma alla morte di Anco Marzio, venne conquistata e distrutta da Tarquinio Prisco, che ne trasse i superstiti come schiavi a Roma.

                                        Secondo la tradizione era la città natale di Ocresia, la madre di Servio Tullio, che sarebbe stata la moglie o la figlia del re della città, catturata come schiava al momento della distruzione.



                                        CRUSTUMENTUM o CRUSTUMERIA

                                        - Secondo Diodoro Siculo fu tra le città fondate da Silvio, figlio di Enea e di Lavinia, e quindi di origine latina.

                                        SEPOLTURE DI CRUSTUMENTUM
                                        - Secondo Dionigi di Alicarnasso fu fondata prima di Roma, dalla popolazione latina di Alba Longa.

                                        - Virgilio la nomina nell'Eneide tra le cinque città impegnate nella fabbricazione delle armi che le popolazioni dell'Italia centrale dovevano usare per combattere Enea.

                                        - Plutarco la ritiene di origine sabina.

                                        Era la capitale del popolo dei Crustumini, identificata con il centro antico individuato e solo in parte scavato in località Marcigliana Vecchia, a nord di Roma, lungo la via Salaria presso Settebagni. Dopo averlo un po' studiato, il sito è stato definitivamente ricoperto, con grande gioia dei tombaroli.



                                        FICANA 🔎

                                        Ficana era collocata sulla sponda sinistra del fiume Tevere, sulle piccole alture di Monte Cugno, presso la località Monti di San Paolo, ad Acilia, oggi ridotto a una collinetta, ma un tempo più scosceso, naturalmente difeso su tre lati, e posto a dominare strategicamente il Tevere fino alla foce.

                                        Michele Mattei attraverso l'analisi dei dati archeologici pubblicati, ha individuato almeno cinque aree di scavo del sito che mostrano segni di distruzione violenta proprio alla fine dell'VII secolo a.c., coeve dunque al presunto arrivo di Anco Marzio, leggendovi i chiari segni del passaggio del re romano sul sito. Sito che sarebbe stato si distrutto, ma ricostruito subito dopo, e romanizzato.

                                        In effetti, Ficana non aveva solo il controllo sulla foce del Tevere: di grande importanza per i romani era il possesso delle saline, che si trovavano pochi chilometri a ovest ed erano probabilmente sfruttate dai ficanesi stessi. 



                                        MEDULLIA o MEDULLUM

                                        • Medullia fu una delle città dei Latini che, come ricorda Tito Livio, entrarono in guerra con Roma nel VII secolo a.c., durante il regno di Ancus Marcius. La città fu quindi perduta e riconquistata nuovamente da Anco Marzio, a prezzo di quattro anni di durissimi combattimenti, dopo che la città aveva nuovamente tradito passando ancora una volta ai Latini.

                                          Tito Livio ricorda anche che la città faceva parte della Lega Latina che entrò in guerra con Roma
                                          durante il regno di Lucio Tarquinio Prisco. La città secondo Livio aveva una forte guarnigione ed era potentemente fortificata, ciononostante i romani la assediarono e la vinsero in una battaglia campale fuori dalla città. Nel 494 a.c. si ribellò nuovamente ai romani, alleandosi con i Sabini e stavolta venne distrutta.
                                          Secondo Hubert Zehnacker si sarebbe trovata presso Sant'Angelo Romano, sulla riva destra del fiume Aniene. Si tratta tuttavia di una teoria non ancora provata.



                                          POLITORIUM

                                          - Catone parla della sua fondazione, 
                                        • - Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso narrano della sua conquista e distruzione ad opera di Roma Anco Marzio, durante i suoi primi anni di regno, che però ne avrebbe trasferito la popolazione sull'Aventino.

                                        • La guerra tra Romani e Latini sotto le mura di Politorium si ripeté l'anno successivo al primo scontro, poiché i Latini l'avevano ripopolata con nuovi coloni. Questa volta i romani, dopo averla conquistata, ne rasero al suolo le mura, e ancora una volta deportarono gli abitanti in città.

                                        • Politorium fu dunque effettivamente conquistata e distrutta nel corso della prima espansione di Roma verso il mare nel VII secolo a.c., che portò alla caduta anche di Tellenae e di Ficana e che sarebbe culminata nella fondazione di Ostia, attribuita dalla tradizione allo stesso Anco Marzio. 

                                        • Politorium è stata identificata con il centro arcaico rinvenuto negli scavi della località di Castel di Decima, nella periferia sud-est di Roma. Manca tuttavia una conferma epigrafica che confermi con certezza la localizzazione.

                                        RESTI DI SATRICUM
                                        E' una delle 18 città latine fondate da Silvio, figlio di Enea, posta lungo il fiume Astura, in località Le Ferriere nel Comune di Latina.
                                        • - Nel 498 a.c., dopo che Roma ebbe sconfitto Fidenae, 29 città alleate contro Roma, tra le quali Satrico, si incontrarono per ristabilire il regno di Tarquinio il Superbo, ma vennero poi sconfitte nella battaglia del Lago Regillo.
                                        • - Nel 489 a.c. venne attaccata dai Volsci di Gneo Marcio Coriolano che saccheggiò la città e distrusse il tempio sull'Acropoli.
                                        • - Nel 390 a.c., mentre i Romani combattevano gli Equi, Velitrae e Satrico si ribellarono ai Romani.
                                        • - Nel 386 a.c. Marco Furio Camillo guidò i soldati contro Anzio, scontrandosi con l'esercito di Volsci, Latini ed Ernici, numericamente superiore, nelle campagne intorno a Satrico; e fu qui che Furio Camillo, lanciò il vessillo romano oltre le schiere nemiche, per spronare i Romani al combattimento:

                                        • «Dopo aver quindi suonato la carica, scese da cavallo e prendendo per mano l'alfiere più vicino lo trascinò con sé verso il nemico gridando: «Avanti l'insegna, o soldato!». Quando gli uomini videro Camillo in persona, ormai inabile alle fatiche per l'età avanzata, procedere verso il nemico levarono l'urlo di guerra e si buttarono all'assalto tutti insieme, ciascuno gridando per proprio conto «Seguite il generale!».
                                        • (Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 8.)

                                        • Nello scontro i Romani ebbero la meglio, ma i Volsci riuscirono a ritirarsi entro le mura di Satrico, grazie a un provvidenziale temporale che interruppe lo scontro.

                                        • - L'anno successivo il Senato inviò a Satrico, una colonia romana di 2 000 cittadini, che però fu attaccata nel 384 a.c. dai Volsci e dai Prenestini, che riconquistarono la città. Ancora una volta Roma richiamò Furio Camillo, che riportò una difficile vittoria sui Volsci.
                                        • - Nel 377 a.c. ancora una minaccia dei Volsci che si erano uniti ai Latini. Organizzata la leva, l'esercito fu diviso in tre parti, uno a difesa della città, una della campagna romana, e il grosso agli ordini di Lucio Emilio e Publio Valerio che combatterono nei pressi di Satrico con esito favorevole. 
                                        • Mentre i Volsci si ritirarono ad Anzio, dove trattarono la resa, consegnando la città e le sue campagne ai Romani, i Latini, volendo continuare il conflitto contro i romani e perciò furiosi per la defezione degli alleati, diedero fuoco a Satrico che fu distrutta; in quest'occasione si salvò solo il tempio di Mater Matuta.
                                        • - Nel 349 a.c. Satrico fu nuovamente ricostruita dai Volsci di Anzio, che vi fondarono una colonia. Ma Roma, temendone la rinascita, le mosse guerra sconfiggendo ancora una volta i Volsci; Satrico fu data nuovamente alla fiamme, e ancora una volta solo il tempio di Mater Matuta fu risparmiato.

                                        • Antonio Nibby localizzò il sito di Satricum in quella che era diventato il Casale di Conca, all'interno dell'omonima e vasta tenuta, che dal 1713 era di proprietà del Sant'Offizio di Roma. 



                                        • SATURNIA

                                          Secondo Varrone si sarebbe trovata sul Campidoglio, ai piedi del quale sarebbe esistito un santuario dedicato al Dio Saturno, mentre Ovidio nei Fasti attribuisce il nome a Roma stessa. Su questa base si è ipotizzata una connessione con il "nome segreto" di Roma, sulla presunta e misteriosa esistenza del quale ci informano varie fonti antiche. 
                                          Si sarebbe trattato di un nome rituale, noto solo ai sacerdoti di rango più elevato; doveva rimanere segreto per evitare che incantesimi magici potessero attirare sventure sulla città. Il principio era che se la magia era diretta al nome di Roma non avesse effetto in quanto non era il suo vero nome.
                                          La Dea Angerona, col dito sulle labbra ad incitare al segreto, avrebbe avuto la funzione di proteggere la segretezza di tale nome. Tuttavia, che questo nome fosse proprio "Saturnia" resta pura speculazione. 


                                        SCAPTIA 

                                        Secondo Tito Livio avrebbe dato il suo nome alla tribù Scaptia. Per la sua collocazione si è ipotizzata la piana sottostante Tivoli.



                                        SUESSA POMETIA

                                        Citata da numerosi autori antichi, non ha tuttavia una precisa localizzazione: si è ipotizzato per le moderne Cisterna di Latina e Borgo Podgora. La moderna città di Pomezia, fondata negli anni trenta del XX secolo, ne riprende infatti solo il nome.



                                        TELLENAE

                                        Secondo la mitologia romana, fondata dagli Aborigeni in conseguenza del rito della primavera sacra, fu distrutta dai romani guidati da Anco Marzio durante l'espansione di Roma verso il mare nel VII secolo a.c., mentre la popolazione sarebbe stata trasferita sull'Aventino.

                                        - Strabone cita Tellenae come prossima ai Colli Albani. L'autore non specifica peraltro che alla sua epoca fosse scomparsa, ma si può supporre che fosse ridotta a un villaggio insignificante, e pochi decenni più tardi, ai tempi di Plinio, poteva risultare effettivamente abbandonata del tutto.

                                        - Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso ne riportano la distruzione ad opera di Anco Marzio durante l'espansione di Roma verso il mare nel VII secolo a.c., mentre la popolazione sarebbe stata trasferita sull'Aventino.

                                        Un insediamento nell'attuale località di La Giostra, nella zona di Roma Castel di Leva, tra la via Ardeatina e la via Appia antica, venne identificata da Antonio Nibby come Tellenae. In seguito, l'archeologo britannico Thomas Ashby, accertò che si trattasse solo di un castrum romano del IV secolo a.c., recentemente identificato nell'antica Mugillae.

                                        Tellenae sembrerebbe esser stata identificata con un villaggio rinvenuto nella zona Fonte Ostiense, su un pianoro prospiciente il fosso dell'Acqua Acetosa, lungo l'attuale via Laurentina, ma anche in questo caso mancano comunque conferme epigrafiche per l'identificazione.



                                        TIFATA

                                        Di ignota collocazione, avrebbe dato il nome alla "curia Tifata", istituita secondo la tradizione all'epoca di Romolo.

                                        TRIONFO DI FURIO CAMILLO

                                        LE CITTA' DESUMIBILI DAI POPOLI ALBENSES CITATI DA PLINIO

                                        I popoli albensi (populi albenses) erano una foederatio di trenta popolazioni dell'Italia preromana (i prisci Latini) stanziate nell'antico Latium vetus tra il X (età del bronzo finale) e l'VIII secolo a.c. (età del ferro avanzata). Il termine albenses li indicava come partecipanti alla cerimonia del banchetto sacro sul mons Albanus, nel santuario di Giove Laziale.


                                          ALBA LONGA                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Alba Longa fu il capo della confederazione dei popoli latini, la città principale e più grande di tutto il Latium vetus per tutta l'età arcaica, che dava il suo nome al mons Albanus (Monte Cavo) e al lago sottostante, lacus Albanus (lago Albano).

                                        ALBANUM
                                        «Qui i Romani, riunendosi insieme tutti, fanno sacrifici a Giove, insieme ai Latini. Per tutta la durata della cerimonia, mettono a capo della città un giovane di famiglia patrizia
                                          (Strabone, V, 3, 2.)

                                          Alba venne fondata da Ascanio, figlio di Enea, trent'anni dopo la fondazione di Lavinium. Dalla sua casa regnante discese Romolo. Sotto Tullo Ostilio, nella prima metà del VII secolo a.c., le due città entrarono in conflitto e Alba venne distrutta dai Romani. 
                                        Strabone riferisce che il santuario della città sarebbe stato risparmiato e che gli Albani vennero dichiarati cittadini romani. 

                                        Il sito esatto della città antica non si conosce: alcuni l'identificano con Castel Gandolfo, sulle pendici del Monte Cavo. Si sa che Settimio Severo ricavò dalla grande villa, costruita da Domiziano nel circondario di Alba, un accampamento per la II Legio Partica, chiamato "Castra Albana", da cui si sviluppò nella tarda antichità la città di Albano Laziale.


                                        BOLA

                                        Città dei Latini, situata tra Labicum e Praeneste.

                                        - Virgilio la cita nell'Eneide, 
                                        - Livio la chiama Bolae, 
                                        - Diodoro Sicula la ricorda come colonia di Alba Longa, Plinio il Vecchio pone Bola tra le città albane scomparse,
                                        - Dionigi d'Alicarnasso la cita come una delle città prese dai Volsci condotti da Coriolano, saccheggiate le case, fatti schiavi gli uomini, arresa e per questo incendiata dai Volsci.

                                        Nel 418 a.c. i Romani rasero al suolo l'antica Labicum, che si era ribellata, e ne distribuirono il territorio a 1500 veterani. Bola avrebbe subito la stessa sorte tre anni dopo, quando venne conquistata dai romani comandati dal tribuno consolare Marco Postumio Regillense, se costui non avesse suscitato un ammutinamento con il suo comportamento arrogante. Bola venne tuttavia conquistata da Furio Camillo, reduce dalla vittoria contro i Volsci nei pressi di Maecium, nel 389 a.c.

                                        Diodoro Siculo ne parla come se poi fosse stata occupata dai Latini e assediata dagli Equi. Questa è l'ultima menzione nota della città; probabilmente fu distrutta durante queste guerre e non se ne trovano ulteriori tracce, se non in Plinio il Vecchio che la cita tra le città scomparse. Finita l'era repubblicane se ne perdono le tracce.

                                        Si presume fosse posta nella Valle del Sacco presso l'antica Labicum (forse odierna Monte Compatri). Secondo Francesco de' Ficoroni e Antonio Nibby, Bola occupava il sito di Lugnano, (odierna Labico) allora un villaggio a 7 chilometri a sud di Palestrina (Praeneste), e a 12 chilometri a sud-est di Colonna.



                                        CORIOLI

                                        Secondo Dionigi una città-stato dei Volsci, identificata nella località località Monte Giove, presso Genzano. La città è legata a Coriolano, che da essa riprese il suo cognomen. Venne prima conquistata in una campagna militare contro i Volsci di Anzio. Nel 493 a.c., il console Postumio Cominio invase il territorio dei Volsci e Corioli venne conquistata, dopo un breve assedio, grazie al valore militare del giovane Gneo Marcio, soprannominato "Coriolano".

                                        Nel 489 a.c. venne nuovamente riconquistata dai Volsci, condotti dallo stesso Coriolano. In seguito il territorio di Corioli, conteso fra Aricini e Ardeati, divenne ager publicus.

                                        Sulla cima del colle di Monte Giove si conserva un terrazzamento rettilineo, di circa 200 metri e alto 3 metri, costituito da un costone di tufo tagliato verticalmente con funzione difensiva. Questo costone era rinforzato da molti blocchi di tufo lunghi un piede romano (29 cm), alcuni dei quali si conservano oggi sul posto, del VI secolo a.c. Probabilmente su questa terrazza si apriva una delle porte della città, visto la stretta apertura praticata nella roccia da cui si sale verso il casale moderno.

                                        Un cunicolo ipogeo noto come "Grotta del Tesoro" veniva utilizzato per la raccolta delle acque per l'approvvigionamento idrico della città.

                                        CAPANNA DEI FIDENATI

                                        FIDENE 

                                        Sorse nel sec. XI a.c, sul colle di Villa Spada, a circa 8 km a nord di Roma sulla Via Salaria, vicina al corso del Tevere, all'incrocio tra le vie commerciali tra Romani, Sabini, etruschi e Sanniti, nonché in contatto con i traffici fluviali del Tevere, grazie al quale di terre fertili. L'acropoli di Fidene probabilmente sorgeva sulla collina di Villa Spada, dove attualmente sorge l'omonima borgata Fidene. La città era cinta da mura e apparteneva al suo territorio anche la zona di Montesacro.

                                        Secondo gli storici Fidene fu fondata dagli Albani, con a capo:
                                        - secondo Solino fu Ascanio,
                                        - per Dionisio fu il maggiore di tre fratelli che fondarono contemporaneamente anche Nomentum e Crustumerium.

                                        La guerra tra Roma e Fidene durò per circa 400 anni, svolgendosi sotto Romolo, sotto Numa Pompilio, Tullio Ostilio e con i Tarquini.
                                        Plutarco racconta due versioni:
                                        - una secondo cui Roma riuscì a catturare Fidene, facendola assalire all'improvviso da un gruppo di cavalieri, a cui aveva dato ordine di tagliare i cardini delle porte di accesso della città, seguiti poi a sorpresa dall'esercito di Romolo.
                                        - Un'altra secondo cui furono i Fidenati a scatenare il conflitto, armando squadroni di cavalieri per devastare le campagne romane saccheggiando e uccidendo. Allora Romolo, andò con l'esercito dalla città nemica, ma una piccola parte andò sotto le mura, e il resto nel bosco. Una volta aperte le porte della città, i Fidenati si lanciarono sulle linee nemiche che fuggirono per raggiungere la boscaglia, dove vennero decimati e risospinti fino alla città che venne vinta e distrutta.

                                        Venne in parte riedificata ma riportata poi come decadente da Orazio e Strabone. L'unica notizia successiva la danno Svetonio e Tacito, a proposito del crollo di un teatro ligneo edificato per spettacoli temporanei presso Fidene nell'anno 27 d.c., che causò la morte di circa 20.000 persone, sulle 50.000 presenti, e che fu ricordato come uno dei peggiori disastri causati dal crollo di teatri in epoca romana.



                                        LONGULA

                                        Corrisponde secondo Antonio Nibby all'odierna località di Buon Riposo (ma non se ne ha ancora certezza), nel territorio di Aprilia dove emergono anche i resti di Polusca (a Campoleone) e insediamenti Rutuli a Casalazzara. Longula, inizialmente città latina, abitata cioè dai Longani, venne occupata dai Volsci, e poi fu riconquistata dai romani. Fu anche luogo di un importante scontro della II guerra sannitica, dove i Romani affrontarono i Sanniti che furono sbaragliati in uno scontro campale. 



                                        PEDUM

                                        Una delle città più importanti della Lega Latina, situata tra Tibur e Praeneste, presso l'odierna Gallicano nel Lazio. Nel 484 a.c. i Romani, in rotta dopo la sconfitta patita ad Anzio contro i Volsci, riuscirono a sconfiggere questi ultimi nella battaglia di Longula, sovvertendo così le sorti della guerra. Venne conquistata dai Romani prima ad opera di Coriolano e quindi definitivamente nel 338 a.c. In seguito decadde.



                                        QUERQUETULUM 

                                        Citata da Dionigi di Alicarnasso, è identificata in genere con Corcolle, tra Tivoli e Gallicano nel Lazio. In effetti nel nome stesso del questo piccolo villaggio di Corcolle sembrerebbe sopravvivere il nome più antico di Querquetulum. Nelle vicinanze di Corcolle sono venuti alla luce dei materiali dall'età del ferro fino al II secolo a.c., tra cui oggetti votivi riferibili a un tempio connesso con una fonte.



                                        TOLERIUM

                                        Tolerium, facente parte della Lega Latina, fu la seconda città conquistata dai Volsci nel 489 a.c., dopo Circei, condotti da Gneo Marcio Coriolano. Giunti sotto le città, trovarono gli abitanti sulle mura, pronti alla battaglia. Dopo averli costretti ad abbandonare le posizioni sulle mura, con l'intervento dei frombolieri, i Volsci riuscirono ad entrare, attaccando contemporaneamente la porta e le mura. I Volsci ne trassero un ricco bottino.
                                        Di incerta localizzazione, secondo Antonio Nibby si dovrebbe identificare con l'odierna Valmontone, ma ancora non se ne hanno prove certe. 



                                        VETELLIA o VETELIA

                                        Poco se ne sa, se non che si trovava sul confine tra Latini ed Equi e viene citata da Svetonio a proposito delle origini dell'imperatore Vitellio, a causa della somiglianza del nome. 



                                        APIOLAE 

                                        Antica cittadella dei Latini, non menzionata da Plinio, ma distrutta dal re di Roma Tarquinio Prisco e definita da Livio e Plinio come Oppidum Latinorum. A seguito all'annessione dei Sicani, per opera del re Anco Marzio, gli Apiolani si ritrovarono confinanti con gli stessi Romani.
                                        Morto il re e decaduto quindi il precedente accordo di pace con Roma, gli Apiolani invasero il territorio romano compiendo diversi saccheggi. Fu conquistata e distrutta dai romani condotti da Tarquinio Prisco. Venne localizzata dal Nibby a Castel Savello, tra Pavona e Albano Laziale. .


                                        BIBLIO

                                        - Massimo Pallottino - Origini e storia primitiva di Roma - Milano - 1993 -
                                        - Lorenzo Quilici - Roma primitiva e origini della civiltà laziale - Roma - Newton Compton - 1979 -
                                        - Antonio Nibby - Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma - Antemna, Antemnae - 1837 -
                                        - Giovanni Maria De Rossi - Apiolae (Forma Italiae, Regio I, vol. IX), Roma, De Luca - 1970 -
                                        Andrea Carandini - La leggenda di Roma, volume II. Dal ratto delle donne al regno di Romolo e Tito Tazio, Mondadori - Fondazione Valla - Milano - 2010 -
                                        - Appiani alexandrini historia romana - Immanuel Bekker (a cura di) - 2 voll. - Lipsiae - in aedibus B. G. Teubneri - 1852-53 -
                                        - Emilio Gabba - Dionigi e la storia di Roma arcaica - Bari - Edipuglia - 1996 -
                                        - Tito Livio - Storia di Roma - Newton Compton - 6 volumi - traduzione di Gian Domenico Mazzocato - Milano -1997 -
                                        - Plinio il Vecchio - Naturalis Historia - libro III -



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