TEMPIO DI GIUNONE AVENTINA - SANTA SABINA



RICOSTRUZIONE  DEL TEMPIO


TEMPIO DI GIUNONE REGINA ALL'AVENTINO

"Quando i beni privati erano già stati asportati da Veio, i vincitori cominciarono a portarsi via anche i tesori degli Dei e gli Dei stessi, pur facendolo però con spirito di autentica devozione e non con foga da razziatori. Infatti all'interno di tutto l'esercito vennero scelti dei giovani che, dopo essersi lavati accuratamente e aver indossato una veste bianca, ebbero l'incarico di trasferire a Roma Giunone Regina.

Una volta entrati nel tempio pieni di reverenza, essi in un primo tempo accostarono piamente le mani al simulacro della dea perché secondo la tradizione etrusca quell'immagine non doveva esser toccata se non da un sacerdote proveniente da una certa famiglia. 

 Poi, quando uno di essi, vuoi per ispirazione divina, vuoi per celia giovanile, disse, rivolto al simulacro: 
«Vuoi venire a Roma, Giunone?», tutti gli altri gridarono festanti che la Dea aveva fatto un cenno di assenso con la testa. In seguito venne aggiunto che era stata udita la voce della Dea rispondere di sì. 

Di certo però sappiamo che non ci vollero grossi sforzi di macchine per rimuoverla dalla sua sede: facile e leggera a trasportarsi, la Dea approdò integra sull'Aventino, in quella zona cioè che le preghiere del dittatore avevano invocato come la sede naturale a lei destinata per l'eternità e dove in seguito Camillo le dedicò il tempio da lui stesso promesso nel pieno della guerra."

(AUTORE SCONOSCIUTO)

IL TEMPIO DI GIUNONE AVENTINA

Il tempio di Giunone Regina fu infatti dedicato sul colle Aventino alla Regina degli Dei da Marco Furio Camillo (446 a.c. circa – 365 a.c.) che fece voto di erigere un tempio a Giunone "Regina di Veio" in occasione della conquista di Veio.

Dopo la vittoria sciolse il voto costruendo, nel 396 a.c., il tempio alla Dea sull'Aventino, dove era custodita la statua in legno di Saturnia, portata via da Camillo stesso dalla città sconfitta. Giunone Regina, quella evocata durante l’assedio di Veio, venne portata nel suo simulacro sull’Aventino, condotta fin da Veio con processione solenne.

Il popolo cantò per lei, ed offrì incensi e regali alla Dea. La dedica avvenne il 1º settembre del 392 a.c., con processione, sacerdoti, canti e danze, con torce e incensi, con ghirlande di fiori e nastri, con sacrifici di animali, banchetti e brindisi in onore della Dea.

Il tempio, esastilo e poggiato su alto podio, divenne presto famoso e fu spesso nominato negli annali in seguito a congrui doni o sacrifici conseguenti a meravigliosi prodigia, insomma la Dea faceva molti miracoli ed esaudiva molte grazie.

CHIESA DI SANTA SABINA COSTRUITA SOPRA IL TEMPIO,
AL CENTRO I RESTI DEL PAVIMENTO ROMANO

Per questi suoi prodigi la gente si recava in pellegrinaggio per renderle onore e supplicarla, anche da fuori di Roma. Divenne un vero e proprio pellegrinaggio, con gente che traversava campi e vie consolari con mezzi di fortuna, spesso anche a piedi.

Il tempio, ormai famoso ovunque anche al di fuori di Roma, per i numerosi miracoli concessi dalla Dea misericordiosa, fu restaurato da Augusto, ma da allora non venne più menzionato dalle fonti, o almeno non si trovarono più fonti che lo menzionassero, tenendo conto che molto spesso i cristiani distruggevano tutto ciò che alludeva agli Dei pagani.

Si sa che il tempio si trovava nella parte superiore del clivus Publicius, infatti due iscrizioni di pertinenza alla processione lustrale del 207 a.c. sono state ritrovate nei pressi della chiesa di Santa Sabina, con tutta probabilità costruita su di esso, visto i numerosi reperti romani di cui è adorna.
All’interno della basilica di Santa Sabina nel V secolo furono ricollocate 24 colonne corinzie del tempio di Giunone Regina.
Al lato del tempio si trovavano le Scalae Cassi (Scale di Cassio) che portavano al luogo di culto.
"Parte degli avanzi delle sostruzioni del Tempio di Giunone Regina ora sostengono i muri della Chiesa di S Sabina. Questo Tempio aveva la Cella circondata da un maestoso Portico le di cui colonne ora sostengono l'architrave della medesima Chiesa".

(Ridolfino)

LE COLONNE ROMANE

SANTA SABINA

Una chiesa antica come un tempio pagano è S. Sabina, fondata nel 422 utilizzando le 24 colonne marmoree corinzie del tempio di Giunone Regina.

Nel IX secolo le sue decorazioni furono arricchite di finestre in selenite (sostitutivo del vetro), termine dal greco "selenites" letteralmente "pietra di Luna", dal nome della Dea greca della luna, Selene.
Nell'area è compreso anche il perimetro del santuario di Diana, fatto erigere dal re etrusco di Roma Servio Tullio, che condusse qui il culto, traslandolo dalla zona del lago di Nemi.



IL GIARDINO DEGLI ARANCI

Il Giardino degli Aranci, cosiddetto dall'aranceto che vi cresce estesamente, si espande a Roma nell'area dell'antico fortilizio della famiglia Savelli (1285 - 1287) presso la chiesa di Santa Sabina sull'Aventino, su un preesistente castello fatto costruire dai Crescenzi nel X secolo.

L'attuale giardino fu realizzato nel 1932 da Raffaele de Vico, destinando a parco pubblico l'area che i padri Domenicani della vicina chiesa tenevano a orto. Addossata ad una nicchia del muro di cinta del suddetto Parco Savello, c'è una fontana che è stata realizzata nel 1936 su progetto di Antonio Munõz.

Antonio Munõz diresse alcuni importanti restauri di chiese romane tra i quali, di particolare rilievo, quello della basilica di Santa Sabina che, eliminando le sovrapposizioni edificate da Domenico Fontana nel 1587, riportò la chiesa al suo aspetto originario. L'intervento fu eseguito in due fasi: la prima dal 1914 al 1919 e poi dal 1936 al 1937.

La chiesa fu costruita tra il 422 e il 432, si dice, sopra la casa della matrona romana Sabina, poi divenuta santa, di cui resta all'interno, addossata alla parete di destra, una colonna di granito. Sulla quale colonna ci sono leggende particolari.

Ma c'è da fare un premessa: la colonna della chiesa non appartenne alla casa di Santa Sabina ma al tempio di Giunone Aventina. Ci sono anzi molte riserve sulla casa di Santa Sabina, mentre è certo che la Chiesa è in parte sul tempio di Giunone Regina e in parte sul tempio di Diana.



LAPIS DIABOLI

La pietra nera di forma rotonda posta su una colonna tortile a sinistra della porta di ingresso, è chiamata Lapis Diaboli, ossia "pietra del diavolo" perché sarebbe stata scagliata dal diavolo contro San Domenico mentre pregava sulla lastra marmorea che copriva le ossa di alcuni martiri, mandandola in pezzi.

COLUMNA PONDERALIS - LAPIS DIABOLI
Sopra una piccola colonna biancastra, in disparte in un angolo a sinistra dell’edificio, si trova infatti una pietra dalla forma tondeggiante con incisioni di artigli. Leggenda vuole che nel 1220 San Domenico e il suo seguito di frati, che occupavano il complesso di Santa Sabina, si imbatterono più volte nel demonio.

Una sera, mentre Domenico pregava inginocchiato per terra, il diavolo afferrò, con i suoi artigli infuocati, un macigno di basalto strappato dal tetto della chiesa e lo scagliò furiosamente conto il Santo che ne venne, fortunatamente, solo sfiorato.

Questo fatto costrinse il diavolo ad andarsene frustrato ma sembra che, di tanto in tanto, torni in questo luogo per trattenersi sulla porta prima di andarsene sconsolato.

Le nere pietre diaboliche ritrovate nel tempio di Giunone Aventina erano in realtà pesi riferibili all'età romana, con iscrizioni in cifre o in lingua latina. Partendo dai pesi di maggiori dimensioni, tutti lapidei, l'indicazione della libra, con i suoi multipli e sottomultipli, veniva realizzata incidendo semplici cifre romane fungenti da numerali, con l'unità di riferimento, la libra, sottintesa.

Servivano da riferimento a chi acquistava delle merci per poter essere sicuro che il venditore non stesse truffando sul peso, in quanto i pesi erano garantiti dallo stato. Queste unità di misura venivano conservate in genere nei templi per essere certi che nessuno potesse sostituirli, garantiti dagli inappuntabili sacerdoti che custodivano il tempio.

In realtà la lapide, che è appunto una misura di peso, nulla di diabolico, fu spezzata dall'architetto Domenico Fontana ( 1543 – 1607),in un fortuito incidente, per spostare la sepoltura dei martiri. Come risulta da alcune iscrizioni ritrovate nei pressi della basilica (CIL VI, 364 e CIL VI, 364), la chiesa venne edificata, almeno in gran parte, sul tempio di Giunone Regina (dove si conservavano le unità di misura dei pesi), e 24 colonne del quale furono utilizzate per l'edificazione della chiesa di Santa Sabina.

Basta guardare come sono chiaramente antiche le otto colonne romane dell’atrio davanti alla facciata, la splendida cornice marmorea di I sec. sul portale di ingresso e le colonne utilizzate nell'interno .
Materiali: marmo bianco, granito, frammenti di marmi policromi e travertino.



FONTANA IN PIAZZA PIETRO DI ILLIRIA

Appena fuori dalla Chiesa di Santa Sabina, sulla piazza Pietro di Illiria, si nota una bella fontana, anche questa  composta da due pezzi di reimpiego: una vasca termale romana ed il monumentale mascherone marmoreo, scolpito per ornare una fontana costruita nel 1593 nel Campo Vaccino su progetto di Giacomo della Porta.

L’antica vasca in granito, del tipo che usavano i romani nelle terme, adorna di maniglioni a bassorilievo, è collocata al centro di un bacino rettangolare leggermente incassato rispetto al livello stradale. Sopra di essa, raccolto nella valva di una conchiglia, si trova il mascherone cinquecentesco.



BIBLIO

- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita -
- Floro - Epitomae de Tito Livio - libro I -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- Robert Graves - La Dea bianca. Grammatica storica del mito poetico - 4ª ed. - Milano - Adelphi - 2012 [1992] -





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