CULTO DI SENTIA




"Il rapporto pavor/Pavor mostra come i teonimi possano essere tratti da qualsiasi elemento lessicale, senza la necessità di marcare il passaggio di categoria attraverso una morfologia autonoma; nella maggior parte dei casi però, come nota già Agostino, la base lessicale a partire dalla quale vengono costruiti i nomi delle divinità subisce delle modifiche, tramite l’aggiunta di suffissi derivativi: così da bellum nasce Bellona, non Bellum, e da cuna deriva Cunina, non cuna.

Nonostante questo, il rapporto etimologico tra il teonimo e la sfera di pertinenza associata a ciascuna divinità rimane trasparente già in antico; lo attesta, per esempio, Cicerone, che sottolinea come il potere specifico di ciascun dio venisse indicato dal suo stesso nome: "is quidem nominibus quae paulo ante dicta sunt quae vis sit in quoque declaratur deo
" "

(Giulia Eleonora Laudani)

Sentia, Dea che aiutava a pensare, il cui nome deriva da "sentio" (io sento), quindi anche nel senso di intuire e capire, pertanto aiuta i matematici, gli astronomi, i fisici e gli scienziati in genere, ma la "Dea Sentia sententias inspirando..." è molto venerata dai giuristi e dai giudici perchè interviene come una musa ispiratrice di giuste leggi e giuste sentenze.

E' invocata pertanto come sentimento di giustizia da coloro che, sapendosi innocenti, vengono convocati in giudizio "si judices pro causâ meâ senserint" sperando nell'aiuto della Dea che ispirerebbe ai giudici la giusta sentenza proteggendo gli innocenti.

E' in effetti la Dea dei buoni sentimenti, "ea quae sentire videmus" (quelli che noi sentiamo possedere una sensibilità, cioè sentire le buone disposizioni d'animo degli altri), ma pure "dicam quod sentio" (dirò ciò che sento) in quanto la Dea è ispiratrice non solo di capacità intellettive quanto di desiderio di verità, quella verità che sempre libera l'uomo giusto e pio.

"An, si Iovis summa potestas est, etiam Victoria dea debuerit aestimari, praebendo consilia et dea Sentia sententias inspirando" La Dea è citata da Agostino di Ippona nel suo "De civitate Dei" ovvero "Civitate Dei contra paganos
" (La città di Dio contro i pagani) con un senso di derisione per tante assurde piccole divinità, mentre egli, detentore dell'unica religione, adora, come tutti i cristiani, un unico vero Dio.

Egli cita la Dea Sentia come colei che ispira dei sentimenti, pertanto secondo la religione pagana, nulla apparterrebbe all'uomo ma tutto sarebbe dettato dagli Dei, in opposto alla sua religione dove l'uomo è responsabile di tutto ciò che sente e che fa, con Dio che raramente interviene ma che subentra poi a giudicare piuttosto pesantemente.

Pertanto la Dea Sentia è colei che aiuta ad avere un giusto sentimento, a pensare, ad avere una giusta opinione e a giudicare giustamente cioè in modo obiettivo, pertanto la Dea aiuta gli uomini adavere pensieri chiari con lucida mente.

Il che implica a non farsi coinvolgere dalle passioni, in nome di quella famosa "continenza" tanto auspicata dai Romani secondo i mores maiores, i buoni costumi degli avi, dettati da un sentire scevro di forti emozioni che inquinano la mente del giusto sentire e giusto scegliere. Ma soprattutto sentire egregia omnia de patria (essere animati da un forte patriottismo), il primo e assoluto dovere di un cives romano.

Quindi la Dea Sentia conferisce saggezza e giudizio (Aug. civ. IV, 11; Tert. nat. II, 11) come si evidenzia nel frammento Cardauns dalle "Antiquitates rerum divinarum" di Varrone trasmesso da Agostino, stampato con la crux nelle più recenti edizioni di Dombart Kalb e Cardauns, tratta della teologia civile, nel quadro della teologia tripartita di Varrone. Se si accetta la ricostruzione di Radke 1965 p. 287 significherebbe anche sementa.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Agostino di Ippona - De civitate Dei contra paganos" -
- Bettini, M. - Su alcuni modelli della Roma più arcaica: designazioni linguistiche e pratiche culturali - Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici Vol. I. - 1978 -


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