CULTO DI SERAPIDE - SERAPIS





SERAPIDE EGIZIO

Le origini

Divinità derivante dal Dio tardo egizio Osorapi (Osiride-Api) con vari attributi greci di Zeus, Esculapio e Dioniso. Per altri le sue origini sono sinopitico-babilonesi.

Il faraone Tolomeo I (304-284 a.c.) accolse nella nuova capitale d'Egitto, Alessandria, il culto di Serapide, forse perchè poteva unire Egiziani e Greci.

Plutarco nel De Iside et Osiride racconta che un sogno profetico indusse Tolomeo a trasferire in un nuovo tempio del quartiere di Alessandria (Rakotis) una statua di Zeus custodita a Sinope, in Asia Minore, intitolandola al nuovo Dio.

 Qui il tempio di Serapide sorgeva su una collina chiamata Sen-Hapi, che nella trascrizione greca fu resa con Synopion, causando l'omonimia con Sinope.

Anche secondo Plutarco l'immagine del Dio proveniva da Sinope, colonia assira ellenizzata dove si adorava la divinità semitica Ea, il Sar-Apsi ("signore degli abissi"). L'oracolo di questo dio, secondo Arriano, sarebbe stato consultato a Babilonia dai generali di Alessandro Magno malato. L'assonanza dei nomi Sarapsi e Osorapis avrebbe spinto Tolomeo I alla scelta del Dio per farlo accettare al popolo egizio.


Iconografia

Serapide venne raffigurato come uno Zeus o un Ade, barbuto assiso in trono, con sul capo il basso diadema greco o la corona atef di Osiride, con doppia piuma e corna d'ariete. Il carattere di Dio dei defunti e della vegetazione, proprio di Osiride, rendeva Serapide assimilabile, per i Greci, ad Ade e a Dioniso insieme, mentre la capacità nelle guarigioni lo assimilava d Esculapio.

A volte aveva sulla testa un mogio di grano, caratteristica osiridea di divinità della vegetazione.
Il culto di Serapide, dall'Egitto passò sull'isola di Delo e da qui in Italia.

L'essere seduto sul trono, come Zeus e Ade, con uno scettro in una mano, lo avvicinava ancor più alle due divinità, spesso con l'altra mano si posava su Cerbero, a rappresentare la sua qualità ctonia.

Per i sacerdoti egizi il Dio fu l'equivalente antropomorfo di Api, ovvero la manifestazione terrestre di Osiride. Così l'importanza di Serapide crebbe fino a farne la maggiore divinità egizia, sostituendosi ad Osiride ed associandosi quindi ad Iside, Horo (nella forma di Harpocrate) e Anubi.

Serapide fu dunque identificato con Zeus, Ade, Dioniso, Asclepio, ed anche Helios, nell'aspetto solare. Il culto di Serapide si confuse anche col cristianesimo:

« Gli adoratori di Serapide sono cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide chiamano se stessi Vicari di Cristo »
( Storia Augusta, Adriano)

Serapide ebbe il suo culto in molte città del mondo greco e romano, fino al IV sec., quando, in seguito all'editto di Teodosio I, il Serapeo di Alessandria fu distrutto ed i culti pagani vietati.



ATTRIBUTI

Il moggio di grano, il toro, lo scettro, Cerbero, la corona, il serpente.



SERAPIDE ROMANO

Spesso i suoi seguaci romani lo osannarono, insieme a Iside, come unici Dei da seguire, piuttosto simili a Cristo e la Madonna, per questo il culto fu spesso avversato. Il senato non vedeva di buon occhio quello che per loro era fanatismo. Il culto venne pertanto spesso eseguito in privato, con affiliati segreti, e spesso accogliendo i Misteri Isiaci, di cui però nulla sappiamo.



TEMPLI

La Roma imperiale vantava parecchie opere di cultura egizia:
- almeno 17 obelischi,
- 3 piramidi e 9 tra templi e sacelli a Iside (iseo) e a Serapide (serapeo).
Erano:
- l'Iseo e il Serapeo campense (Campo Marzio),
- l'Iseo e il Serapeo della Regio III, sul Colle Oppio (così importante da dare il nome alla regio, cioè al quartiere: Isis et Serapis),
- l'Iseo Capitolino (Campidoglio),
- l'Iseo vicino la chiesa di Santa Sabina sull'Aventino,
- il Serapeo del Quirinale (uno dei templi più grandi della città),
- il Tempio di Iside presso le Terme di Caracalla,
- il sacello isiaco conosciuto come "Larario di via Giovanni Lanza",
- il sacello dei Castra Praetoria,
- il sacello degli Horti Sallustiani.


Tempio di Iside e Serapide a Campo Marzio

Marcellino: Il Serapeo, il cui splendore è tale che le semplici parole possono solamente sminuirlo, è talmente ornato di grandi sale colonnate, di statue che sembrano vive e tanta moltitudine di altre opere, che niente altro, eccetto il Campidoglio, simbolo dell'eternità della venerabile Roma, può essere considerato più fastoso al mondo.

Il tempio di Iside al Campo Marzio era un iseo, costruito nel 43 a.c. dedicato alla Dea Iside e al suo consorte Serapide, costruito tra il Saepta Iulia e il tempio di Minerva. L'ingresso aveva un corteo di obelischi in granito rosso o rosa di Siene, alternati alle sfingi.

Gran numero di essi è stato ritrovato, a pezzi e incompleti, nei pressi della basilica di Santa Maria sopra Minerva. Si ritiene che le sfingi fossero quelle portate da Cleopatra dall'Egitto, infatti la regina giunse a Roma nel 46 a.c. e vi rimase fino alla morte di Cesare, nel 44 a.c.

Il santuario, lungo 240 m e largo 60, aveva al centro un'area rettangolare a cui si accedeva tramite archi monumentali; poi la piazza scoperta con obelischi e sfingi, con al centro il tempio isiaco; poi un'esedra semicircolare con abside ospitava il serapeo.

L'edificio fu distrutto da un incendio nell'80 e ricostruito da Domiziano; modifiche successive furono attuate da Adriano, ed altre età severiana. La sopravvivenza del santuario è attestata fino al V secolo.

I resti del tempio si trovano sotto il Palazzo del Seminario e le chiese di Santa Maria sopra Minerva e Santo Stefano del Cacco. Il tempio vero e proprio stava dove oggi c'è la chiesa di S. Stefano del Cacco.

Questo nome deriva dal ritrovamento di una statuetta del Dio egizio Anubis con testa di sciacallo: il popolino l'aveva scambiata per una scimmietta e chiamata "macacco", da macaco, abbreviato in "cacco".

A cominciare dal VII-VIII secolo era cominciata la distruzione dell'Iseo e la sovrapposizione degli edifici. I resti del tempio sono tra i 5 e gli 8 m. al di sotto delle strade attuali.

Tra gli obelischi che ornavano il complesso sono ancora visibili quello del Pantheon, quello della Minerva e quello di Dogali; un quarto, più piccolo, si trova forse oggi a Urbino.

Sono riferiti al tempio:
- la statua di Iside Sothis, oggi davanti alla basilica di San Marco, nota come "Madama Lucrezia";
- la Statua del Nilo che si trova nel Museo Chiaramonti in Vaticano, - la Statua del Tevere al Louvre,
- i due leoni che decorano la Fontana dell'acqua Felice (angolo via XX settembre),
- e i due leoni ai piedi della scalinata che porta a Piazza del Campidoglio (copie, gli originali si trovano nel Museo Egizio vaticano e nel Museo Capitolino di Roma).

Il gigantesco piede di marmo di una statua egizia che si trova in via del Pie' di marmo, e la statuetta di una gatta in marmo murata sul primo cornicione all'angolo di palazzo Grazioli, in via Della Gatta.


Tempio di Serapide al Quirinale

Il Tempio di Serapide, sulle pendici del Quirinale a Roma, era il più grande tempio del colle, i cui resti sono ancora visibili tra palazzo Colonna e l'Università Gregoriana.

Il santuario, tra piazza della Pilotta e piazza del Quirinale, dedicato da Caracalla a Serapide ed Iside, sviluppava 13.320 m.q. con 135 m. x 98.

Era composto da un lungo cortile colonnato e dal santuario decorato con statue ed obelischi. Da una grandiosa scalinata si raggiungeva l'edificio al di sopra del dislivello naturale. Le colonne erano alte 21,17 m., per un diametro ciascuna di 2 m.

Ne rimane anche un enorme frammento di trabeazione, di circa 100 tonnellate di peso e di oltre 34 m.3, il più grande esistente a Roma.


Tempio di Serapide ed Iside al Colle Oppio

di cui rimangono archi e mura che svettano dal sottosuolo ancora non portato in luce, e da cui sono emersi fino ad ora un mosaico e una statua di Iside, accanto all'attuale piazza di Iside.


Tempio di Serapide sull'Aventino

I cui resti giacciono in parte sotto la chiesa di santa Sabina, e in cui fu rinvenuto il famoso Serapide Aventino, giovane e nudo Dio completamente avvolto dalle spire di un serpente, come le antiche Dee sumere.


Tempio di Serapide a Pozzuoli

Detto Macellum, è situato nei pressi della stazione Cumana. Ancora oggi sono visibile le erosioni dovute agli abbassamenti ed innalzamenti del suolo visibili sulle colonne ed indicanti le progressive modifiche apportate nei secoli dalle variazioni del livello delle acque.

Il tempio di Serapide è sicuramente stato un importante centro termale dell'antichità. Durante gli scavi del 1750 fu rinvenuta una statua del Dio Serapis.

Si sviluppa su un'area rettangolare di 75 m. x 58), risale all'età flavia e i successivi interventi di restauro testimoniano la longevità del centro in epoca romana.

Di particolare valore artistico i materiali utilizzati per l'interno del tempio, con bellissimi marmi e mosaici. L'abside è a semicupola; la statua di Serapis è collocata al di sotto di esso.


Tempio di Serapide a Monteu da Po

A Monteu da Po, in Piemonte, ci sono i resti dell'antica città romana di Industria Bodincomacum, dove si conservano importanti vestigia del tempio di Iside e il tempio di Serapide.

Per molti il culto di Serapide, con canti, luci, campane, processioni, rappresentava una trasformazione finale del salvatore Osiride in una figura monoteistica, virtualmente identica al Dio Cristiano.

Come Cristo era un agnello sacrificale, così Serapide era un toro sacrificale e anche un Dio in forma umana. Egli veniva sacrificato annualmente a riparazione dei peccati degli uomini.

Ma non dimentichiamo che fin dai Sumeri e dai Babilonesi già esisteva ovunque la Dea Madre Vergine che partoriva senza contributo maschile un figlio che lei allevava, con cui poi si accoppiava, che poi faceva morire e quindi risorgere. Pertanto anche Serapide era la vegetazione annuale della natura.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- M. Damiano-Appia - Dizionario enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane -
- Walter Burkert - Antichi culti misterici - Bari-Roma - Laterza - 1987 -
- Maurizio Damiano-Appia - Dizionario enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane - Mondadori -
- Jacqueline Champeaux - La religione dei romani - A cura di N. Salomon - Editore Il Mulino - Traduzione G. Zattoni Nesi - 2002 -


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