CULTO DI FELICITAS



DEA FELICITAS

Presso gli antichi romani, la felicitas (dal latino felix, "fruttuoso, benedetto, felice, fortunato") era una condizione di produttività, di beatitudine o felicità ispirata dalla divinità Felicitas che provvedeva a questo scopo sia alla fertilità di una donna che alla fortuna in una persona, o alla fortuna di un generale, o alla fortuna del popolo romano.

La personificazione divina di Felicitas corrispondeva ad una precisa Dea e sebbene potesse corrispondere al concetto di "buona fortuna" e la Dea Felicitas condividesse alcune caratteristiche e attributi con la Dea Fortuna, le due divinità erano ben distinte nella religione romana. Ella compare con diversi epiteti che si concentrano su aspetti del suo potere divino. La parola inglese "felicity" deriva da felicitas.

I Romani la personificarono in una donna sopra un bel seggio, col caduceo nella destra e una grande cornucopia nella sinistra; il primo, emblema della virtù, l'altra, emblema della dovizia. 

Le erano sacre le piante della Centaurea minore, del Cotogno e dell' Olivo. Nelle monete di Antonino Pio si vede una figura con un ramo d'olivo carico di frutti in una mano, e nell'altra il caduceo, con l'iscrizione FELICITAS AVG. 


FELICITA' PUBBLICA

Nelle monete di Giulia Mammea, vedesi una figura col gomito appoggiato sopra un capitello d'una colonnetta e tenendo nella destra il caduceo, con l'inscrizione FELICITAS PVBLICA S. C. La colonna ha un significato di stabilità che la Dea trasmette al pubblico, cioè al popolo. In certe medaglie di Adriano e di Augusto, figurano una nave con l'inscrizione come sopra. 


IL TEMPIO

Felicitas aveva un tempio a Roma già dalla metà del II secolo a.c, e durante l'era repubblicana fu onorata in due feste ufficiali della religione di stato, il 1 luglio in concomitanza con la festa di Giunone e il 9 ottobre come Fausta Felicitas, cioè una felicità che porta la buona sorte. A Roma aveva molti templi, fra cui uno sul Campidoglio.

FELICITAS
Alcuni studiosi sostengono che il tempio venne distrutto subito dopo la sua edificazione, ma non c'è traccia o segno della sua distruzione nè prima nè durante l'impero di Augusto. Anzi l'imperatore molto teneva alle divinità che infondessero sicurezza e prosperità all'impero, fermo restando che tutto ciò derivava per lui dalla sua guida illuminata.

Augusto fu un grande diplomatico e un grande propagandista di immagine, ovviamente della sua immagine, che sparse a piene mani in ogni angolo dell'impero, e sull'onda divulgò le seguenti divinità:
- la Pax Augusta,
- l'Equitas Augusta,
- la Spes Augusta,
- la Salus Augusta,
- la Concordia Augusta,
- la Felicitas Augusta.

Dal che si desume che Augusto non avrebbe mai fatto demolire il tempio, ma semmai l'avrebbe notevolmente abbellito. Il Tempio della Dea Felicitas, attestato da Diodoro Cassio nell'angolo nord ovest del Foro di Cesare, ovvero pianificato da Cesare ma costruito da Marcus Aemilius Lepidus nel 44 a.c., secondo Diodoro, venne eretto sul sito dell'antica Curia Hostilia ormai decadente il che giustificò ufficialmente la sua demolizione, sostituita più in là dalla Curia Iulia.

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GLI ATTRIBUTI

La Dea svolse un ruolo importante nel culto imperiale e fu spesso raffigurata sulle monete come simbolo della ricchezza e della prosperità dell'Impero Romano. I suoi attributi primari erano la cornucopia come quella di Fortuna e il caduceo come quello di Mercurio. 

Mentre però la Dea Fortuna era imprevedibile e i suoi effetti potevano essere negativi, come si desume dall'esistenza di un altare a Mala Fortuna che andava scongiurata (o congiurata, da conjura, cioè evocata, coinvolta per scagliare la mala fortuna) Felicitas invece ha sempre avuto un significato positivo. 

Il termine caduceo intanto presenta una medesima etimologia ed è presso che identico in francese, inglese, tedesco e spagnolo, è raffigurato con due serpenti avvolti a spirale attorno ad un bastone alato, e rappresenta il dualismo dell'universo, come maschile e femminile, principio e fine, vita e morte susseguentisi in armonia nei cicli infiniti.

I serpenti sono le energie della terra, una che crea ed una che distrugge, una che accresce ed una che toglie, una che dà vita ed una che fa morire ma la loro equa alternanza fa si che se alla vita segue la morte, a questa segue una rinascita, per cui nuova vita, in un ripetersi infinito di cicli.

GLI EPITETI DI FELICITA

- Felicitas Augusta - la Dea nella sua associazione con l'imperatore e il culto imperiale.
- Felicitas Fausta - ("Favorevole, Fortunata"), onorata il 9 ottobre come festa in congiunzione Venus Victrix (Venere vincitrice) e il Genius Populi Romani ("Genio" del popolo romano, detto anche Genius Publicus, Genio Pubblico).
- Felicitas Publica - cioè la pubblica Felicitas; un aspetto della forza divina che concerneva sia la Res Publica, la Repubblica, sia il Populus Romanus, il popolo Romano.
- Felicitas Temporum - la Felicitas "dei tempi", un titolo che enfatizza la felicitas sperimentata in certe corcostanze, ad esempio e soprattutto nei tempi di Augusto.
- A volte il termine felicitas era un epiteto riferito a Giunone Felicitas personificazione della Felicità.


PAX DEORUM

Ciò che è felix ha raggiunto la pax deorum, uno stato di armonia o pace con il mondo divino, così in cielo così in terra. Se gli Dei sono stati giustamente onorati con gli opportuni riti e sacrifici e se il comportamento dell'impero romano ha seguito le regole divine comportandosi con valore, eroismo, ma pure giustizia e clemenza, la Felicitas regnerà su Roma e su tutti i suoi abitanti.


I SIMBOLI APOTROPAICI

FALLO APOTROPAICO
La continua associazione magica di potenza sessuale, aumento e buona fortuna generale nella produttività è indicata dall'iscrizione "Hic habitat Felicitas" ("Felicitas abita qui") sull'immagine apotropaica di un fallo in una panetteria a Pompei.

Il significato è puramente apotropaico, arguto e godereccio, ma aveva una sua capacità di allontanare la mala fortuna come elemento dispensatore sia di vita che di piaceri. Sovente i romani toccavano certe immagini in rilievo sui muri affinchè a giornata e gli affari seguissero una buona sorte.


FELICITA' E PRODUTTIVITA'

Ma la felicitas era una qualità che esprimeva gli stretti legami tra religione e agricoltura. Felicitas era in discussione quando il sacrificio suovetaurilia condotto da Catone il Vecchio come censore nel 184 a.c. venne contestato come improduttivo, forse per vitium, errore rituale.

Infatti nei tre anni successivi Roma era stata afflitta da  sventure e prodigi come forti tempeste, pestilenze e «pioggia di sangue», che avevano richiesto una serie di espiazioni. Catone per discolparsi scrisse la "Oratio de lustri sui felicitate", "Discorso sulla Felicitas del suo Lustrum", spiegando che si dovrebbe giudicare un lustro dalla sua produzione di felicitas e cioè "se i raccolti avessero riempito i magazzini se l'annata fosse stata abbondante se l'olio d'oliva fosse defluito deliberatamente dai boschetti", indipendentemente da qualsiasi altra cosa potesse essere avvenuta. L'efficacia di un rituale potrebbe essere così espressa come la sua felicitas.

Cicerone elenca la felicitas come una delle quattro virtù del generale esemplare, insieme alla conoscenza della scienza militare (scientia rei militaris), virtus (sia "valore" che "virtù") e auctoritas, "autorità". La Virtus era complemento regolare alla felicitas, che non si legava agli indegni. Cicerone attribuì la felicitas in particolare a Pompeo Magno ("Pompeo Magno"), e la distinse anche dalla divina fortuna di cui godettero generali di successo come Fabio Massimo, Marcello, Scipione il Giovane e Mario.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Champeaux, Jacqueline - Fortuna. Recherches sur le culte de la Fortune à Rome et dans le monde romain des origines à la mort de César. II Les Transformations de Fortuna sous le République - Rome: Ecole Française de Rome - 1987 -
- Brendon Reay - Agriculture, Writing, and Cato's Aristocratic Self-Fashioning - Classical Antiquity - 2005 -
- Cicero - Verres -
- Pliny the Elder - Natural History -
- Clark - Divine Qualities -
- Suetonius - Divus Iulius -


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