CUICUL - DJEMILA (Algeria)



IL TEATRO

L'EPIGRAFE

(CIL VIII 8300 = ILS 368). –
CONCORDIAE  AUGUSTOR(um)  (imp)ERATORIS  CAES(aris)  M.  AURELI  ANTONINI ARMENIAC(i)  MEDIC(i)  PARTHIC(i)  MAXIMI  P(atris)  P(atriae),  ET  IMP.  CAES.  L.  AURELI  VERI  ARMENIACI  MEDICI  PARTHICI  MAXIMI  P(atris)  P(atriae),  LGARGIULIUS  Q(uinti) FIL.  PAP(iria)  AUGUSTALIS  AED(ilis)  STATUAM,  QUAM  OB  HONOREM  AED(ilitatis)  SUPER  LEGITIM(am)  EX  HS  IIII  MIL(ibus)  NUM(um)  POLLICITUS  EST,  AMLPLI(ata)  PEC(unia) ANNO  SUO  POSUIT  DEDICAVITQ(ue).

L’epigrafe proviene da Cuicul in Numidia ove sotto Nerva venne dedotta una colonia di veterani, e fu posta dall’edile L. Gargilio Augustale sulla dedica di una statua alla Dea Concordia. Esattamente trattavasi della Concordia dei due Augusti M. Aurelio e L. Vero, i due fratelli spesso in dissenso, tanto che nel 169 si disse che L. Vero sarebbe morto non di apoplessia, ma eliminato da M. Aurelio.

Non conosciamo la data della dedica, posta comunque prima del gennaio - febbraio 169 (morte di L. Vero) e dopo gli ultimi mesi del 166, quando i due Augusti assunsero l’appellativo di pater patriae insieme al titolo di Parthicus maximus, mentre quello di Armeniacus era del 163.
Sulla concordia dei due Augusti vi erano dubbi anche perchè il 12 ottobre del 166, M. Aurelio innalzò a Caesares i figli Commodo e Annio Vero, due bambini di pochi anni.

L. Gargilio Augustale dedicò la statua nell’anno stesso della sua edilità mantenendo la promessa fatta al tempo delle elezioni; anzi spese più dei 4.000 sesterzi che aveva promesso (ampliata pecunia), e questo oltre alla legitima (o honoraria summa) che i magistrati delle 128 città usavano comunemente di versare all’erario municipale all’atto di assumere le cariche (honores).



DJEMILA

Sembra che il nome del villaggio di Djemila significhi "La bella". Il suo nome in epoca romana era però Cuicul, una splendida città e oggi un sito archoelogico unico per l'architettura romana sapientemente adattata al monte su cui si arrampica.

Oggi Djémila è un villaggio montuoso dell'Algeria, situato vicino alla costa del mar Mediterraneo a est di Algeri. La città di Cuicul venne fondata su un piccolo centro berbero preesistente, creandone una colonia romana, sotto l'imperatore Nerva (96-98) secondo alcuni, o sotto Traiano (98-117) secondo altri.

I Berberi erano abitanti autoctoni del Nordafrica, chiamati barbari, da cui la distorsione in Berberi, dai romani, nome dato a tutti coloro che non parlassero il latino.

Le significative costruzioni di Djémila includono un teatro, due Fori, templi, basiliche, archi, strade e domus. Le rovine eccezionalmente conservate circondano il Foro dell' Harsh, una grande piazza pavimentata con l'entrata segnata da un arco monumentale. 

Era situata in una regione montuosa, su uno stretto pianoro tra gli avvallamenti di due torrenti, e presenta una pianta allungata in senso nord-sud. Si trovava sulla strada tra Cirta (oggi Costantina) e Sétif.

La colonia romana di Cuicul fu costruita nel I sec d.c. con lo scopo di farne una fortezza militare su una striscia di pianura triangolare. 

Il terreno è piuttosto accidentato, essendo situato alla confluenza di due fiumi. Il primo nucleo della città sorse con impianto tipicamente romano basato su un cardine e un decumano con le vie parallele e ortogonali, allocandosi sulla parte settentrionale del pianoro. 

TEMPIO GENS SETTIMIA
Si conservano delle mura cittadine pochi resti e le due porte alle estremità del cardine massimo. Il foro cittadino ("Foro vecchio") si trovava al centro della città ed era costituito da una piazza quasi quadrati con portici su de lati e tempio capitolino sul lato nord.

Sul foro si affacciavano inoltre una curia e una basilica civile. Tra gli edifici pubblici della città erano inoltre compresi un tempio dedicato a Venere Genitrice con recinto sacro, un macellum e un edificio termale. Alcune delle case scavate erano vaste residenze articolate intorno ad un peristilio ed erano ornate da mosaici.

I costruttori di Cuicul seguirono un piano standard con un Foro al centro e due strade principali, il Cardo Massimo e il Decumano Massimo, componendo gli assi principali a cui si aggiunsero le vie
affluenti in modo ortogonale ai due assi.

La città fu inizialmente abitata da una colonia di soldati, cresciuta poi trasformandosi in un centro di commerci. Le risorse che contribuirono alla ricchezza della città erano essenzialmente agricole (cereali, olivi e fattorie).

Durante il regno di Caracalla, nel III sec., gli amministratori di Cuicul's abbatterono i vecchi edifici per costruire un nuovo Foro che circondarono di splendidi e monumentali edifici.

Edificarono inoltre l'arco di Caracalla, agli inizi del III sec., un arco a un solo fornice, che si trovava sulla via proveniente da Sitifis e costituiva l'accesso al Foro severiano della città. L'arco venne eretto nel 216 in onore dell'imperatore Caracalla, di sua madre, Giulia Domna, e di suo padre, già defunto, Settimio Severo.
Nel 1839 il duca Ferdinando Filippo d'Orléans lo vide in occasione di una spedizione e progettò di farlo trasportare a Parigi, dove sarebbe stato eretto con l'iscrizione "L'armata d'Africa alla Francia". Dopo la sua morte, nel 1842, il progetto, ormai pronto per essere realizzato, venne abbandonato.

L'arco, a un solo fornice, raggiunge un'altezza di 12,5 m, una larghezza di 11,60 m e una profondità di 3,90 m. Su entrambi i lati del fornice, sui piloni. sono presenti delle nicchie, inquadrate da coppie di colonne corinzie su piedistallo, con fusti lisci, distaccate da parete. La loro trabeazione è sormontata a sua volta da una piccola edicola con frontone in corrispondenza dell'attico.
Al di sopra dell'attico tre basamenti sorreggevano in origine le statue dei membri della famiglia imperiale.

Poichè il terreno era diventato prezioso, gli amministratori romani  costruirono un grandioso teatro fuori delle mura della città. Con un'architettura brillantemente adattata alle montagne che la circondavano, su uno sperone di roccia alto ben 900 m, tra i torrenti di montagna Guergour e Betame, la città ebbe così il suo senato e il suo foro. Verso l'inizio del III secolo, si arricchì del Tempio di Settimio Severo, l'Arco di Caracalla, il mercato e la basilica.

FORO VECCHIO CON I RESTI DEL CAPITOLIUM
Sempre dal III sec. come testimoniano le iscrizioni relative ad opere edilizie e i mosaici delle abitazioni, la città si abbellì di decorazioni e monumenti fino alla fine del IV sec. 

Il suo declino iniziò con la caduta dell'impero tra il V e il VI sec. Sopravvisse alla conquista dei Vandali di Genserico e dopo la successiva riconquista bizantina, ma non fu più la stessa e mano a mano la gente l'abbandonò.



GLI SCAVI

La città fu rimessa in luce dagli scavi a partire dal 1909, e gli scavi portarono alla luce:

- il Campidoglio
la Curia, 
la basilica civile
la Basilica Julia
I resti del Tempio di Venere Genitrice
aristocratiche residenze riccamente decorate con mosaici sono ancora visibili. 

Verso sud si è scoperta l'espansione della città, avvenuta soprattutto verso la metà del II sec. con la nascita di un nuovo quartiere con altri monumenti privati e pubblici.


META SUDANS
Tra questi ultimi emergono:

- l'Arco di Caracalla,
- un secondo foro,
- il Tempio della Gens Septimia,
- un teatro ampliato alla capacità di 3,000 posti a sedere, già costruito sotto Antonino Pio.
- i bagni pubblici, costruiti durante il regno di Commodo,
- una basilica vestiaria dove si commerciavano tessuti e tele,
- una fontana che è una replica in scala ridotta della Meta Sudans di Roma.

I resti hanno dovuto temere terremoti, incendi e vandalismi, ma soprattutto furti e costruzioni illegali che ne deturpano i siti.

Le vestigia archeologiche di scavo dal 1909 portano la testimonianza dei classici componenti delle città romane, come: 

- la pianta romana a cardo e decumano, 
- i metodi di costruzione (strade, cancelli, acquedotto, tempio di colonnata, teatro, ecc), 
- le decorazioni (bassorilievi, bordi e frontoni, capitelli delle colonne, mosaici ecc) 
- il materiale da costruzione (pietra, mosaico, ceramica, ecc), che che conferiscono al sito un eccezionale valore universale.

Si calcola che a Cuicul abbiano potuto vivere, soprattutto nel III sec, ben 20.000 persone, un numero ragguardevole riportato alle popolazioni dell'epoca e soprattutto rapportato ai notevoli monumenti che abbellivano la città, una spesa ragguardevolissima che fa capire quanto questa comunità fosse diventata prosperosa.

L'ingresso al sito passa per il museo, che semplicemente è troppo piccolo per tutto ciò che contiene. Infatti in tre camere sono caricati, mosaici come detto, come statue di marmo, decorazioni, e cose diversissime come lampade ad olio e oggetti per la cottura.

L'ARCO DI CARACALLA
Degli edifici romani posti alla periferia di Djemila  c'è la Casa d'Europa, che ha il suo nome da un mosaico interno. E 'composto da 18 camere intorno a un cortile, decorato da colonne ioniche.

In epoca successiva si formò a sud est un complesso cristiano (il primo vescovo di Cuicul è menzionato nel 255).

Esso fu costituito da due basiliche cristiane disposte parallelamente (una più antica a tre navate, datata tra IV e V secolo e una più recente a cinque navate, datata tra V e VI secolo).

Poi una terza cappella e un battistero (probabilmente connesso alla basilica più antica e connesso ad un piccolo stabilimento termale).

Infine una grande abitazione interpretata come residenza episcopale.

Inutile specificare che i siti cristiani sorsero sopra e a discapito dei monumenti pagani barbaramente depredati e demoliti.

Nel 1982 il sito archeologico è stato inserito nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.


BIBLIO

- Yvonne Allais - Djemila - Parigi - 1938 -
- Louis Leschi - Djemila, antique Cuicul - III ed. - Algeri - 1953 -
- Yvonne Allais - Le quartier occidental de Djémila (Cuicul) - in Antiquités africaines - 5 - 1971 -
- Paul Albert Février - Djemila - Alger - 1978 -
- Souad Sbai - Le ombre di Algeri - Armando Curcio Editore - 2012 -
- H. Jaubert - Anciens évêchés et ruines chrétiennes de la Numidie et de la Sitifienne - in Recueil des Notices et Mémoires de la Société archéologique de Constantine - vol. 46 - 1913 -






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