L'ECONOMIA ROMANA





L'URBE

Roma antica viene spesso portata a esempio di grossa sperequazione tra poveri e ricchi, il che è vero solo in parte. Bisogna considerare che la capitale ebbe uno stragrande fenomeno di urbanizzazione, all'epoca era il paese delle possibilità, l'America dell'epoca. Chi non aveva di che vivere, o era perseguitato o ricercato per vari motivi, si rifugiava nell'Urbe, la più grande città dell'intero mondo antico.

Chi conosceva un qualsiasi mestiere, sia pure rozzamente, a Roma trovava da vivere, per varie ragioni che elenchiamo:
  1. Lo stato elargiva grano e soldi d'obbligo ai nullatenenti.
  2. Da Augusto in poi gli affitti più bassi, non solo a Roma, ma in tutto il suolo italico, diventarono a carico dello stato. Insomma Roma non solo dava le case popolari ma le dava gratis, cosa che oggi non si fa, nè gratis nè a poco prezzo.
  3. Roma era una festività continua, metà dell'anno non era lavorativo e si facevano riti e feste accanto ai templi, nonchè ludi e manifestazioni. Di conseguenza era piena di piccole e grandi fiere con bancarelle di ogni tipo. Nelle feste si vendeva cibo, cucinato e non, bevande, statuette votive di terracotta, simboli della divinità, utensili, vasi, ciotole, fiasche di pelle, ricordi del tempio e della festa in questione, amuleti e portafortuna, oggetti in legno, in bronzo, in rame, in ferro, sgabelli e portagioielli, collane e bracciali, cavigliere e anelli, fibule e spilloni. Poi si inserivano i barbieri, i massaggiatori, i venditori di profumi, balsami, oli e belletti, nochè ruffiani, mezzani e prostitute. Essendo bancarelle accanto ai templi in festa, ma pure accanto ai circhi, al foro, alle terme e vicino ai giardini imperiali, che al contrario di oggi, erano sempre aperti al pubblico, degli affari si facevano comunque. Il che garantiva l'esistenza di molti artigiani e venditori ambulanti, compresi i fiorai, i predittori di fortuna, i sarti e i truccatori ambulanti.
  4. Durante i trionfi e per l'elezione degli imperatori, dei consoli e delle alte cariche pubbliche i non abbienti ricevevano elergizioni extra di soldi e di vino.
Insomma i poveri avevano un tetto sulla testa, sia pure scadente e provvisorio, e la sopravvivenza del grano, nonchè la possibilità di esercitare piccoli commerci da effettuare per strada, anche commissioni, da un capo all'altro della città, e non mancavano nemmeno ladri o mendicanti. Per cui i poveri di Roma erano meno poveri dei poveri di oggi, che dormono per strada e che non hanno le terme gratis dove lavarsi e insaponarsi.

Di più, nelle terme avevano la palestra gratis, e bancarelle con fast food per sfamarsi con poco. In più godevano di spettacoli gratuiti, per cui partecipavano anche allo svago, cosa anche questa che i poveri di oggi non hanno.



GLI OSTELLI

I Romani viaggiavano, anzitutto per commerciare, ma anche perchè possedevano ville di campagna, vicine o lontane dalla città. Per non parlare dei soldati, spesso in viaggio per raggiungere le frontiere e oltre, in caso di insurrezioni, minacce ai confini o conquiste. Per cui le strade erano piene di ostelli di ogni tipo che stavano lungo le strade consolari, una rete fitta sempre in funzione e per ogni necessità.

I Romani costruirono strade consolari per tutto l'impero, strade solide che si conservano in larga parte ancora oggi, caratterizzate dal cosiddetto basolato romano, strade di pietra su cui i carri transitavano continuamente fino a tracciarvi dei solchi ancora visibili.

Per tali ragioni fiorivano gli ostelli dentro e fuori le città, dando lavoro a molti albergatori, trattori ed osti, incluse famiglie e schiavi. Ma i tipi di Ostelli erano vari. Comprendevano le Mansiones, tenute dallo stato e le più lussuose, le Caupones, ostelli privati, una specie di ristoranti ma meno lussuosi, le Tabernae vinarie, da quelle modeste a quelle ricche, tipo i ristoranti di oggi, e le Mutationes, stazioni di servizio per veicoli e animali, si trovavano a intervalli di 12-18 miglia, i cosiddetti postiglioni. C'erano poi i Thermopolium, con bevande calde e fredde, una specie di bar antichi.





LE TABERNAE

Da qui deriva il termine italiano Taverna, che indica un punto di ristoro, dalla trattoria al ristorante. Ma presso i Romani erano anche i negozi di qualsiasi vendita al dettaglio.

Per Taberne s'intendevano di solito i numerosi negozi lungo le vie delle città, ed erano molto vari:
di olio, molto proveniente dalla Spagna, ma il migliore fu sempre quello italico, soprattutto quello laziale e toscano;
di vino, la maggior parte veniva dall'impero ma quando si resero conto che i vini migliori si producevano nei terreni lavici di cui il suolo italico è ampiamente fornito, la produzione locale aumentò grandemente.
di latte e formaggi;
di forni
per pane, pizze e dolci;
botteghe di cuoiai per borse, cinture o laccetti appendi ciondolo, mantelli di pelle, con artigiani capaci non solo di lavorare ma pure di colorare il cuoio;
di ciabattini,
conciatori che usavano urina e calce;
orefici
, che lavoravano in oro, argento, ambre, gemme e paste vitree;
fabbri ferrai
per le armi e le armature, per ferrare i cavalli o per attrezzi in ferro, come manici, secchi da pozzo, catini, padelle;
laboratori di muratori, di pittori, disegnatori, stuccatori e scultori;
laboratori di mosaico, per lo più in bianco e nero, ma pure mosaico colorato di pietre diverse e pure in pasta vitrea;
officine per la produzione di sapone e di profumi;
vetrai
per vasi, ampolle e boccette, nochè per vetrate;
tagliatori
di gemme e soprattutto incisori di gemme;
laboratori dove i medici ricevevano i loro pazienti e dove si vendevano medicine; tra i medi c'erano anche dentisti che non solo estraevano denti ma facevano anche protesi e ponti:
farmacie
ed erboristerie con preparati vari anche su ordinazione;
fulloniche
, cioè lavanderie e tintorie;
maestri vasai che si cimentavano pure in statuette di terracotta, o medaglioni, o oscillum, cioè medaglioni a doppia faccia che si appendevano nei giardini; ma anche vasi con bassorilievi in cui predominava lo stile ellenico, con menadi e ninfe;
marmisti, esperti in opus sectile, cioè in tarsie marmorere per pavimenti o per comporre immagini o per guarnizioni sui mobili;
tessitori, e di conseguenza i sarti, che applicavano bordi di damasco o di seta, o di stoffa con disegni ricavati al telaio;
venditrici di fiori, di solito donne;
venditori di spille e spilloni in rame e in bronzo, o in osso;
venditori di spezie e di garum;
barbieri per uomini e acconciatori per donne;
mobilieri, dai falegnami agli intagliatori, con legni anche orientali incisi, intarsiati o dipinti;
venditori di bambole e giochi per adulti e bambini, dai cerchi alle palle e ai dadi;
affittacamere a ore per convegni amorosi e postriboli.



I FORNI

Le botteghe più numerose erano comunque quelle dei fornai, che macinavano il grano con pesantissime macine in pietra, cuocevano e vendevano il pane. Oltre alle macine, azionate in genere da muli, c'erano il forno e l’impastatrice, il primo in pietra o mattone cotto, la seconda in pietra.



IL MACELLAIO

Bassorilievo raffigurante con estremo dettaglio e cura dei particolari l'interno di una bottega di salumiere. La matrona seduta, che è una aristocratica, come si comprende dalla pettinatura elaborata, mentre aspetta che il bottegaio la serva, fai suoi conti su una tavoletta di cerca.

Appesi ai ganci: una testa di suino, due zamponi, un mezzo prosciutto, una costata, una mannaia e una bilancia.
Il macellaio brandisce una mannaia che adopera si un trespolo di legno massiccio, una larga sezione di tronco d'albero poggiata su tre piedi, come ce ne sono ancora oggi in alcuni paesini. Sotto un catino per raccogliere i resti inutilizzati della carne.

LA TESSITURA

LA FULLONICA (vedi Pompei)

Era una lavanderia dove si potevano lavare le stoffe ma anche tingerle o lavorarle. Da un ampio ingresso, dove si trovava una pressa, si accedeva a un atrio, dove l'impluvio fungeva da vasca per il lavaggio delle stoffe. Gli ambienti erano coperti da un terrazzo su cui venivano stesi i panni lavati. Altre tre vasche comunicanti e cinque bacini pestatoi si trovavano nel peristilio.

Nella stessa area si trovava la cucina per gli schiavi che lavoravano nella fullonica (gli operai liberi potevano andare a mangiare a casa) e una latrina. Prima si pestavano i tessuti con i piedi nei bacini pestatoi in acqua mista a soda o urina (umana o animale) per smacchiarli. Poi venivano ammorbiditi con argilla o terra, battuti con la pressa per ricondensarne la trama e infine risciacquati in acqua per eliminare le sostanze fulloniche.



IL GEMMARIUS

un intagliatore di pietre e gemme, nonchè intagliatore di cammei o di paste vitree, di cui alcune venivano eseguite in due colori si che potevano essere incise a cammeo, e poi cammei in corniola rossa o azzurra, su ametista, in corallo, o in diaspro rosso, in niccolo, in onice nero ecc.


Per Fabricae si intendeva in realtà un artigianato, riguardavano:
  • la tessile, con tessitura e bollitura delle stoffe eseguite da lanaioli e feltrai (coactiliarii) e la vendita al banco;
  • laboratorio di esecuzione e vendita di calchi di statue; non tutti potevano permettersi le staue di marmo, per cui si ricorreva alla terracotta oppure ai calchi di gesso, in realtà spesso misti a polvere di marmo, di maggiore durata.
  • la forgia per spade e pugnali, di frequente per riparare quelle già esistenti, pochi privati le usavano a meno che non dovessero viaggiare o girare di notte. I soldati invece avevano le proprie forge.
  • la fusione per vasi o statue di bronzo, o gioielli in bronzo, o suppellettili. Vi si eseguivano anche fusioni in bronzo o ferro per ornamenti sul mobilio, nonchè cerniere per mobili, oggetto dimenticato nel medioevo fino al 1500, e cardini per le porte.
  • i laboratori per la terracotta con i tornii o la colatura nelle matrici per le statuette, o matrici per tegole o columni del tetto, o i vasai col tornio per i vasi decorativi o le anfore d'uso.
  • fornaci per la fabbrica dei mattoni. Nelle cassette di legno si poneva l'argilla impastata con l'acqua, una volta asciugato l'impasto si estraeva il mattone che veniva poi posto al forno.
  • i laboratori di falegnameria, che comprendevano, oltre a tornitori, ebanisti e intagliatori per i mobili, i fabbricanti di botti, di basti, di catini, di cembali, di lire, di flauti, di barche, di tamburi, di mantici, di zoccoli, vi erano anche coloro che costruivano le ruote di mulino su barche con i congegni mossi dalla corrente del Tevere.


I BORDELLI

I bordelli, o lupanari, in genere erano associati a taverne e osterie oppure ricavati in stanze singole con porta direttamente sulla strada. Ma ne esistevano di pù grandi e organizzati, con dipinti sopra le porte che indicavano le prestazioni che le donne erano disposte a dare, con i relativi prezzi. Nella sola Pompei ne esistevano ben 25, di cui si conservano pregiate pitture di scene sessuali.



IL TERMOPOLIO

Il termopolio, che dovrebbe significare "luogo in cui si vendono bevande calde", era in realtà un'osteria. In genere era posto a un angolo dell'isolato, con un solaio in legno che sosteneva il piano superiore. Qui gli avventori potevano riposare oppure incontrare prostitute messe a disposizione dal gestore.

CARTINA INGRANDIBILE
Sul bancone si poneva tutto il servizio necessario all'attività, brocche, vasi e coppe per bere o per conservare bevande calde e fredde. Si servivano oltre ai vini stuzzichini di pizze, di carne salata o affumicata, formaggi e olive.

Si poteva frequentare il termopolio anche la sera, con una grande lampada di bronzo che fungeva da lampadario, appesa al centro della volta. Spesso c'era pure un minuscolo camino per cuocere pizze e focacce.

In altri casi come nel vicino thermopolium di Asellina, i cui reperti sono esposti in mostra nell'Antiquarium di Boscoreale, si rinvennero sul bancone vasellame di bronzo, fittile, vitreo oltre ad oggetti d'uso quali lucerne, numerose monete e un portamonete in osso. Già, i romani oltre al comune borsello di cuoio avevano inventato il portamonete, in osso o avorio.



IL MACELLO

Era il mercato delle carni e del pesce. I macelli, erano decorati con mosaici in terra anche per agevolarne la pulizia con getti d'acqua ma erano pure affreschi alle pareti e talvolta con un tempietto nel fondo con una divinità. Gli affreschi del negozio del pesce di Ostia sono bellissimi, con sfumature etrasparenze acquee fantastiche.



LA CONCERIA

Fa testo quella di Pompei. Nell’edificio erano l’abitazione del gestore e gli ambienti delle lavorazioni, come il porticato diviso in sei scompartimenti, separati da cinque tramezzi, in 3 dei quali è murata la conduttura che portava acqua alle giare.

Nel retro si trovano 15 vasche circolari in muratura, rivestite di cocciopesto, con foro di carico e scarico. Dodici venivano usate per la concia al vegetale per pelli grandi e 3 per quella all’allume di rocca per pelli piccole.

Sotto il portico centrale si scuoiava l’animale, seguito dall’immersione delle pelli nei tini contenenti il tannino. Al livello superiore le pelli venivano stese ad asciugare. Sul fondo del cortile un famoso mosaico, col teschio e gli strumenti da muratore, sembra fosse un'epicurea riflessione sulla morte.



IL FORO OLITORIO

Forum Olitorium, ovvero il mercato per i cereali ed i legumi. Erano contenuti nei sacchi e venivano prelevati con mestoli di alluminio o di rame. Naturalmente disponevano di una bilancia, la stadera, in ferro o in bronzo, e i pesi erano in piombo, in bronzo o in terracotta.

A Pompei si conserva la pittura di due Genietti, uno seduto che osserva e uno munito di bilancia che pesa. cereali e legumi erano locali e importati, particolare poco conosciuto: anche se i fagioli vennero importati dall'America, non erano sconosciuti ai Romani, esisteva un tipo di fagiolo nostrano e mediterraneo, anche se meno buono di quello americano.


BIBLIO

- Francesco De Martino - Storia economica di Roma antica - La Nuova Italia - Firenze - 1980 -
- Raymond W. Goldsmith - "An Estimate of the Size and Structure of the National Product of the Early Roman Empire" - Review of Income and Wealth, Vol. 30, No. 3 - 1984 -
- Elio Lo Cascio - Forme dell'economia imperiale - in Storia di Roma - II.2 - Einaudi - Torino - 1991-



9 comment:

Anonimo ha detto...

bello sto' sito!

Unknown on 24 marzo 2016 alle ore 13:39 ha detto...

in età avanzata, avendo il tempo e uno strumento come questo, mi vergogno, quasi, del tipo di istruzione, e la storia, in particolare, che è stata impartita e non oso addentrarmi su quella odierna. dalle elementari e corsi a seguire siamo stati "tormentati" da inutili nozioni su egizi e babilonesi, quando, quanto viene detto quì sui Romani da cui deriva la nostra attualità di vita, non conosciamo per niente la nostra vera storia e da dove veniamo. Lo stesso dicasi per il periodo storico della 2^ guerra mondiale e altre guerre e infiltrazioni occidentali per capire veramente le cause di quanto stiamo vivendo con l'ISIS. quanta retorica!!!!!!!!

berpaniz on 18 giugno 2016 alle ore 10:10 ha detto...

Concordo

Anonimo ha detto...

Caro Giuseppe Lombardo, a scuola ci ''tormentano'' su ''inutili nozioni'' su antichi Egizi e Babilonesi (come dici tu), semplicemente perchè la civiltà è nata da loro. I Sumeri, per esempio, sono considerati la prima civiltà urbana assieme a quella dell'antico Egitto. I Romani hanno imparato molto dai Greci, che a loro volta hanno imparato molto dagli antichi Egizi. Se vuoi conoscere come si deve la tua storia, devi conoscere anche quella dei tuoi ''padri''.

Unknown on 9 gennaio 2019 alle ore 11:54 ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

Sarebbe interessante, quando l'autore di un argomento ne è a conoscenza, inserire analisi scientifiche di datazione di questo o quel ritrovamento.
Purtroppo al giorno d'oggi vi sono molti scettici anche in ambito storico e archeologico (non parlo di archeologi o storici, ma di gente dal sentore complottista); ergo penso sarebbe auspicabile spiegare come una moneta, uno scheletro od un oggetto sia stato datato.
Solo un consiglio.
Concordo con "Anonimo" nel rispondere a Giuseppe Lombardo. La storia non la si studia solo partendo da una civiltà a piacere; ma tutta.

Anonimo ha detto...

In verità i Greci non hanno imparato granché dagli Egizi le cui usanze consideravano "strambe", pur ritenendola una civiltà antica e quindi degna di rispetto. Non si è mai sentito che gli Egizi praticassero la filosofia, o abbiano prodotto opere letterarie di qualche valore. Solo per citare qualche caso. Per non parlare della democrazia. In particolare proprio quella egizia è una cultura che per secoli è rimasta alquanto isolata (data anche la conformazione geografica della regione con i suoi confini naturali), tant'è che le sue forme artistiche sono rimaste pressocchè identiche nel tempo. Esistono civiltà che creano e inventano, come quella greca, da cui deriva tutta la nostra cultura occidentale attraverso la mediazione romana. La gran parte delle civiltà mesopotamiche, assorbite poi da Persiani, sono state poi spazzate via dalle conquiste di Alessandro Magno. Quindi, va bene conoscere tutto, ma si potrebbe anche delineare dei programmi storici scolastici che approfondiscano maggiormente alcuni argomenti necessari per meglio comprendere chi siamo e da dove veniamo.

Anonimo ha detto...

Questo è il tipo di storia che avrei voluto studiare da giovane, anziché essere tediato da una storia fatta solo di date, nomi di personaggi illustri e di accadimenti che seppure importanti non fanno la storia di un popolo, ma della sua elitte. A ottanta anni comincio a studiare con interesse la storia che in passato ho considerato molto tediosa.

Deo APOLLO ha detto...

Bravo mio prodo

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