ACQUEDOTTO ROMANO DEL SERINO




L’Acquedotto Augusteo del Serino è un’infrastruttura di epoca romana tra le più imponenti del mondo antico, costruito nel primo decennio d.c., che con uno sviluppo di circa 100 km, dalle sorgenti del Serino, la Fontis Augustei a 376 m s.l.m. sull'altopiano carsico irpino, fino alla grande cisterna di Miseno, alimentava l’imponente Piscina Mirabilis.

(INGRANDIBILE)
L'acquedotto venne costruito fra il 33 ed il 12 a.c. per risolvere il problema dell'approvvigionamento idrico del porto di Puteoli e della flotta stanziata a Miseno, rifornendo lungo il suo tragitto le città di Neapolis e Cumae.

Comprese le diramazioni, la lunghezza totale dell'acquedotto era di circa 145 km e la sua realizzazione è dovuta a Marco Vipsanio Agrippa, il genero di Augusto, quando era curator aquarum a Roma.

Nel corso dei secoli, i due ponti-canale rinvenuti, in tufo e laterizi, furono prima interrati a seguito dell’innalzamento del livello di calpestio, poi utilizzati come fondamenta per la costruzione del palazzo, nell'epoca in cui la città si espandeva al di fuori delle mura, nel Cinquecento, con la nascita dell’attuale area Vergini-Sanità.


Nel piano seminterrato di palazzo Peschici-Maresca, in via Arena Sanità, sono stati recentemente scoperti e identificati due tratti affiancati dell’antico acquedotto con un’articolata serie di pilastri ed arcate in laterizi e tufelli. 

Gli spazi disegnati dai grandi archi, oggi nel sottosuolo, sono stati adibiti in tempi più recenti a cantina e deposito, rifugio durante le ultime guerre, poi trasformati in discarica e quindi abbandonati. Un’evidenza archeologica di eccezionale interesse per ubicazione, complessità e peculiarità costruttive.

L’Associazione Vergini Sanità, attraverso un gruppo di lavoro multidisciplinare, ha avviato un’intensa attività di studio e ricerca con l’obiettivo di valorizzare e restituire alla fruibilità pubblica questo prezioso ritrovamento, parte del complesso patrimonio culturale dell’area Vergini-Sanità.


"Se a Napoli crolla un pavimento, si scopre un acquedotto romano. Questo è quanto capitato nel 2011 con l’acquedotto augusteo del Serino, una delle opere ingegneristiche più imponenti del mondo antico, che per buona parte ormai passa fisicamente sotto il suolo di Napoli. 

Oggi è infatti parte delle fondamenta del palazzo Peschici Maresca, di proprietà dell’Arciconfraternita dei Pellegrini. Dobbiamo ringraziare per la scoperta Carlo Leggieri di Celanapoli, l’associazione “Riformisti del Mezzogiorno” e i ragazzi dell’associazione "Vergini Sanità", che oggi organizzano visite guidate nella struttura, tenuta in modo eccellente.

Basta aprire una piccola porticina, un tempo murata, per scendere ad appena 5 metri sotto terra, in una cavità dalle forme strane e di certo innaturali: un tempo il terreno doveva invece essere la strada calpestabile e l’acquedotto doveva scorrere all'aria aperta, ma l’acquedotto fu a sua volta costruito su una necropoli greca, che si trova ancora più in basso e che, purtroppo, non è possibile riscoprire senza compromettere la struttura del palazzo. Tutta la città è una somma di costruzioni stratificata come una torta."


Ritrovata nello scantinato di un palazzo nel rione Sanità parte della più grande opera idraulica costruita dai romani in Italia

Una forte precipitazione, un cedimento e avviene l’insospettabile scoperta: il palazzo Peschici Maresca nasconde tra le sue fondamenta un’opera dal valore inestimabile. Un caso fortuito innesca una ricerca sistematica, come sempre è nell’archeologia. Questo accadeva nel 2011.

Quattro anni dopo, 2 Ottobre 2015, viene presentato il prodotto degli studi che hanno coinvolto squadre di ricercatori ed archeologi, occupati nella datazione e nella definizione dei reperti rinvenuti. Al contrario di ciò che si può pensare questa non è stata una vera e propria scoperta, è molto più esatto parlare di “rinvenimento” essendo stata una struttura perennemente sotto gli occhi di tutti, locata in quel posto da secoli.



Storia dell’Acquedotto del Serino nella Sanità

Bisogna innanzitutto chiedersi come sia finito sotto terra un acquedotto. Duemila anni fa gli antichi napoletani camminavano sotto gli archi, mentre oggi l’intera struttura è finita sotto i piedi. La colpa è dei tantissimi detriti caduti dalle colline: il fenomeno è noto nella Sanità come “Lava dei Vergini”, ma in generale colpisce tutti.

D’altronde, non è un caso se poco lontana c’è la chiesa di San Carlo all’Arena e l’intera Piazza Cavour, secoli fa, era una piccola pozzanghera: tutte storie sopravvissute nei toponimi. Tutti questi movimenti, fra acqua e terra, hanno portato ad un rapidissimo innalzamento del livello stradale, di fatto seppellendo piano piano le antiche strutture romane. Un tempo l’acquedotto doveva affiancare una strada romana e, almeno fino al ‘500, era ancora visibile.

UN INGRESSO MURATO CON UNA SCALA LISCIA PER PORTARE BOTTI DI VINO


L’ACQUEDOTTO AUGUSTEO, UN'OPERA COLOSSALE

L’idea degli antichi romani era avanti di millenni: portare acqua fresca, pulita e controllata da Serino, comune nell'Irpinia che già 2000 anni fa era famoso per le castagne e per le fonti pulite (le acque di Napoli, come il Sebeto, erano invece eccessivamente cariche di minerali). 

VIPSANIO AGRIPPA
I romani dovevano infatti rifornire la gigantesca Classis Misenensis, la più importante flotta del mondo antico, che era di stanza a Miliscola. E lo fecero attraverso un acquedotto lungo 96 chilometri, che partiva dal monte Terminio e arrivava, appunto, fino alla Piscina Mirabilis di Baia.

L’acquedotto possedeva anche delle particolari rientranze piramidali che, durante il percorso, permettevano una corretta ossigenazione dell’acqua, in modo da farla arrivare in ottime condizioni nelle varie città che attraversava: Nola, Pompeii, Acerra, Herculaneum, Atella, Pausillipon, Nisida, Puteoli, Cumae e Baiae.
 
Poi, una volta giunta nei centri abitati, l’acqua era raccolta in enormi vasche di depurazione, nella quale veniva ripulita da fogliame, terreno e altre impurità raccolte durante il viaggio. E poi veniva incanalata in tubazioni di piombo verso le strutture cittadine: il sistema dei tubi di piombo è stato utilizzato fino agli anni ’70 del secolo passato! Un acquedotto non basta!

Bisogna notare un dettaglio fondamentale: gli archi sono divisi in due rami, ma tendono ad avvicinarsi in un punto della grotta e, se non fosse stato per un piano interrato costruito distruggendo proprio il punto d’incrocio degli archi, avremmo sicuramente visto una importante diramazione dell’acquedotto romano del Serino.

Si tratta sicuramente di una diramazione costruita circa 2 secoli dopo, come si nota anche dalle differenti tecniche di realizzazione, in avanzata età imperiale: serviva a portare l’acqua a Posillipo, altra zona amatissima dai romani.



Tracce di guerra

L’acquedotto romano del Serino era una fonte di vita e, quando fu costruito, nessuno pensò che 2000 anni dopo sarebbe diventato riparo per la vita. Era il 1943 e Napoli era terrorizzata da bombe, nazisti e fame. E proprio qui, nel sottosuolo, trovava salvezza. Ad ogni sirena gli abitanti aprivano le porte delle antiche cavità e, sotto gli archi romani, pregavano.

Ci sono ancora oggi i fili di rame dell’antico impianto elettrico di fortuna ricavato forando il laterizio scolorito, così come è ancora presente un punto forato che, un tempo, ospitava un altarino di marmo di San Vincenzo Ferrero.

Con profonda ingratitudine, dopo la guerra, le stesse persone che videro salva la vita in queste cavità decisero di riempirle con spazzatura e ogni altro materiale di risulta usato per la costruzione dei nuovi mostri di cemento che oggi hanno deturpato il volto di Napoli e provincia.

E così la storia di questa cavità e dell’acquedotto, come quella di tante altre cose perdute nel sottosuolo, sembrava ai titoli di coda, soffocata da spazzatura e cemento. Finché non è crollato un pavimento nel 2011 ed ha risvegliato, in tempi nuovi e moderni, la sensibilità di tutte le persone che amano la storia di questa città.


BIBLIO

- Susanna Le Pera - I giganti dell'acqua. Acquedotti romani del Lazio nelle fotografie di Thomas Ashby (1892-1925) - a cura di Rita Turchetti - Roma - Palombi - 2007 -
- The Aqueducts of Ancient Rome - Richmond - Ian Archibald - ed. 1902 - Oxford - The Clarendon Press - 1935 - ed. it. - Gli acquedotti dell'antica Roma - Roma - Quasar - 1991 -
- Lucos Cozza - L'opera di Thomas Ashby e gli acquedotti di Roma (con A. Claridge) - Il trionfo dell'acqua - Atti del convegno "Gli antichi acquedotti di Roma, problemi di conoscenza, conservazione e tutela" - Roma - Comune di Roma - A.C.E.A - 1992 -
- Romolo Augusto Staccioli - Acquedotti, fontane e terme di Roma antica: i grandi monumenti che celebrano il "trionfo dell'acqua" nella città più potente dell'antichità - Roma - Newton & Compton Ed. - 2005 -



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