VILLA CELIMONTANA



IL PORTALE
La villa Celimontana è un parco pubblico di Roma creato sui giardini cinquecenteschi, già adibita a vigna, di Ciriaco Mattei. Si trova sulla sommità occidentale del colle Celio ed ha il suo ingresso monumentale sulla via della Navicella, poco distante dall'omonima fontana di Roma antica dalla quale prende il nome la via, a fianco alla Basilica di Santa Maria in Domnica, uno dei primi templi cristiani della Capitale.

Desideriamo illustrare questa villa, non tanto perchè molto bella a vedersi, ma in quanto accoglie in sè stupendi resti romani, sia per l'attività di antiquario dell'antico proprietario, ma anche perchè sorto su monumenti romani di cui conserva splendidi resti.

Nel medioevo, stanchi di demolire e bruciare i magnifici monumenti della città di Roma, si ritenne bene coprire di terra il suolo romano, non solo per cancellare ogni traccia di paganesimo, ma pure per farne una interminabile distesa di vigne, anche perchè, dato il suolo propizio, la produzione del vino rendeva ottimamente.

CORNICIONE DI SPLENDIDA FATTURA ED ARA CON ANFORA E UMBONE AI LATI

LA FAMIGLIA MATTEI

Nel '500 l'area della villa, tenuta come vigna dalla famiglia Paluzzelli, venne fatta scavare estraendone pregiati marmi colorati (del Tempio romano del Sole) che vennero utilizzati per la "Sala Regia" che il Sangallo stava in quegli anni sistemando in Vaticano.

Venne venduta dai Paluzzelli e acquistata per 1000 scudi d'oro nel 1553 dalla ricca e nobile famiglia Mattei, che la sottopose ad interventi di sistemazione conclusi nel 1581.

La famiglia Mattei risaliva al più antico nucleo del patriziato romano, apparentata con i Conti di Tuscolo e gli Stefaneschi, discendente dai Papareschi o de Papa (de Domo Paparescorum) nella zona di Trastevere. 

La famiglia vantava diversi cardinali perchè, come i generali dell'impero romano andavano in guerra per arricchirsi, non solo per il bottino, ma per i governatorati di provincia che gli venivano assegnati a seguito delle vittorie, dopo la caduta dell'impero si diventava ricchi e potenti scalando la carriera ecclesiastica.

Naturalmente il cardinalato consentiva due vie molto redditizie, una quella di diventare Papa, l'altra di appoggiare un Papa votandolo nel concistoro facendo pagare lautamente detto voto in soldi, in proprietà o in privilegi.

I Mattei vantavano infatti nella famiglia di origine i cardinali Cinzio, Pietro, Gregorio e Guido dei Guidoni Papareschi; e con il cognome Mattei ben otto cardinali, oltre al cardinale Gregorio che divenne papa Innocenzo I. 

All'epoca le famiglie patrizie lottavano per diventare cardinali, e si alleavano tra loro o corrompevano gli altri cardinali per ottenere un Papa del proprio casato, poichè costui poteva come un imperatore romano elargire terre, cittadine e possedimenti alla propria famiglia, aumentandone a dismisura le ricchezze e il potere. Il Papa era potente forse più di un imperatore, in quanto non doveva nemmeno fare i conti con un senato: era un monarca assoluto.

I GIARDINI E PALAZZO MATTEI

DA VIGNA A GIARDINO ROMANO

L'area su cui si estende la villa, intorno alla chiesa di S. Maria in Domnica, occupata in epoca medievale e nel primo rinascimento da orti e vigneti, fu acquistata verso la metà del '500 da Giacomo Mattei, che la diede in dote alla figlia Claudia, sposa e cugina di Ciriaco Mattei, artefice della profonda trasformazione del luogo.

Infatti fu Ciriaco Mattei a fare eseguire gli splendidi giardini, costruiti negli ultimi decenni del secolo XVI, sulla vigna che aveva già ricoperto di suo gli antichi e splendidi resti romani. 

E fu scoprendo quei resti romani che al Mattei venne la passione dell'arte romana e greca. Così egli trasformò la vigna in un giardino ricco di statue e di fontane impegnando architetti, artisti e maestranze. 

Egli accumulò tali e tante magnificenze dell'arte romana che nel suo testamento lasciò scritto che i suoi eredi non avrebbero mai potuto vendere cotali bellezze, pena la perdita dell'eredità. Purtroppo i suoi figli maschi divennero poi dediti al gioco d'azzardo ipotecando e alienandosi pian piano molte delle magnifiche proprietà ma soprattutto vendendo l'immenso patrimonio di statue romane che finirono per lo più all'estero.

La villa comunque fu comunque subì diverse trasformazioni nelle sue componenti paesaggistiche per volontà di Laura Maria Giuseppa di Bauffremont nel 1858 affidandone i lavori all'architetto francese Pierre Charles L'Enfant (1754-1825). Nel 1870 invece, ad opera dell'ultimo proprietario Richard von Hoffmann, subì diversi interventi in stile neogotico.

La Villa rimase di proprietà della famiglia Mattei fino all'estinzione della linea maschile all'inizio dell'Ottocento. Dopo alcuni passaggi di proprietà, nel 1926 la palazzina Mattei venne consegnata al suo definitivo assegnatario, la Regia Società Geografica Italiana mentre il parco fu destinato a verde pubblico e nel 1928 aperto alla cittadinanza. Contiene numerosi reperti di varie epoche ed origini, che vi sono oggi esposte come ornamento.
VASCA ROMANA FORSE DELLE TERME DI CARACALLA

IL SEMENZAIO DI SAN SISTO VECCHIO

Posto a sud della villa comunale e sede di numerose statue e vasche di antiche fontane, è sede e principale semenzaio del Servizio del comune di Roma, che nel secolo scorso venne alienato di statue fontane che forse, o almeno questa è la speranza, vennero dislocate altrove per porle nei vari musei.

L'ultima statua scomparsa, però non dell'antica Roma, fu un bronzo di circa due metri e mezzo rappresentante un San Michele con la spada che era alloggiato in un tempietto gotico che lo proteggeva dalle intemperie. Una volta restaurato il tempietto il San Michele non fece più ritorno. Ma questo è il meno.

La villa insiste ad Ovest sulla famosissima valle delle Camene, nonchè sulla valle delle Terme di Caracalla, nonchè sul prolungamento dell'antico clivo di Scauro, (il cui nome antico romano è stato mutato per qualche misteriosa ragione in via di San Paolo della Croce) con villa e museo.
Ma soprattutto la villa  copre un sito di età Flavia e Traianea del quale restano cinte murarie ora coperte dai livellamenti del terreno e parzialmente visibili solo dal lato Sud e ospitava i castra della V coorte dei Vigiles.
IL CAPITELLO

IL PORTALE DELLA VILLA

Il portale monumentale della villa, come si vede in figura proviene dalla Villa Giustiniani Massimo (o Massimo-Lancellotti, o Villa Massimo al Laterano), ubicata un tempo nella via Matteo Boiardo ed oggi scomparsa (sicuramente venduta all'estero) per edificazione; il portale venne quindi ricostruito sul modello originale nel 1931.
Il portale è costituito da una porta bugnata, decorata con due cariatidi ed uno stemma del Comune di Roma, sormontata da un attico con balaustrata e finestre. Si presuppone che il modello originale delle cariatidi fosse antico romano.
L'attuale non è l'originale ingresso principale, che si trovava invece a Nord, sulla piazza SS.Giovanni e Paolo. Il viale d'ingresso conduce al "casino", o "Palazzetto Mattei", opera di Jacopo Del Duca, attuale sede della Società Geografica Italiana e, per il tramite di questa, anche della Società Geografica Europea (EUGEO) e del segretariato permanente dell'Unione Geografica Internazionale.

La villa rimase ai Mattei fino al 1802, anno di vendita del complesso, anche se la spoliazione dei prezzi pregiati era già iniziata nel 1770 con la vendita di 10 statue al Vaticano (tra cui l'Amazzone, la "Pudicizia", il "Traiano seduto", ora al Louvre) e nel 1802 con la testa di Augusto sempre al Vaticano. 


I MOSAICI ROMANI DI PALAZZO MATTEI
La villa in questi anni subì numerosi passaggi di proprietà: nel 1813 fu acquistata dal principe Manuel Godoy, principe di La Paz e ministro di Carlo IV di Spagna, poi subentrò la principessa Marianna d'Orange Nassau, figlia di Guglielmo I d'Olanda, nel 1857 la principessa Federica di Prussia, della principessa di Bauffremont e infine nel 1869 il barone bavarese Riccardo Hoffmann.
Dopo la I Guerra Mondiale la villa fu confiscata dallo Stato Italiano ai proprietari di nazionalità tedesca quale bene nemico: soltanto nel 1926 fu donata al Comune di Roma che adibì Villa Mattei Celimontana a parco pubblico. Nel 1923, proprio in previsione dell'apertura al pubblico, furono rimosse le sculture più importanti e depositate al Museo Nazionale Romano. 

Nel 1926 l'edificio fu donato alla Società Geografica Italiana, un'associazione dedita alla pubblicazione di riviste che hanno lo scopo di favorire le conoscenze geografiche. Entro l'area della villa, a sinistra dell'attuale ingresso di piazza della Navicella, vi era la caserma della V coorte dei Vigili, vista negli scavi del 1820, del 1931 e del 1958, i cui resti appartenevano al periodo traianeo.

Una lapide posta alla sinistra dell'ingresso della villa su piazza della Navicella informa 
"Questo portale, già ingresso della Villa Massimo, demolito nel MDCCCLXXXV (1885) e donato alla Città di Roma dalla Ecc. Famiglia Lancellotti, venne qui ricostruito e restaurato dal Governatorato di Roma nell'anno MCMXXXI (1931)".

Molti dei reperti ottenuti dagli scavi vennero ceduti ai Musei Vaticani. Alcune fontane della villa volute da Girolamo Mattei ed eseguite da Gian Lorenzo Bernini andarono distrutte.



VALLE DELLE CAMENE

Le Camene erano ninfe delle sorgenti e se ne conoscono quattro: Egeria, Carmenta (Carmentis), Antevorta e Postvorta. A loro venivano attribuite sia capacità profetiche sia il ruolo di muse ispiratrici di poeti e artisti in genere.

Tra le propaggini dell'Aventino rninore, sorgeva una valle dedicata alle Dee Camene, con la leggenda degli incontri di re Numa Pompilio con la Ninfa Egeria fuori Porta Capena e presso la fonte di Egeria. Qui venne consacrato dal II re di Roma un bosco alle ninfe delle sorgenti.

La sorgente si trovava ai piedi dell'estremità meridionale del colle Celio, all'interno dei confini della Villa Mattei, ma è impossibile identificarlo con certezza con una di quelle trovate nelle immediate vicinanze.

Il bosco era intorno alla sorgente, e la valle si estendeva a nord-est da questo punto lungo il lato sud-est del Celio, attraversata dal vicus Camenarum (Reg. I), che si ricongiungeva alla via Appia.

Questa valle è ora segnata dalla Via delle Mole e dal ruscello Marrana. La sorgente era vicino alla via Appia, e, secondo la tradizione, Numa aveva fatto erigere accanto ad essa una piccola edicola di bronzo. (il giorno della dedicazione era il 13 agosto)

In epoca repubblicana, quando le mura difensive erano ancora di estensione ridotta, la vallata era percorsa dal primo miglio dell'Appia Antica. Durante l'impero, la zona venne ulteriormente valorizzata da Carcalla nel 212 d.c. edificando in loco le grandiose terme. 

Una Via Nova, con una carreggiata larga 30 metri, si affiancava alla valle per facilitarne l'accesso nel 270 d.c., realizzando nuove mura ed includendo la valle nel confine cittadino. 

Con la caduta dell'impero tutto viene distrutto o saccheggiato e sulle rovine imperiali si eressero chiese cristiane e complessi monastici che utilizzarono fondazioni e materiali di spoglio: Santa Balbina, Santi Nereo e Achilleo, San Cesario de Appia, Santa Maria in Tempulo, San Sisto. 



LA MALEDIZIONE DELLA MARANA

Nel corso del XII secolo Roma si dotò di un nuovo condotto idrico a cielo aperto, chiamato la Marana o Marrana: 

"Callisto II deviò il corso d’acqua per antiche condutture e lo condusse fino a Porta Asinaria; e lì fece approntare un lago per far abbeverare i cavalli e nello stesso corso d’acqua costruì anche molte piccole mole"

A Roma però non esistevano più i grandi ingegneri dell'impero romano che sapevano incanalare e bonificare. Pertanto la Marana, nell’incanalarsi nella conduttura sotto la Porta Metronia, andò a formare uno stagno che attirò insetti e miasmi.

Giungendo nella Valle delle Camene, dove oggi corre l'attuale via delle Terme di Caracalla, la Marana causò anche qui la trasformazione della zona in area alluvionale, compromettendo la viabilità della via Antiqua. 

La via, corrispondente al percorso urbano dell'Appia antica e oggi grosso modo ricalcato da via Valle delle Camene, venne scartata a favore della via Nova, la strada costruita da Settimio Severo e parallela alle Terme di Caracalla, che assunse la funzione di direttrice principale.

Così a partire dal XIII secolo l’area fuori Porta Metronia, che coincideva con l'attuale semenzaio e con la valle delle Camene, fu detta Lo Pantano, le cui acque stagnanti furono la causa prima di un’epidemia locale che nel 1601 decimò gli abitanti del Celio. Fu la causa prima perchè la causa seconda fu il taglio degli acquedotti e la chiusura delle terme, per cui l'igiene tanto amata dai romani decadde totalmente.

Pertanto il passaggio della Marana rese gradualmente il posto insalubre e disabitato. Così un'opera di bene per il popolo si trasformò in una vera e propria maledizione.

OBELISCO EGIZIO DI VILLA CELIMONTANA

L'OBELISCO

L'obelisco di villa Celimontana è uno dei tredici obelischi antichi di Roma. Venne trasportato a Roma nel 1817 dal tempio del Sole di Heliopolis in Egitto, in epoca romana, è costituito da due monoliti: quello superiore, sormontato da una sfera in bronzo, è decorato con geroglifici relativi al faraone Ramsete II (XIII secolo a.c.), quello inferiore, privo di iscrizioni, è invece più recente. 

Ornava il santuario di Iside in Campo Marzio insieme ad altri monumenti analoghi. Collocato nel XIV secolo alla base della scalinata della chiesa di Santa Maria in Aracoeli, fu poi concesso dal Consiglio Segreto del Comune capitolino a Ciriaco Mattei, che vi decorò la sua villa sul Celio posizionandolo al centro di un teatro a cielo aperto. 

In un primo momento l'obelisco venne posto nel centro del piazzale, per essere poi di nuovo spostato nel 1817 dal nuovo proprietario della villa, il Principe Godoi, in fondo al vialetto dove ancora oggi si trova. I due obelischi, il Matteiano e il Macuteo del Pantheon, sono simili per lo stile e la fraseologia dei geroglifici.

La sistemazione attuale avvenne ad opera dell’architetto Antonio Celles, dal 1817, a seguito dei lavori di rinnovamento voluti dal principe Manuel Godoy che aveva acquistato la Villa Mattei nel 1813. In questa occasione che l'obelisco venne posto sul basamento attuale al posto dell'antico basamento cinquecentesco, costituito da quattro leoni angolari.

L'obelisco presenta la parte inferiore del fusto più grande, di origine ignota, mentre la parte superiore, di 2,68 metri, reca geroglifici con il nome di Ramsete II (1304-1236 a.c.) e venne prelevato, insieme a quello che oggi si trova in piazza della Rotonda, dal Tempio del Sole ad Eliopoli. Trasportato a Roma, venne sistemato, insieme a quelli che oggi si trovano in piazza della Minerva e in via delle Terme di Diocleziano, ad ornamento del famoso santuario della comunità egizia, il Tempio di Iside. 

Prima della sistemazione attuale l'obelisco era stato posto, nel XIV secolo, ad ornamento della scalinata del Campidoglio. Secondo una leggenda leggenda il globo posto sulla sua cima conterrebbe le ceneri dell'imperatore Ottaviano Augusto.

Gli eredi di Mattei non si prenderanno cura nè della villa, nè dei giardini e nè dell'obelisco, infatti, l'obelisco cadde, e rimasero solo dei frammenti a terra, della villa non rimase nessun oggetto di valore, fino al 1812, quando la villa passò a Manuel de Godoy principe de La Paz, uomo appassionato di arte e di archeologia, il quale decise il trasferimento dello sfortunato relitto egizio nel boschetto delle Muse.


Il trasferimento avvenne nel maggio del 1817. Le vecchie iscrizioni vennero sostituite con altre, di cui una enuncia:

"Avendo per primo ingrandito i terreni 
Manuel Godoy ha rimosso qui questo obelisco 
in passato donato a Ciriaco Mattei 
antico proprietario dei giardini, 
dal Senato e dal popolo di Roma. 
L'inclemenza del tempo ne aveva causato 
la caduta ma egli gli ha dedicato, 
sontuosamente decorato, le pacifiche Muse, 
il Genio e la protezione 
del guardiano delle Arti. 
Pacifiche Muse a voi consacro questo obelisco 
che con favori e propizie voi potete concedere 
e conferire a me un rifugio e un lungo desiderio 
di pace, senza venti o inverni. 
Come io non sono perito 
con il tempo o con il fuoco, 
con la furia civica o con la caduta 
del mondo romano in rovine, 
così la virtù non morirà mai".


RESTI DELLA BASILICA ILARIANA

LA BASILICA HILARIANA  

Gli scavi archeologici eseguiti nel 1889 hanno portato alla luce la Basilica Hilariana, nell'ambito della Villa Mattei, e sono stati effettuati scavi parziali solo nel 1987. La basilica venne eretta sul Celio (ma oggi sotto l'ospedale militare) da Manius Publicius Hilarus, un ricco margaritarius (commerciante di perle), verso la metà del II secolo, per donarla al collegio dei dendrofori, un collegio religioso collegato al culto della Magna Mater e di Attis, di cui Ilario era "quinquennalis perpetuus".

La basilica era seminterrata, con dodici gradini profilati in marmo che scendevano fino ad un vestibolo con mosaici in bianco e nero, raffiguranti un occhio colpito da una lancia e un anello di uccelli e animali intorno, probabilmente apotropaico; una soglia raffigurante l'impronta di due piedi, uno entrante l'altro uscente, e infine introduceva in un cortile centrale  e porticato che introduceva in
diversi ambienti. In una delle stanze vi era un bacino e la base di una statua dedicata ad Ilario.

Nel III secolo, durante le ristrutturazioni che modificarono in parte la disposizione degli ambienti, fu costruito un sacello destinato a custodire il pino sacro ad Attis (Arbor Sancta), il cui particolare culto è attestato in questa zona dalle fonti antiche. Venne abbandonata nel VII secolo, forse in seguito al terremoto del 618.



LA CASA MATTEI

I lavori cominciarono probabilmente nel 1572, ma la costruzione di casa Mattei, assegnata nella fase iniziale a Jacopo Del Duca, allievo di Michelangelo, iniziò dopo il 1577 e dal 1586 si avvicendarono alla sua realizzazione e alla progettazione di tutto il complesso diversi artisti.

Contemporaneamente alla costruzione della palazzina, probabilmente terminata entro il 1581, veniva realizzato il giardino pensile, a essa collegato, sostenuto da grandi muraglie.

Venne peraltro sistemato anche il "teatro" o "prato", ossia il settore che occupava il lato sud-occidentale del giardino, a cui venne data la forma di un antico circo, con un emiciclo a gradinate, e sormontato da un'edicola in cui era "una testa grande di Alessandro Magno con il suo busto".
Al centro invece, a mo' di spina, era stato innalzato l'obelisco egizio concesso dal Consiglio Segreto del Comune capitolino a Ciriaco Mattei. 
Fu poi realizzato un nuovo edificio, la "loggia che guarda verso S. Sisto", ornato con intonaci graffiti e altre pitture, destinato a sede espositiva per la ricca collezione di antichità del proprietario. Di fronte a esso era un labirinto e, poco più in là, un boschetto con statue di animali in peperino dipinto, collocate anche in altri punti salienti del giardino o poste a ornamento di fontane.
Di grande scenicità risultò poi la sistemazione della pendice occidentale, con un elaborato sistema di loggiati, balconi e scale affacciato dal livello superiore, dove era la palazzina. 
Al lato di questa, sulle pendici, una loggia tra due padiglioni a uso di uccelliere, sovrastanti due piccoli ninfei dava accesso al viale sottostante chiuso sul fondo dalla Fontana del Fiume, con figura maschile sdraiata in peperino, unica superstite delle molte che decoravano la villa.
Tuttavia tra il 1620 e il 1623, in concomitanza dei lavori di ampliamento del casino, scomparve il padiglione superiore dell'uccelliera antistante la palazzina.

Nel 1602 l'acquisto di sei once dell'Acqua Felice consentì infine di dotare la villa di fontane e giochi d'acqua.

Da alcune testimonianze sembra che nel 1605 molte fontane erano già state realizzate:
- la Fontana dell'Idra,
- la Fontana della Natura,
- la Fontana di Bacco
- la Fontana d'Atlante con la peschiera, purtroppo perdute.

Pochi anni dopo la morte di Ciriaco, avvenuta nel 1614, il figlio Giovan Battista trasformò la palazzina da sede della collezione in residenza vera e propria, curando il rinnovo degli arredi e decorando con affreschi le volte dei nuovi ambienti creati.

Morto costui nel 1624 senza figli, la villa passò al fratello di Ciriaco e poi a suo figlio Girolamo che, rimase l'unico proprietario di un ricchissimo. Ricominciarono allora i lavori di risistemazione della villa, acquisendo nuovi terreni dei SS. Giovanni e Paolo e dotandola di nuove fontane: 
- la "fontana dell'Aquila" 
- la  "fontana del Tritone", 
disegnate da Gian Lorenzo Bernini, e oggi svanite. 
Il nuovo giardino si presentava con un impianto a forma stellare, denominato "Piazza dei sedici viali", ispirato nel disegno alle nuove concezioni francesi. La villa rimase di proprietà della famiglia Mattei fino all'estinzione della linea maschile all'inizio dell'Ottocento, ma già nel 1770 erano state vendute da Giuseppe Mattei gran parte delle sculture antiche, che andarono a costituire il nucleo originario del Pio Museo Clementino in Vaticano.

Dopo la prima guerra mondiale, la Villa fu confiscata dallo Stato italiano che la incamerò come bene nemico, essendo la famiglia Hoffmann di nazionalità tedesca. Intanto, nel 1923, in previsione di un'imminente concessione, molte delle opere antiche esposte nel giardino, tra cui il celebre Sarcofago delle Muse, collocato sul piedistallo ora vuoto in fondo al viale dei Lecci, sopravvissute alla diaspora dei secoli precedenti, vennero rimosse e depositate al Museo delle Terme.

La palazzina Mattei, consegnata al suo definitivo assegnatario, la Regia Società Geografica Italiana, dopo alcuni lavori di sistemazione, il 7 giugno 1926 fu inaugurata come sede di quell'Istituto. Il parco intanto veniva destinato a verde pubblico: due piccole porzioni del giardino furono assegnate alla Stazione chimico-agrario-sperimentale, mentre l'area residua, cioè il parco, nel 1925 fu concesso in uso perpetuo al Governatorato di Roma, che ne prese possesso l'anno successivo, ma solo nel 1928 veniva deliberata l'apertura al pubblico della Villa, che fu allora dotata anche di illuminazione elettrica. 

Nel 2008-2009 è stato restaurato l'obelisco e nel 2010 il Ninfeo dell'Uccelliera. Nel periodo marzo 2013- giugno 2014 è stato realizzato il restauro ambientale di parte dell'area verde a cura del Dipartimento Ambiente - Verde pubblico.


BIBLIO

C. Benocci - Villa Celimontana, Torino 1991;
Villa Celimontana- Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
A. Cremona, Villa Celimontana, in A. Campitelli (a cura di), Verdi Delizie. Le ville, i giardini, i parchi storici del Comune di Roma, Roma 2005, Roma 2005, pp.27-36

 


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