ARMILUSTRIUM (19 Ottobre)



LA PURIFICAZIONE DELLE ARMI

L'Armilustrium era un festività dell'antica Roma in onore di Marte, Dio della guerra, che veniva celebrata il 19 ottobre di ogni anno. Marte era un Dio molto venerato dai romani perchè considerato il padre di Romolo e Remo e un po' di tutti i soldati, non a caso i Romani, loro diretti discendenti, per sangue e culturalmente, vivevano di guerra ed in guerra.In questo giorno le armi dei soldati venivano recate per sottoporle a una purificazione rituale onde poi essere riposte per l'inverno, visto che di solito di inverno non si combatteva. La cerimonia della lustratio delle armi e armature si svolgeva sul colle Aventino, dove la tradizione dice sia stato sepolto il re Tito Tazio, correggente con Romolo.

I cittadini-soldati svolgevano poi il rituale di ripresa delle armi in primavera, ma l'oggetto principale della festività erano le trombe, di qui anche il nome Tubilustrium da tubae, suonate magistralmente dai sacerdoti.

L'ordine sacerdotale danzante dei Salii, dedicato a Marte, aveva parte rilevante nel cerimoniale. I Salii erano un antichissimo collegio sacerdotale romano (simile a quello dei Fratres Arvales o Arvali), che la tradizione vuole istituito dal re Numa Pompilio (esistevano già sacerdoti con funzioni simili in altre città, p.es. a Veio). Il nome dei Salii deriva dal verbo latino salire, cioè saltare, per via della particolare andatura saltellante che tenevano durante le processioni sacre.

MONETA CON ANTONINO PIO SU UN LATO E GLI ANCILIA SULL'ALTRO


I SALII

L'ordine sacerdotale danzante dei Salii, dedicato a Marte, aveva parte rilevante nel cerimoniale della festa. I Salii erano un antichissimo collegio sacerdotale romano (simile a quello dei Fratres Arvales o Arvali), che la tradizione vuole istituito dal re Numa Pompilio (esistevano già sacerdoti con funzioni simili in altre città, p.es. a Veio). Il nome dei Salii deriva dal verbo latino salire, cioè saltare, per via della particolare andatura saltellante che tenevano durante le processioni sacre.

I Salii risiedevano nella Curia Saliorum, ed erano distinti in due collegi di dodici sacerdoti ciascuno: i Salii Palatini, istituiti da Numa Pompilio e scelti fra le famiglie nobili (in principio, solo della tribù dei Ramnes) ed i Salii Quirinales, o Collini, o Agonali, istituiti da Tullo Ostilio dopo la vittoria sui Sabini, e scelti fra le famiglie nobili (in principio, solo della tribù dei Tities), indice di un'origine risalente agli inizi della monarchia, quando il Palatino era ancora separato dagli altri colli, ed erano consacrati al Dio Quirino.

I Salii erano uno dei collegi sacerdotali più ragguardevoli nell'antica Roma e avevano il compito di aprire e chiudere ogni anno il tempo che poteva essere dedicato alla guerra (per gli antichi romani il periodo per le guerre andava da marzo ad ottobre per ovvie ragioni di approvvigionamento delle truppe).

I Salii vestivano un elegante costume che ricordava quello di antichi guerrieri composto da una tunica bordata di rosso ed affibbiata alla spalla (la trabea), cinta da una cintura di bronzo a cui era agganciata una spada. Sopra la tunica indossavano una pettorina corazzata in bronzo ed un mantello, indossavano inoltre lo stesso copricapo dei sacerdoti Flamini, l'Apex (un caschetto dotato di una punta di legno d'ulivo all'apice e fissato sotto il mento con delle stringhe, le apicule). Nell’Ara Pacis, fregio lato ovest, si notano sacerdoti Flamini che indossano l'Apex, copricapo con punta lignea, indossato anche dai Salii.


DANZA DEI SALII

I SALII PALATINI

I Salii Palatini erano dodici sacerdoti consacrati a Marte ed erano uomini prestanti, di bell'aspetto e relativamente giovani, cooptati tra i membri delle più nobili famiglie (anche in epoca più tardiva), che custodivano i dodici scudi sacri tra i quali si nascondeva l'Ancile (scudo ovale tagliato sui due lati), lo scudo consegnato da Marte Gradivo a Numa Pompilio (nell'ottavo anno del regno del re, durante un'epidemia di peste) come pegno dell'eterna salvezza ed invincibilità di Roma.

Come suggerito al re dalla ninfa Egeria, Numa incaricò il fabbro Mamurio Veturio (della gens Veturia) di forgiare altri 11 scudi identici all'Ancile, così che fosse impossibile ai nemici di Roma sottrarre quello autentico, ed ordinò che fossero riposti nella Reggia e conservati dal sacerdote Flamine Diale ed affidati, per i riti sacri, al nuovo collegio sacerdotale dei Salii Palatini.

I Salii erano presieduti da un Magister, al quale si affiancavano il Praesul, che dirigeva le danze mostrando i passi e le figure della danza amptrurare agli altri sacerdoti che dovevano poi ripeterle (reamptrurare), ed il Vates, il direttore del coro.

Nell'edificio si conservavano inoltre la statua di Marte, gli strumenti del culto per i sacerdoti salii, preposti appunto alla cerimonia, cioè le armi per uccidere le vittime, nonchè le vesti dei sacerdoti, i contenitori, il necessario per il fuoco, i bracieri e i simboli della cerimonia.

Ma più importante ancora vi si conservavano le armi nelle sale apposite, vigilate e mantenute sempre dai sacerdoti addetti. (Varro, LL V.153; VI.22; Liv. XXVII.37.4; Fest. 19; Not. Reg. XIII; CIL I2 p333; HJ 161‑2; Merlin, 313‑315).

LA PROCESSIONE DEGLI ANCILIA


I TEMPI DELLA GUERRA

Questo tempo di passaggio tra marzo e ottobre aveva un'importanza fondamentale per il cittadino romano, ad un tempo civis (cittadino) e miles (soldato). Il periodo bellico veniva inaugurato nel mese di Marzo, con una serie di festività. Con il mese di Marzo infatti, il cittadino romano diveniva miles e passava sotto la giurisdizione militare e la tutela del Dio Marte e le manifestazioni dei Salii Palatini segnavano questo passaggio.

Nel mese di Ottobre il cittadino romano tornava, come civis, ad occuparsi delle attività produttive sotto la tutela del Dio Quirino e i riti guidati dai Salii Quirinales segnavano questo momento purificando uomini, armi ed animali che avevano partecipato ad attività belliche.

DANZA DEI SALII


LA CERIMONIA

Nella festa i Salii Palatini sfilavano iniziando dal palazzo dell'Armilustrium nel cui piazzale si svolgeva poi la danza dei sacerdoti Salii, e qui avveniva il sacrificio all'invocazione: "Mars nos protegat" e poi si snodava la processione nel vicus Armilustri (CIL VI.802, 975, 31069; Bull. d. Inst. 1870, 88) che evidentemente passava qui, seguendo la linea della moderna Via di S. Sabina.

Danzando e cantando i sacerdoti portavano in processione i dodici scudi sacri (gli ancilia, che rappresentavano l'autorità giuridica) e le dodici lance di Marte (le hastae Martiae, che rappresentavano l'autorità militare) intonando, (senza accompagnamento musicale, ma battendo il ritmo con dei bastoncelli sugli scudi) canti particolari in latino arcaico (in epoca tardiva gli stessi sacerdoti non comprendevano più completamente il significato delle canzoni!), nel quale si invocava su Roma la protezione degli Dei, i Carmina Saliaria. Tali canti venivano chiamati assamenta o axamenta forse perché cantati solo con la voce (assa voce).

I Salii percorrevano la città cantando e ballando e toccando con le lance e gli scudi alcuni luoghi particolari allo scopo di risvegliare lo spirito guerriero di Roma e dovevano davvero fare un gran rumore cantando e saltando con l'armatura addosso e percuotendo gli scudi. Essendo una danza in tre tempi aveva anche il nome di tripudium.

Alla sera, al termine della festa, gli scudi e le lance venivano riposti nella Regia e riaffidati al sacerdote Flamine e nel tempio di Marte i sacerdoti Salii consumavano un abbondante e raffinato banchetto, divenuto proverbiale.

Ma questa festa prevedeva anche un banchetto pubblico infatti si operava l'uccisione di molti animali che venivano poi cucinati all'interno dell'armilustrium per essere poi portati di nuovo all'esterno onde essere consumati nel pubblico banchetto a cui partecipava tutto il popolo. Si diceva dei militari che "sanguinem gustare antea frequenter solebant" cioè che avessero procurato sangue ai nemici prima, per gustare il sapore del sangue (dei sacrifici) dopo.

Questo banchetto si svolgeva nel vasto piazzale ponendo tavole sugli appositi cavalletti dove venivano poggiati i grandi piatti da portata da cui tutti potevano attingere, naturalmente accompagnato da vino abbondante. La gente all'impiedi poteva prelevare il cibo con le mani ma senza piatti, con delle ciotole d'acqua dove però si potevano lavare le dita, che venivano spesso vuotate e riempite di nuovo con acqua fresca. La cerimonia si protraeva fino al tramonto tra l'andirivieni della gente e quello degli schiavi per portare dentro e fuori i piatti, per pulire le mense e per cucinare.

Al banchetto partecipavano all'interno i sacerdoti e i notabili di Roma, vista l'importanza della festa, e all'esterno soprattutto i legionari dell'esercito romano, senza il quale Roma non poteva mantenere e accrescere il suo potere come aveva sempre fatto. Ma infine vi poteva partecipare il popolo del quartiere con grande chiasso e allegria.


BIBLIO

- Sesto Pompeo Festo - De verborum significatu -
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
- William Warde Fowler - The Roman Festivals of the Period of the Republic  - Londra - 1908 -
- John Scheid - La religione a Roma - Roma-Bari - 1983 -
- George Dumezil - La religione romana arcaica (La religion romaine archaïque, avec un'appendice sur la religion des Étrusques - Parigi - Payot - 1964) - Milano - Rizzoli - 1977 -



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