FIDENAE - FIDENE (Lazio)



RICOSTRUZIONE DELLA CAPANNA FIDENATE

Fidene (Fidenae)  era un'antica città del Latium Vetus, nella Valle del Tevere, secondo alcuni fondata da coloni provenienti da Alba Longa, ma secondo altri era di origine etrusca e distava circa 30 stadi da Roma. Al tempo di Strabone era ormai ridotta a un semplice villaggio o ad una vasta proprietà privata. 

Plinio il Vecchio la colloca tra i “ populi albenses ”, popoli confederati appartenenti all’area albana, che usavano riunirsi per i loro riti pagani sul Monte Albano, attuale Monte Cavo vicino Tivoli, dove sorgeva il Tempio di Giove Laziale, poi trasferito da Romolo in Campidoglio.


LE GUERRE

Roma e Fidene si fecero guerra per ben 400 anni, vale a dire sotto Romolo, sotto Numa Pompilio, Tullio Ostilio e sotto i Tarquini. Sia Livio che Dionisio riportano una guerra contro Tullo Ostilio mossa da Alba, conclusasi con la sconfitta di Veienti e Fidenati nella piana presso Fidene.

Invece Dionisio, durante i regni di Anco Marcio, Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo, riporta battaglie in cui Fidenae è coinvolta nelle lotte tra Etruschi, Latini e Romani. Narra inoltre che durante la Repubblica le cose non cambiarono e numerose furono le ribellioni dei fieri Fidenati contro Roma, talvolta alleati con i Sabini, oppure con i Latini o con gli Etruschi di Veio.

I Romani erano un popolo di pastori, ma anche di ribelli, di briganti, di esiliati e di fuggiaschi che vennero nell'urbe accolti a braccia aperte da ogni dove, potenziando il loro esercito, tanto da essere secondo Livio "così potenti da poter rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni". Non a caso i romani dovettero operare il "Ratto delle Sabine" per sposarsi perchè nessuna famiglia avrebbe concesso la mano di una figlia a individui così poco raccomandabili, mezzi pecorari e mezzi banditi.

Cadute molte delle vicine città di Roma, dei Ceninensi, degli Antemnati, dei Crustumini e dei Sabini, i Fidenati, ritenendo Roma troppo pericolosa decisero di attaccarla per primi. All'epoca o si attaccava o si era attaccati, era l'usanza tribale, dove la tribù più forte si espandeva a danno delle altre. I Romani però accolsero a Roma più gente possibile, considerandoli alla pari, così avrebbero accettato di combattere al loro fianco, e combattere era inevitabile per sopravvivere.


La battaglia di Fidene si svolse sotto Romolo, quando Tito Tazio era già morto e il trono era interamente nelle mani del I re di Roma.

Plutarco ne racconta due versioni: 

1) Roma riuscì a catturare Fidene, facendola assalire a sorpresa da un gruppo di cavalieri, a cui aveva dato ordine di tagliare i cardini delle porte di accesso della città, seguiti poi dall'esercito di Romolo (771 - 716). 

2) Furono i Fidenati a scatenare il conflitto, armando squadroni di cavalieri a devastare le campagne tra Fidene e Roma saccheggiando e uccidendo. Allora Romolo, postosi a capo dell'esercito, si diresse verso nord seguendo il Tevere fino ad un miglio dalla città nemica.

Lasciò una piccola guarnigione di cavalieri sotto le mura di Fidene, per attirare i Fidenati fuori delle loro mura, mentre Romolo mosse con il grosso dell'esercito verso un bosco vicino. Secondo il piano la cavalleria al momento opportuno doveva ripiegare attirando il nemico nella trappola romana.

Aperte le porte della città, i Fidenati si lanciarono sui nemici che si diedero alla fuga fino alla boscaglia, dove era nascosto il grosso dell'esercito romano. Qui vennero decimati e risospinti fino alla città che ormai senza difese venne occupata.

3) Ma Tito Livio (ab Urbe Condita) narra che i Fidenati devastano le campagne tra Roma e Fidene e che Romolo si accampa a un miglio da Fidene. Lascia una guarnigione per un'imboscata poi si lancia sotto le porte di Fidene che si aprono e irrompe l'esercito fidenate mentre i romani fuggono raggiungendo
il punto dell'imboscata. I Fidenati, incalzati dai Romani, entrarono a Fidenae, ma irruppero all'interno anche i Romani, che vinsero di nuovo. ma ci sono in agguato i Veienti alleati dei Fidenati.

I Veienti divisero l'esercito in due schiere, una assalì l'esercito romano lasciato a guardia di Fidene e nell'altra si battè contro Romolo. A Fidene i Veienti vinsero uccidendo 2.000 Romani, ma nel secondo scontro persero la vita ben 8.000 Veienti e vinse Romolo. Lo scontro decisivo fu ancora a Fidene, dove Romolo dimostrò tutta la sua bravura di condottiero e vinse la battaglia.

CAPANNA PROTOSTORICA A FIDENE

II GUERRA DI FIDENE

Siamo nel 438 a.c. a Roma esplode la contesa tra Plebei e Patrizi, e la colonia romana di Fidene, approfittando dei dissensi, si alleò con Veio. Quindi i Fidenati abbandonarono l'alleanza con Roma, ma Lars Tolumnio, il principe fidenate, fece uccidere i tre ambasciatori romani inviati a Fidene, un affronto che andava lavato nel sangue, così Roma affida la guerra ai consoli Marco Geganio Macerino e Lucio Sergio Fidenate.

Lucio Sergio guidò l'esercito lungo le sponde dell'Aniene; i romani vinsero ma con gravi perdite, per cui si decise per la nomina di un dittatore a cui affidare la nuova Guerra Fidenate. La coalizione nemica attese gli alleati Falisci e Capenati, prima di accamparsi davanti alle mura di Fidene. Mamerco Emilio, nominato dittatore, pose l'accampamento vicino alla confluenza dell'Aniene con il Tevere, erigendo in fretta le fortificazioni. Poi affidò a Tito Quinzio le operazioni contro i Fidenati, e a Barbato quelle contro i Veienti, riservandosi il comando contro Falisci e Capenati.

Tolumnio schierò i Veienti sull'ala destra, i Fidenati al centro, e i Falisci e i Capenati sulla sinistra. 
Mamerco lasciò la cavalleria, ma lasciando alcune guarnigioni, sotto Marco Favio Vibulano per contrastare un attacco a sorpresa.

Lo scontro si risolse con il famoso gesto eroico di Aulo Cornelio Cosso che da solo affrontò Tolumnio uccidendolo. Poi i Fidenati messi in fuga con la morte di Tolumnio, vennero inseguiti e sterminati dai romani, che arrivarono a far razzia fin nelle campagne di Veio. Per questa vittoria Roma concesse a Mamerco Emilio Mamercino il trionfo a Roma eAulo Cornelio venne insignito delle spoglie opime.

QUADRIGA DEI VEIENTI

III BATTAGLIA DI FIDENE

La III battaglia di Fidene del 426 a.c. avvenne tra l'esercito romano, guidato dal Mamerco Emilio Mamercino alla sua III dittatura, ed una coalizione di Fidenati ed Etruschi di Veio. I senatori romani ricevettero stipularono con i Volsci una tregua di otto anni.

I Veienti fecero razzie nel territorio romano, forse appoggiati da alcuni Fidenati. Pertanto alcuni Fidenati furono confinati a Ostia e venne aumentato il numero dei coloni ai quali venne assegnata la terra dei caduti in guerra. Intanto venne la siccità, il bestiame moriva di sete e di scabbia, e infine la malattia passò agli uomini.

l'anno successivo, prima di dichiarare guerra, affinchè fosse una justum bellum, si decise di mandare prima i feziali a chiedere soddisfazione, ma questi non vennero ricevuti.
Il console Quinzio portò allora la decisione della guerra di fronte al popolo, votarono tutte le centurie e vennero nominati quattro tribuni militari con potere consolare: Tito Quinzio Peno, già console, Gaio Furio, Marco Postumio e Aulo Cornelio Cosso.
  
Ad Aulo Cornelio Cosso venne dato il governo della città, mentre gli altri partirono per Veio ma poichè non andavano d'accordo, i Veienti ne approfittarono e li assalirono facendo fuggire i Romani nel loro accampamento con grande disonore. La città costernata odiò i tribuni e Aulo Cornelio nominò dittatore Mamerco Emilio che a sua volta lo scelse come maestro della cavalleria.

Intanto i Veienti mandarono messaggeri in Etruria ad annunciare la vittoria ma solo i Fidenati decisero di riaprire le ostilità, macchiandosi del sangue dei nuovi coloni. Quindi si unirono ai Veienti e scelsero Fidene come teatro di operazioni. Pertanto i Veienti, traversato il Tevere, trasferirono l'esercito a Fidene.

Il senato richiamò da Veio l'esercito demoralizzato per la sconfitta, si pose l'accampamento di fronte alla porta Collina, si distribuirono uomini armati sulle mura, si sospese l'attività giudiziaria nel foro e si chiusero le botteghe. I cittadini Romani erano disperati.

LA STRADA ROMANA CHE COLLEGAVA FIDENE A TUSCOLO


ADLOCUTIO DI MAMERCO

Mamerco Emilio, il nuovo dittatore, convocò allora in assemblea i cittadini e li rimproverò di essersi persi d'animo per un così lieve mutamento della sorte. I Romani avevano subito un piccolo scacco, non per il valore dei nemici nè per l'ignavia dell'esercito romano, ma per mancata intesa tra i generali. Ora non dovevano temere i Veienti, da loro già sconfitti ben sei volte, né Fidene, città più spesso espugnata che assediata.

Dunque gli uomini prendessero le armi, ricordandosi che dalla parte loro c'erano i trionfi, le spoglie e la vittoria, mentre da quella del nemico l'orrendo assassinio degli ambasciatori uccisi contro il diritto delle genti, il massacro in tempo di pace dei coloni di Fidene, la rottura della tregua e la settima ribellione destinata a fallire.

Mamerco si accampò non lontano da Fidene, protetto dalle colline e dal Tevere. Fece occupare da Quinzio Peno le alture e pure un colle situato alle spalle dei nemici e fuori dalla loro vista. La mattina dopo, il dittatore attese finché le vedette gli riferirono che Quinzio stava sul colle dietro a Fidene.




L'ESERCITO DI FUOCO

Guidò lui stesso a passo di carica la fanteria contro il nemico, ma si spalancarono d'improvviso le porte di Fidene e ne uscì uno strano esercito, armato di torce e lanciato a una corsa folle. Ma al richiamo del dittatore i legionari raccolsero le torce lanciate, o le strapparono ai nemici, poi il maestro della cavalleria fece togliere il morso ai cavalli, e per primo si gettò in mezzo alle fiamme; e gli altri cavalli trascinano i cavalieri contro il nemico, seminando morte e devastazione ovunque.
 
 

LA CONQUISTA DI FIDENE

Intanto il luogotenente Quinzio aveva attaccato il nemico alle spalle, gli Etruschi vennero circondati, mentre la maggior parte dei Veienti scappò verso il Tevere, e i Fidenati superstiti cercarono di rifugiarsi a Fidene, ma vennero uccisi sulla riva o furono travolti dalla corrente, solo pochi raggiunsero a nuoto la riva opposta. 

L'esercito nemico riparò in città ma anche i Romani, e salirono sulle mura dando il segnale che la città era conquistata. I nemici, gettate le armi, si consegnarono al dittatore, città e accampamento vennero messi a sacco. I nemici vennero venduti all'asta e il dittatore ricondusse in trionfo a Roma l'esercito vincitore.

L'ANFITEATRO DI FIDENE


IL TEATRO DI FIDENE

Sotto il consolato di Marco Licinio e Lucio Calpurnio, un’improvvisa sciagura assunse le proporzioni della sconfitta in una grande guerra. Svetonio e Tacito narrano di un certo Atilio, figlio di liberti, che volle creare un edificio per lo spettacolo dei gladiatori.

Questi costruì un anfiteatro ligneo capace di contenere migliaia di persone, ma stracolmo all’inaugurazione, crollò nel 27 d.c., coinvolgendo circa 50.000 persone tra morti e feriti.
Atilio non aveva realizzato delle fondamenta abbastanza solide per sostenere le persone e non aveva legato correttamente le strutture lignee tra di loro, innescando così il drammatico crollo.



LA CASA PROTOSTORICA DI FIDENAE

La casa protostorica di Fidene è la ricostruzione in scala reale di una casa della fine del IX secolo a.c., resa possibile dalla scoperta, nel 1988, dei resti, in ottimo stato di conservazione, di una capanna protostorica risalente all'età del ferro, nella zona di Castel Giubileo a Roma, nell'area dove risiedeva l'antica città di Fidenae.

Gli scavi, realizzati tra il 1991 e 1993, hanno portato alla luce, tra gli altri reperti, pali e parti di pareti di una capanna, due vasi ed un braciere. La capanna originaria è stata rinterrata e, a non molta distanza da essa, è stata realizzata la sua ricostruzione, simile per tecniche costruttive e materiali utilizzati, posta in un'area recintata di via Quarrata, a non molta distanza dal sito della struttura originale.

Nel gennaio 2020, ignoti hanno dato fuoco alla casa protostorica di Fidene, danneggiandola. il reinterro della capanna originario ebbe così un suo perchè.


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita - I e IV -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - VII-VIII -
- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita - I -
- Svetonio - Vita dei Cesari - Tiberio -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - I -
- Plutarco - Vita di Romolo - XXIII -
- Andrea Carandini - Roma. Il primo giorno - Roma-Bari - 2007 -
- Theodor Mommsen - Storia di Roma antica - Sansoni - Milano - 2001 -
- Fasti trionfali - anno 752/751 a.c. il trionfo di Romolo sul popolo dei Ceninensi (Caeniensi).
- Fasti trionfali - anno 752/751 a.c. il trionfo di Romolo sugli abitanti di Antemnae (Antemnates).



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