I CATALOGHI REGIONARI



ARCO DI GIANO

I Cataloghi Regionari, tanto spesso citati anche da noi per orientarsi sulla mappa o sui monumenti dell'antica Roma, sono due redazioni, leggermente diverse tra loro, pervenute da un originario catalogo delle 14 regioni di Roma augustea.

Delle due versioni la prima è la CURIOSUM URBIS ROMA REGIONUM XIIII, mentre la seconda, priva di titolo, è normalmente conosciuta come NOTITIA URBIS  ROMAE.

Entrambi  sono un elenco di monumenti suddivisi per ogni regione, per la maggior parte in ordine topografico, e quindi il numero dei vici (quartieri) e delle loro edicole compitali, dei vicomagistri e dei curatores della regione, delle abitazioni (domus e insulae), dei magazzini (horrea), degli impianti termali (balnea), degli specchi d'acqua (lacus) e dei forni (pistrina). Alla fine di ogni elenco si cita a lunghezza del perimetro della regione trattata. Segue un riassunto finale con il numero complessivo di monumenti e delle altre categorie di edifici cittadini.


Datazione

CARTINA DELLE REGIONI DI ROMA (zoommabile)
La datazione dell'elenco originale è discussa, pur riferendosi all'epoca augustea sono ritenuti in genere di epoca costantiniana nel 315-316,  rielaborato in ognuna delle due versioni a noi giunte.

Queste sono datate sulla base del più recente monumento  citato: per la Notitia, la statua equestre di Costantino, eretta nel 334, mentre per il Curiosum, l'obelisco eretto da Costanzo II nel Circo Massimo nel 357.

Secondo altri, invece, la menzione del corpo dei pretoriani, sciolto da Costantino, indicherebbe una redazione già sotto Diocleziano e forse collegata alle sue riforme amministrative.

In seguito nell'originario elenco si sarebbero inserite varie interpolazioni fino al testo del Curiosum, dal quale a sua volta sarebbe derivato il testo della Notitia, con voci più numerose e Costantino citato come divus, dopo la sua morte.

Dunque la citazione dell'obelisco di Costanzo II nel Curiosum sarebbe un'interpolazione successiva. Anche lo scopo dell'elenco e il criterio per la scelta dei monumenti da citare, che non sembrano essere tutti quelli importanti all'epoca, è incerto: si è proposto che i monumenti fossero riferimenti topografici per indicare i confini delle regioni o di loro successive suddivisioni, ma non convince. I riferimenti numerici sono probabilmente tratti da documenti ufficiali, redatti a scopo amministrativo.



MANOSCRITTI

 Le versioni manoscritte, attraverso le quali i due elenchi sono giunti fino a noi sono:

Per il Curiosum: -
  • Vaticano latino 3321 (in scrittura onciale, forse derivato da un manoscritto in scrittura capitale), VIII secolo; 
  • Vaticano latino 1984 (scritto da varie mani in tempi diversi), XI-XII secolo; 
  • Vaticano latino 3227 (in scrittura beneventana minuscola), forse appartenuto all'abbazia di Montecassino, tardo XI - primo XII secolo; Laurenziano 89 sup.67, selezione in forma compressa del testo presente nel manoscritto Spirense, oggi scomparso. 
 Per la Notitia: -
  • Vienna (collezione nazionale), latinus 162, del IX secolo; 
  • Cattedrale di Speyer, manoscritto dell'VIII-X secolo, perduto alla metà del XVI secolo ma con alcune copie di varia attendibilità. 
  •  La Cronografia del 354. 
FORO DI NERVA

LA CRONOGRAFIA DEL 354

 - Nell'antica roma un ricco aristocratico cristiano di nome Valentinus ricevette un codice contenente un calendario illustrato per l'anno 354, insieme a un gruppo di documenti non illustrati, inclusa una lista di nomi di consoli, prefetti e vescovi di Roma a quella data.

Altre sezioni illustrate includevano il ritratto del console di quell'anno e il suo segno zodiacale. La calligrafia era di eccezionale qualità, essendo opera del più famoso calligrafo del secolo, Furius Dionysius Filocalus. Infatti Filocalo, da seguace cristiano, aveva aggiunto il proprio nome a fianco degli auguri di benessere per Valentino, che ornavano la pagina di apertura del codice.

 Le illustrazioni che accompagnavano il testo erano le prime illustrazioni a piena pagina di un codice nella storia  dell'arte occidentale, e anche esse possono essere state eseguite da Filocalus. Il codice originale continuò ad essere usato a lungo dopo il "giorno di Valentino".

 - Polemius Silvius probabilmente lo consultò, almeno un secolo più tardi, per il proprio calendario del 449, e  nel VI sec. fu preparato un planisfero per l'anno 579, che sembra sia stato illustrato con copie di illustrazioni dal codice del  354.
 - Altre tracce della sua esistenza sono in S. Columbanus di Luxeuil che avrebbe copiato il suo ciclo pasquale nel 602, e un lavoro anglosassone del 639 può riferirsi ad esso.
 - L'antico codice esisteva ancora nel IX sec., quando, a causa delle sue associazioni con l'età di Constantino, venne fatta una copia completa e fedele, il Luxemburgensis, oggi perduto.

 - Allo stesso tempo fu eseguita una copia illustrata del testo, entrambi direttamente dall'originale o per un intermediario. Quest'ultimo è ora San Gallo 878.
Da questo momento non vi sono altre tracce dell'originale autografo; infatti nel IV sec. sono meno di 20 i codici sopravvissuti (vedi E. A. Lowe, Codices Latini Antiquiores, Oxford, 1934, vol. 1: codices I, IV, XIV-XV).

 - Nel Rinascimento, la scoperta della copia del IX sec. causò grande emozione, ispirando diverse copie nel XVI e XVII sec.. Sfortunatamente i fogli andarono perduti nel Rinascimento, e la copia migliore (il Romanus), che era stata eseguita sotto la supervisione dello scolaro Nicholas-Claude Fabri de Peiresc, venne eseguita dopo questo evento.
Alla morte di Peiresc il Luxemburgensis era perduto. La nostra conoscenza del testo  è quella delle copie superstiti del rinascimento, nessuna delle quali appare adeguata.



IL TESTO

Il testo è una raccolta preziosa di dati sulla società romana, meno noto di quanto meriti, ma non un singolo volume contiene una edizione stampata della Cronografia nel suo complesso.
Theodor Mommsen pubblicò la parte 6,  il calendario,  in Inscriptiones Latinae Antiquissimae. Pubblicò il rimanente, senza illustrazioni, nel Monumenta Germaniae Historica, Chronica Minora

Le illustrazioni appaiono solo nel recente volume di Michele Salzman, che consiste di fotografie di manoscritti in monocromo, senza dubbio in copyright. Il perduto Codex Luxemburgensis illustrato del IX sec., manoscritto copia dell'originale del IV sec. ha in B. una nota che lo indica appartenente a Jean Brenner, genero di Remacle Huart, custode degli archivi di Lussemburgo.

La descrizione di Peiresc comprende anche i dettagli della sua esecuzione. Egli registra i colori degli inchiostri usati nelle varie sezioni, e aggiunge che il testo del calendario, le calende, idi e nomi delle feste celebrate in questi giorni, e le notazioni astrologiche dei movimenti del sole nei vari segni zodiacali sono state scritte in inchiostro rosso in caratteri maiuscoli.

Lo schema dei colori è coerente con la pratica carolingia, e, per il calendario, riproduce l'uso del rosso e nero come sui calendari scolpiti sui muri nell'antichità. Lo schema dei colori è riprodotto in una certa misura nelle copie.

Questo manoscritto, mandato ad Aleandro il giovane nel Dicembre 1620, contiene solo le illustrazioni delle città imperiali, le dediche, le illustrazioni dei due consoli per l'anno, e la decorazione architettonica per le liste che iniziano con il Natales Caesarum. 1620, Biblioteca Apostolica Vaticana Codex Vaticanus latinus 9135. Illustrato.

TOMBA DI CAIO CESTIO

LE FONTI DELLA  CRONOGRAFIA

I manoscritti del testo non contengono tutti le sezioni stesse. Ecco un elenco di tutte le sezioni:

- I. Dedica a Valentinus. (R1, fol.1; B, fol. 197; V, fol. 1)
- II. le 4 città Tyches: immagunu dello spirito delle città di Roma, Alessandria, Constantinopoli, e Trier. (R1, fols. 2-5) III.
- III. Dedica imperiale. (R1 fol.6, poi Lista dei Natali dei Cesari, poi R1 fol. 7; B fol. 198) IV.
- IV. I 7 pianeti e le loro leggende. (R1, fols.8-12).
- V. Effetto XII Segni. (S, G, fol 241).
-  VI. Calendario. Illustrazioni e testo dei mesi.
- VII. Ritratti dei consoli, Augustus Constantius e Caesar Gallus. (R1, fols. 13, 14)
. VIII. Lista dei consoli dal 508 a.c. al 354 d.c..
- IX. Ciclo orientale d.c. 312-358, con una continuazione fino al 410.
- X. Lista di Prefetti Urbani di Roma dal 254 - 354 d.c., finendo con Vitrasius Orfitus, che prese il suo officio l'8 Dicembre 353.
- XI. Deposizioni dei Vescovi di Roma dal 255 al 352, finendo con la sconfitta del vescovo Julius, d. 352.
- XII. Deposizioni dei Martiri. (B, fol. 195v; V, fol. 44; A, fol. 1)
- XIII. Lista dei vescovi di Roma, finendo con Liberius che prese il suo ufficio nel 352.
- XIV. Regioni della città di Roma (Notitia), datata 334-357 d.c.
- XV. Liber generationis, dalla creazione al.334.
-  XVI. Chronica Urbis Romae, dai re di Roma fino alla morte di Licinius nel.324 d.c..
-  XVII. Fasti Vindobonenses,  390-573/575 d.c.

Il testo contiene pure statistiche amministrative, probabilmente della prefettura cittadina; non è nella forma originale ma in due forme più tarde.

La prima di queste non ha titolo nei manoscritti trovati ed è riferito dagli studiosi moderni come Notitia urbis Romae regionum XIV. L'altra ha un titolo che è: Curiosum urbis Romae regionum XIIII. Il termine curiosum è solo il lavoro di un barbaro copista.



LA NOTITIA

La Notitia data al 334 d.c. o più tardi, come si riferisce alla statua equestre di Constantino, dedicata in quell'anno. Può datarsi nel 357 d.c., quando fu eretto il sesto obelisco nel Circo Massimo da Costantino.



IL CURIOSUM

 Il Curiosum non menziona questo obelisco, il che significa che ha una data posteriore al 357. Polemius Silvius usa il Curiosum nel suo calendario scritto nel 449 d.c., che è quindi il terminus ante quem per questa recensione. Alcuni suggeriscono che se manca la menzione alle mura restaurate da Honorius nel 403 esso è anche significativo; ma poi non si menzionano le mura costruite da Aureliano dal 270-82.

Nordh d'altra parte valuta due testi a seconda di quanto si siano discostati dal suo ipotetico testo primitivo, piuttosto che dalla presenza o assenza di monumenti. Egli nota l'aggettivo "divus" assegnato a Constantino, che rende entrambe le versioni post-constatiniane. Egli giunse alla conclusione che il Curiosum fosse un testo precedente. Le statisiche della fine del testo non coincidono con le altre versioni.
Questo suggerisce che essi abbiano un'origine indipendente, o che si siano corrotti nella trasmissione.


I manoscritti del Curiosum:
  • Siglum Location Shelfmark; Notes Date / Century A Rome, Vatican Vatican latin 3321. 
  • Pergamena. Scritti in onciale, probabilmente nel centro Italia (Lowe, Cod. Lat. Antiquiores I, p. 6). Deve derivare da un manoscritto in capitoli. Fonti:  Sul frontespizio è il manoscritto di Fulvio Orsini: « Lexicon di voce sacre et profane con alcune operette di Isidoro Ispalense, et altri, scritto di Lettere maiuscole, in 4° in carta pergamena, tocco dal Panormita. Fulv. Urs. » Dopo il frontespizio vi sono due pagine non numerate in onciale. Glossarium Synonyma, con l'aggiunta più tarda di Differentiae verborum Hisidori iunioris, i.e. Etymologiae Nel centro, on ff. 225b-228b, il Curiosum. Sull'ultimo foglio vi sono le parole «Ant. Panormitae » VIII   B Roma, Vaticano Vaticano latino. 1984. 
  • Pergamena. scritto a varie mani e vari tempi. Fonti: Estratti del Breviarium di Eutropius, con l'aggiunta di Paolo il diacono e Landolfo Sagace. Curiosum, on ff. 7a-8b. Miraculum primum. Capitolium Roma. L'accordo di Worms. Una lista di imperatori da Augustus a Constantius II. L'inizio dei regni degli Assyrians, delle Amazzoni, e degli Sciti. La caduta di Troia. Un estratto della Historia Francorum Paolo il diacono, Historia Langobardorum (incompleta) Historia Apolloni regis Tyri Alexandri Macedonis epistulam ad Aristotlem Un altro estratto di Historia Langobardorum Estratti delle controversie dei Lombards coi papi. Il falso decreto di Adriano I. Estratti dal Liber Pontificalis di Zaccaria, Stefano II e III, Leone III "atti di pontefici mescolati ad annali romani" 11-12 C Rome, Vatican Vatican latin 3227.
  • Pergamena, in Beneventano minuscolo. Il codice sembra appartenesse all'abate di Monte Cassino. Sul margine 24a è scritto "Casinum" e sull'ultimo foglio "Raynaldus dei gratia", redatto 1137-1155. D'accordo con Lowe (Scritti Beneventanit, p. 362) è precedente al XII sec.; Bannister (Monumenti Vaticani di paleografia musicale latina, Lipsia, 1913, p. 125, n. 356) concorda. Fonti: una nota di Fulvio Orsini: « Philippiche di Cicerone di Lettera Longobarda, Sogno di Scipione, et P. Vittore epitomato. Fui. Urs. ».                                                                Cicero, Philippics Versus XII Sapientum (Poet. lat. min. ed. Baehrens, IV, p. 139, n. 141)          L'inno, O Roma nobilis, Poema amoroso: O admirabile Veneris ydolum, descrizione delle regioni di Roma,  ff. 81a-83a. Cicero, Somnium Scipionis 11-12 D Firenze, Biblioteca Mediceo-Laurenziana Laurentianus pluteo 89 sup. 67.
  • Pergamena. Sul margine si legge: Descriptiones terrarum et aquarum a romanis script[oribus].Il codice contiene una forma compressa di testi contenuti nel perduto manoscritto Spirensis della Notitia Dignitatum. Fonti: Ps. Eticus, Cosmographia (erratamente titolata Orthographia) Itinerarium Provintiarum Antonii (Antonini) Augusti Itinerarium maritimum, quae loca tangere navigaturus debeat Itinerarium portuum vel positio navium; De septem montibus Romanae urbis De aquarum ductibus Romam rigantibus Regiones urbis Romae cum breviariis suis (ff. 34b-37a) Una forma contaminata del testo. una commistione di Notitia e Curiosum. Vi è pure un testo siriaco.


 I MANOSCRITTI de LA NOTIZIA

sono: Siglum Location Shelfmark; Vienna, National collection Latin. 162. Pergamena - Fonti:
  1. - Catalogo delle regioni (ff. 1a-5a) 
  2. - Descrizione di Constantinopoli 
  3. - Latin-German glossary di Rabanus Maurus da Glossae spirituales iuxta Eucherium episcopum. IX   B perduto. Questo manoscritto fi perduto fin dal XVI sec. quando venne censurato. Gli ultimi 6 lavori vennero decorati con illustrazioni. Alcune copie li riproducono, con varia fedeltà, che possono essere controllati in quanto alcuni fogli illustrati sono finiti nel cottage Norfolk come quadri in cornici. La descrizione di Roma era prefissata con un'immagine di donna seduta in trono con la lancia un una mano e uno scudo nell'altra. In cima era stato aggiunto « Urbs quae aliquando desolata, nunc clariosior  piissimo imperio restaurato », probabilmente riferito alla restaurazione Carolingia dell'imperatore. Il manoscritto non può essere precedente all'VIII sec., quando scrisse Dicuil, o al più tardi nel X sec., quando se ne fecero delle copie. 
  4. - Situs et descriptio orbis terrarum (pseudo-Etico) 
  5. - Itinerarium Antonini De montibus et aquis urbis Romae 
  6. - Liber de mensura orbis terrae (Dicuil) 
  7. - Notitia Galliarum Laterculus Polemii Silvii 
  8. - De montibus, portis et viis urbis Romae 
  9. - De rebus bellicis Altercatio Hadriani Augusti et Epicteti philosophi 
  10. - Descriptio urbis Romae 
  11. - Descriptio urbis Constantinopolitanae 
  12. - De gradibus cognationum 
  13. - Notitia Dignitatum. 8-10 a Oxford, Bodleian.
  14. - Pergamena. Il nostro catalogo è in 81a-84a. Acquistato da Bodleian nel 1817;  precedentemente a Venezia. Alla fine dell'ultimo test è scritto: « Exemplata est hec cosmographia, que Scoti dicitur, cum picturis ex vetustissimo codice quem habui ex Spirensi bibliotheca, anno Domini mccccxxxvi, mense ianuario, dum ego Petrus Donatus, Dei pacientia episcopus Paduanus, vice sanctissimi domini Eugenii pape IIII generali Basiliensi concilio presiderem ». Questa cosmografia, chiamata Scozzese, fu copiata con le pitture da un codice antichissimo avuta dalla libreria di Speyer, 1436, Gennaio, mentre Pietro Donato, per la pazienza di Dio vescovo di Padova, dal potere del santissimo papa  Eugenius IV mentre presiedeva il concilio generale a Basilea. Vanno fatte due aggiunte: - La misura delle province che non era nei precedenti codici, ma tratta da antico libro, - Cyriaci Anconitani de septem mundi spectaculis (in Greco e Latino, 1436 b Paris, Bibliothèque Nationale. 
  15. - Pergamena. Il nostro catalogo è in 66a-68a. Non copiato dalla copia di Donato. Un'immagine monocromatica di Roma, con i dettagli di Speyer presenti in Valentini,  p.161. 15 c Vienna, National library. Copia diretta dello Spirensis. Lat. 3103 (Salzburg, 18 b). Datato alla fine "anno Domini 1484". Il nostro catalogo è in 65b-67b. Furono lasciati fogli bianchi per le illustrazioni, però mai eseguite. 1484 d Munich, State library copia diretta dello Spirensis. Latin. 10291 (Palat. 291) 
  16. - Pergamena. Notitia su 81a-84a. Questa copia rimarchevole per l'eleganza dei caratteri e la bellezza delle illustrazioni, fu eseguita nel 1542, come è indicato sotto l'immagine di Roma. Sul frontespizio c'è questo avvertimento, scritto tra il 1544 e il 1551: « Hic liber, cui titulus Itinerarium Antonini, ad verum atque archetypum exemplar descriptus Illustrissimo Principi ac domino domino Othoni Henrico, Comiti Palatino Rheni, utriusque Bavarie Duci  tanquam anti quitatis amatori atque indagatori studiosissimo, a venerabilibus ac honestis Cathedralis Ecclesie Spirensis Decano atque Canonico [Canonicis ?] dono missus est». (questo libro, intitolato Itinerarium Antonini, copiato dal vero esemplare per i più illustri Principi e lord, Lord Otho Heinrich,  etc, ..., dal più venerabile e onesto diacono e canonico della cattedrale di Speyer, inviato come dono). Cf. Seeck, Hermes IX (1875) pp.218-28 per tutte queste copie. 
  17. - Nel 1890 H. Omont scoprì un foglio della Notitia Dignitatum tra le lettere di Sir Thomas Phillipps in Cheltenham (ms. 16397), intitolato Mappa Mundi, dove si legge alla fine: « Explicit Mappa Mundi scriptum per Antonium Angeli de Aquila, sub anno Domini Millesimo CCCCXXVII, de mense iulii, die XIII eiusdem mensis ».   Se il testo fosse completo, indicherebbe una copia prima di qualsiasi ormai noto, e che una copia scritta nel 1427 esisteva è testimoniata da Girolamo Surita nella sua edizione di Itinerario di Antonino (Coloniae Agrippinae, 1600, p. 174): 
  18. - « codex bibliothecae Neapolitanorum regum, qui postea Cardinalis de Ursinis fuit, anno 1427 exscriptus ».  ( manoscritto della biblioteca del re di Napoli, che in seguito appartenne al cardinale Orsini, scritta nel 1427 ) 1542 Munich, State library Ms. lat. 794 (vict. 99) Copiato da una copia di Spirensis. 
  19. - Madrid, Biblioteca Nazionale.  Copiato da una copia di Spirensis.  
  20. - Vienna, National Library Ms. 12825 (suppl. 14)  Copiato da una copia dello Spirensis.  
  21. - Paris, BNF Ms. nouv. acquis. 1424.  Copiato da una copia di Spirensis.  Un tempo appartenne al cardinal Francesco Soderini e probabilmente copiato da quello tra il dicembre 1523 e il 1524. 
  22. - Vienna, National Library Ms. lat. 3102 (Salisburg. 30 b). Copiato da 'c' (3103),   anche se dice il contrario, per ordine di Bernardo di Cles, vescovo di Trento, come la seguente nota sul f. 1 mostra: « Librum hunc a satis incorrectum, incorrecte etiam est iussu nostro transcriptum ex antiquo exemplari reperto in Bibliotheca Capitulari Spirensi, dum ibi essemus cum Serenissimo Rege Ferdinando. in conventu imperiali anno 1529. Bern. episcopus Trid. » 
  23. -  1529 Roma, Vaticano. Barberini lat. 809.  Copiato da una copia dello Spirensis . 16 C/V Vienna, National Library Ms. 3416 (hist. prof. 452). 
  24. - 1 Foglio.1-70 contiene la Chronografia del 354, includendo la Notitia.
  25. - Una nota a margine riporta la data del 1480, in accordo al Valentini (p.82). ff. 71 contiene: Chronica Polonorum di Vincent Kadlubek 
  26. - De origine Getarum of Jordanes 1480 I seguenti manoscritti originali sono listati da Valentini come contenente materiale che liquida come di nessun valore, senza essere più preciso: Cambrai 554, sec. XII. Firenze, Laurenziana Aedil. Fior. Eccles. 87, XIII sec. Libreria Nazionale di Vienna lat. 609. 
  27. - Codice Gaddianò rei. 148 della bibl. Laurenziana di Firenze, sec. XIII. Cod. Vatican lat. 3191, sec. XV, mutilato. Il folio 15 contiene questa nota: « Publio Vittore, et altre cose, scritto di mano del med.mo [del med.mo è cancellato e nell' interlineo è stato scritto di Pomponio Leto] in papiro, in 4o. Fulv. Urs. ». Ma la mano non è di Pomponio Leto, come da comparazione con le sue copie conosciute. 
  28. - Cod. Vatican lat. 3851, sec. xv. Bibl. dell'Escorial S. III, 27, sec.XV. 
  29. -  Cod. Vatican Ottob. lat. 2072, saec. XV. 
  30. -  Cod. Vatican Ottob. lat. 2089, saec. XV. 
  31. -  Cod. Vatican Urbin. lat. 452, saec. xv. Bibl. Marciana, Venezia 3731, sec. XV. 
  32. -  Bibl. Naz. di Roma Sessor. 286, sec. XV. 
  33. - Bibl. Naz. di Napoli IV . D . 22, sec. XV. 
  34. -  National library, Vienna 3224, sec. XV. 
  35. - Oxford, Bodleian, Canon. miscell. lat. 214, saec. XV. 
  36. - La prima edizione delle 14 regioni fu di Gelenius, Notitia utraque cum orientis tum occidentis ultra Arcadii Honoriique caesarum tempora..., nel 1552, a Basilea, basata sulla collezione Spirensis.
PANTHEON

NOTITIA DIGNITATUM

La Notitia Dignitatum è un documento unico delle cancellerie imperiali romane. Uno dei pochissimi sopravvissuti documenti del governo romano, esso descrive l'organizzazione amministrativa degli imperi di oriente e occidente dalla corte imperiale alle province.
Generalmente si usa considerare la data dell'impero d'occidente il 420 d.c., e dell'impero d'oriente il 400. Comunque, nessuna data è assoluta, e vi sono omissioni e problemi. Fonti: compilato dall'editore da varie fonti.

Un manoscritto ufficiale bizantino, contenente una lista di impegni di corte, civili e militari, con statistiche, etc.  una sorta di libro di stato compilato nel 410 d.c., editato da Seeck (Berlino 1876). Vedi Giuliano in  Mélanges d'Archéologie, i. 284; iii. 80. (references) Notitia Regiōnum Antiquities Notitia Regiōnum. Una sopravvivenza delle XIV regioni in cui Augusto divise Roma. Fu eseguito al tempo di Constantino e specifica i principali edifici nei quartieri. Consta di due liste, la prima chiamata Notitia e la seconda Curiosum Urbis Romae Regionum XIV. Vedi Jordan, Topographie der Stadt Rom, vol. ii. (Berlin, 1871), e id., Forma Urbis Romae Regionum XIIII. (Berlin, 1874). 


CHIESE EDIFICATE SOPRA I TEMPLI 

Nello studio dell’inserimento dei luoghi di culto cristiano a Roma in edifici preesistenti tra il IV e il IX secolo, si è preso coscienza  delle chiese interessate a questo fenomeno.

- 1 - Il Liber Pontificalis
Il più noto gruppo di fonti di particolare valore per l’archeologia cristiana è il Liber Pontificalis.
Si tratta di una raccolta di bibliografie, composta attraverso i secoli da vari redattori, preziosa per le notizie in essa contenute; oltre alle informazioni consuete relative alla provenienza del papa o agli anni di pontificato, spesso, infatti, vi si trovano notazioni sulla costruzione di edifici di culto, interventi di restauro a chiese già esistenti, ricordi di donazioni con cui i pontefici arricchivano il corredo delle basiliche, oltre a indicazioni topografiche e toponimi del tessuto urbano di Roma.
Da molti autori e per molto tempo questa compilazione fu attribuita a papa Damaso e ad Anastasio Bibliotecario vivente nel sec. IX. Monsignor Duchesne, alla fine del XIX secolo, seguito poi dal Grisar, ha dimostrato che essa è anonima, o meglio dovuta alla penna di più redattori, molti dei quali ebbero a disposizione materiale abbondante, altri invece, specialmente per le biografie dei primi pontefici, fonti scarne e di disuguale valore.

- 2 - Archeologia Cristiana.
Nozioni generali dalle origini alla fine del secolo VI, Bari 1980, p.3. 2 Ibidem, p. 24.Il Liber Pontificalis, di cui Duchesne pubblicò un’edizione critica.

- 3 - Feliciana e Coroniana
Comprende le vite dei papi da Pietro a Martino V (morto nel 1431). L’esistenza di vari manoscritti permise allo studioso di individuare una prima redazione dell’opera, caratterizzata dall’unitarietà compositiva, che dovette interrompersi con la biografia di Felice IV (morto nel 530), composta da un contemporaneo; questa è pervenuta sino a noi non nella versione originale, ma tramite due epitomi: una detta “Feliciana” perché giunge appunto sino al 530, elaborata evidentemente poco dopo quella data ed un’altra detta “Cononiana” dall’ultima vita riportata, quella di papa Conone (morto nel 687), composta, quindi aggiungendo al nucleo originario le altre biografie. Esiste poi una seconda redazione, elaborata sempre sulla  prima, ma rivista e arricchita, che si arresta però al tempo di papa Silverio (morto nel 537).
Vari manoscritti hanno poi tramandato le biografie dei pontefici successivi, in genere da contemporanei, con le quali è stato possibile ampliare la raccolta fino al pontificato di Martino V. Nelle biografie dei vescovi di Roma ricorre spesso, come si diceva, la menzione delle opere compiute dai papi 4 e tra questeimteressanti le date e i fatti delle trasformazioni di vari edifici (domus o templi) in luoghi di culto.
 Nella biografia di Pio I (141-155) si riprende una notizia dagli Atti delle Sante Pudenziana e Prassede: Hic ex rogatu beate Praxedis dedicavit ecclesiam thermas Novati, in vico Patricii, in honore sororis sue sanctae Potentianae 

- 4 - Presentando la vita di papa Marcello (308-309) si afferma: damnatus est in Catabulum (la scuderia e deposito di merci della corporazione dei pubblici spedizionieri). Matrona quaedam, nomine Lucina, vidua… quae domum suam nomine beati Marcelli titulum dedicavit…

- 5 - Arrivati a papa Silvestro (314-335) si parla della chiesa titolare costruita sul fondo del presbitero Equizio iuxta thermas Domitianas, ma non si parla delle strutture preesistenti e le terme, in verità, sono di Traiano; di poi si presentano i doni fatti alla basilica lateranense e dopo aver presentato le basiliche di S. Pietro e di S. Paolo si afferma: Eodeam tempore fecit Costantinus Augustus basilicam in palatio Sessoriano, ubi etiam de ligno sanctae Crucis domini nostri Iesu Christi in auro et gemmis conclusit, ubi et nomen ecclesiae dedicavit, quae cognominatur usque in hodiernum diem Hierusalem

- 6 - Liber Pontificalis
Texte, introduction et commentaire, voll. III, Parigi 1886.
- “Liber Pontificalis” e gli edifici ecclesiastici di Roma nella tarda antichità e nell’alto medioevo, Groningen 1975. L’Autore mette in evidenza il complesso di problemi filologici, storiografici e archeologici del Liber Pontificalis in modo particolare per quanto riguarda le biografie di Adriano I, Leone III e Gregorio IV.
- Liber Pontificalis, I, 132 (d’ora in poi abbreviato in LP). Si fa riferimento ad Acta Sanctorum, maii, IV, 299. Osservazioni sugli edifici romani in cui si insediò l’ecclesia Pudentiana, in Ecclesiae Urbis, II, pp. 1033- 1071. 6 LP I, 164. 7 Ibidem, 179. Mi è sembrato importante segnalare la notizia di papa Sisto III (432-440) il quale ottiene il permesso imperiale per poter costruire una chiesa in onore di S. Lorenzo: fecit autem basilicam sancto Laurentio, quod Valentinianus Augustus concessit 

- 7 - Papa Felice IV (526-30) fecit basilicam Sanctorum Cosmae et Damiani in urbe Roma, in loco qui appellatur via Sacra, iuxta templum urbis Romae.  Si riteneva infatti che papa Felice IV avesse trasformato in chiesa l’antico edificio romano mediante la costruzione dell’abside, ma sembra che questa risalga al IV secolo. Felice ha solo decorato con mosaico l’abside, lasciando intatto l’edificio. Bisogna notare che il templum urbis Romae è quello di Venere e Roma.

- 8 - Gregorio Magno  fondò nel palazzo della sua famiglia tra il 575 e il 581, dunque molto prima della sua elezione a pontefice, un monastero: domum suam constituit monasterium. Trattasi del monastero in clivo Scauri.
 - Papa Bonifacio IV (608-615) Eodem tempore petiit a Focate principe templum qui appellatur Pantheum, in quo fecit ecclesiam Beatae Mariae semper virginis et omnium Martyrum
Questa richiesta di Bonifacio IV, come l’autorizzazione data più tardi da Eraclio per la rimozione delle tegole del tempio di Roma, dimostra l’autorità imperiale a Roma nonostante le funzioni assunte dal papato nel governo cittadino con Gregorio Magno. Con l’acquisizione e dedicazione del Pantheon la Chiesa diventa proprietaria di uno dei più bei monumenti che fossero allora dentro la città.
- Di papa Onorio (625-638) si dichiara fecit ecclesiam Beati Adriani in Tribus Fatis, quam et dedicavit… Fecit autem in domum suam iuxta 

- 9 - Lateranis monasterium in honore sanctorum apostolorum Andreae et Bartholomei, qui appellatur Honorii. Si tratta della chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Infatti l’intervento di Valentiniano è giustificato dalla concessione di un’area statale, quella cioè della meridiana di Augusto. Cfr. Hillnerr J.,
- Le chiese di Roma e l’occupazione degli spazi pubblici, in Ecclesiae Urbis, I, pp. 321-329. , Nestori A.,
- Da Gregorio Magno (590-604) a Leone III (793-816).
- Si veda anche Giovanni Diacono, Vita Sancti Gregorii (PL LXXV, 61ss, col 65). Il monastero fu dedicato a S. Andrea. Come monasterium S. Andreae qui appellatur clivum Scauri e simili denominazioni appare nel Liber Pontificalis I, 471, 480; II, 22 e in altri documenti dal VI al XII sec.
Nella biografia di Gregorio Magno, Giovanni Diacono descrive, tra l’872 e l’882, il monastero molto dettagliatamente, inclusi i due oratori, uno dei quali dedicato alla Vergine Maria e l’altro a S. Barbara; lì presso era un triclinium, un atrio vicino a un nymphaeum con ritratti murali dei genitori di Gregorio accanto a S. Pietro e la cantina dei monaci con dentro una piccola abside che serbava un ritratto di S. Gregorio in un tondo di gesso (coll. 229,230). 12 LP I, 317.
Il termine iuxta compare 166 volte, salvo omissioni, nel Liber Pontificalis ed il significato è: “accanto, vicino a…”. Il termine nella sua accezione topografica assume un valore elastico: si passa da “vicinissima” a “relativamente distante”. Si prosegue poi per il nostro argomento con Gregorio II (715-731) il quale post matris obitum domum propriam in honore sanctae Christi martyris Agathae, additis a fundamento cenaculis, vel quae monasterii erat necessaria, a novo construxit 
L’accenno alla casa privata di Gregorio II trasformata in monastero pare difficile stabilire a quale delle sette chiese dedicate a S. Agata in Roma si possa riferire. Anche papa Paolo I (757-67) in sua propria domu monasterium a fundamentis in honore sancti Staphani, scilicet martyris atque pontificis, necnon et beati Silvestri, idem pontificis et confessoris Christi, construxit 

- 10 - Nell’abbondante biografia di papa Adriano I (772-795) si parla dell’ampliamento della diaconia di S. Maria in Cosmedin. Il pontefice utilizzò i materiali di un monumento antico distrutto con un immenso rogo: "diaconia vero Sanctae Dei genetricis semperque virginis Mariae, quae appellatur Cosmidin, dudum breve in edificiis existens, sub ruinis posita, maximum monumentum de tubertinos tufos super ea dependens, per annum circuli plurima multitudo populi congregans, multorumque lignorum struem incendens, demolivit. Simulque collectio ruderum mundans, a fundamentis aedificans, praedictamque basilicam ultro citroque spatiose largans, tresque absidas in ea construens praecipuus antistes, veram Cosmidin amplissima noviter reparavit"
- Sotto Adriano I, dunque, un grande edificio a blocchi di tufo, in rovina e incombente sulla diaconia di S. Maria in Cosmedin, fu demolito; l’antica basilica, quindi, fu allargata di molto e ricostruita dalle fondamenta, con tre absidi. Il Liber Pontificalis parlando di seguito del restauro della basilica dei SS. Cosma e Damiano, la qualifica come sitam in Tribus Fatis. Invece nella biografia di Leone III (795-816) è la basilica di S. Martina ad essere collocata in Tribus Fatis. Elencando i doni di Leone III alla chiesa di “Gerusalemme” si specifica quae ponitur in Sussurrio.
- Anche Leone IV (847-855) fa dei doni alla chiesa di “Jerusalem”: et in Suxorio fecit ciburium
- Nella biografia di Stefano V (885-891) si parla ancora di offerte del pontefice in aecclesia quae vocatur Hierusalem in Sessorio.

- 11 - Infine nella continuazione del Liber Pontificalis di Pietro Guglielmo e nella recensione del XV secolo è la chiesa di S. Adriano ad essere posta in Tribus Fatis 23 quando sono elencate le chiese consacrate da papa Pasquale II (1099-1118). Le Tria Fata erano le statue femminili in bronzo che sorgevano nel Foro, presso i Rostra Augusti, di rimpetto alla Curia, non lontano dal tempio di Giano (forse le Carinae?). Tutti sanno che il redattore del Liber Pontificalis qualche volta potrebbe non essere del tutto obiettivo. Può accadere che, per ingraziarsi il personaggio del quale sta componendo la biografia, usi termini forse non aderenti alla realtà ed allora ci potremmo trovare di fronte ad indicazioni un poco enfatizzate. Tuttavia non si può mai parlare di un ribaltamento dello stato delle cose, perché scrivendo per dei contemporanei l’assertore delle notizie poteva essere subito smentito.

- Fonti ricavate da itinerari, cataloghi e sillogi. Per la grande quantità dei pellegrini che venivano a Roma, stupefatti dinanzi alla bellezza delle basiliche ed emozionati davanti alle reliquie dei martiri, si sentì il bisogno di tracciare semplici guide che fornissero le indispensabili informazioni topografiche e i nomi dei martiri.
Altre composizioni, poi, le compilarono gli stessi pellegrini con l’intento di descrivere le cerimonie viste e i tesori dei monumenti visitati a ricordo del loro pellegrinaggio.
Nacque così un gruppo speciale di lavori, detti dal loro contenuto itinerari, cataloghi e sillogi, vere e proprie guide ad uso dei pellegrini che si recavano a venerare le tombe dei martiri. Si tratta, in particolare per gli esemplari più antichi, di testi estremamente chiari che si distinguono per la precisione delle indicazioni riporate.



- 12 -  Gesta regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury
L’itinerario romano viene inserito da Guglielmo nel XII sec. nel testo Gesta regum Anglorum,  in Codice topografico della città di Roma, a cura di Valentini R. e Zucchetti G., II, Roma 1942, pp. 138-153, ma è decisamente più antico, come si deduce da alcuni particolari che un redattore medievale non avrebbe più potuto annotare ai suoi tempi a causa dell’abbandono in cui erano caduti molti cimiteri suburbani. Guglielmo di Malmesbury probabilmente era nato intorno al 1080 ed era monaco bibliotecario nell’abbazia benedettina di Malmesbury.

L’incarico di bibliotecario gli diede la possibilità di conoscere non solo le fonti della storia inglese, ma anche quelle di altre regioni e degli scrittori classici e sacri in possesso delle biblioteche inglesi.
Il testo Gesta regum Anglorum inizia dai tempi dell’occupazione romana ed arriva al regno di Enrico I.
Nel IV libro l’Autore inserisce la cronaca della I crociata e parlando del passaggio delle soldatesche per l’Italia sotto il comando di Roberto, fratello del re d’Inghilterra, e dell’aiuto a Urbano II per rientrare a Roma, Guglielmo interrompe il suo racconto per una digressione sulla città eterna e un catalogo delle porte e dei luoghi santi di Roma.

La digressione si chiude con la lamentela sullo scempio che si faceva allora dei luoghi sacri romani. L’Autore utilizza un documento a carattere topografico collocabile tra il 648 e il 682. Il documento, dopo aver presentato la XIV porta e la via Aurelia, descrive il monte Celio sottolineando il fatto che è intra urbem. In questo modo si evidenzia l’unico caso in cui i corpi dei martiri sono deposti in una sepoltura dentro la città.

Infatti, i martiri Giovanni e Paolo sono posti in sua domo, quae est facta ecclesia post eorum martyrium; et Crispinus et Crispinianus, et sancta Benedicta. 
Si fa qui riferimento alla Passio dei SS. Giovanni e Paolo in cui è detto che Crispino, Crispiniano e Benedetta furono sepolti sul Celio in domo Ihoannis et Pauli, non longe ab ipsis.

- 13 - Mirabilia Urbis Romae
Una speciale ammirazione era suggerita da questo itinerario ai pellegrini che si preparavano a visitare Roma anche con fantasiose leggende, non elaborate dalla immaginazione popolare, ma da eruditi medievali affascinati dalla città di Roma. Il libretto nato con funzione di guida per pellegrini, è costituito da una periegesi, seguita da un certo ordine topografico, con soste in luoghi di maggiore importanza: dal Vaticano si arriva al Campo Marzio, si sale al Campidoglio, per scendere al Foro Romano. Dal Palatino si scende al Colosseo e di lì all’Aventino, al Celio, al Laterano, al Viminale e al Quirinale. La rassegna termina con una visita a Trastevere. Il testo, nel medioevo, ebbe molta celebrità e diffusione.
Dopo aver presentato le mura, le porte, gli archi trionfali, i colli, le terme, i palazzi e i teatri della città di Roma, si raccontano alcune leggende e si arriva al racconto di papa Bonifacio IV che chiede all’imperatore Foca il Pantheon.
Siamo al cap. 16: Venit Bonifacius papa tempore Focae imperatoris christiani. Videns illud templum ita mirabile dedicatum ad honorem Cibeles, matris deorum, ante quod multotiens a daemonibus Christiani percutiebantur, rogavit papa imperatorem ut condonaret ei hoc templum; ut sicut in kalendis novembris dedicatum fuit ad honorem Cibeles, matris deorum, sic illud dedicaret in kalendis novembris ad honorem beatae Mariae semper virginis, quae est mater omnium sanctorum. Quod Caesar ei concessit 
Al cap. 24 si dice: iuxta eum templum Fatale, id est sancta Martina; iuxta quod est templum Refugii, id est Sanctus Hadrianus; prope aliud templum Fatale…Templum Minervae cum arcu coniunctum est ei; nunc autem vocatur Sancti Laurentius de Mirandi. Da qui si ricava che il tempio, erroneamente denominato di Minerva, era unito ad un arco Iuxta eum Sancti Cosmatis ecclesia, quae fuit templum Asili. Retro fuit templum Pacis et Latonae; super idem templum Romuli. Purtroppo questa fonte ha nomi favolosi e talvolta inventati dei monumenti così si interrompe per sempre la trasmissione dei toponimi reali.

Veniamo ora all’opera De Mirabilibus Urbis Romae compilata tra il XII e il XIII secolo da un erudito inglese: il “maestro Gregorio”. Formatosi culturalmente sugli scrittori classici, l’Autore affascinato dall’antica Roma non bada alla città cristiana e riferisce con passione artistica i monumenti pagani.
Giunto alle porte di Roma, dall’altura di Monte Mario “così numerose sono le torri da sembrare spighe di grano, tante le costruzioni dei palazzi, che a nessun uomo riuscì mai a contarle”. Ho notato che Mastro Gregorio cita solo due templi tra i tanti presenti in città, soffermandosi, però, a spiegarli in dettaglio e con interesse. Le due strutture architettoniche hanno qualità di conservazione diverse: la prima, “il tempio di Pallade” andato in rovina già allora e ridotto a granaio, la seconda, il Pantheon, trasformato in chiesa cristiana appariva, al contrario, in perfetto stato, come è a tutt’oggi. Molte chiese medievali, come sappiamo, furono edificate su costruzioni preesistenti appartenenti a templi pagani ed il Pantheon rappresenta il caso di più grande interesse.

Nel testo in esame si può annotare una grande confusione quando si parla dei templi antichi (tra le rovine romane ne vengono contati più di cento), ed il Pantheon viene considerato solo nella sua valenza cristiana, Mastro Gregorio non si sofferma, purtroppo, sulla trasformazione del tempio in chiesa, ma, di questo edificio, mostra un grande interesse per la struttura originaria della quale, primo fra tutti, offre una sommaria descrizione.
Descrive poi le Mirabilia Urbis Romae in Codice topografico della città di Roma, III, p. 35. 29 Quest’arco venne demolito nel 1546. In esso si sono riconosciuti il fornix Fabianus e l’arco portico di Augusto.
De Mirabilibus Urbis Romae in Codice topografico della città di Roma, III, pp. 143-167. 31 La descrizione è ricca di notizie sulla struttura e sulla storia del monumento, che si rivelano però insufficienti per permettere di identificare l’antico edificio con certezza.

- 14 -
- Nardella C., Il fascino di Roma nel Medioevo,
- le “Meraviglie di Roma” di mastro Gregorio, Roma 1998, pp. 78-80,
- Il Panteon, le colonne che lo sostengono, le statue che decorano l’atrio, la larghezza del tempio per lui pari  a circa 43 m, la rovina del tetto originariamente risplendente per una copertura dorata (la rimozione delle tegole fu opera del bizantino Costante II, ma Gregorio la mette nel conto dell’avidità dei Romani)
Specificatamente al cap.21
 (DePantheon) così è scritto: Pantheon autem brevi transitu praetereo, quod quondam erat idolium omnium deorum, immo daemonorum. Quae domus nunc dedicata ecclesia in honore omnium sanctorum Sancta Maria Rotunda vocantur, antonomastice quidem a prima et pociori parte, cum sit omnium sanctorum ecclesia. Haec quidem habet porticum spaciosam multis et mirae altitudinis columpnis marmoreis sustentatam. Ante quam conchae et vasa alia miranda de marmore porfirico et leones et cetera signa de eodem marmore usque in hodiernum diem perdurant. Huius domus latitudinem ipse mensus sum, habetque spacium CCLXVI pedes in latitudine. Cuius quondam tectum deauratum fuit per totum. Set inmoderatus amor habendi et auri sacra fames Romani popoli aurum abrasit et templum deorum suorum deturpavit. Qui ob inexplebilem cupiditatem, dum aurum sitivit et sitis, a nullo scelere manum retraxit aut retrhait.

- 15Petrarca
Ora si lascia Roma e le leggende dei Mirabilia e si arriva agli umanisti che intendono risvegliare l’interesse per la città di Roma e le sue memorie. Il primo personaggio che si incontra è Francesco Petrarca che, con un brano del Familiarium rerum liber (VI,2,5-14), nei primi mesi del 1337 visitò Roma e ricevette un’impressione sconcertante, infatti agli amici  dovette confessare la propria incapacità di riprendersi dallo sbalordimento ricevuto “miraculo rerum et stuporis mole”. Il poeta sostò di nuovo a Roma in brevi soggiorni. In queste soste fuggevoli, nonostante le sue abbondanti conoscenze letterarie, il Petrarca, davanti alle rovine e ai monumenti dell’antica Roma dovette farsi solo un’idea imprecisa.
Petrarca ricorda le passeggiate fatte tra le rovine di Roma con fra’ Giovanni Colonna dell’Ordine dei Predicatori, è piuttosto un susseguirsi di toponimi, di ricordi storici, che un itinerario che egli rincorre mentalmente. A noi interessa il riferimento al Pantheon, opera di Agrippa dedicato alla vera Madre di Dio: Hoc opus Agrippae, quod falsorum deorum matri veri Dei mater eripuit.

- 16 - Giovanni Cavallini  nella sua Polistoria de virtutibus et dotibus Romanorum cerca di incoraggiare i Romani nello studio della storia della propria città. L’opera è dedicata a papa Clemente VI e composta dunque durante il suo pontificato (1343-1352). L’Autore è uomo di grande cultura grazie anche ai libri che ha potuto consultare sia a Roma che ad Avignone. Conosce molti autori latini. Dei medievali si avvale della Graphia 39 , cita leggende dei santi, emergono vicende di vita romana attinenti le famiglie romane più in vista. Il metodo di ricerca del Cavallini è meticoloso e ciò dà valore all’opera. Il capitolo 10° può avere dei riferimenti degni di attenzione per la mia ricerca. In esso si parla del rione De Campitello et Sancto Hadriano.
Dopo aver spiegato il nome del quartiere “Campitelli” prosegue con la II pars regionis eiusdem dicitur regio Sancti [H]adriani, a nomine dicti sancti. Sed verius dicta est ab atriis et habitationibus ingentibus ipsius ecclesiae, quae fuit antea templum Asili, id est refugium a Romulo conditumac templum Cathellinae, ubi est hodie ecclesia Sanctae Mariae de Inferno et templum Mirandorum, ubi est hodie ecclesia Sancti Laurentii in Miranda, in qua egregia superiorum opera carmine comprehensa cantabant poetae huiusmodi mirandorum

- 17Epistola
Di Pier Paolo Vergerio il Vecchio 41 (1370-1444), pedagogista di Capodistria che visse a Firenze, viene riportata un’Epistola (LXXXVI). L’erudito vide per la prima volta Roma all’inizio del 1398. Facendo parte della delegazione diplomatica presso il papa Bonifacio IX, a nome di Francesco Novello da Carrara, ebbe l’occasione di visitare la città di Roma. L’impressione che ricevette fu molto negativa, dal punto di vista sia materiale sia morale. A Roma, però, il Vergerio si legò con vincoli di stima e di amicizia con Cosma Migliorati, il quale, una volta divenuto papa, lo riportò a Roma nella Curia Romana (giugno 1406) dove tenne il posto di segretario papale per tutto il breve pontificato di Innocenzo VII. Positivo invece è il giudizio sulla Roma cristiana.

- 18 - Ancora una volta il richiamo alla conversione di edifici romani in luoghi di culto è al Pantheon: "Est praeterea templum mirificum Pantheon, ab Agrippa extructum, quod, ut olim Cybeli et reliquis daemonibus, ita nunc beatae Virgini et ceteris sanctis dicatum est. Quod a Foca Caesare impetratum Bonifacius quartus in nostram transtulit religionem." Anche questo passo è evidentemente debitore dei Mirabilia.

- 19Tractatus de rebus antiquis et situ urbis Romae
Di autore anonimo, da collocare al 1411 (si ricorda il restauro del corridoio tra Castel S. Angelo e il Vaticano). I documenti di riferimento sono i Graphia e i Mirabilia. L’Autore si è impegnato nell’evidenziare le corrispondenze tra la città antica e quella nuova. Mentre nei documenti precedenti, specie in quelli destinati ai pellegrini, abbiamo constatato un’egemonia lasciata alla Roma cristiana e alle chiese, qui incontriamo un carattere e un orientamento nuovi: la volontà di seguire l’antico testo dei Mirabilia nell’intento di identificare i singoli toponimi, cioè di illustrare la Roma classica. Delle mirabili chiese e famose reliquie neppure una parola. Si menziona una lunga lista di templi nei quali si sono inseriti i luoghi di culto cristiano. Gli esempi sono numerosi.
Una citazione interessante si riferisce al Pantheon, "idest templum Cybelis, et Sancta Maria Rotunda hodie vulgariter nominata, nulli dubium, ut patet in historia, fuit constructa per industriam Marci Agrippae et ex pecunia aerarii. Lucius Septimius et M. Aurelius Antoninus Pius, vetustate corrupta et incendio, restauraverunt eam ex omni cultu, ut per exhibita et epitaphia litterarum patet (dopo l’incendio il Pantheon fu restaurato da Adriano). Retro dictum locum Pantheonis fuit templum Minervae Calcidiae, videlicet vulgariter nunc est ecclesia Sanctae Mariae in Minerva, quae circa eam et in ea manifeste patet. Prosegue dicendo iuxta ipsum fuit templum Fatale publicum, idest ubi Sancti [H]adrianus. Ad sanctam Martinam fuit templum Refugii 44 …iuxta templum Faustinae et divi Antonini, quod Sanctus Laurentius in Miramento vocatur, est adhuc ecclesia Sancti Cosmae et Damiani, quae fuit aerarium imperatoris, et primo templum Latonae". 

- 20De varietate Fortunae
scritto da Poggio Bracciolini, che nacque nel 1380 a Terranova, non lontano da Arezzo. Studiò a Firenze. Nel 1403 si trovava a Roma dove Bonifacio IX gli offrì un posto nella cancelleria pontificia come scrittore delle lettere apostoliche. Era legato da vincoli di amicizia con Nicolò V. Proprio l’opera presa in considerazione è dedicata a questo pontefice e ha come scopo presentare la storia come un connettersi di sorti avverse e prospere. Vi è dunque l’idea di presentare la città di Roma come esempio del corso e ricorso della fortuna. Questo dà l’occasione a Poggio di presentare ai suoi contemporanei una minuziosa descrizione delle rovine della città di Roma per restituir loro un nome e una storia.
Ormai sui documenti medievali, Mirabilia e Graphia, era stato gettato discredito e nessuno prestava più fede a questi libri. Il De veritate Fortunae è un dialogo tra l’Autore e un altro erudito Antonio Loschi. Roma con le sue rovine antiche appare come lo scheletro di un gigante abbattuto. Lo studioso si applica a ritrovare la corretta topografia. Oltre alle fonti classiche Poggio ha tenuto presenti anche le fonti medievali, gli Acta martyrum e il Liber Pontificalis.
 I passi interessanti sono i seguenti:
"Erat pone, Capitolium versus, Romuli templum, cuius pars muri vetustissima quadrato lapide nunc quoque mirandam speciem sui praebet, hodie Cosmae et Damiano consecratum. Huic proximum fuit divi Antonini, divaeque Faustinae templum, nunc beato Laurentio dicatum; cuius porticus plurimae marmoreae columnae ruinam effugerunt. Castoris insuper et Pollucis aedes contiguae, loco edito in via Sacra, altera occidentem, altera orientem versus (hodie Maria Novam appellant)… Placet quibusdam, neque abest a vero coniectura, fuisse Saturni templum iuxta forum, prisci aerarium vocabant, nunc Hadriano pontifici sacratum (erroneamente si chiama tempio di Saturno o erario la chiesa di S. Adriano). Stat ad hunc diem nobilis porticus aedis Mercurii, eam religio nostra ad Angelum Michaëlem transtulit, ubi est piscatorium forum" (non si hanno notizie di un culto di Mercurio nel Foro “Piscium” e la chiesa di S. Angelo fu costruita nell’interno del portico di Ottavia)

 Parlando delle terme romane si evidenzia: Alexandri Severi thermas scimus fuisse prope M. Agrippae Pantheum, quarum plura extant et preclara vestigia. Domitianas, quarum perpauca rudera conspiciuntur, fuisse in iis locis, ubi nunc Sylvestri ecclesia est, scriptum in vita Pontificum adverti 48 …Servavit religio nostra locum in foro dicatum Martinae martyri, quem quondam Secretarium Senatus Theodosii tempore fuisse, litterae incisae significant, ubi adhuc tabulis marmoreis antiquate caelaturae parietes undique exornantur

TOMBA DI CECILIA METELLA

- 21La Roma instaurata
 Ad uno studio  più scientifico arriva Flavio Biondo (1392-1463), di Forlì, umanista, storico e archeologo, nella sua Roma instaurata dedicata a papa Eugenio IV. L’Autore era convinto che Roma viveva solo dei ricordi presenti nelle sue rovine e la trasmissione di memorie romane sarebbe andata persa con il finire delle rovine.  Scrisse anche l’Italia illustrata e la Roma triumphans sulle istituzioni e costumi dei Romani.stesse. Il Biondo si considera un restauratore e con molta scrupolosità consulta i documenti antichi per riportare alla luce la storia dell’Urbe. Diede coraggio ai cittadini di Roma nell’avere rispetto per le rovine della città. Apprezzabile fu anche il rigore scientifico con cui analizzò la Roma cristiana come la Roma pagana. Con lui la topografia fa passi da gigante: mette da parte i Mirabilia e la Graphia e prende come guida i Regionari.
La Roma instaurata è condotta a termine nel settembre del 1446. Al cap. LXXVIII del I libro che riguarda “De ecclesiis quas nunc habet Caelius mons” si dice: Nunc vero nostri christiani ritus ecclesiis mons ipse in primis est ornatus. Nam ea in parte ad quam in Palatinum montem vergens clivum Scauri habet, hic monasterium est Sancti Gregorii, in paternis aedibus ab eodem aedificatum; inde est Sanctorum Iohannis et Pauli ecclesia, cuius superbi olim aedificii palatio, quod ex Romanis pontificibus inhabitaverint nonnulli, et nunc paene funditus diruto, continent curiae Hostiliae fundamenta.
La Curia Hostilia è da ricordare che non ha avuto mai relazioni con il Celio; il Biondo localizza la presunta curia nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo forse per gli atti del loro martirio che sarebbe avvenuto “iuxta curiam Hostiliam”. Nel libro II al cap. VIII “Agrippinae thermae ubi fuerint” viene riportato che: Marcum Agrippam aedificasse Pantheum, quae nunc est Sancta Maria Rotunda, etsi prope vulgo notorium est, suo tamen loco ostendemus.
Nel cap. LVII “Asilum ubi” dopo aver parlato della frana della rupe Tarpea si parla di un tempio trasformato nella chiesa di S. Maria Egiziaca: nec absurde videmur opinari vetustum illud templum, quod saxo ingenti quadrato extructum Sanctae Mariae Aegyptiacae dedicatum ad aream pontis Sanctae Mariae est, Asili templum fuisse
Continua con il cap. LXVI “Aedes Concordiae ubi”: Aedem Concordiae ex praedictis fuisse apparebit eodem in Palatino colle contra templum Romuli sive Sanctorum Cosmae et Damiani, in illo extructam ecclesiam.
Nel III libro al cap. LIIII si parla della chiesa di S. Adriano “in tribus foris”: unde ecclesia quae est Sancti Hadriani ad Honorio primo pontifice Romano temporibus Focae imperatoris aedificata in tribus foris a bibliothecario appellatur, quod ipsius ecclesiae locum ad dicta tria fora pertinuisse videamus (“in tribus foris” è denominazione posteriore all’altra più antica “in tribus Fatis”).
Segue la descrizione della chiesa di S. Martina (“Sanctae Martinellae”) al cap. LV: est autem ipsius Sancti Hadriani ecclesiae propinqua alia ecclesia Sanctae Martinellae nunc appellata, quam vulgo fertur in Martis templo fuisse aedificatam: sed quod templum ibi Mars habuerit ignoramus. La chiesa di S. Martina non fu edificata, come sappiamo, sull’ara del tempio di Marte. L’errore proviene da un distico che si leggeva una volta sulla porta dell’antico edificio: Martyrii gestans virgo Martina coronam Eiecto hinc Martis numine templa tenes

- 22Ye Solace of Pilgrimes
Per i pellegrini inglesi fu composta una guida di Roma dall’agostiniano Giovanni Capgrave (1393-1464) dal titolo Ye Solace of Pilgrimes. L’Autore venne a Roma nell’Anno Santo del 1450 che vide l’afflusso di numerosi pellegrini. Alcuni di questi composero narrazioni della città eterna per proprio ricordo o per utilità dei futuri pellegrini. Quest’ultima motivazione mosse il Capgrave a scrivere la sua guida. Il sollazzo del pellegrino consta di tre parti.
La prima riprende i Mirabilia e questa per noi è la parte meno interessante.
Segue poi la seconda e la terza parte più degne di attenzione perché costruite sulle più recenti guide per pellegrini. Infatti la seconda parte elenca le chiese che i pellegrini devono visitare e le chiese stazionali dove hanno luogo i servizi liturgici. La terza parte descrive le altre chiese importanti, iniziando da quelle dedicate alla Beata Vergine Maria. Segue così uno dei comuni Libri indulgentiarum et reliquiarum. L’Autore è interessato all’archeologia per cui presta attenzione alle numerose iscrizioni che ricopia e traduce per i pellegrini. Ye Solace of Pilgrimes fu scritto in Inghilterra tra il 1450 e il 1453 come si evince da alcuni riferimenti storici.
Nel capitolo Of Othis Holy Palaces Et Her Names Be For It Was Cristen  si dice: Quella chiesa che è chiamata S. Adriano, fu una volta il tempio del Rifugio…. Qui “Rifugio” può essere l’equivalente di “Asylium”. Segue il capitolo Of The Stacion At Cosmas And Damianus  che presenta l’origine della basilica: Il papa Felice VIII  fece costruire questa chiesa in Roma come ivi è scritto in versi, dei quali alcuni qui trascritti:
Aula Dei claris radiat speciosa metallis…
Martiribus medicis popolo spes certa salutis…
Optulit hoc Domino Felix antistite dignum

- 23Excerpta a Pomponio
Pomponio Leto nacque in Basilicata nel 1428, trasferitosi a Roma, dove seguì le  lezioni di Lorenzo Valla, fece della sua casa sul Quirinale un centro per studiosi di antichità pagane e cristiane detta Accademia Romana fondata nel 1465. Insegnò a La Sapienza dal 1465-1466 e dal 1473 fino alla sua morte avvenuta nel 1497.
Gli Excerpta a Pomponio dum inter ambulandum cuidam domino ultramontano reliquias ac ruinas Urbis ostenderet si dicono raccolti dalla viva voce di Pomponio mentre conduceva un forestiero a visitare i monumenti di Roma. Per un riferimento a Sisto IV la data degli Excerpta è da fissarsi dopo il 1479.
Nel giro archeologico il nostro erudito nota che "Prope Forum, ubi nunc est hospitale Aromatarioum, fuit porticus Antonini imperatoris et Faustinae" e prosegue con la descrizione del Campidoglio, "qui in radicibus Capitolii supra forum Romanum, versus septentrionem, est carcer: nunc dicitur Sancti Petri: olim fuit illa pars carceris, quam construxit Tullus Hostilius et appellatur Tullianum. Ex altera parte Capitolii, versus meridiem, ubi est ecclesia Sancti Nicolai in Carcere, fuit post aedificatus carcer ibi a Claudio Decemviro: quem appellavit carcerem plebis Romanae"

Non poteva mancare la descrizione del Pantheon: "Ubi nunc est ecclesia S. Mariae Rotundae, ibi fuit Pantheon, dicatum Iovi Victori cuius tegmen fuit e laminis argenteis. Illas laminas substulit Constans, nepos Heraclei, veniens ad urbem. Antipantheon appellatur prothyrion. M. Agrippa fecit illud" 
 Si continua con "Ubi est ecclesia Sancti Laurentii in Lucina cum hortis, ibi fuit campus appellatus Martius: in quo habebantur comitia. Et ubi est domus nova facta, quae est cappellanorum cuiusdam cappellae Sancti Laurentii, fuit basis horologii nominatissimi. In Campo Martio ubi est epitaphium capellanorum, ibi fuit efossum horologium: quod habeat .VII. grados circum, et lineas distinctas metallo inaurato. Et solum campi erat ex lapide amplo quadrato, et habeat lineas easdem: et in angulis quatuor venti ex opere musivo cum inscriptione, ut: BOREA SPIRAT" 
Non lontano dal tempio di Ercole fatto demolire in parte da Sisto IV, "versus Aventinum montem, fuit alterum templum appellatum Ara Maxima", resti della quale sono stati scoperti nella cripta di S. Maria in Cosmedin

- 24Opusculum de mirabilibus novae et veteris urbis Romae
L’opera  di Francesco Albertin si compone di due parti, come dice il titolo: la descrizione della Roma antica e quella della Roma nuova. L’Albertini era nato a Firenze e aveva ricevuto un’istruzione adatta per la carriera ecclesiastica. Nel 1502 si trasferisce a Roma dove studia nello “Studium Urbis” e diventa cappellano del Cardinale di S. Sabina. Morì tra il 1515-1520. Compose due opere famose come primi esempi di guide per le città italiane. Una di queste è appunto l’ Opusculum uscito il 4 febbraio del 1510. Martino V affidò la chiesa di S. Lorenzo in Miranda all’Università degli Speziali nel 1430; cfr. ibidem, p. 425. 61 Idem. 62 Ibidem, p. 426.
L’orologio di Augusto aveva un obelisco trasportato a Roma da Eliopoli, contemporaneamente all’altro del circo Massimo, e collocato nel Campo Marzio, nelle vicinanze dell’odierna chiesa di S. Lorenzo in Lucina, dove servì da gnomone per una meridiana. Misura m. 21,79 ed oggi si trova in piazza Montecitorio. Cfr. Ibidem, p. 427. 64 Ibidem, p. 435.
Opusculum de mirabilibus novae et veteris urbis Romae, ibidem, pp. 462-546.
 In ecclesia Sancti Laurentii in Lucina fuit basis nominatissima Urbis: non longe a qua est obeliscus magnus semisepultus: ubi effossum fuit horologium cum lineis et gradibus deauratis; in anguli vero .IIII. venti ex opere musivo sculpti visebantur cum hac incriptione cubitalibus litteris, ut: BOREA SPIRAT 
Probabilmente la fonte è Pomponio Leto. Al capitolo “De Templis Urbis”, dopo la descrizione del Pantheon con relativa iscrizione, senza notare comunque che è una chiesa dedicata alla Beata Vergine Maria, si passa a descrivere il tempio rettangolare sulla riva sinistra del Tevere: "templum et sacellum Pudicitiae adhuc apparet integrum apud pontem Sanctae Mariae, ad honorem beatae Mariae Aegypticae dicatum; nonnulla volunt fuisse templum Fortunae sive Dianae. Haec duo templa, scilicet Sanctae Mariae Aegypticae et Sancti Stephani, unum in honorem Dianae sive Aurorae, alterum vero Fortunae… Templum Herculis Victoris in foro Boario erat rotundum, in quo loco repertum fuit simulachrum Herculis deauratum, tempore Syxti IIII, post ecclesiam Sanctae Mariae in Cosmedin ut apparet in epythaphii, non longe a quo erat Ara Maxima"
Seguono le descrizioni del "Templum Faustinae adhuc vestigia nonnulla extant in ecclesia Sancti Laurentii in Miranda, ubi ingentes columnae cum hac inscriptione apud ecclesia Sanctorum Cosmae et Damiani visuntur: DIVO ANTONINO ET DIVAE FAVSTINAE EX S. C"

TEMPIO DI SATURNO

- 25 - Historia delle stationi di Roma
Infine riporto delle citazioni di Pompeo Ugonio Romano, professore di retorica nell’Arciginnasio del “La Sapienza” e bibliotecario del cardinale Ascanio Colonna. Lo studioso morì il 28 aprile 1614. Le sue opere a stampa consistono quasi esclusivamente in discorsi tenuti nell’Arciginnasio fra il 1586 ed i1 1601. Per il mio studio è importante la Historia delle stationi di Roma che si celebrano la quadragesima, dove oltre le vite dei Santi, alle chiese de’ quali è statione, si tratta delle origini, fondationi, riti, restaurationi, reliquie e memorie di esse chiese, antiche e maderne. L’opera fu pubblicata a Roma nel 1588.

I - Dopo l’introduzione l’Autore inizia con il primo giorno di quaresima: mercoledì delle ceneri e la prima stazione, come è tradizione, si situa a S. Sabina. In questo contesto, credendo la chiesa dell’Aventino inserita in un tempio, si riportano informazioni interessanti sulle motivazioni di questo uso.
Si parte da Costantino che, una volta ricevuto il Battesimo da papa Silvestro, comandato per tutte le parti del Romano Imperio il culto del vero Dio, i templij degl’Idoli, quali erano particolarmente in Roma numero infiniti,  per magnificenza mirabili, non furono tutti subitamente destrutti, ma li chiusero, a quelli fu vietato l’entrarvi dentro secondo la Conftitutione di Costantino che nelle leggi habbiamo, dove scrivendo a Tauro, Prefetto del Pretorio così dice. “Placuit in omnibus locis, atque vrbibus vniverfis claudi protinus, templa acceffu vestito, omnibus licentiam delinquendi perditis denegrari”.
Et poco piu giu vi è la legge di Arcadio Honorio la quale specifica che le fabbriche pubbliche no li distruggessero, ma solo si astenessero da sacrificij: “sicut sacrificia prohibemus ita volumus publicorum operum ornamenta ferari”. Ne però si può negare che molti templij de falsi Dei non fussero in quel primo fervore della fede christiana del tutto gettati a terra. Ma bene si dice, che buona parte di quelli concedendosi ad un certo affetto de cittadini nuovamente fatti Christiani, per no estinguer le superbe memorie de padri loro, furono lasciati in piede, i quali nondimeno come scrive S. Gironimo restando abbandonati, di fuligine; di tele di aragne coperti divennero nidi di gufi e di nottole.
Poscia, si come suole dal male Iddio ritrarne bene, quelle istesse fabbriche de falsi Dei rimaste deserte, vacue, furono in tempo da Christiani con concessione de gl’Imperatori  del Senato occupate; consacrate sotto il nome di alcun Santo o Santa trasferite al culto della nostra Religione. Al qual costume par che riguardi la Constitutione di Theodofio II, la quale trattando di questa materia cosi dice.
Cuncta corum fama, templa, delubra si qua etiam nunc restant integra, precepto Magistratuum destrui, collocatione, venerandae Christianae Religionis signi expiari praecipium”.
Et piu espressamente S. Gregorio nell’epift. 71 del 9 lib. scrivendo a Mellito Vescovo commanda che i templi de gl’antichi Dei no li distruggano, ma con le debite cerimonie li purghino; introdottovi le Reliquie de Santi li consacrino. L’Autore così giunge alla conclusione che “non è fuori di ragione” che la chiesa di S. Sabina sia stata edificata sopra le rovine e le vestigia dell’antico tempio di Diana.

III - Nella terza stazione quaresimale ci troviamo ai SS. Giovanni e Paolo sul Celio. L’Ugonio inizia cercando di dare un’identità al famoso Pammachio fondatore della chiesa e viene identificato con l’amico di S. Girolamo. Poi si parla della chiesa che insieme al monastero fu sopra qualche fabrica antica essere edificata. Imperochè da più bande si scoprono gran vestigij di vecchie muraglie. Lo studioso le ritiene essere o la Curia Hoftilia oppure che questo medesimo loco fu la casa paterna dei SS. Giovanni e Paolo, dove come s’è mostro di sopra furono ammazzati e sepolti.

XIII - La tredicesima stazione si tiene a S. Clemente a via Labicana. L’Autore riportando una citazione del Liber Pontificalis nella biografia di papa Damaso dice che quefta chiesa già fu la casa sua paterna; egli stesso la consacrò.

XV - Nella quindicesima stazione siamo a S. Cecilia a Tratevere, l’Ugonio riportando la vita della Santa scritta da Pietro Natale riferisce che santa Cecilia avanti che morisse pregò S. Vurbano Papa che dapoi che ella fusse passata di questa vita, volesse la sua casa consacrare in Chiesa, il che dicono esser da Papa Vrbano stato eseguito.

XXI - Nella XXI stazione si riporta la notizia della trasformazione delle Terme di Novato “fratello di Timoteo e delle Sante Pudenziana e Prassede” in chiesa. La vergine Prassede rimasta erede delle fraterne Terme, fece influenza à S. Pio papa I che le dette Terme fussero voltate in chiesa ad honore di S. Pudentiana sua sorella, come si dice nel Liber Pontificalis.

XXIII - La chiesa dei SS. Cosma e Damiano è riportata nella XXIII stazione quaresimale. L’Ugonio inizia dicendo che tutti i cultori di cose antiche sono d’accordo nel ritenere che davanti la chiesa passasse la famosa Via Sacra. Invece tra gli eruditi il dubbio rimane sul fatto che la chiesa si fosse insediata in un antico tempio e quale tempio fosse.
Riportando l’opinione di Martin Polacco tra le altre sue falsità lasciò scritto che quefto era il tempio dell’Afilio, che è come a dire della Misericordia o della franchigia, il quale fu instituito da Romolo al fine di ingrandire la città, ciò il riaccettare, assicurare in Roma quelli che altronde erano per haver commesso alcun delitto discacciati. Ma l’Asilo, ricorda l’Autore, era vicino alla chiesa di S. Giovanni decollato. Raffaele Volterrano, viene riferito, ritiene che la chiesa dei Santi Medici fosse il tempio di Castore e Polluce. Tutti gli Antiquarij che io habbia visto si accordano, che questa chiesa fusse il tempio di Roma, altrimenti di Romolo, over di Romolo e Remo.

XXIV - Venendo alla chiesa di S. Lorenzo in Lucina nella XXIV stazione interessante è la notizia del ritrovamento dell’obelisco consacrato, per l’Ugonio, da Augusto al Sole, scolpito con lettere egizie, alto 110 piedi, posto come gnomone dell’orologio. L’obelisco per ordine di Sisto V nel 1586 fu ritrovato dietro la chiesa sotto le case della famiglia dei Conti. Ma poichè portava i segni di un incendio ed era molto rovinato e dovendosi abbattere molte case per riportarlo completamente alla luce, non parve portasse la spesa à tirarlo fuora, onde dopo pochi giorni che stette scoperto, di nuovo fu con la medesima terra nello stesso luogo sotterrato.
Circa ottant’anni prima nello stesso luogo fu trovato, come testimonia Pompeo Leto, un Horologio bellifsimo; grande di metallo, che haveva i gradi, le linee indorate, con il suolo intorno di pietre quadrate… e negli angoli i quattro venti fatti à Musaico con questa inscritione: Vt Borea spirat.
Di modo che da tutte queste cose che dette abbiamo, si conosce che al tempo de Gentili il sito di questa chiesa il fuo circuito fu da nobili edifitij; da opere superbe; magnifiche occupato. Volendo in seguito papa Sisto III, dedicare in questo luogo la chiesa a S. Lorenzo Martire, in quanto entro le mura della città nel 435 non vi era nessuna chiesa dedicata al santo martire, prese il consenso di Valentiniano Imperatore, il quale sopra l’antiche fabriche de Romani haveva il dominio. Così si legge nella vita di esso Sisto appresso Anastasio Bibliohtecario: “fece ancor Sisto un’altra Basilica al B. Lorenzo, la quale Valentiniano Augusto gli concesse

XXV - Alla XXV stazione ci troviamo a S. Susanna. Ugonio riferisce che molti scrittori ecclesiastici sono soliti chiamare questa chiesa ad duas domos. Alcuni perché ritengono che qui vi fossero le case di Casso, Catullo e di Aquilio, altri, ed è anche l’opinione del nostro Autore, perché come attesta S. Ambrogio, qui furono congiunte le due case, quella di S. Gabino padre di S. Susanna e quella di S. Caio papa suo zio. Le quali case furono voltate in chiese dette poi di S. Gabino e S. Sufanna. Si cita appresso il passo della Passio di S. Susanna che riporta questa notizia.

XXVI - La chiesa di S. Croce in Gerusaemme interessa la XXVI stazione. L’Autore è molto interessato a narrare gli episodi miracolosi della vittoria di Costantino su Massenzio e il ritrovamento del legno della S. Croce a Gerusalemme da parte di Elena, la madre dell’imperatore, come fondamenti ideologici alla costruzione della basilica. Riporta invero che intorno alla chiesa vi sono molte vestigia antiche, ma preferisce non dilungarsi troppo su questi resti per andare direttamente ai racconti che possono edificare i suoi lettori. Riferisce anche un’iscrizione in terracotta colorata in azzurro fatta, dice l’Ugonio, 90 anni prima dal Cardinale Titolare.
Nell’iscrizione si dice: questa è la sacra Cappella detta Girusalemme, perché santa Melena, madre del gran Costantino Imperatore, tornando di Girusalem intorno 325 anni doppo la venuta del Signore, avendo ritrovate le insegne del Trofeo di Chrifto la fabricò nella sua propria camera.

XXXVI -  S. Marcello in via Lata è la meta della XXXVI stazione quaresimale. In questo medesimo luogo al tempo di Massentio imperatore hebbe la casa sua una nobile gentildonna romana chiamata Lucina, la quale circa gli anni di Chrifto 350 ne fece dono à S. Marcello papa, acciò ivi confacrasse una chiesa in honore di Christo; la quale fu poi da Massentio profanata; voltata in uso di stalla; ricovero di sporchi animali, dove condannato à stare S. Marcello.

LII -  La penultima stazione quaresimale (LII) si tiene a S. Maria Rotonda, in Campo Marzio. Questa chiesa fu già tempio de Gentili, il quale 39 anni a.c. fabbricò M. Agrippa genero di Cesare Augusto, nel terzo suo Confolato  lo dedicò, come Plinio scrive nel lib. 36 al cap. 15 a Giove Vendicatore…ma come Dione narra nel lib. 53 era insieme sacro a Cybele tenuta madre de i Dei; a tutti i Dei.
Qui l’Autore si dilunga nello spiegare l’etimologia del termine Pantheon (tutti gli dei) e a presentare il luogo come ricettacolo di tutte le superstizioni del tempo e abitazione dei demoni. Poi riferice come Bonifacio IV nel 606 chise esso tempio in gratia a Foca imperatore, per dedicarlo al culto della nostra Religione; l’ottenne… e toltone via le profane statue che vi erano; purgatolo da ogni supersizioso culto con solenne cerimonia lo dedicò alla gloriosa Vergine Maria madre di Dio; a tutti i Santi Martiri.



LE ISCRIZIONI

Con l’età costantiniana la comunità cristiana di Roma si impossessa di una pratica di scrittura molto particolare: l’epigrafia monumentale che si inserisce su un monumento di pubblica frequentazione per trasmettere un messaggio. Dopo un secolo di epigrafia funeraria e quindi privata, la Chiesa si appropria di un mezzo di comunicazione scritta tipica del mondo romano funzionale all’essere esposta al pubblico. Iscrizioni si trovavano nella basilica vaticana e nella basilica di S. Agnese sulla Nomentana con dediche ai fondatori dei luoghi di culto.

Nella II metà del IV sec. papa Damaso fa compiere l’elaborazione di componimenti in versi per la diffusione del culto dei martiri, il popolo è abituato ai vari Dei e un Dio unico non basta, o si trovano sostituzioni o tornano agli antichi Dei. Nel V sec., dopo il sacco di Alarico, a Roma  invece di imbracciare le armi si aumenta l’attività edilizia religiosa, con la scrittura monumentale. Si riduce l’incisione su marmo e si diffonde la tecnica dell’epigrafia a mosaico, vedi l'iscrizione dedicatoria nella basilica di S. Sabina.

Sempre in uno spazio chiuso della basilica di S. Maria Maggiore si può notare l’iscrizione dedicatoria nell’arco trionfale (Xystus episcopus plebi Dei). L’iscrizione del VI sec. nella basilica dei SS. Cosma e Damiano, ancora in situ, è fonte autorevole sull’inserimento della chiesa in un edificio preesistente.
Nella basilica dei SS. Cosma e Damiano l’iscrizione è in tre pagine di due righe ciascuna separate da una grande croce latina. La decorazione rappresenta una Maiestas Domini con la figura di Cristo che regge nella mano sinistra il rotolo chiuso. L’iscrizione esalta “la luce preziosa” della fede dei due santi medici, che risplende più alta di quella che emana dalla decorazione a mosaico e celebra negli ultimi due versi l’offerta (dignum manus) dell’antistes Felix:

AVLA  DEI  CLARIS  RADIAT  SPECIOSA METALLIS
IN  QUA  PLVS  FIDEI  LVX  PRETIOSA  MICAT
MARTYRIBUS  MEDICIS  POPVLO  SPES  CERTA  SALVTIS
VENIT  ET  EX  SACRO  CREVIT  HONORE  LOCVS
OPTVLIT  HOC  DOMINO  FELIX  ANTISTITE  DIGNVM
MUNUS  VT  AETHERIA  VIVAT  IN  ARCE  POLI

Rispetto alla tradizione dell’iscrizione monumentale di apparato, di norma destinata a superfici piane e ad un andamento rettilineo, questa iscrizione ricalca l’articolazione dei testi in pagine e si ricollega più alla prassi libraria che non a quella epigrafica e dunque ad una lettura individuale più che ad una lettura collettiva. In questa stessa epoca, per influsso dei codici miniati tardoantichi, si assiste ad una massiccia presenza, negli apparati decorativi degli edifici di culto, della scritta come didascalia.

Nell’abside dei SS. Cosma e Damiano le scritte didascaliche si accompagnano non solo alle figure dei SS. Felice e Teodoro, ma anche all’immagine del fiume Giordano e ai quattro fiumi paradisiaci. Nel catino absidale Cristo appare su una scala di nubi, che conduce verso un paradiso racchiuso da palme e percorso dal Giordano; i principi degli apostoli presentano i due santi titolari, mentre incedono ai due lati estremi il papa committente con S. Teodoro.
In questa Maiestas Domini si nota una rappresentazione più gelida e bizantina che formulerà il linguaggio artistico dei secoli a venire. Un’altra iscrizione antica si trovava nell’abside dell’aula della basilica di S. Andrea in Catabarbara:

IVNIUS BASSVS .V.C. CONSVL ORDINARIUS PROPRIA IMPENSA A SOLO FECIT ET DEDICAVIT FELICITER
Inscriptiones christianae Urbis Romae septimo seculo antiquiores, II, Roma 1888, p.71.

Citazione da GAGIANO DE AZEVEDO M.,
La datazione delle tarsie della basilica di Giunio Basso, in Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia, serie 3 a , 40 (1967-1968), p. 151.Questa fu ricostruita dal De Rossi e potè stabilire che l’edificio era stato fondato nel IV sec. da uno Iunius Bassus durante il suo consolato,  una acquisizione testamentaria verificatasi dopo la morte di Valila posteriore al 471 ma prima di papa Simplicio 483:
HAEC TIBI MENS VALILAE DECREVIT PRAEDIA, 
CHRISTE, CUI TESTATOR OPES DETULIT ILLE SUAS, 
SIMPLICIUS QUAE PAPA SACRIS COELESTIBUS 
APTANS EFFECIT VERE MUNERIS ESSE TUI; 
ET QUOD APOSTOLICI DEESSENT LIMINA NOBIS, 
MARTYRIS ANDREAE NOMINE COMPOSUIT. 
UTITUR HAC HERES TITULIS ECCLESIA IUSTIS, 
SUCCEDENSQUE DOMO MYSTICA IURA LOCAT. 
PLEBS DEVOTA VENI, PERQUE HAEC COMMERCIA 
DISCE, TERRENO CENSU REGNA SUPERNA PETI

L’iscrizione fu aggiunta successivamente nella stessa abside (insieme al mosaico di soggetto cristiano) e collegandola ad una precisa notizia del Liber Pontificalis 84 il De Rossi potè stabilire che, poco dopo la metà del V sec., il proprietario era un patricius goto romanizzato di nome Valila, detto anche Flavius Theodosius che poi donò l’edificio al papa Simplicio (468-483) il quale infine ne trasformò, come sappiamo, l’aula absidata nella basilica di S. Andrea 85.


BIBLIO

- Luigi Canina - Indicazione topografica di Roma antica distribuita nelle XIV regioni - III ed. - Roma - 1841 -
- Roberto Valentini, Giuseppe Zucchetti - Codice topografico della città di Roma - I - Roma - 1940 - 
- Mario Torelli - The Topography and Archaeology of Republican Rome - in: A Companion to the Roman Republic - Blackwell - 2010 -
- Ferdinando Castagnoli - Topografia di Roma antica - Soc. Editrice Internazionale - Torino - 1980 -
- N. Constable - Historical atlas of ancient Rome - New York - 2003 -
- J. Arce - El inventario de Roma: Curiosum y Notitia -  W.V. Harris (a cura di) - The Transformation of Urbs Roma in late antiquity - Portsmouth e Rhode Island - 1999 -


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