INTERAMNIA PRAETUTTIORUM - TERAMO (Abruzzo)





INTERAMNIA PREROMANA

« - Roberto Grandini: Ora ditemi, quando questa nostra Patria ebbe principio, e forma di città.
- Giulio de' Fabricii: Già potrei dire aver udito da uomini giudiziosi e di conto, questa città essere più antica di Roma, e che dalli Troiani, che vennero con Antenore fosse edificata, ma non potendo ciò provare con autentiche scritture, ed avendovi Io promesso raccontare le cose, che si possono mettere in vero, per questo il lascio di dire. »
(Mutio De Mutij, Della storia di Teramo dialoghi sette, Teramo, 1893, ma scritto nel 1596)

Secondo alcuni storici la sua fondazione è dovuta ai Fenici che, giunti nel territorio dove oggi sorge Teramo, e che chiamarono "Petrut" cioè "luogo elevato circondato dalle acque," fondarono un emporio commerciale che con il tempo divenne la capitale del Pretutium con il nome di Interamnia Praetutiorum ( per distinguerla da Interamnia Nahars - l'attuale Terni - e da Interamnia Lirinas).

Già centro dei Pretuzî nella Regione V (Plin., Nat. hist., iii, 110), oggi capoluogo di provincia in Abruzzo, Interamnia si estende sopra una lingua di terra delimitata su tre lati dal fiume Tordino e dal torrente Vezzola confluenti ad Est, ed occupa il sito dell'abitato antico.

Il suo nome Interamnia dovrebbe derivare dal latino Inter-omnes, cioè "fra tutti", e Praetuttiorum dovrebbe significare "fra i Petruzi"forse ad indicare i vari popoli Petruzi che circondavano la città. In era volgare venne ribattezzata Teramne da cui Teramo.

Secondo altri Interamnia, la moderna Teramo, significherebbe invece  "posta tra i fiumi", dovuto alla posizione della città, poichè sorse su un promontorio attorno a cui scorrevano tre corsi d'acqua, fatto che da un lato ne facilitava il commercio via fiume, dall'altra la rendeva più difendibile e per ultimo godeva di un territorio agricolo molto fertile per l'abbondanza di acque.

Era collegata con Roma mediante una strada che, superando il Gran Sasso, attraversava il territorio di Amiternum e si innestava nella via Salaria presso Interocrium. Interamnia era inoltre collegata con Castrum Novum, sulla costa adriatica, con Hadria e con Asculum. La costruzione delle strade consolari, che la collegarono con Roma e il Mar Tirreno, accrebbero la sua importanza strategica e d economica grazie anche agli scambi commerciali.

Frontino (De Controv., 18 s. Lachmann) accenna brevemente alle origini della città:
"inter montium Praecutianorum quandam partem oppidi Asculanorum fine circum dari. Sed hoc conciliabulum fuisse et postea fertur in municipii ius relatum."
Secondo Frontino, l'antica Petrut o Pretut, di origini fenicie, crebbe in dimensioni e importanza fino a divenire la capitale del Praetutium e conciliabulum dei Pretuzi.

Da Praetuttii vennero i termini Pretutti, Pretuzzi, Pruzzi. Aprutii, Aprutio, Apruzio e infine Abruzzo.



INTERAMNIA ROMANA

Questa è un'iscrizione romana rinvenuta a Interamnia Praetuttiorum - Provincia Picenum - Regio V:

Q(uintus) C(aius) Poppaeei Q(uinti) f(ilii) patron(i) /
municipi(i) et coloniai / 
municipibus coloneis incoleis / 
hospitibus adventoribus / 
lavationem inperpetuom de / 
sua pecunia dant.

Rinvenute nelle Terme di Interamna: due epigrafi con questa stessa iscrizione:
"Quintus Poppaeus e Gaius Poppaeus, figli di Quintus protettore
del municipio e della colonia
a favore dei municipali dei coloni e degli stranieri
per gli ospiti e per i visitatori
pagò di sua tasca delle terme permanenti,"

Era per il cosiddetto "evergetismo romano", un costume per cui un uomo abbiente che mirava a fare carriera politica, acquisiva meriti presso la popolazione, pagando di tasca sua delle opere pubbliche a favore degli elettori. Un costume non pervenuto ai giorni nostri.

Nel 295 a.c., nella Battaglia di Sentino, i Romani sconfissero la Confederazione italica (Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli), ponendo fine alla III guerra sannitica.

Pochi anni dopo, nel 290 a.c. Il territorio Sabino e il territorio Pretuzio furono occupati militarmente dalle legioni comandate dal Console Manio Curio Dentato, e nel 241 a.c. venne incluso nella tribù Velina.

Ma il periodo più florido Interamnia lo ebbe dopo la conquista dei Romani nel 268 a.c.
La colonia di Interamnia godette di una relativa indipendenza dai Romani fino al III sec. a.c..  e successivamente trasformata da municipio in colonia.
Durante il I sec. a.c.divenne contemporaneamente municipio e colonia (C.I.L., ix, 5074) godendo pertanto di doppi privilegi.

PIETRA ROMANA INSERITA NEL DUOMO

NELL'ERA IMPERIALE

L'imperatore Cesare Augusto la inserì nella V regione romana e sotto l'imperatore Adriano la città, che già aveva prosperato sotto Roma grazie al commercio facilitato dalle strade consolari, conobbe un periodo di grande splendore che portò alla realizzazione di templi, teatro e anfiteatro.
In seguito a ciò la data di edificazione di teatro e anfiteatro sono alquanto dibattute, chi le attribuisce al 30 a.c. (sotto Augusto) e chi al II sec. d.c. (sotto Adriano).

L'area dell'antica Interamnia doveva essere delimitata dalla Porta Reale ad est, dalle vie del Baluardo e di Torre Bruciata a nord, da via della Banca ad ovest e da via Stazio a sud. Il suo perimetro piuttosto rettangolare misurava circa m 440 × 240, e constava di due nuclei divisi dall'allineamento di via S. Antonio e di Largo Melatini.

Ambedue i settori conservano a tutt'oggi le tracce del sistema ortogonale del reticolato stradale, allineato su un cardo e un decumano, confermato tra l'altro dall'orientamento del teatro e dell'anfiteatro nella parte occidentale, e dal rinvenimento di un basolato sotto il Corso De Michetti nella parte orientale.

Il diverso orientamento dei due nuclei è connesso probabilmente con due diverse fasi di sviluppo della città. Sembra che la zona orientale, tra Porta Reale e Largo Melatini, sia da considerarsi il sito originario, mentre nel sito della sua espansione ad ovest dell'abitato, corrispondente alla fondazione della nuova colonia, l'allineamento vertesse su una strada extra-urbana, corrispondente all'attuale Corso Cerulli, che funzionò come cardo del nuovo centro.

Così Interamnia divenne:

- Conciliabulum: luogo di riunione e di mercato (cfr Frontino);
- Praefectura iure dicundo; ( funzionario delegato a compiere determinate funzioni dal re, dal magistrato, dal principe o dall'imperatore):
- Dopo la Guerra Sociale venne eletta a Municipium, che perdette tuttavia ad opera di Silla
- Colonia sillana. Perse in quest'epoca lo statuto di Municipio, ad opera di Silla (138-78 a.c.) per la sua partecipazione alla Guerra Sociale (91-88 a.c.), e lo riacquisì in seguito per volontà di Cesare.
- In epoca Augustea, Interamnia fu parte della V regio: il Piceno (la VI regio era l'Umbria e la IV era il Sannio). Il territorio dell'attuale provincia era diviso, da sud a nord, in Ager Hatrianus, Ager Praetutianus, Ager Palmense.



I RESTI

Del suo passato splendore sono testimoni i resti dell'Anfiteatro, del Teatro e delle Terme, ecc. Il cardo (l'attuale Corso De Michetti) l'attraversava in tutta la sua lunghezza, da largo Madonna delle Grazie e Piazza Martiri della Libertà.

Parte del materiale lapideo del duomo di Teramo fu prelevato dagli adiacenti teatro romano ed anfiteatro romano, di quest'ultimo fu addirittura demolita la parte nord-occidentale per far posto alla cattedrale.

Le pareti del Duomo mostrano i fregi dorici del I sec. d.c., riutilizzati per la costruzione della chiesa e provenienti dal vicino anfiteatro. Le pietre lavorate sono inserite e attualmente visibili nelle mura esterne del Duomo in Piazza Martiri della Libertà, a destra e a sinistra.



NECROPOLI (ETA' DEL FERRO E ROMANA)

NECROPOLI DELLA CONA
Dell'abitato preromano non c'è quasi nulla di visibile, ma molto è interrato, a parte i resti di una necropoli dell'età del ferro. Il materiale delle tombe, tutte a inumazione, è conservato nel Deposito del Museo Archeologico e nella Biblioteca Melchiorre Delfico.

La necropoli di Ponte Messato-La Cona era la più importante ed estesa tra le necropoli disposte nell'anello più esterno intorno all'antica città di Teramo (Intermamna Praetuttiorum).

Questa venne usata e ampliata nel periodo romano, ai lati dell'antica strada lastricata della Via Cecilia, una via romana contornata di monumenti, che staccandosi dalla Salaria al 35º miglio da Roma raggiungeva la costa adriatica, presso Castrum Novum (Giulianova).

Detta anche "la via sacra d'Interamnia" una Via Appia antica in piccolo, venne scoperta per caso nel 1961, durante i lavori per la costruzione di un garage per pullmans e, secondo alcune testimonianze, gli operai "rompevano le enormi urne cinerarie nella speranza di trovarvi monete d'oro..." (sig!)

Per fortuna intervenne Adriano La Regina, allora Funzionario Archeologico per la Soprintendenza alle Antichità per l'Abruzzo e il Molise, che reperì sedici mausolei fine del I sec. a.c. e l'inizio del I sec. d.c. Per una estensione di 1000 m², furono rinvenute sepolture dall'età del Ferro all'età imperiale romana.

Numerosi sepolcri sono stati scoperti in varie epoche lungo le strade che uscivano dalla città. La più importante è avvenuta casualmente nel 1961, quando, in località Ponte Messato, apparvero numerosi basamenti di sepolcri monumentali, con nucleo in cementizio e rivestimento in blocchi di travertino.

Tra il 1982 e il 1985, vennero alla luce un altro tratto di strada romana glareata (battuto di ciottoli e ghiaia) di età romana e una necropoli romana con tombe monumentali a pianta quadrata e circolare con urne cinerarie all'interno.

VEDUTA AEREA DI TEATRO ED ANFITEATRO
Iniziata contemporaneamente allo sviluppo della città, intorno alla seconda metà del I sec. d.c. ed utilizzata fino al IV sec, la necropoli di Interamnia costituisce in provincia un esempio unico. I monumenti sepolcrali sono ispirati all’architettura ellenistica e romana con diverse tipologie.

Gli edifici sono allineati lungo la strade e si alternano per diverso ceto sociale, individuabile dal corredo funerario più o meno ricco. Accanto alle tombe ad inumazione si trovano spesso olle cinerarie disposte in buche scavate nel terreno e prive di recinzioni.

In alcune tombe sono stati rinvenuti appliques figurate d'osso, parti di letti funerari bruciati nel rogo assieme al cadavere. La necropoli era iniziata in età tardorepubblicana, dopo la fondazione della colonia, e proseguita per gran parte del I sec. d.c.. Tra le tombe più grandi e più antiche, la più notevole è quella di Sextus Histimennius, di cui è stata recuperata anche la statua marmorea, purtroppo acefala, e poi rubata, insieme ad altro materiale archeologico, da un magazzino del Comune.

Dal 1997 al 2014 gli scavi portano alla realizzazione del Parco della necropoli monumentale di età giulio-claudia sulla "Via Sacra" e la scoperta di un grande tempio romano-repubblicano, sul modello etrusco-laziale, della grandezza di m 21,0 per 31,0. La strada romana, l'Interamnium Vorsus, una diramazione della Via Cecilia che conduceva nella Sabina raccordandosi con la Via Salaria, fino a Roma.

Nel 2000 venne alla luce anche un tempio di età ellenistico-romana e una ulteriore parte della necropoli dell'età del Ferro. La zona doveva essere stata terrazzata per seppellirvi i defunti tra il X sec. e il VI sec. a.c..

TEATRO

IL TEATRO

La sovrapposizione della città medievale e moderna a quella antica, e la scarsità dei reperti, rendono difficile la ricostruzione dell'antico impianto urbano, che doveva essere costituito da una parte orientale più antica, si dice che i più antichi abitanti fossero fenici, corrispondente al sito del municipio, e una occidentale corrispondente alla colonia sillana che qui fu dedotta dopo la prima guerra civile. Proprio nella zona occidentale si trovano i principali edifici pubblici conservati: il teatro e l'anfiteatro.

Comunque ai margini sud-occidentali dell'abitato antico si trovano i notevoli resti del teatro, databile probabilmente al I sec. a.c., e dell'anfiteatro; il primo compreso certamente nell'area urbana, il secondo situato forse in una zona immediatamente esterna. Esso è uno dei più interessanti e meglio conservati tra gli edifici del Piceno.

Il teatro romano di Teramo si trova nel centro della città e, caso eccezionale, a pochi metri dall'Anfiteatro romano. Scavi realizzati all'inizio del secolo e ripresi di recente hanno liberato gran parte delle strutture del teatro, il monumento meglio conservato della Teramo romana.

VENERE INTERAMNIA
Il teatro, locato tra via Teatro Antico e via Luigi Paris, nelle vicinanze del Duomo, nella parte occidentale della città dove giungeva il diverticolo d'ingresso della via Caecilia, seppur utilizzato come cava di materiale lapideo per la costruzione di edifici vicini, in particolare della cattedrale, ha un discreto stato di conservazione, ed è contemporaneo ad altri edifici simili eretti in città limitrofe come: Amiternum, Peltuinum, Hatria ed Asculum.

L’edificio venne scavato nel 1979 dalla Soprintendenza Archeologica a seguito della demolizione di alcune abitazioni private ottocentesche che vi erano addossate.

Le parti restanti, relative alle strutture portanti della cavea e che emergono a 3,5 m sotto il livello stradale, testimoniano l’ampiezza dell’edificio che poteva ospitare circa 3000 spettatori.

Fino ad oggi è stato possibile riportare alla luce solo il tratto orientale del palcoscenico in quanto la zona circostante è edificata. Dal 2007 sono in corso i lavori per la demolizione di Palazzo Adamoli sito sopra l'area del teatro che porteranno alla luce un'ulteriore porzione del monumento simbolo della città di Teramo.

Nel periodo medioevale fu utilizzato, come si soleva fare in quell'epoca di degrado culturale, come cava di materiale lapideo per la costruzione di edifici vicini, in particolare il Duomo di Teramo. Il teatro si trova a circa tre metri sotto il livello stradale ed ha una cavea del diametro di ben 78 m, e poteva ospitare sulle gradinate circa tremila spettatori.

L'alzato dei palcoscenico è decorato con nicchie alternate semicircolari e rettangolari, e la muratura interna era realizzata in tufo e mattoni, il perimetro era costituito da 20 arcate, due delle quali ancora visibili. Sono anche visibili ben 24 pilastri della praecinctio a due ordini di arcate, 20 dei 22 muri radiali di sostegno e un vomitorio con resti di scale collegate al secondo ordine di gradinate che davano l’accesso al teatro.

Inoltre sono visibili 14 gradini che facevano parte di una delle gradinate dirette all'uscita degli spettatori. Il pulpitum, l'alzato del palcoscenico, è decorato con nicchie di pianta rettangolare e semicircolare, ma una sola è visibile. Si vedono infine, tratti della pavimentazione di uno degli ingressi laterali per gli spettatori.

TEATRO
Le parti del frontescena furono rinvenuti nel 1918 grazie agli scavi voluti dallo storico e archeologo Francesco Savini.

Questi fu Fu presidente della Commissione provinciale per la tutela dei monumenti fin dal 1908, si interessò di tutti gli scavi nella Provincia di Teramo tra la fine dell’800 e la fine degli anni Trenta.

Il frontescena con due grandi nicchie rettangolari aveva due porte che consentivano agli attori di entrare in scena. Statue decorative dovevano collocarsi nelle nicchie.

L'impianto della cavea, invece, era costruito in travertino e poggiava su venti arcate, due delle quali ben conservate, alle quali corrispondevano altrettanti fornici radiali destinati a sostenere le gradinate. La ricchezza delle decorazioni e il tipo di costruzione datano il complesso intorno al 30 a.c.

Il Savini studiò soprattutto il Teatro e l’Anfiteatro romani che identificò correttamente visto che in precedenza, erano stati scambiati l’uno per l’altro. Studiò la “Domus” romana rinvenuta proprio sotto il suo palazzo e riportò alla luce il “Mosaico del leone” una delle immagini più rappresentative dell’Abruzzo e di Teramo in particolare.

Sgattoni, ispettore onorario ai monumenti e le antichità, inviò una lettera al giornale  "Il Messaggero", edizione Abruzzo, 10 settembre 1969, per protestare contro le "ragioni superiori" che avevano sacrificato le bellezze del Teramano alle esigenze della "società dei consumi", impedito di riordinare il museo civico, di aprire un museo d'arte sacra e rovinato il Teatro romano.

La lettera era intitolata: " I monumenti scompaiono", lettera poi ripubblicata in Fare cultura in Provincia. Testimonianza di Pasquale Limoncelli, Teramo, Casa della Cultura Carlo Levi, 1980.

Ancora oggi il teatro viene utilizzato per eventi culturali. Alla decorazione scultorea del teatro apparteneva forse una statua femminile panneggiata conservata ora a Chieti, nel Museo Nazionale.

L'ANFITEATRO

L'ANFITEATRO

A ovest del teatro sorgeva l'anfiteatro, i cui resti in laterizio si possono vedere lungo via San Berardo, sulla fiancata sinistra della cattedrale e incorporati nelle mura del cortile dell'attuale liceo artistico.
Esso era stato collocato ai margini sud-occidentali dell'abitato antico, all'esterno dell'abitato, poi con l'estensione della città inglobato dalle abitazioni che sono avanzate verso ovest.

Esso dista solo pochi m ad ovest dal teatro romano e dovrebbe risalire al I sec. dc.; la parte più evidente della residua muratura perimetrale in laterizio dell'anfiteatro è visibile in via San Berardo e nell'area immediatamente a sinistra della Cattedrale.

La pianta aveva forma ellittica con un perimetro di 208 m, con l'asse maggiore di 74 m e l'asse minore di 56 m., in verità dimensioni un po' scarse per cui si pensa che l'anfiteatro utilizzasse in parte le pendici di una vicina collina. Il piano antico è situato a 6 m di profondità rispetto all'attuale manto stradale.

Nel perimetro murario si individuano diversi accessi come quello ad arco sull'asse minore dell'ellisse e quello con tre archi affiancati lungo l'asse maggiore. Una serie di passaggi secondari conducevano direttamente alle gradinate per il pubblico, della cui struttura radiale non rimane traccia.

Mons. Giulio Ricci, vescovo e principe di Teramo, nel 1583 scrive che il Vescovo ordinò di rimuovere la terra a fianco del muro degli orti nei pressi della Cattedrale.
- la curva del muro esterno, rinvenuto solo in parte;

Ne emersero:
- l'ingresso originario, con muro radiale al fianco sinistro del Duomo, prolungato verso l'interno dell'Anfiteatro per circa 10 m;
- altro tratto di muro radiale dell'interno dell'edificio, a sostegno alle gradinate fino al centro dell'arena;
- cortina muraria di 12 m;
- tre archi in laterizio dell'ingresso meridionale;
- resti della recinzione esterna con paramento laterizio;
- muri radiali in confluenza al giro esterno dell'edificio;
- sostruzione per le gradinate intorno alla cavità;
- una mano femminile destra di marmo greco che stringe qualcosa.

RESTI DELL'ANFITEATRO PRESSO LA CATTEDRALE
- Fino al 1926 i resti dell'anfiteatro furono confusi con quelli del teatro romano in quanto coperti entrambi da varie costruzioni.

- Nel 1937 furono eseguiti scavi per meglio identificarne i resti che divennero ancor più visibili e chiari nel loro impianto nord-sud con il successivo abbattimento degli edifici addossati lungo la muratura perimetrale del monumento.

- Nel 1939 il ministro dell'Educazione Nazionale (della Cultura) Giuseppe Bottai si recò a Teramo per un sopralluogo al Teatro e alle prime emergenze dell'Anfiteatro, prendendo la decisione di finanziare il recupero di entrambi i reperti romani.

- Nel 1942 su rinviene nel teatro un bella statua femminile acefala, che dovrebbe rappresentare Venere.

- La demolizione fu interrotta a causa della II Guerra Mondiale e i finanziamenti andarono perduti.

ISCRIZIONE DANNUNZIANA DEL TEATRO
- Nel 1944 il podestà Giovanni Lucangeli avviò la demolizione degli edifici sorti su parte del Teatro romano. Nel corso dei lavori si arrivò a distinguere il Teatro romano dal limitrofo Anfiteatro di cui parlavano il vescovo Ricci e Friedelander.

- Nel 1979, l'anello esterno, unica parte conservata, è stato liberato dai resti degli edifici moderni che lo coprivano. E' emerso così un muro in laterizi, ad anelli via più stretti verso l'alto, sull'ultimo dei quali aggettano delle lesene.

Nel perimetro murario si aprivano diversi accessi come quello ad arco sull'asse minore, e quello con tre archi affiancati lungo l'asse maggiore. Una serie di passaggi secondari conducevano alle gradinate destinate al pubblico, della cui struttura non rimane nulla. La parte più visibile dei restanti muri perimetrali in laterizio sono riconoscibili in via San Berardo e nell'area a sinistra della Cattedrale.

L'elegante decorazione della scena, gli accorgimenti edilizi e architettonici, hanno fatto datare la costruzione ai primi decenni dell'età augustea (30-20 a.c.), quando la romanizzazione delle città riguardava anche e soprattutto lo stile snello e insieme monumentale degli edifici romani. Tutto l'impero brillava di pietre e di marmi.

Sembra che l'anfiteatro sia stato usato come fortezza perché, nel sottosuolo della struttura, sono stati rinvenuti cunicoli che sembra avessero uno scopo militare. Nel centro storico vi sono vari passaggi sotterranei che collegavano soprattutto le chiese tra loro, come il cunicolo sotto il Duomo rinvenuto nel corso degli ultimi restauri, con il suo proseguimento sotto piazza Martiri della Libertà o come quello nei pressi della chiesa della Madonna delle Grazie.

Nel medioevo l'anfiteatro, come pure il vicino teatro, è stato utilizzato come cava di materiale per la costruzione di vari edifici, in particolare il Duomo del XII sec. sulla parte nord-occidentale dell'anfiteatro. Nella parete destra esterna del Duomo e in alcuni interne, si individuano pietre scolpite asportate dall'anfiteatro.

Attualmente sopra l'anfiteatro è sito il grosso edificio dell'ex Seminario, la cui costruzione nel XVIII sec. devastò le strutture interne.

DOMUS DEL LEONE


LE DOMUS ROMANE


DOMUS DI VIA DELL'ANTICA CATTEDRALE

Nel 2007, durante i controlli della Soprintendenza dei Beni Archeologici, sono stati individuati e portati alla luce degli ambienti ambienti di un edificio di età imperiale, scoprendo pavimentazioni musive e una struttura muraria con basi di colonna pertinenti ad un peristilio.

L'edificio, locato nell’area centrale dell’antica città romana, dovrebbe risalire al I sec a.c.

Si pensa che le strutture riportate in luce possano appartenere ad un grande edificio privato di cui la domus del leone poteva costituire la parte anteriore e forse la più antica.




DOMUS DI PIAZZA S. ANNA

Il sito archeologico di piazza Sant’Anna, nel centro storico di Teramo, ha restituito, attraverso gli scavi, resti di edifici privati di epoca romana e della successiva cattedrale di Sancta Maria Aprutiensis distrutta da un incendio nel XII sec.

Tali reperti, riportati alla luce per la prima volta da Francesco Savini alla fine del XIX sec., furono oggetto di indagini archeologiche nel secolo scorso, consentendo di ricostruire il quadro storico di tutta l’area che va dall’età imperiale a quella altomedievale del sito in questione

Notevoli i mosaici rinvenuti in tre ambienti di epoca romana, pertinenti ad un edificio privato che fu in uso dal I sec. a.c. al II sec. d.c. con vari rimaneggiamenti. I mosaici si collocano esternamente all’antica cattedrale e si affacciano su un’area scoperta circondata da colonne e con vasca per la raccolta dell’acqua piovana, che altro non può essere se non un peristilio.

Il primo vano ha un pavimento cementizio a base fittile decorato con tessere marmoree bianche che formano un disegno a rombi ed una cornice periferica in tessere bianche.
La sala al centro della domus è decorata con un pavimento cementizio a base litica bianco e nero decorato con un punteggiato di dadi neri in leucocite (selce romana) nel riquadro centrale e con una cornice periferica in mosaico bianco e nero. Un terzo ambiente è rivestito da un pavimento cementizio a base fittile nel quale sono state inserite tessere lapidee bianche e nere senza alcun
disegno decorativo.



DOMUS DI VIA PORTA CARRESE

I recenti scavi archeologici, eseguiti dalla Soprintendenza per i Beni e le Attività Archeologiche dell’Abruzzo, hanno fatto riemergere una domus in via Porta Carrese, nel centro storico di Teramo.
Lo studio delle pavimentazioni musive delle aree di via dei Mille, via del Baluardo, Vico delle Ninfe , unitamente a queste di via Porta Carrese, ha permesso di datare le relative strutture dal II secolo a.c.
al II sec. d.c.

Qui la sovrapposizione degli strati pavimentali raggiunge i cinquanta cm di altezza, con una continua opera costruttiva e ricostruttiva in tutto il tessuto cittadino. I ritrovamenti di via Porta Carrese hanno portato in luce murature italiche e romane di epoche diverse, come la cosiddetta “rosa dei venti”,
realizzata con marmi policromi facente parte di un pavimento in opus sectile.

Si pensa che la domus appartenesse a una struttura pubblica dotata di sistema idraulico, probabilmente una struttura termale o un luogo destinato all’allevamento dei pesci come come spesso usava all'epoca, visto che fino agli anni Settanta, il complesso possedeva una grande vasca, purtroppo ormai demolita nel corso di lavori edili.

Il che vuol dire che per costruire qualcosa, qualcuno ha demolito una vasca romana di duemila anni fa, e che naturalmente non è neppure finito in galera. C'è da meravigliarsi? Non più di tanto, visto che la domus di via Porta Carrese è oggi ignorata e abbandonata da molti anni. Da tanto degrado e incuria delle autorità abbiamo salvato solo due frammenti della decorazione parietale presso il Museo Civico
Archeologico F. Savini di Teramo.



DOMUS DI PIAZZA MADONNA DELLE GRAZIE

Il sito della domus di piazza Madonna delle Grazie è situato tra Via Alfonso de Albertiis e Largo Madonna delle Grazie, nel Parco Ivan Graziani.

L’area archeologica venne a più riprese indagata all’inizio del '900 da Francesco Savini, e dopo recenti scavi condotti dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici dell’Abruzzo, sotto la direzione scientifica del Dott. Glauco Angeletti, si è realizzata la destinazione d’uso dell’area.

Si tratta di un grande edificio con tre fasi costruttive:

- una del II sec. a.c.,
- una del I sec. d.c.
- una del III d.c.

Ai primi due periodi corrispondono due abitazioni private, mentre al III periodo si riferisce una grande vasca centrale ad U per la tinteggiatura dei tessuti, della cosiddetta fullonica.

I mosaici presenti appartengono alla prima domus, edificata nel II sec. a.c. Si tratta di un pavimento in cocciopesto con tessere bianche che disegnano all’interno un motivo geometrico rappresentante un rosone composto da rombi. Negli angoli di risulta si trovano quattro caducei (simbolo di Hermes-Mercurio).

L’altro pavimento è ancora in cocciopesto con tessere bianche che disegnano un rosone composto da rombi, mentre negli angoli di risulta si trovano quattro delfini. Nell’ultimo ambiente che risulta essere mosaicato sempre con una pavimentazione in cocciopesto e tessere bianche, è invece rappresentato
un motivo geometrico con un reticolato di rombi.



DOMUS DI BACCO

In occasione dei lavori di costruzione di un edificio civile lungo Via dei Mille sono stati portati alla luce alcuni ambienti di una domus romana databili al I sec. a.c. L’ambiente più grande presenta una pavimentazione in cocciopesto con inserzioni di lastre marmoree.

Un II ambiente conserva un mosaico in bianco e nero: ad un’ampia fascia perimetrale a tessere bianche segue una cornice a tessere nere e al centro una decorazione a motivo a losanghe a
composizione stellare.

Nel III ambiente c'è un mosaico con tessere bianche e fascia perimetrale nera. Al centro spicca un emblema in vermiculatum policromo in cui è
raffigurato Bacco a mezzo busto, realizzato insieme al tappeto musivo.
Il volto del dio è quello di un giovane, egli è coronato da pampini e le sue spalle sono avvolte dalla
pelle ferina.

Il mosaico mostra tessere dai colori luminosi, con differenti sfumature di rosato e d’arancio per il volto, mentre tracce di azzurro e verde per i pampini e la fiera. L’immagine di Bacco è racchiusa da
una doppia cornice a tessere nere e con meandro interno rosato su sfondo bianco. La soglia d’ingresso presenta un mosaico a tessere bianche e nere con motivi geometrici: la cornice rettangolare a doppia fila di tessere nere racchiude losanghe inserite tra due
pelte affrontate.



DOMUS DELLE NINFE

La domus delle Ninfe, e i suoi pavimenti musivi, sono stati rinvenuti all’interno di un edificio del XIX sec. La pavimentazione a mosaico è databile al I sec. a.c. - inizi I d.c., in un ambiente preesistente in signino rosso del II sec. a.c..

La decorazione della soglia, composta da motivi vegetali come cespi e tralci di edera, è inquadrata da una fascia a campi di triangoli. Il mosaico, realizzato in opus tessellatum (tessere di piccole dimensioni) bianco e nero, è costituito da una prima fascia a tessere nere alternata ad una bianca, seguita per tutto il perimetro della pavimentazione, da una decorazione a treccia policroma.

La stessa treccia crea riquadri cassettonati decorati con motivi che si alternano tra loro a mura di città e figure geometriche: triangoli, quadrati posti a 45°,
stelle a quattro punte, tutte con tessere bianche e nere.

Al centro della pavimentazione, riquadri di dimensioni più grandi con decorazioni geometriche di
triangoli e motivi fitomorfi sono realizzati con tessere di colore bianco, verde, rosso e nero.

MOSAICO DEL LEONE

DOMUS DE LEONE
La domus fu scoperta nel 1891 durante i lavori di ristrutturazione del proprio palazzo dal noto studioso F. Savini, in Corso Cerulli, è del tipo ad atrio tetrastilo ovvero con quattro colonne per sorreggere il tetto che faceva confluire le acque piovane nella vasca centrale (impluvium).

Trattavasi di un'abitazione di età repubblicana arricchita da pavimenti a mosaico a cui si accedeva
dall'ingresso mediante un grande atrio rettangolare (9,90 x 6,85 m.) con impluvio tetrastilo (a 4 colonne), pavimentato con mattoncini posti a spina di pesce. L'atrio ha un pavimento a mosaico, con lastrine di pietre colorate disposte irregolarmente.

Dall'atrio si accedeva al tablino, attraverso una soglia costituita da un mosaico policromo con la rappresentazione di un meandro prospettico. Il tablino è pavimentato con un ricco mosaico a cassettoni, decorati internamente da vari motivi, uno dei più significativi esempi di mosaici di I sec. a.c. in Italia.

Esso è costituito da un tappeto con quaranta cassettoni prospettici dai molteplici colori, campiti al centro da rosoni, fiori e corone di alloro, che incorniciano il quadro centrale composto da una cornice con motivo di treccia a calice policroma, con orlo curvo e divisione verticale.

A questa segue un’altra cornice composta da una ricca ghirlanda di foglie, fiori e frutti (castagne, uva bianca, melograni, susine, pere), popolata da uccelli e retta agli angoli da quattro maschere teatrali (se ne conservano due).

Il centro del pavimento è occupato da uno splendido quadretto (emblema) con un leone, preso leggermente di scorcio,  in posizione di attacco mentre artiglia con la zampa un serpente.
Tutt'intorno gira  un motivo con quattro ghirlande. il leone é universalmente riconosciuto come uno degli esempi più alti dell'arte del mosaico.

Lo stile e la tecnica dei mosaici datano la domus intorno alla metà del I sec. d.c.. Il lavoro del leone, di gusto ellenistico,  è montato su una cassetta quadrata di travertino di piccole dimensioni (cm 54,5×54,5) con tessere minutissime (opus vermiculatum).


Successivamente è stato poi incastonato nel pavimento della villa. con un favoloso effetto pittorico, nel sito attuale.

Il soggetto dell’ emblema trova confronti stringenti nelle case pompeiane (Casa del Fauno e Casa VIII 2,34), sicché è ragionevole pensare che essi derivino da un originale pittorico comune.

Un cortile con porticato (peristilio) era accessibile al centro della domus, probabilmente ornato da statue, piante, oscillum e decorazioni architettoniche.

Di questa importante dimora sono stati 'ricostruiti' l'atrio con il pavimento in mosaico, il tablino, che è l'ambiente più importante di una casa romana, e l'ingresso, che però è stato ricoperto

Le dimensioni eccezionali dell'atrio, la bellezza delle decorazioni e la posizione della casa vicina al foro lasciano pensare alla dimora di un membro dell'aristocrazia locale, forse uno dei primi magistrati della colonia sillana.



DOMUS DI CIRCONVALLAZIONE SPALATO

Tra 2005 e 2006 sono stati trovati i resti di una domus composta da un ambiente più grande ed uno più piccolo. È difficile ricostruire il sito perché le costruzioni successive ne hanno distrutto buona parte, così la struttura presenta varie fasi che vanno dalla fine del I sec. a.c. al X-XI sec. d.c.

Il settore scavato corrisponde ai vani residenziali o di rappresentanza della domus che non subì cambiamenti nel suo perimetro, ma venne ristrutturata negli spazi interni, in due fasi distinte.
Alla fase più antica appartiene il mosaico a tessere bianche e nere con motivo geometrico ad esagoni, realizzato con una tecnica di esecuzione molto accurata e databile alla prima metà del I sec. d.c.

Tra la fine del II sec. d.c. e il III sec. d.c. la domus subì degli ampliamenti, a questo periodo si rifa il mosaico con decorazione geometrica e tessere bianche e nere, sovrapposto a quello precedente, ma di qualità inferiore. La decorazione geometrica simula la struttura muraria detta isodoma, con file di rettangoli maggiori e minori alternati.
Sul lato Est della stanza si trova un mosaico in bianco e nero composto da quadrati e losanghe adiacenti, esso è incorniciato da una doppia fila di tessere nere che nella fascia più esterna sono posizionate in obliquo, cosa che potrebbe indicare l’esistenza di un ingresso importante ad un ambente esterno.

Nel lato Sud fu costruito un muro divisorio per creare un secondo ambiente nel quale venne rinnovata la pavimentazione con un piano in malta bianca e tessere irregolari, e con una fascia di mosaico a tessere nere lungo il perimetro.


DOMUS PALAZZO MELATINO

Palazzo Melatino, oggi sede della Fondazione Banca Tercas, è una residenza signorile del XIII sec. situata in largo Melatini, nel centro storico di Teramo.
All’interno del palazzo, al di sotto dell’attuale piano di calpestio, si trovano tracce di pavimentazioni antiche relative a differenti fasi di una ricca domus preesistente, che ebbe continuità di vita tra età romana e periodo medievale.

Il pavimento della fase più antica è un mosaico, forse relativo ad un cortile interno aperto (peristilio), in tessere bianche e scaglie di marmo colorate; questo è circondato da una fascia con motivo a scaglie realizzata con piccole tessere di colore rosso, verde e bianco.
Nel III sec. il cortile viene ridotto e tramite la costruzione di un muro divisorio si creano due ambienti distinti; l’ambiente più piccolo viene ripavimentato con un mosaico bianco e nero con motivi vegetali e girali d’acanto.

Tra IV e VI secolo il mosaico dell’ambiente centrale viene ricoperto da un pavimento in lastre di calcare bianco e marmo giallo, rettangolari e quadrate. Ai lati della stanza si trova una fascia decorativa in marmi colorati a motivi geometrici. Sulla soglia di collegamento con il secondo ambiente viene collocato con un mosaico bianco e nero di reimpiego con un motivo a svastica (simbolo che nell’antichità era carico di valore apotropaico).

Una terza stanza alla destra dell’ambiente centrale viene arricchita con un pavimento a base cementizia con frammenti marmorei colorati. Al centro vengono sistemate lastre quadrate marmoree colorate (gialle bianche e nere) in cui viene inserita una lastra circolare di marmo nero.




ALTRI RESTI
MOSAICO DEL TEMPIO LOCALITA' MADONNA DELLA CONA

Il mosaico si trova all’interno del grande tempio di età tardo-repubblicana rinvenuto nel 2000 in località Madonna della Cona, a 3 km dal centro di Teramo, in direzione sud-ovest. La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo hanno riportato alla luce, oltre al tempio, una serie di tombe dell’età del Ferro del popolo dei Pretuzi e sepolture romane d’età repubblicana e imperiale, poste lungo una Via Sacra d’accesso alla Città.

Il tempio, affacciato su questo viale d’ingresso monumentale, occupava una posizione di rilievo lungo la deviazione dell’antica Via Caecilia che, da Roma, conduceva all’odierna Teramo. All’interno dell’edificio di culto, un mosaico a tessere bianche e nere ricopre il pavimento dell’ambiente centrale (cella); è datato della prima metà del I sec. a.c. e risente già del clima di romanizzazione degli stili

Il pavimento della cella (9,20 × 7,45 m), in opus tessellatum, cioè in tessere di pietra di dimensioni piuttosto regolari, disposte su più file a formare una trama omogenea. Le tessere bianche, di 8 mm, sono di calcare, quelle nere di argillite, di provenienza locale. Il pavimento è riquadrato da uno spazio centrale rettangolare delimitato da alcune cornici decorative: una fascia nera, un giro di onde correnti e due ulteriori fasce nere.

Al centro dell’unico lato corto conservatosi, le onde lasciano spazio a una specie di ovale, al cui interno sono raffigurati due piccoli delfini bianchi divergenti. Il sito in località Madonna della Cona, con i suoi ritrovamenti archeologici che vanno dall’Età del Ferro all’epoca romana, è una straordinaria testimonianza del processo di formazione della Città e della progressiva fusione culturale fra la popolazione locale dei Pretuzi e Roma.


SANT'ANNA  

Sulla piazza attigua a via dell'Antica cattedrale si affaccia la chiesa di Sant'Anna (un tempo Sancta Maria Interamniensis, poi S. Getulio), Sorta in età bizantina su un tempio romano, fu ricostruita nel sec.XII e poi bruciata dai Normanni nel 1155.

Restano della chiesa arcate romaniche in mattoni ed il presbiterio ricco di resti romani; sempre dell’età romana si conservano tratti di pavimentazione musiva di epoca repubblicana e materiali architettonici come colonne con capitello corinzio.del VI sec. d.c. che sorge su di una residenza (domus) privata romana, i cui ruderi si vedono ancora sotto lastre di vetro.

Dallo scavo archeologico più recente, condotto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, si evidenziano le vestigia di una chiesa paleocristiana i cui lati sud ed ovest poggiavano su fondamenta di epoca romana. L'intero edificio risulta alloggiato nell'impianto di una precedente insula romana, dove insisteva anche la domus.

Dall'analisi della muratura si evidenzia il copioso utilizzo di mattoni che recano nel bollo la lettera "S", laterizi uguali ad altri posti in opera in strutture romane della seconda metà del I sec. d.c..



TORRE BRUCIATA (Romana e Medievale)
TORRE BRUCIATA

Accanto all'antica cattedrale si erge un bastione romano, in opera quadrata, del II sec. a.c. denominato appunto "Torre Bruciata".

Il corpo della costruzione si sviluppa da una base quadrata ed è alto circa 10 m, con mura spesse 1,30 m e larghe 8 m.

Questa possente torre venne eretta nel II secolo a.c. utilizzando grandi blocchi di travertino ben squadrati.



TERME

In Largo Madonna delle Grazie vi sono i resti di una struttura termale, che sembrano appartenere alla fase di espansione del municipio romano in questa zona della città.



SEPOLCRETI

Sepolcreti romani sono stati rinvenuti presso la Stazione Ferroviaria e presso il ponte Messato, a tre km dall'abitato sulla strada statale n. 8o verso il Gran Sasso. Qui si è scoperto un allineamento di monumenti funerari con sepolture a incinerazione del I sec. d.c., lungo un tratto della strada diretta
ad Amiternum.



LA FINE

Dopo la caduta dell’Impero Romano, come un po' tutte le città romane, venne saccheggiata e distrutta dai barbari, cioè dai Goti e dai Visigoti. Nel 410 d.c.. (anno del sacco di Roma) i Visigoti invasero la zona del Picenum e Interamnia fu praticamente rasa al suolo. Se la depredazione può venire dal diritto del più forte, la distruzione può venire solo dalla barbarie.



I MUSEI

Il materiale archeologico è conservato in parte al Museo Archeologico di Chieti, in parte presso il Museo Archeologico Comunale. Nel Deposito archeologico comunale sono riuniti i reperti provenienti dalle tombe dell'età del Ferro, gli elementi architettonici del teatro, vari ritratti e un gruppo di lastre architettoniche di terracotta con rappresentazioni di scene di commedia. Il materiale epigrafico è in gran parte raccolto nell'atrio del Palazzo Comunale.

Nel Museo Civico è conservata una piccola ma pregevole raccolta di oggetti antichi; tra questi una serie di ritratti, un gruppo di lastre fittili con rappresentazione di scene teatrali, il cippo di S. Omero con iscrizione sudpicena; nel Municipio una collezione di iscrizioni latine. Proviene inoltre da T. un busto fittile di personaggio virile del I sec. a.c., conservato a Roma nel Museo Nazionale Romano.


BIBLIO
- Alessandro Naso - I Piceni - Milano - 2000 -
- Giacomo Devoto - Gli antichi Italici - Firenze - Vallecchi - 1952 -
- Sabatino Moscati - Così nacque l'Italia: profili di popoli riscoperti - Società editrice internazionale - Torino - 1998 -
- Giovanni Pugliese Carratelli - Italia, omnium terrarum alumna - Garzanti-Schewiller - Officine grafiche Garzanti - Milano - 1990 -


4 comment:

Anonimo ha detto...

giusto una nota: Teramo non è capoluogo della regione Abruzzo (che è L'Aquila), ma semmai capoluogo di provincia.

Giampaolo on 29 novembre 2020 alle ore 18:19 ha detto...

Questo è vero, ma solo nella modernità, infatti nel tempo di cui si parla forse l'aquila neanche esisteva e la regione si chiama Abruzzo mica aquilonia.

Anonimo ha detto...

Per la domus del Melatino le datazioni riportate sono errate. Dovreste aggiornare con A. Mucciante, La Domus di Palazzo Melatino a Teramo, in FOLD&R Fasti On Line - 2015.

Unknown on 14 giugno 2021 alle ore 17:19 ha detto...

Complimenti, avete fatto proprio un bel lavoro!

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