VICUS TUSCUS



IL VICUS

Vicus Tuscus (il borgo etrusco o via etrusca) fu un'importante strada di Roma che ricalcava pressappoco l'attuale via di San Teodoro fino all'altezza di San Giorgio al Velabro. Si dice che il nome derivi da un insediamento di Etruschi, sia quelli che fuggirono a Roma nel 504 a.c. quando vennero ricacciati da Aricia che avevano assediato, con a capo Porsenna, (Fest. 354, 355; Liv. II.14.9; Dionigi di Alic.. V.36), sia quelli che erano venuti in aiuto dei Romani contro Tito Tazio (Varrone, LL V.46.)

Secondo altri questo insediamento era composto da operai venuti a Roma per costruire il tempio di Iuppiter Capitolinus, come del resto accenna Tacito. Probabilmente lo stanziamento di artigiani e genti etrusche è connesso a quel periodo di dominazione, in questo modo  si comprende come un popolo così diverso potesse stanziarsi entro il confine del Pomerio, mentre gli Albani ad esempio furono mandati sull’Aventino e sul Celio.

Sembra che il Tuscus fosse una via molto frequentata, e ricca di negozi di vario genere, perchè svanito il potere etrusco gli artigiani dell'Etruria (come fecero in seguito quelli greci dopo la conquista romana della Grecia) si trasferirono a Roma dove c'erano più agi e quindi più commercio.

- (Mart. XI.27.11) de Tusco Serica vico, il vicus della seta;
- (CIL VI.9976, 33923) vestiarius, il vicus delle vesti;
- ( XIV.2433) purpurarius, il vicus dove si vendeva la porpora e probabilmente si tingevano i tessuti.
- (cfr. Fest. 340) magistro, dove insegnavano i maestri agli alunni (secondo alcuni la maestria era invece riferita alla tintura delle vesti);
- ma portarono pure le loro raffinate tecniche dell’oreficeria, della toreutica (cesello e sbalzo);
- ma pure della scultura in avorio,
- della terracotta dipinta e della ceramica (la famosa terra cotta aretina),
- ma pure le statuette in bronzo di divinità maschili e femminili, di offerenti, di atleti e guerrieri che potevano essere usate anche come ex-voto;
- famosi erano pure i "thymiaterion", i grandi incensieri che si trovavano all’interno dei templi, usati per onorare gli Dei o al massimo per onorare una persona molto illustre;
- di conseguenza le tabernae lungo il Vicus Tuscus vendevano anche incensi, se che in quel periodo fu anche chiamato “Vicus Turarius“, ovvero vico dell’incenso.

IL PERCORSO

IL PERCORSO

Originariamente il Vicus iniziava dal Foro Romano passando tra la Basilica Giulia e il Tempio dei Dioscuri, accanto al cui tempio si ergeva una statua del Dio etrusco Vertumno, "quod is deus Etruriae princeps" (Varrone), la quale, ad ogni cambio di stagione veniva onorata dai tabernatores con i fiori della stagione e gratificata con offerte di frutta e degli strumenti e vesti proprie del loro mestiere. Properzio compose un’elegia a Vertumno in cui esplicita l’origine del Dio come etrusco “Tuscus ego Tuscis”. 

Il Vicus proseguiva attraverso il Velabro tra la Cloaca Massima e il fianco occidentale del colle Palatino (Liv. XXVII.37.15; XXXIII.26.9; Dionys. V.36.4), passava tra il Foro Boario e il Circo Massimo e finiva nella Porta Flumentana, da lì si collegava, attraverso il Ponte Sublicio, alla via che portava verso le città etrusche di Cerveteri e Tarquinia.


VICUS TUSCUS OGGI

LE ORIGINI

Secondo Varrone il Vicus Tuscus fu abitato in origine da etruschi che, in quanto alleati di Romolo contro Tito Tazio, vennero trasferiti dal Celio perché in posizione troppo dominante, dopo la morte di Celio Vibenna. Secondo Livio invece erano rifugiati etruschi dopo la sconfitta di Porsenna ad Aricia. Per Tacito infine erano gli artigiani etruschi che costruirono il Tempio di Giove Ottimo Massimo al servizio del re Tarquinio il Superbo e questa sembra più convincente.

La strada pullulava di botteghe dedite al commercio di stoffe preziose e profumi esotici, che nel tempo gli fecero cambiar nome, secondo lo Pseudo Asconio, in Vicus Turarius (borgo dell'incenso). Vi si svolgevano anche le processioni sacre dei giochi circensi dove venivano portate le sacre effigi dal Campidoglio al Circo Massimo.

I commercianti di incensi e profumi (turarii) divennero ricchi e importanti, tanto che i commentatori successivi usano vicus Turarius per vicus Tuscus (Porphyr. ad Hor. Epist. I.20.1; II.1.269; Comm. Cruq. ad Hor. Epistola. I.20.1; Ps. Ascon. ad Cic. in Verr. II.1.154; Or. p200; Jord. I.2.469; Thédenat 174).

BASILICA IULIA

MALA FAMA FAMOSUS

Nonostante ciò questa strada sembra aver avuto una cattiva reputazione (Plauto, Curculio, 482, 193 a.c.: "in Tusco vico ibi sunt homines qui ipsi sese venditant"; Horatius Sab. II.3.228: "Tusci turba impia vici"). Insomma vi si prostituivano gli uomini, e ovviamente non alle donne, e ciò ne fece, si dice, una delle zone più malfamate della Roma antica, con la Suburra e il vicino Circo Massimo.

Nel 1899 venne rimosso dalla pavimentazione tardo classica o medievale di questa strada il tratto che sta tra la basilica Iulia e il tempio di Castore, così che per un certo periodo si poté osservare, per circa 15 metri, un marciapiede di piccoli cubi di mattoni, che a suo tempo ostacolò la ricostruzione del tempio da parte di Tiberio e che probabilmente apparteneva al suo precedente distretto; poi il tratto è stato nuovamente coperto (1899 a.C. 1899, 253; CR 1899, 466; JRS 1922, 16-17). Vedi Jord. I.1.273-274, 295; 2.469; Gilb. II.101-118; III.416; Thédenat 174, 213; DR 509, 510.


BIBLIO

- Romolo A. Staccioli - Strade romane - L'Erma di Bretschneider -
Samuel B. Platner - Vicus Tuscus. A Topographical Dictionary of Ancient Rome - London - Humphrey Milford: Oxford University Press - 1929 -
Antonio Nibby - Delle vie degli antichi, aggiunta a Roma Antica di Famiano Nardini - Stamperia De Romanis - 1820 -



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