ARCO DI SETTIMIO SEVERO



RICOSTRUZIONE DEL FORO CON L'ARCO DI SETTIMIO SEVERO (By https://faber-courtial.de)

1480, 12 giugno. ARCVS SEVERI « Ex riiinis quibusdam effossis apud arcum L. Septimii ad radices Capitolii » viene alla luce il piedistallo CIL. 234, dedicato « Genio exercitus ».
(Rodolfo Lanciani)

L'arco di Settimio Severo, giunto a noi quasi intatto,  è un arco trionfale a tre fornici dei quali quello centrale è il maggiore, affiancato da due passaggi laterali più piccoli, posto all'angolo nord-ovest del Foro Romano, vicinissimo al Volcanale, e poggiato su uno zoccolo in travertino, in origine accessibile solo per mezzo di scale, con sei o otto gradini.

L'arco era posto nel Foro con l'arco di Augusto, con l'arco di Tiberio e il portico di Gaio e Lucio Cesare e costituiva uno dei quattro accessi monumentali alla piazza forense storica non percorribile da carri come garantito da alcuni gradini sotto i fornici.

Più tardi il piano del Foro, per ragioni sconosciute, venne abbassato di due metri e mezzo, per cui fu necessario prolungare le scale; nelle arcate laterali i gradini aggiunti vennero scavati nei grandi massi di travertino che formano le fondamenta. Da questo abbassamento del suolo vennero alla luce le fondamenta dei piloni in travertino che erano sotto terra, e per farle somiglianti alle parti superiori dell'arco costruite in marmo, furono rivestite di grosse lastre marmoree.

Gli archi sono molto alti e la struttura dell’arcata è realizzata in mattoni e travertino con una copertura totale in marmo pentelico, e pertanto purtroppo soggetto a sfaldarsi. Svetta su uno zoccolo in travertino, in origine accessibile solo per mezzo di scale. Si tratta del più antico arco di Roma giunto fino a noi, con colonne libere anziché addossate ai piloni. I fornici laterali sono messi in comunicazione con quello centrale per mezzo di due piccoli passaggi arcuati.



LA RAGIONE DEL TRIONFO

Nel 203 d.c. il Senato e il Popolo Romano eressero questo Arco trionfale a Settimio Severo, Caracalla, e Geta fratello; essendo console per la terza volta lo stesso Severo. Il monumento celebrava il primo decennio d’impero dell’imperatore. per le vittorie riportate sopra i Parti, la prima nel 195 e la seconda nel 197-198 e su altre nazioni barbare, dopo l'uccisione di Pescennio Nigro e Clodio Albino usurpatori dell'impero. Per queste vittorie Severo ebbe i titoli di Partico, Arabico, e Partico Adiabenico.

Per tre volte Severo dovette condurre le sue legioni al confine dell'Eufrate, per conquistare la provincia orientale. all'inizio del suo regno, nel 193, ma sebbene il suo rivale nell'impero, Pescennio Nigro, si fosse unito con i Parti e con gli Arabi di Hatra, riuscì a conquistare tutto il territorio tra l'Eufrate ed il Tigri, che divenne provincia col nome di Mesopotamia. 

Nel 197 Severo andò nelle Gallie per reprimere la sollevazione di Clodio Albino, che vinse ampiamente. poi l'anno dopo ritornò in Oriente, nel 198, e occupò le residenze dei re Parti, Ctesifonte e Seleucia sul Tigri, e più di centomila prigionieri furono venduti come schiavi. Rimase indipendente solo la fortezza degli Arabi, Hatra, situata in mezzo al deserto, che non potè essere occupata dai romani. 

L'ARCO DI SETTIMIO SEVERO OGGI


Il senato dette all'Imperatore i titoli Arabicus Adiabenicus Parthicus Maximus e insieme al popolo popolo, eresse in suo onore l'arco presso la Via Sacra. L'arco nel medio evo era proprietà della chiesa di S. Sergio e Bacco e vi furono addossate e sovrapposte parecchie fabbriche, torri, chiostri, ragione per cui la chiesa non lo abbattè.

La sua conservazione comunque si deve al fatto che in epoca medievale vi fosse stata addossata la Chiesa dei Santi Sergio e Bacco al Foro Romano, anzi il campanile era edificato sull'arco stesso, ed altri edifici sempre collegati alla chiesa, demolita all'inizio del XVI secolo. L'arco, all'epoca parzialmente interrato, è stato dissotterrato nel 1804 da Pio VII, e poi restaurato nel '900.


ISCRIZIONE

Ai due lati esterni dell'arco è ripetuta questa iscrizione, in origine con lettere in bronzo dorato:
(CIL VI 1033 = ILS 425).

«IMP · CAES · LVCIO · SEPTIMIO · M · FIL · SEVERO · PIO · PERTINACI · AVG · PATRI PATRIAE · PARTHICO · ARABICO · ET · PARTHICO · ADIABENICO · PONTIFIC · MAXIMO · TRIBUNIC · POTEST · XI · IMP · XI · COS · III · PROCOS · ET · IMP · CAES · M · AVRELIO · L · FIL · ANTONINO · AVG · PIO · FELICI · TRIBUNIC · POTEST · VI · COS · PROCOS · (P · P · OPTIMIS · FORTISSIMISQVE · PRINCIPIBUS) · OB · REM · PVBLICAM · RESTITVTAM · IMPERIVMQVE · POPVLI · ROMANI · PROPAGATVM · INSIGNIBVS · VIRTVTIBVS · EORVM · DOMI · FORISQVE · S · P · Q · R»

«All’Imperatore Cesare Lucio Settimio Severo, figlio di Marco, Pio, Pertinace, Augusto, padre della patria, Partico, Arabico e Partico Adiabenico, Pontefice Massimo, rivestito della potestà tribunizia per l’undicesima volta, acclamato imperatore per l’XI volta, console per la III volta, proconsole; 
e all’Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino, figlio di Lucio, Augusto, Pio, Felice, rivestito della potestà tribunizia per la VI volta, console, proconsole, padre della patria, di ottimi e fortissimi principi, per aver salvato lo stato e ampliato il dominio del popolo romano e per le loro insigni virtù, in patria e all’estero, il Senato e il Popolo Romano.»

E' l’iscrizione dell’arco dedicato a Settimio Severo e ai suoi figli l’anno successivo al suo rientro a Roma (202) dopo molti anni di lotte e di viaggi per il ristabilimento dell’unità romana e l’estensione dell’impero 
(ob rem publicam restitutam imperiumque populi Romani propagatum insignibus virtutibus eorum domi forisque).

La data della dedica si ricava dalla menzione della XI potestà tribunicia di Severo (dal 10 dicembre 202 al 9 dicembre 203), mentre soltanto un terminus post quem rappresentano il III consolato (assunto il 1° gennaio del 202) e la XI acclamazione imperatoria (risalente all’estate del 198). Questi dati cronologici sono confermati dalla titolatura da Caracalla, che rivestì la VI potestà tribunicia dal 10 dicembre 202 al 9 dicembre 203, e il I consolato il 1° gennaio del 202.

Si notano rielaborazioni soprattutto in quarta riga, per le fessure destinate sicuramente a sorreggere delle lettere in bronzo, che non si combinano con le lettere incise presenti sull’arco. Infatti, invece dell’incisione Optimis Fortissimisque Principibus, “di ottimi e fortissimi principi”, si può leggere “P. Septimio Getae nob. Caesari”. Quindi una dedica a Geta, in origine, infatti, l’incisione era dedicata ad entrambi i suoi figli, Geta e Caracalla, ma alla morte dell’imperatore Geta morì per mano di suo fratello che ne eliminò il nome dalle opere pubbliche.

La menzione degli antenati di Severo è limitata al padre (adottivo) M. Aurelio, il quale poi è indicato solo come M(arcus) invece che come divus Marcus Antoninus Pius Germanicus Sarmaticus; manca il titolo di Parthicus maximus che Severo assunse nel 198 dopo l’espugnazione di Ctesifonte; il titolo di pater patriae, apre, anziché chiudere, la titolatura di Severo.



DESCRIZIONE

All'arco si accedeva dal Foro mediante una gradinata, per cui non poteva servire da passaggio. L'arco, alto 26,42 metri, largo 23,27 e profondo 11,2, è costruito in opera quadrata di marmo, con i tre fornici inquadrati sul lato frontale da colonne sporgenti di ordine composito, su alti basamenti, scolpiti sui lati con Vittorie e barbari prigionieri, scortati da legionari romani. 

Sulla sua superficie sono incisi rilievi, ormai molto erosi, che ricordano le vittorie in battaglia dell’imperatore, in Partia (Iran e Iraq) e in Arabia. Nell'arcata principale sicuramente passava una strada, di cui però non resta traccia. Sulla parte esterna ha quattro pilastri per facciata che poggiano sui basamenti sopraelevati.

Gli ornamenti sono notevoli e comprendono: due riproduzioni del Dio Marte sulle chiavi di volta dell’arcata centrale, mentre i rosoni della volta sono tutti diversi. Sempre sull’archivolto ci sono le Vittorie alate coi rispettivi trofei, e ai loro piedi, i geni delle quattro stagioni. 

Nelle chiavi degli archi minori sono rappresentate le divinità: Marte, Ercole, Libero, Virtus e Fortuna, anche se oggi resta traccia soltanto della rappresentazione di Ercole; sugli archivolti di queste arcate minori c’è la rappresentazione di 4 divinità fluviali con le loro canne, due imberbi, e due colla barba.

Nella parte superiore degli archi si può notare un breve fregio in cui è raffigurata la marcia trionfale degli imperatori che compiono sacrifici ad Ercole e a Bacco, ai quali assiste col caduceo Giulia Pia, moglie di Severo. Sui basamenti delle colonne, invece, nei tre lati visibili, sono riprodotti cortei di soldati romani che conducono una processione di prigionieri parti tra carri tirati da cavalli e da buoi.

Tuttavia, la parte decorativa più rilevante ed innovativa è caratterizzata dalla presenza di quattro ricchi pannelli,  probabilmente dipinti, dalle dimensioni di 3,92 x 4,72 metri, che sovrastano gli archi minori ed in cui trovano raffigurazione delle campagne di Settimio Severo in Mesopotamia contri i Parti, organizzate in fasce orizzontali da leggere dal basso verso l'alto, come di consueto nella pittura trionfale e nelle narrazioni da essa derivate, come nella colonna Traiana, e nella colonna di Marco Aurelio.


Ed ecco i pannelli:

Pannello di sud-est: la prima guerra del 195:
Primo pannello (Sud-Est), Avvenimenti della prima guerra del 195: 
- Partenza delle truppe romane dall'accampamento (registro inferiore)
- Scontro tra Romani e Parti (registro centrale)
- Liberazione di Nisibis e fuga del re dei Parti Vologase V (registro superiore a destra)
- Adlocutio all'esercito di Severo sul suggesto, coi figli e gli alti ufficiali (registro superiore a sinistra)

Secondo pannello (Nord-Est), Avvenimenti della seconda guerra del 197-198:
- Partenza delle truppe con le macchine da assedio (grande ariete testudinato) alla volta di Edessa, che spalanca le porte in segno di accoglienza e invia dignitari e vessilli per sottomettersi (registro inferiore)
- Sottomissione del re di Osroene Abgar VIII, il cui esercito si mescola a quello romano e viene poi arringato dall'imperatore (registro centrale)
- Concilium imperiale in un castrum presso un ariete (registro superiore a destra)
- Profectio per la penetrazione in suolo nemico (registro superiore a sinistra)

Terzo pannello (Nord-Ovest):
- Avvicinamento dei Romani a Seleucia, da dove i Parti fuggono a cavallo (registro inferiore)
- I Parti si arrendono supplichevoli a Severo (registro centrale)
- Severo fa l'ingresso nella città conquistata (registro superiore)

Quarto pannello (Sud-Ovest):
- Assedio con le macchine da guerra alla capitale dei Parti, Ctesifonte (registro centrale), dalla quale fugge a piedi il re Vologases (estrema destra in basso)
- Scena non identificata, con cavalieri a piedi nella rappresentazione di Ctesifonte (forse l'elevazione di Caracalla al titolo di Augusto, che avvenne in quell'occasione, registro superiore a destra)
- Adlocutio di Severo (registro superiore al centro)
- Un cavaliere in piedi che allude al ritorno dalla spedizione (angolo in alto a sinistra)
Si tratta del più antico arco di Roma giunto fino a noi, con colonne libere anziché addossate ai piloni. I fornici laterali sono messi in comunicazione con quello centrale per mezzo di due piccoli passaggi arcuati.

Sulla facciata di un’antica moneta che raffigura l’arco e che risale al 204, si può notare che nella parte terminale dell’arco troneggiava una quadriga bronzea in cui erano rappresentati gli imperatori. Le figure sui piedestalli, rimaste interrate fino al 1803 sotto terra, sono le meglio conservate.



LA DECORAZIONE

La decorazione è in stile classico e celebrativa del potere e dell'universalità dell'Impero (le stagioni, i fiumi della Terra), ma anche degli degli imperatori (Vittorie, prigionieri). L'arco si rifà alle due colonne coclidi, la Traiana e l'Aureliana, soprattutto la seconda per l'essenzialità narrativa.

L'ambientazione delle scene è unica, un generico paesaggio roccioso con accenni di fiumi e schematiche immagini di città. Uno dei pannelli più significativi è quello dell'Assedio e presa di Ctesifonte, con forti ombreggiature alternate a zone in luce. Di nuovo c'è la rappresentazione della figura umana ormai appiattita nelle scene di massa ben lontane dalla visione greca dell'individuo isolato e plastico. 

Si coglie quell'arte "provinciale e plebea" caratteristica dell'arte tardoantica che porterà poi all'arte medievale, ancor più povera e scarna. Si nota che la figura dell'imperatore, circondato dai suoi generali, arringa la folla durante l'adlocutio su un piano rialzato, emergendo sulla massa dei soldati come un'essere superiore. Tutto ciò sarà ancora più evidente nell'Arco di Costantino, del secolo successivo.



LA DECADENZA

Nel corso del Medio Evo l’arcata centrale, ancora parzialmente interrata e molto deteriorata, fu utilizzata come bottega da un barbiere. Dov'era la quadriga fu costruito probabilmente il campanile della chiesa dei ss. Sergio e Bacco, e tutto intorno appoggiate delle casupole.

Dal fianco occidentale vi si poteva entrare fino in cima. Inoltre, in corrispondenza dell’Arco era poi stata innalzata una torre della famiglia nobiliare dei Bracci o Brachis (il luogo stesso prese il nome di “Le Brache” in relazione all’esistenza di questa torre) che, però, faceva parte di un gigantesco sistema difensivo, compiuto dai Frangipane, così colmo di torri da far attribuire all’intera area il nome di Campo Torrecchiano.

Nel 1803 Pio VII fece finalmente abbattere le strutture che gli si addossavano costruendogli una scala per aggirarlo, e disegnarlo da vicino. Dietro questa scala si trovò una grande porzione del Miliare aureo, centro di tutte le strade dell'impero, posto nell'ombelico di Roma.
Era di buon muro, rotondo, della grossezza di più piedi, foderato di marmo, che per mal intesa degli operai non si lasciò scoperto con un arco.

 Nello sterramento dell'Arco si ritrovarono marmi crollati; altri se ne erano rinvenuti negli scavi del 1568 e 1774, quando nell'angolo verso s. Martina furono trovati dei rocchi di breccia corallina, di granito, un frammento di statua egizia, una base con iscrizione di Diocleziano. Ma fu necessario aspettare fino al 1898 per il completamento dei lavori per il suo disseppellimento.


RODOLFO LANCIANI

1480, 12 giugno. ARCVS SEVERI 
« Ex riiinis quibusdam effossis apud arcum L. Septimii ad radices Capitolii » viene alla luce il piedistallo CIL. 234, dedicato « Genio exercitus ». ECATOSTYLON. Circa questi tempi il card. Francesca Piccolomini fabbrica il suo splendido palazzo in piazza di s. Siena (s, Andrea della Valle). Ne era principale ornamento il gruppo, oggi senese, delle Grazie, intorno l' origine del quale vedi Bull. com. 1886, p. 345, e 1899, p. 104. 
Fra Giocondo, Chatsworth, e. Ili, ne parla quasi con le stesse parole trascritte dal de Rossi, dal cod. Ashburnam, n. 905, venuto alla Laurenziana di Firenze nel 1885. Deve notarsi che quando fu fatto il trasporto del gruppo dal palazzo Colonna a quello del Piccolomini, il piedistallo restò abbandonato nel primo. Fra Giocondo dice che i versi « sunt nudae Charites etc. « erano bensì moderni, ma che la base sulla quale erano incisi sembrava a lui vetustissima. »


BIBLIO

- Lucos Cozza - Arco di Settimio Severo (con A. Claridge) - in Roma archeologia nel centro 1 - L'area archeologica centrale - Roma - De Luca - 1985 -
- Lucos Cozza - Intervento archeologico all'arco di Settimio Severo (et Alii) - Roma Archeologia e Progetto - Roma - Multigrafica - 1983 -
- Giuliano Malizia - Gli archi di Roma - Newton Compton Ed. - Roma - 2005 -
- S. De Maria - Gli archi onorari di Roma e dell'Italia romana - Roma - 1988 -
- R. Nardi, L'arco di Settimio Severo, indagini storiche e conservative, Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia - 1982-1984 -
- R. Brilliant, Arcus:Septimius Severus, in E.M.Steinby, Lexicon Topographicum Urbis Romae,I,Roma 1993 -
- R. Brilliant, The Arch of Septimius Severus in the Roman Forum, Roma 1967 -

 





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