SACERDOTI CABENSES



SACERDOTI CABENSI MENTRE SVOLGONO I RITI A GIOVE LAZIALE

 "Nel corso dell’età imperiale agli haruspices vengono concessi titoli religiosi che richiamano antiche tradizioni laziali e si annoverano tra le onorificenze del rango equestre. Lucio Vibio Fortunato e un suo anonimo collega, ad esempio, ricevono il titolo di Laurentes Lavinates; Caio Nonio Giustino quello di sacerdos Cabensis montis Albani."

(Clara di Fazio)


CABENSES (sacerdos). — C. VI 2173 : . . .IMPERATORI CAESARI T. AUGUSTO. . . CABENSES SACERDOTES FERIARUM LATINORUM MONTI ALBANI. 
Tacito così riferisce l'iscrizione, Wilhelm Henzen, interessato per ragione paleografica (scienza con lo scopo di determinare la cronologia e i caratteri dei vari tipi di scrittura, per verificare l'autenticità di documenti manoscritti) la conferma come autentica, mentre Herman Dessau la attribuisce invece a T. Antonius Pius.

Theodor Mommsen pensa riguardi invece Traianus Decius e suo figlio Herennius Etruscus, ed è è stato il primo autore a mettere in relazione questi sacerdoti con la antica città scomparsa in tempi remoti di Cahum o Cabo collocata sul monte Albano, da cui forse deriva l'odierno nome di Monte Cavo. 

Questi sacerdoti, al pari dei Caeninenses, dei Laurentes, dei Lavinates, degli Albani, dei Tusculani ecc, erano il residuo di un'antica istituzione locale, divenuta poi romana, quando le antiche città del Lazio, da autonome che erano state un tempo, divennero "municipii sine iure" sotto il dominio romano. 

« In generale il culto continuò ad essere esercitato nei medesimi luoghi; si considerò come culto dello Stato, posto sotto la direzione del collegio dei pontefici, e i sacerdoti erano scelti fra gli abitanti dei luoghi, e nell'Impero appartenevano all'ordine equestre.

Fra i frammenti di fasti delle ferie Latine scoperti  dove sorgeva il tempio di Giove Laziale che si congettura appartenere appunto ai sacerdotes Cabenses ».

(Ettore Di Ruggiero)

PONTIFICES ALBANI

I pontifices Albani furono probabilmente gli eredi e i detentori dei sacra Albana, furono i sacerdotes Cabenses, già attivi durante le feriae Latinae e addetti alla gestione del santuario di monte Cavo. Alcune fortunate ricerche archeologiche effettuate nel cuore dei Colli Albani hanno portato alla scoperta di un mondo, finora pressoché sconosciuto, strettamente legato alla nascita della Civiltà Latina. 

In particolare, sono stati identificati con certezza, uno accanto all’altro, due monumenti tra i più insigni dell’antichità: la leggendaria Alba Longa e il Mons Albanus, tra loro collegati dalla Sacra via che attraversa per un km il bosco sacro di Giove Laziale, anch’esso finora sconosciuto, che ha svelato il mistero della presenza di numerose lettere inscritte sul lastricato, un unicum nell’ambito dell’intera rete viaria romana. 

Lo straordinario spazio che si è aperto alla ricerca, sia in campo archeologico che storico, finora impensabile, ha consentito di ricostruire i vari momenti ed il luogo in cui ha avuto origine la leggenda di Alba Longa, inizialmente legati al mondo pre-protostorico albano ed in seguito a quello latino, così come la dinamica che ha trasformato, in età repubblicana, quella millenaria esperienza mitico religiosa, nella grande metropoli leggendaria della celebre vulgata: la “Città Madre di tutti i Latini”.


ROCCA DI PAPA

Intorno all’"Arx aesulana", altura sacra dove si levava il collegio dei "Sacerdoti cabensi", nella posizione occupata dagli attuali resti della fortezza medievale, nacquero i primi insediamenti umani della futura città di Rocca di Papa. Essi provenivano da Cabum e pertanto ne presero il nome, incaricati si svolgere i riti sacri dovuti a Giove Laziale e agli dei ad esso connessi.

L’Arx aesulana rappresentava l’emblema e la potenza della città di Cabum, che si estendeva per i Campi d’Annibale ad est dell’acropoli. Vicino Cabum era il Monte Albano, identificato successivamente come Monte Cavo. Sul Monte Cavo si stagliava maestoso il tempio di Giove Laziale dove convenivano i Latini, gli Equi e i Volsci per pregare e rendere gli auspici a Giove e per festeggiare l’alleanza raggiunta tra le città.

Dell’antico santuario posto sulla vetta di Mons Albanus nulla è più visibile, tranne alcune file di grandi blocchi squadrati di pietra sperone che ne delimitavano il perimetro, oltretutto alloggiati senza considerazione dell'antico assetto.

MONTE ALBANO


IL MONTE ALBANO

Sul Monte Albano salivano i Consoli appena venivano eletti per sacrificare a Giove Laziale e indire le "ferie latine", ma erano soliti anche recarvisi i condottieri vittoriosi dopo le imprese militari per raccogliere gli onori tributati tramite “il piccolo trionfo” e “l’ovazione”. Alcuni storici suppongono che sulla sponda orientale del Lago di Albano, in buona parte ricadente in territorio rocchigiano, sorgesse la leggendaria capitale latina di Alba Longa.

I condottieri, gli eroi e i benemeriti della Patria, raggiungevano dunque il tempio di Giove Laziale percorrendo la "Via Sacra", che si dipana, conservata ancora in ottimo stato, dalla antica via Appia inerpicandosi verso il Monte. Sotto il regno del re Tarquinio il Superbo, il Tempio conobbe il maggiore sfarzo perché il sovrano aveva intuito l’importanza della religione e la usava per rafforzare l’accordo politico sottoscritto da 47 città di differenti tribù.



IL DECLINO

La città di Cabum, però, subì la sorte delle altre città latine e dopo la battaglia combattuta presso il fiume Stura perse ogni potere tanto che di essa rimase solo l’Arx aesulana, conservata quasi integra fino al quarto secolo d.c. 

LE PIETRE DEL TEMPIO DI GIOVE LAZIALE
Come tutti i templi pagani, quello di Giove sul monte Albano venne demolito e al suo posto edificata una umile chiesetta da eremita, con relativo alloggio, dedicata a San Pietro, opera appunto di un eremita proveniente dalla Dalmazia . Questa chiesetta divenne in pratica un inaccessibile Eremo, in quanto la Via Sacra, caduta in disuso secoli addietro e senza manutenzione, fu invasa e nascosta dal bosco.

Nei secoli successivi all’antica Arx venne dato il nome di “Rocca de Monte Gavo” e di “Castrum de Montis albani” e infine il nome di Rocca di Papa in onore del Pontefice Eugenio III (11451152) che ivi soggiornò e per significare che il luogo era sotto la giurisdizione dello Stato Pontificio. Tito Basili racconta nel suo libro su Rocca di Papa che "Per la sua naturale posizione la città fu la più potente fortezza medievale della campagna romana”. 

Il 1 maggio 1855, i cittadini si ribellarono alle esose gabelle, imposte dai principi Colonna e dichiararono la Repubblica di Rocca di Papa. Le Forze Pontificie, in brevissimo, tempo, ripresero il controllo della situazione, effettuando 17 arresti.
 
La notizia ebbe una grande eco e fu seguita con grande attenzione dagli osservatori esteri e dai giornali di tutto il mondo. Ma il peggio doveva essere ancora fatto, perchè il vescovo di Frascati appartenente alla casa degli York, fece rimuovere le ultime rovine del tempio di Giove ed eresse, nel XVIII secolo, un monastero che venne trasformato nel 1889 in albergo.

LA VIA SACRA

LA VIA SACRA

La "Via Sacra" o "Via Trionfale" risale all'epoca arcaica, come attestano varie fonti letterarie tra cui Floro, che ricorda come Ascanio, figlio di Enea, dopo aver fondato Alba Longa, radunò un’assemblea di latini su Mons Albanus per celebrare dei sacrifici in onore a Giove, il tutto confermato dal ritrovamento di frammenti di ceramica arcaica in quest’area.

Il percorso stradale, tutto basolato, partiva da Roma e si diramava per oltre 30 chilometri , passando prima per il Lago di Nemi, ove si adorava Diana Nemorensis, la Diana del Bosco Sacro, e da qui la strada raggiungeva la base della montagna sacra, dalla quale iniziava una strada lastricata in basalto ben visibile ancora oggi , detta appunto Via Sacra o Via Trionfale, che con un percorso in salita di 6 km dalla base del Monte Albano, giungeva al Tempio.

Per le popolazioni latine Mons Albanus era la montagna sacra, dimora di Giove, il re degli Dei, denominato Iuppiter Latiaris. Nel suo santuario si celebravano annualmente le feriae latinae, punto d’incontro tra le città latine confederate, durante le quali veniva sacrificato un toro bianco poi distribuito ai vari rappresentanti della "nazione" latina come simbolo di amicizia e fratellanza.

Il rito serviva a rinsaldare i vincoli religiosi, politici ed economici che univano le antiche popolazioni latine, soprattutto prima dell’affermazione della supremazia di Roma. Sul Monte Albano si recavano anche i condottieri vittoriosi dopo le imprese militari per raccogliere gli onori tributati come "il piccolo trionfo" e "l’ovazione". 

I condottieri e gli eroi vittoriosi, e i benemeriti della Patria in genere, raggiungevano il tempio di Giove Laziale percorrendo la Via Sacra che si svolge, ancora in ottimo stato, dall’antica via Appia salendo in modo serpentino fino a raggiungere la sommità del Monte.

Sotto il regno del re Tarquinio il Superbo il tempio ebbe maggior rilievo perchè qui il sovrano mirava a rafforzare l’accordo politico sottoscritto da 47 città di varia provenienza. La città di Cabum, però, subì la sorte delle altre città latine e dopo la battaglia combattuta presso il fiume Stura perse ogni potere tanto che di essa rimase solo l’Arx aesulana, conservata quasi integra fino al IV secolo d.c..
DECORO DEL TEMPIO DI GIOVE CAPITOLINO


LO JUPPITER CAPITOLINO 

Nei secoli successivi all’antica Arx venne dato il nome di "Rocca de Monte gavo" e di "Castrum de Montis albani", mentre a ulteriore suggello della supremazia di Roma sulle popolazioni latine viene fondato nel 507 a.c. circa il tempio di Iuppiter Capitolinus sul Campidoglio, che mirava a sostituire quello di Mons Albanus.

Per questo mentre il tempio di Giove a Roma serviva a celebrare il trionfo di un condottiero, quello di Mons Albanus era normalmente riservato alle ovationes, concesse a chi era riuscito a vincere il nemico più con l’arte della diplomazia che con le armi, oppure a chi era stato negato il trionfo sul Campidoglio.



OPPURE CABUM NON E' MAI ESISTITA

Si sono effettuati recenti ritrovamenti di grande interesse storico e archeologico in varie zone di Monte Cavo. I numerosi reperti venuti alla luce sono relativi ad antichissimi sepolcreti pertinenti agli insediamenti di capanne sulla dorsale del monte, testimonianza della straordinaria attività di genti vissute tra X e IX sec. a.c. in rapporto all'area sacra posta sulla cima del monte.

Questi nuovi ritrovamenti, accanto a quelli effettuato in passato nella zona, attestano una frequentazione dell’area dei Campi D’Annibale fin da tempi antichissimi con insediamenti disseminati sulle pendici del monte che nell'insieme formavano una curia (da co-viria= insieme di uomini).

Ciò spiegherebbe che non è mai esistito un centro antico di nome Cabum, come spesso ipotizzato, ma, al contrario, una serie di villaggi, il più importante dei quali doveva essere sorto nell'area antistante l’ingresso principale dell’Aeronautica che dominava i Campi d’Annibale.



OPPURE CABUM E' ESISTITA MA NON L'ABBIAMO ANCORA TROVATA

Fu Romolo il fondatore delle curie, che inizialmente erano trenta, dieci per ognuna delle tre tribù dei Tities, Ramnes e Luceres:

«Romolo divise ciascuno dei tre gruppi in altri dieci, ed assegnò ciascuna all'uomo più coraggioso affinché ne fosse il capo di queste ripartizioni. La divisione più ampia la chiamò tribù e la più piccola curia, che sono ancora così chiamate anche ai nostri giorni...  Le curiae furono inoltre suddivise in altre dieci parti, ciascuna comandata da un proprio comandante, chiamato decurio nella lingua dei nativi. Essendo il popolo così diviso e assegnato a tribù e curiae, egli divise anche il territorio in trenta parti uguali ed assegnò ciascuna ad una curia, avendo per prima cosa ritagliata una parte che fosse sufficiente per supportare templi, santuari e pure riservando alcune parti di territorio ad uso pubblico. Questa fu la divisione operata da Romolo, sia riguardante gli uomini sia la terra, che condusse ad una maggiore uguaglianza per tutti ed allo stesso modo.»
(Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, II, 7.2-4.)

Sappiamo quanto ruolo giochi la tradizione sulle scoperte archeologiche, è tramite questa che venne scoperta la omerica città di Ilio e le capanne sul Palatino di Roma e tanto altro ancora. La suddivisione della tribù in dieci parti non significa che si trattasse di dieci capanne ma più verosimilmente di dieci centri urbani, uno dei quali, probabilmente il più importante, poteva essere Cabum, come tramandato.

 


L'ANTICULTURA


Ai nostri giorni, Monte Cavo (l’antico mons Albanus) è devastato da centinaia di ripetitori, con almeno 40 box da cui partono grovigli di fili e cavi che riempiono ogni spazio; i dintorni sono disseminati da edifici abbandonati dai militari. 

LE ANTENNE DI MONTE CAVO
E’ stata depositata il 13 novembre 2014 una sentenza storica per la Città di Rocca di Papa, con la quale il Tar del Lazio ha respinto il ricorso fatto dalla società R.T.I ( Canale 5, Italia 1 e Rete 4) contro l’ordinanza di demolizione delle antenne site sul territorio di Rocca di Papa del 2003, con l’allora sindaco Carlo Umberto Ponzo.

L’ingiunzione allo sgombero di Monte Cavo Vetta invitava le emittenti a trasferirsi presso i siti alternativi individuati dal Piano territoriale di coordinamento adottato nel 2001 dalla Regione Lazio. Ora, dopo svariati anni, il Tribunale Amministrativo ha dato ragione al Comune di Rocca di Papa ed ha riconosciuto la legittimità e la piena operatività dell’atto impugnato.

Ma le antenne stanno ancora là, perchè il bene del patrimonio artistico, paesaggistico e archeologico in Italia non è al primo posto nell'interesse dei vari governi che si sono succeduti.

In quanto alla via Sacra questa invece di essere protetta è percorsa dai ciclisti ogni giorno della settimana, tranne il giorno in cui viene fatta qualche gara ciclistica a livello regionale intitolata “Via Sacra”. Sembra che il PAF comunale (piano di assestamento forestale) abbia destinato la via Sacra e tutti i sentieri adiacenti a Bike Park.

Nel frattempo, da Parigi, Alexandre Grandazzi, professore alla Sorbona, autore di due volumi dedicati ad Alba Longa, ha definito in questi giorni questo schifo “una vergogna di dimensioni europee”, ed ha perfettamente ragione.


BIBLIO

- Claudia Cecamore - Il santuario di Iuppiter Latiaris sul Monte Cavo: spunti e materiali dai vecchi scavi - Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma - L’Erma di Bretschneider - 1993 -
- Gian Carlo Marini - Sacerdozio e potere politico: aspetti del rapporto tra religione e diritto nella esperienza romana repubblicana - Roma - 1982 -
- Dizionario epigrafico di antichità romane di Ettore De Ruggiero - Roma - L. Pasqualucci Ed - 1900 -
- M. Beard, J. North - Pagan Priests, Religion and Power in the Ancient World - London - 1992 - 
D. Briquel, Gli aruspici nell’imperium Romanum: nuove prospettive per l’etrusca disciplina, in Sacerdos, 129-149. 
- G. Granino Cecere - Sacerdotes Cabenses e sacerdotes Albani - Documentazione epigrafica in A. Pasqualini - Alba Longa. Mito, storia, archeologia - Atti di studio, Roma-Albano Laziale - 1994 - Roma -


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