HONORALIA ( 29 Maggio )




Le Honoralia si festeggiano post dies XV Idus Maias (29 maggio), ed è la festa di Honos et Virtus, Onore e Virtù. Se Minerva era a Roma la Dea della guerra intelligente, e cioè delle strategie sul campo di battaglia, vanto dei grandi e numerosissimi generali romani, Marte è il Dio dell'impeto guerriero dell'esercito, del suo coraggio e della sua forza.

I romani sono figli di Marte e di Rea Silvia, e pure della Lupa Capitolina, per cui di coraggio e volontà guerriera ne avevano da vendere e su questi criteri erano basati l'ordinamento statale e le carriere politiche, perchè senza il cursus honorum nell'esercito non si ottenevano nè cariche politiche nè cariche amministrative.

Pertanto, la festa Honoralia era la festa di Honos et Virtus, le divinità ispiratrici dell'onore e della virtù dei romani, in teoria in tutti i campi, ma nella realtà in battaglia. Infatti la festeggiavano i legionari che giravano per la città ricevendo i complimenti e i ringraziamenti di tutti se la loro legione era stata vincitrice e ancor più se aveva ottenuto meriti in battaglia.

Maggiori onori venivano attribuiti ai reduci se avevano ottenuto qualche onorificenza in quella specifica battaglia. La popolazione non solo li onorava e li ringraziava, ma li riempivano di doni, quasi sempre mangerecci per non parlare dei vini. Quel giorno il militare che andava a fare la spesa praticamente non pagava e le loro matrone ne erano fiere.



Non solo le matrone ne erano fiere, e non solo i figli, ma pure gli schiavi dichiaravano con orgoglio di avere un padrone tanto onorato, come se quell'onore spettasse di conseguenza un po' anche a loro. Insomma era bello girare per le strade vestiti da combattimento e con le mostre della legione (ma senza armi) e soprattutto se giovani cogliere lo sguardo delle ragazze ammirate. A quel tempo la divisa faceva effetto molto più che ad oggi.

Una volta giracchiato per la città ci si recava al tempio, già ornato con nastri, fiori e ghirlande, a rendere grazie agli Dei e magari depositarvi un voto se la divinità era stata benigna. I sacerdoti officiavano la cerimonia ed eseguivano i sacrifici. La processione poteva procedere prima o dopo la cerimonia, a discrezione dell'autorità sacerdotale.

Nella processio non mancavano naturalmente i legionari con le insegne della legione, e cioè aquile, stendardi, falere e quant'altro, tra le ali della folla plaudente, e non mancavano nemmeno ufficiali e generali, tutti bardati con le insegne, le falere e le torques o le corone attenute per meriti in battaglia, cosa che faceva delirare la folla.

In quel giorno di festa anche i Lari agli incroci delle strade venivano infiorati, le bancarelle offrivano le loro merci e cibi pronti in abbondanza, si che le strade si riempivano di cartoccetti gettati agli angoli e bucce di lupini ovunque. Le famiglie che avevano almeno un legionario, cioè quasi tutte, organizzavano banchetti per condividere la festa con parenti altrettanto onorati.

L'ONORE DELLE FALERE
Peraltro, se c'erano legionari che avessero subito una sconfitta, quel giorno se ne stavano a casa con le loro famiglie per non subire disprezzo o addirittura insulti dal pubblico. I romani erano molto sensibili all'esito delle battaglie, ma soprattutto a quanto i legionari si fossero battuti con onore.

Del resto una battaglia perduta senza un motivo evidente, era il senato stesso a condurre in giudizio il generale o i generali delle legioni in questione. Nel processo comunque si stabiliva il saggio operato dei generali e il valoroso comportamento dei soldati o il loro contrario.

Se fallo c'era nessuno la passava liscia, si potevano subire degradazioni e i generali potevano essere condannati a multe pesanti, mentre le legioni potevano venire sciolte per integrare altre legioni con una nota di demerito che, se non cancellata da comportamenti molto virtuosi potevano sfociare in cacciata dall'esercito con ignominia (ignominiosa missio), o si poteva giungere fino alla pensione col rischio di non ottenere la terra per la sopravvivenza.

Insomma per i Romani le Honoralia le potevano festeggiare allegramente solo i legionari valorosi, e in genere così era, perchè l'indegnità era l'eccezione.

L'impero romano si reggeva sulle guerre e i romani lo sapevano bene.

« Seseque ei perire mavolunt ibidem quam cum stupro redire ad suos popularis. »
« Ed essi preferiscono morire lì sul posto piuttosto che tornare con vergogna presso i concittadini. »

(Gaio Nevio - Bellum Poenicum)




BIBLIO

- Howard Hayes Scullard - Festivals and ceremonies of the Roman republic - 1981 -
- Carcopino - Si vis pacem, para bellum - Storia romana e storia moderna - Fasi in prospettiva, a cura di Mario Pani - Bari - Edipuglia - 2005 -
- Fasti triumphales - AE 1930 -
- Gaio Nevio - Bellum Poenicum -
- II International Congress of Roman Frontier Studies - a cura di E. Swoboda - Graz-Colonia 1956 -



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