HORTI TAURIANI



ARTEMIDE RITROVATA NEGLI HORTI VETTIANI

In età augustea, a quanto è possibile ricostruire dalle fonti e dalla documentazione epigrafica, l’intero territorio compreso tra la via Labicana antica, l’aggere serviano ed il limite poi rappresentato dalle mura aureliane, fu occupato dagli horti Tauriani, per un’estensione che è stata calcolata intorno ai 36 ettari: essi prendono il nome da Statilio Tauro, personaggio eminente nella Roma del I secolo d.c.. Ai limiti della proprietà, e lungo il percorso della via Labicana, si trovava il sepolcreto di famiglia.

AREA DEGLI HORTI TAURIANI (INGRANDIBILE)
Qui, insieme ad una fistula aquaria con l'iscrizione T(iti) STATILI TAVRI che conferma la proprietà dell'area, furono trovate numerose sculture.

La zona si chiamava Esquiliae ed era la zona collinare orientale che costituì la allora V regione augustea, dove oggi sono gli spazi che vanno dalla basilica di Santa Maria Maggiore a quella di Santa Croce in Gerusalemme, comprendendo anche la Stazione Termini e Piazza Vittorio, con i suoi caratteristici portici e il suo bellissimo giardino sorto sulla villa del Marchese di Palombara, a sua volta sorta sul monumento dei Trofei di Mario.

Per conoscere davvero l'estensione degli splendidi Horti Tauriani su cui molto è stato scritto ed ipotizzato, un dato topografico certo consiste in alcuni cippi di confine in travertino, che recano l'iscrizione CIPPI HI FINIV[NT] / HORTOS CALYCLAN(os) / ET TAVRIANOS", rinvenuti in loco alle spalle della chiesa di Sant'Eusebio. 

Questi cippi indicano che la proprietà confinante era riferibile a certi Horti Calycles, dove doveva venire collocato il limite occidentale degli Horti Tauriani. In quanto al limite orientale, questo è stato situato in corrispondenza di Porta Maggiore, ma non ve n'è certezza.

VILLA MONTALTO PERETTI IN PIAZZA DELLA STAZIONE TERMINI


TITO STATILIO TAURO

I giardini prendevano il nome dal proprietario Tito Statilio Tauro, console nel 44 d.c., di lui sappiamo solo che fosse dedito alle sette misteriche, per venne accusato di praticare magia e venne condannato. Per evitare il disonore si suicidò nel 53 d.c..

Vi è il forte sospetto che fu Messalina ad aver procurato l'accusa per potersi appropriare degli splendidi giardini che aveva visitato tempo prima. Non ve ne sono le prove ma ve ne sono forti probabilità perchè era molto raro che si accusasse un uomo, per giunta patrizio ed eminente come Statilio, di professare magia a discapito di altri.

AFFRESCO ROMANO DI VILLA NEGRONI


SUDDIVISIONE E RIUNIFICAZIONE

Successivamente, al tempo di Claudio e Nerone, i giardini furono divisi in Horti Pallantiani e Horti Epaphroditiani, in favore dei liberti imperiali Epafrodito e Pallante. 

In parte furono riunificati da Gallieno (253-268 d.c.) e accorpati agli Horti Liciniani di proprietà imperiale. Tuttavia gli scavi realizzati nell'area attribuibile agli Horti Tauriani Lolliani non hanno permesso d'individuare strutture architettoniche riconducibili con certezza ai nuclei residenziali delle ville. 

Inoltre non è possibile precisare il piano decorativo degli Horti Tauriani a causa della probabile coincidenza dei loro confini con quelli di villa Montalto Peretti (poi Negroni-Massimo), dove le attività di ricerca, nei secoli passati, non furono documentate. 

PUBLIO ELIO ADRIANO - MUSEI CAPITOLINI

Nel volume dedicato all'innalzamento dell'Obelisco Vaticano, l'architetto Domenico Fontana riferisce, tra i fatti più significativi del pontificato di papa Sisto V, che il pontefice fece radere al suolo tutti gli antichi monumenti che ingombravano la sua villa esquilina per regolarizzare con le macerie l'andamento del suolo.

Un altro importante complesso di sculture fu scoperto tra il 1872 e il 1873 ad est di piazza Manfredo Fanti, durante la demolizione di un muraglione di fondazione annesso ad un edificio nel quale Rodolfo Lanciani riconosce diverse fasi edilizie dal II al IV secolo.

Nelle murature dell'edificio fu trovata una serie di fistulae con i nomi di Vettio Agorio Pretestato praefectus Urbi del 367 368, e di sua moglie Aconia Fabia Paulina, elementi che fecero supporre a Lanciani la pertinenza dell'edificio ad una domus di loro proprietà.

SOLONINA MATIDIA - MUSEI CAPITOLINI


Nello smontaggio del muraglione furono rinvenuti:

- i ritratti di Adriano e di sua moglie Vibia Sabina,
- i due crateri marmorei (uno di stile arcaistico raffigurante le nozze di Elena e Paride,
- l'altro con una vivace raffigurazione di un corteggio dionisiaco,
- una testa colossale di Baccante.

IN ROSSO LA POSIZIONE DEGLI HORTI TAURIANI
(INGRANDIBILE)
Nella stessa occasione fu ritrovato anche l'Auriga dell'Esquilino, che forma, dopo la ricongiunzione con una statua di cavallo rinvenuta a qualche centinaio di metri di distanza in un altro muro, un notevole gruppo scultoreo databile in età giulio-claudia. 

Il fenomeno legato alla costruzione dei muri con frammenti di sculture caratterizza tutta l'estensione dell'Esquilino e ha avuto diverse spiegazioni.

Quella più accreditata (Coates-Stephens) lo pone in relazione con la rapidissima costruzione delle Mura aureliane, erette tra il 270 ed il 273. La necessità di spianare ampi settori del territorio, per consentire il passaggio della struttura difensiva, avrebbe causato vaste distruzioni con la conseguente inesauribile disponibilità di materiali marmorei in frantumi.

Un nucleo importante di ritrovamenti gravita intorno a una struttura di buona opera reticolata caratterizzata da tre grandi nicchie, scoperta nel 1875 in via Principe Amedeo.

ARTEMIDE

- Particolarmente significativa la statua più grande del vero probabilmente raffigurante Igea. 
- Di proporzioni simili, ma conservata solo nella parte superiore, è l'altra figura femminile nella quale si deve forse riconoscere Artemide.
- Da questo stesso luogo proviene la statua, anch'essa maggiore del vero, trasformata in Roma Cristiana alla fine del XIX secolo per decorare la Torre Capitolina. 

Le tre sculture sembrano concepite insieme per la decorazione di un unico monumento: la coincidenza della presenza di un edificio con tre nicchie monumentali appare, in questo caso, particolarmente significativa. 

Nello stesso scavo furono rinvenuti: una statua di mucca, forse parte di un gruppo pastorale e probabile copia dell'originale bronzeo di Mirone, e tre rilievi; uno rappresenta un paesaggio sacro con un santuario circondato da alte mura, mentre gli altri due, di fattura neoattica, rappresentano le quadrighe di Helios (il Sole) e Selene (la Luna) che corrono una incontro all'altro.

BIBLIO

- Pierre Grimal - Les Horti Tauriani - Étude topographique sur la Région de la Porte Majeure - Mélanges
 d'archéologie et d'histoire - vol 53 - n. 1 - 1936 -
- Giuseppe Lugli - Horti - a cura di Ettore De Ruggiero - Dizionario epigrafico di antichità romane III - 1922 -
- Danila Mancioli - Gli horti dell'antica Roma - a cura di Giuseppina Pisani Sartorio e Lorenzo Quilici - Roma Capitale 1870-1911. L'archeologia in Roma Capitale fra sterro e scavo - Venezia - Marsilio - 1983 -


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