AQUEDOTTO ANIO VETUS



ANIUS VETUS - PONTE DELLA MOLA


Plinio il vecchio 36.123
"ma se qualcuno calcolerà scrupolosamente l'abbondanza di acqua (fornita) alle (fontane) pubbliche, alle terme, alle cisterne, ai canali, alle case, ai giardini, alle ville suburbane, e la distanza da cui proviene l'acqua, gli archi costruiti, le montagne perforate, le vallate livellate, egli vi confesserà che mai è esistita cosa più mirabile sull'intera Terra".

Frontino Gli Acquedotti I.16
"Con una tale schiera di strutture tanto necessarie e che trasportano così tanta acqua compara, se lo desideri, le oziose piramidi o le altre inutili, se pure rinomate, opere dei Greci".


L'ANIO VETUS DI CURIO DENTATO

L’Anio vetus, vale a dire “Aniene vecchio” fu il secondo acquedotto costruito per il rifornimento idrico di Roma, dopo l’acquedotto Appio, che fu il primo, edificato ben quarant’anni prima. Venne detto vetus (vecchio) solo quando, tre secoli dopo, fu realizzato un altro "acquedotto Anio", detto appunto novus, il nuovo.
PERCORSO DELL'ANIO VETUS (INGRANDIBILE)
L'Anio venne costruito con i fondi del bottino ottenuto dalla guerra vittoriosa combattuta da Roma contro Taranto e Pirro tra il 272 e il 269 a.c.. 
Il vincitore e capo dell'esercito fu Manlio Curio Dentato (330 a.c. - 270 a.c.), un eroe plebeo famoso per aver messo fine alle guerre sannitiche) che il senato aveva appositamente nominato “duumvir aquae perducendae” insieme a Fulvio Flacco.

Curio Dentato morì tuttavia poco dopo il conferimento dell’incarico, nel 270 a.c., mentre sovrintendeva ai lavori per la costruzione dell'acquedotto che non venne pertanto a lui dedicato, lasciandone la gloria a Fulvio Placco, creato con lui « duumvir aquae perducendae » nel 284 a.c.  Per secoli dopo la morte si raccontarono di Curio Dentato le sue imprese militari e si elogiò la sua rettitudine morale, additandola come esempio per tutti i Romani.

L'Anio era così detto perchè prendeva acqua dal fiume Aniene nel punto opposto a Vicovaro, l'antico Varia, a 8 miglia dal Tevere (Plin. NH XXXVI.121; Frontinus, de aquis i.4, 6, 7, 9, 13, 18, 21; ii.66, 67, 80, 90‑92, 125)
Dopo un percorso in gran parte sotterraneo o interrato, l’Anio Vetus traversava, nel territorio di San Gregorio di Sassola, la valletta del Fosso della Mola (in uno dei suoi punti più stretti) mediante il Ponte della Mola (detto anche degli Arci o della Mola di San Gregorio). Per l'anio novo vedi Anio Novo.



L'AQUA APPIA DI FRONTINO

Tuttavia Frontino, lo storico e la fonte principale per gli acquedotti di Roma antica, non condivide l'attribuzione perchè L’Anio Vetus non passerebbe per il Celio, nella cui area invece si è effettuato il ritrovamento. 

Pertanto sembrerebbe più verosimile l'attribuzione dell'acquedotto all’Aqua Appia che certamente attraversava il Celio in modo sotterraneo e pure piuttosto profondo, vista l'altezza del colle. All'epoca l’acquedotto è stato smontato per essere riallestito e portato alla luce onde renderlo visibile al pubblico in un luogo che non sembra ancora essere stato stabilito. 



L'ANIO VETERE DI FRONTINO

Frontino riporta l'edificazione dell'Aniene vetere all'anno di 282/272 a.c. sotto il consolato di Spurio Carvilio Massimo e Lucio Papirio Cursore, e l'intervallo di quarant'anni dalla edificazione dell'Appia, del 242 a.c. e informa che in quell'anno erano censori Manio Curio Dentato e Lucio Papirio Cursore, e che furono loro a destinare il ricco bottino guadagnato a spese del vinto re Pirro a coprire le spese dell'acquedotto, la cui costruzione durò almeno tre anni. 



L'ANIO VETUS DEL CANINA

L'indicazione di Frontino sulla sorgente d'acqua dell'Anius Vetus è sbagliata nei codici, e la misura delle venti miglia al disopra di Tivoli deve ridursi a metà, visto che l'acquedotto fra Tivoli e Roma è di 33 miglia, e aggiungendovi non 10 ma 20 miglia, non avremmo più la misura di 43 miglia assegnata da Frontino all'intero percorso.

PONTE DELLA MOLA
Inoltre le 20 miglia a monte di Tivoli oltrepasserebbero le fonti dell'Aqua Marcia, il cui corso superava di 18.710 passi quello dell'Anio Vetus, tanto più che un tratto di quest'ultimo venne scoperto ai tempi del Canina presso la chiesa di s. Cosimato detta “a Capo delle Mole”, ad un livello così basso, che, se prolungato oltre la gola di s. Cosimato, sarebbe andato ad immergersi sotterra molto più basso del pelo d'acqua del fiume.

Ne consegue che il Canina sostenne con ragione che la presa d'acqua dell'Ano Vetus avvenisse sulla sponda sinistra del fiume a m. 850 a monte di s. Cosimato, confluendo col fosso di Fiumicino che viene dai monti di Sambuci e di Ceciliano. Qui si trovava una « piscina limarla » o laghetto artificiale di m. 230 x 165, tenuto da una chiusa alta m. 5,00 x 1,75. 

Tuttavia dal cippo iugerale scoperto dal Garrucci vicino a Gallicano, l'acquedotto in quel punto distava da Roma 32,115 miglia, per cui ci sarebbero meno di undici miglia per raggiungere le 43 assegnate da Frontino alla lunghezza del rivo. Il Morillon descrive un altro cippo, il OOP, come esistente a Cardano presso Tivoli che segnerebbe una distanza da Roma di miglia 43,248. Frontino dice però che la misura delle 43 miglia era quella dell'acquedotto raccorciato ai suoi tempi, e non quella contemporanea ai cippi augustei.



PONTE DELLA MOLA

Venne restaurato nei primi due secoli d.c. e all’epoca dell’imperatore Adriano risale la costruzione del Ponte della Mola, nei pressi di San Vittorino, realizzato per attraversare una vallata che consentiva un accorciamento di circa 1,5 km. 

E' una costruzione stupenda, un ponte che sarebbe notevole anche ai nostri giorni, lungo 156 m e alto 24,50, con un doppio ordine di 29 arcate a cui vanno aggiunte due arcate iniziali singole. 

La parte centrale, per un tratto di tre doppie arcate, è crollata nel 1965 grazie all'incuria assurda di governanti e preposti, e una quarta doppia arcata adiacente, tanto per aggiungere altro scempio, è stata subito dopo demolita perché pericolante.

Di interventi di conservazione non se ne parlava e non se ne parla neppure oggi. Il che dà la misura dell'incuria dei governi italiani per le opere d'arte che tutto il mondo ci invidia.

Il suo rivestimento in laterizio denuncia che il ponte Della Mola non è contemporaneo all'acquedotto. Fu infatti realizzato dagli ingegneri di Adriano che ne ordinò il restauro. 

Essi sostituirono un tratto tortuoso della canalizzazione e un piccolo ponte (ora completamente scomparso) che ne accorciava il percorso mantenendone la pendenza. Non tutte le arcate sono originali di epoca Adrianea, e alcune mancano anche per i citati crolli e demolizioni, si che sono sopravvissute solo otto doppie arcate.



L'ANIO VETUS

Si divideva in 4 rami:
- il primo va dalle sorgenti a Tivoli:
- il secondo da Tivoli a Gallicano:
- il terzo da Gallicano alla Speranza Vecchia:
- il quarto dalla Speranza vecchia alla Porta Esquilina.

- Il bacino di allacciamento, e la soglia dell'incile nella gola di s. Cosimato sono a m. 280 sul mare, 
il fondo dello speco al viadotto degli Arci sono a m. 249,00, pertanto si ha una caduta di m. 131 per m. 16,000 di lunghezza. 

L'opera d'arte più importante è il ponte-viadotto sul fosso degli Arci del quale si hanno disegni dimostrativi nella tavola 144 volume 6 degli « Edifizi » del Canina. Lo speco è costruito, come nel percorso fra la porta viminale e la esquilina, con sponde di pietre squadrate, foderate con paramento reticolato. La copertura è composta di due lastroni a capanna, che poi furono protetti, nei restauri successivi, con una volticella di mattoni.


DALLE SORGENTI A TIVOLI

A questo primo tronco spettano i cippi iugerali 901, 932, e due altri dei quali si è perduto il numero progressivo, forniti tutti di iscrizione che dice:

A N I IMP • C AS A R PIVI-FAVGEXSC P-CCXL

I cippi furono eretti fra gli anni 743 e 749 quando Augusto, console per la duodecima volta, dichiara avere compito i restauri.

ANIO VETUS A ROMA


DA TIVOLI A GALLICANO

Il secondo tronco tra il viadotto degli Arci e Gallicano secondo il Canina è lungo m. 15.000, discende da m. 249,00 a m. 235,000 con una caduta di m 14,00. Attraversa la contrada Aquaregna fra gli Arci e Tivoli  passando fra il castello di Pio II e la città dove cedeva parte del suo volume ad uso di Tivoli.

La località è detta nei codici « extra portam Romam », a valle di Tivoli il rivo segue le pendici dei monti Rubello spaccato, e  Alfìano a destra della strada di Cardano, a sinistra di quella di s. Gericomio. Quindi allo sbocco di valle Longarina piega verso il sud fino al ponte Lupo, per girare poi a monte di Gallicano.

Presso il collegio greco, come narra il Canina, ne furono scoperti dei resti « nel principio della strada romana, e di seguito sotto la strada di Cardano non lungi dalla chiesa di s. Maria detta del serpente. Poscia il medesimo speco trapassando sotto la parte superiore delle reliquie credute appartenere alla villa di Cassio.... »

« Al luogo delle Grotte sconce .... sotto la strada vedonsi reliquie di sostuizione dell' aquedotto dell'anione vecchia fatte col metodo più vetusto »; misurava in origine m. 1,35 di larghezza: ma i tartari lo hanno ostruito per un terzo.

Dopo la sostruzione agli Arcinelli s'incontra il ponte di s. Antonio, in opera quadrata, che serviva al valico dell'Anius Vetus, che traversa sotterra il colle Paustiniano per emergere alla valle di s. Giovanni, un abbreviamento del corso sotterraneo, eseguito quando Adriano derivò parte dell'acqua per gli usi della sua villa. 

Il ponte è lungo m. 155,50 sul culmine, alto m. 24,50; ha 16 archi nell'ordine inferiore e 19 nel superiore. Questi hanno un diametro medio di met. 4,00 e i piloni sono grossi m 3,05. Dopo la valle di s. Giovanni 1' acquedotto va sotto la strada che da Vittorino conduce a Poli, ed emerge di nuovo al ponte Lupo. Si dirige verso Gallicano, con due cippi, veduti « nel loro posto antico » dal Garrucci, l'uno segnato col n. 669 all' « Obrego dell'ermito », l'altro segnato col n. 659 nel sito chiamato « le selle». 



DA GALLICANO A SPES VETERE

Il terzo tronco tra Gallicano e la Speranza vecchia, lungo m. 33,000, discende da m. 235 a m. 45,40 con una caduta di m. 190,00. Il Canina nella carta della Campagna, annessa al 5 volume degli Edifizi, immagina che lo speco dell'Acqua felice a monte di Roma, e quello dell'Anius Vetus fossero una sola cosa, ma non è possibile perchè comporterebbe un salto di 170 m fra Gallicano e Pantano.

Nel tratto in cui l'acquedotto scendeva a Roma, seguendo i margini della via latina, v'era un castello detto "cantra dracones" come sappiamo dall'iscrizione (Corpus^ 6, 2345) che dice : D • M LAETVS • PVBLICVS • POPVLI ROMANI AQVARIVS AQVAE-ANNIONIS- VETERIS CASTELLI • VIAE • LATINAE • COl^RA DRACONES 

Da questo punto passando sotto i cinque più alti acquedotti, l'Anio Vetus piegava verso la via labicana, seguendo la sponda destra della valle della Marranella dove stava la piscina, dove ne1 861, sul margine orientale della labicana, a m. 450 circa fuori della porta maggiore, si scoprì lo speco dell'anio vetere, parallela alla Prenestina per volgersi verso la labicana e attraversarla ad angolo retto. 

ANIO VETUS A TIVOLI


DALLA SPES VETERE ALLA PORTA ESQUILINA 

Nel gennaio del 1861, dandosi principio ai lavori di spianamento dell'area della stazione, quasi nel centro della villa Negroni-Massimo, si scoperse la bocca del settimo pozzo, di opera reticolata augustea, profondo m. 16,50. Il fondo del pozzo era attraversato dallo speco, ampio in modo « che vi si poteva camminar dentro a dorso curvato». 

 La sua scoperta, nel mezzo della villa Negroni, dimostra che il rectus ductus dell'aniene vetere non discendeva in linea retta dalla Speranza vecchia alla Porta Esquilina, ma faceva un lungo giro, per evitare la valle di villa Altieri, e rimando sempre sotterraneo. Il pozzo trovavasi alla distanza di  m. 496,84 dalla porta esquilina  che corrisponde alla lunghezza della linea dello speco, che è di m. 420 fra l'arco di Gallieno e il muro di cinta della stazione: di 76,84 fra detto muro ed il sito del settimo pozzo. 

Nel dicembre 1873, presso l'intersecamento della via principe Umberto con l'aggere serviano, si trovò un muragliene laterizio-reticolato, grosso m. 1,15, e parallelo all'aggere, le cui terre sostruiva, con una fila di celle lunghe m. 2,65 larghe m. 2,30,  divise da pareti spesse m. 1,50, e poste in comunicazione per mezzo di asole a tutto sesto alte m. 1,25, larghe 0,50. 

Lae sponde dell'aquedotto erano in reticolato distanti l'una dall'altra m 0,42, alte m 1,60. Venne restaurato da Augusto, il quale costruì pure la piscina. Questo pozzo, e gli altri quattro fino all'intersecamento con la via Carlo Alberto, aveano la bocca chiusa da un lastrone di travertino con foro nel centro, ove circolare ove quadrato, cui si adatta un foro di travertino. 

Nel 1873 sull'angolo della via principe Amadeo con la piazza Fanti si trovò un vasto sistema di piscine sotterranee, di costruzione reticolata, simile a quella dello speco dove giaceva rovesciato un pezzo di cippo che citava: 
ANIUS IMP CAESAR DIVI F AUGUST EX SE II II P  CCXXXa

Lo speco finalmente fu scoperto « intra portam Exquilinam » nel 1877. Cavandosi le fondamenta della casa che forma angolo sulle vie Carlo Alberto e Mazzini, dirimpetto all'ospedale militare di s. Antonio, fu troncato e distrutto per la lunghezza di m. 18,20. Un masso dì sperone largo m. 0,80 e leggermente, concavo forma la base della costruzione: due massi alti m. 0,53 larghi 0,52 formano ciascuna delle sponde: la copertura è costituita da due lastroni appoggiati l'uno contro l'altro, eccetto per un brevissimo tratto nel quale v'è una sola pietra orizzontale, il tutto incassato nel suolo.

PONTE TAUTELLA


I RESTAURI

L’Anio vetus fu restaurato tre volte, contemporaneamente all’acquedotto Appio: nel 144 a.c., dal pretore Quinto Marcio Re, trionfatore degli Stoni in Gallia Cisalpina, in occasione della costruzione dell’acquedotto marciano, o dell'Aqua Marcia che aggiungeva all’Anio vetus 164 quinarie tramite un condotto secondario nella zona di Casal Morena); nel 33 a.c..

Fu il grande ingegnere Agrippa che per ordine di Augusto revisionò tutto l’apparato idrico della città; tra l’11 ed il 4 a.c.. Per l'occasione edificò una diramazione sotterranea, lo “specus Octavianus”, che, dall'attuale Pigneto, seguiva la via Casilina e raggiungeva l’area delle future Terme di Caracalla. 

Augusto fece inoltre segnare la via percorsa dall'Anio Vetus e dall'Acqua Marcia con dei cippi numerati, secondo alcuni  già presenti fin dalla costruzione di entrambi. Sembra però non fossero della stessa epoca, per cui probabilmente Augusto, che fece operare ben due volte il restauro dell'Anio Vetus, fece sostituire i cippi rovinati e magari ne aggiunse alcuni.

Dal bacino di raccolta (230 x 165 x circa 5 m), posto a 262 m di quota, partiva il condotto, lungo 43 miglia romane ( 63,5 km.), di cui 43000 sotterranee, e terminava in città “ad spem veterem”, presso Porta Maggiore, dove confluivano ben otto  acquedotti. 

Era in realtà in percorso più lungo (circa 60 Km) perché ancora si preferiva un percorso lungo e tortuoso, che seguisse per quanto possibile il terreno per una pendenza costante, piuttosto che un tragitto molto più breve ma con ponti e passaggi sospesi. 

Nei pressi di Tivoli, il condotto raggiungeva la zona di Gallicano nel Lazio (con ponte Tautella e ponte Pischero), quindi seguiva la via Prenestina fino a Gabii e da lì la via Latina nell’attuale Casal Morena. Qui, con una "piscina limaria" (bacino di decantazione), parte delle acque veniva smistata nelle ville rurali della zona.

I due ponti: Tautella e Pischero sono nella incuria più completa. Il ponte del Pischerlo è crollato e ne restano i piedritti e una parte dell'arco, il ponte di Tautella è invaso da fanghiglie, vegetazione e rami che ne corrodono pian piano le pareti, senza che alcuno se ne occupi.

Il condotto superava poi la via Tuscolana, proseguiva per la via Labicana e traversava la via Prenestina con l’unico tratto scoperto, pari a circa 330 m, fino “ad spem veterem”; da qui il percorso urbano, sempre sotterraneo, girava intorno all’Esquilino.

Superando poi le aree dell’attuale Stazione Termini e di piazza M. Fanti, giungeva alla porta Esquilina, dove il “castello” terminale provvedeva alla distribuzione dell’acqua. Il canale originario sotterraneo fu scoperto e distrutto giusto sotto Porta Maggiore.

PONTE PISCHERO

L'acquedotto si riforniva direttamente dal fiume Aniene (Anio) nei pressi di Tivoli, all'altezza del XXIX miglio della via Valeria, a circa 850 m a monte di San Cosimato, presso la confluenza nell'Aniene del torrente Fiumicino, tra i comuni di Vicovaro e Mandela (una regione Sabina conquistata dallo stesso Manio Curio Dentato poco prima), dove il Canina individuò un laghetto artificiale. (Lanciani: Ruins and Excavations of ancient Rome).

L'Aniene è un emissario di sinistra del fiume Tevere e su di esso gravita un'antica leggenda.
Catillo, divinità minore preromana, rapisce la figlia del semidio del fiume Anio e la porta con sé sul monte, che da lui prende nome, per farne la sua amante. Suo padre tenta di oltrepassare il fiume per salvare la figlia, ma viene trascinato dalle acque e muore.

Catillo e la ragazza scorgono allora un bagliore: compare in tutta la sua luce lo spirito di Anio che porta in salvo la fanciulla strappandola a lui. La maledizione di Anio intrappolò Catillo sul monte e vi rimase per sempre, anche dopo la sua morte. Il mito ha fatto pensare ad alcuni la piena dell'Aniene che non riesce a scalfire i fianchi del monte Catillo. Altri invece vi scorgono una lotta fra tribù montane e della valle, dove queste ultime hanno il sopravvento.

Comunque il fiume Aniene andava soggetto alla diminuzione della portata in periodi di siccità o l’intorbidamento dell’acqua per grandi piogge e piene. Così in epoca imperiale si limitò l’Anio vetus all’irrigazione di ville e giardini e all’alimentazione delle fontane. Non era consigliabile l'uso di berlo.

Il condotto, di 1,75 x 0,80 m, era realizzato in blocchi di tufo, e la portata era all’inizio di 4.398 quinarie, (182.517 m³ giornalieri e 2.111 L al secondo), ma a causa di dispersioni accidentali o abusive durante il percorso, e di un paio di diramazioni secondarie, la portata finale al “castello” di porta Esquilina era di sole 1.348 quinarie (55.942 m³ al giorno e 647 L al secondo).


BIBLIO

- Lucos Cozza - L'opera di Thomas Ashby e gli acquedotti di Roma' (con A. Claridge) - Il trionfo dell'acqua - Atti del convegno "Gli antichi acquedotti di Roma, problemi di conoscenza, conservazione e tutela" - Roma - Comune di Roma - A.C.E.A - 1992 -
- Susanna Le Pera - I giganti dell'acqua. Acquedotti romani del Lazio nelle fotografie di Thomas Ashby (1892-1925) - a cura di Rita Turchetti - Roma - Palombi - 2007 -
- Romolo Augusto Staccioli - Acquedotti, fontane e terme di Roma antica: i grandi monumenti che celebrano il "trionfo dell'acqua" nella città più potente dell'antichità - Roma - Newton & Compton Ed. - 2005 -
- William Smith (a cura di) - Dentatus, M. Curius - Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology - 1870 -


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