ALBINGAUNUM - ALBENGA (Liguria)



IL BATTISTERO

Albingaunum o Albium Ingaunum, è un antico centro in provincia di Savona, abitato prima dai Liguri Ingauni e poi dai Romani, che sorse nella Riviera ligure di ponente, presso la foce del fiume Centa, un fiume a volte impetuoso che ha modellato la pianura ingauna, si che i suoi abitanti dovettero dotarlo di argini e di svariati ponti.

All'inizio fu un oppidum celtico, poi un castrum romano. Albingaunum è traducibile come Città degli Ingauni, dalla popolazione dei Liguri che l'ebbe in origine per capitale, ed è stato un centro importante per la fondazione dell'Impero romano nella Liguria occidentale.

Abingaunum fu il centro principale del comprensorio albenganese, che si estendeva da Ceriale, un piccolo e antico centro insediatosi lungo la Via Julia Augusta, come dimostra il ritrovamento di reperti archeologici in loco, fino al possedimento romano di Andora e al relativo entroterra.
L'ANTICA ALBINGAUNUM

Il toponimo Ceriale secondo alcuni deriverebbe dalla presenza in loco di due consoli dell'Impero romano - Onicius Cerialis e Quinto Petilio Cerialis - che avrebbero qui svolto la loro attività. Secondo altri deriverebbe invece da un importante mercato dei cereali e alla presenza di un tempio romano dedicato alla Dea delle messi Cerere a cui era correlata la festa "Cerialia"

Il nome attuale Albenga deriva dal latino Albíngaunum che si chiamò così una volta conquistata dai romani, mentre precedentemente antecedentemente detta Albium Ingaunum, poi dopo la caduta di Roma divenne Albingauno ed intorno all'anno mille Albingano.

Albingaunum comprende anche la riserva naturale regionale dell'Isola Gallinara (o Gallinaria), così chiamata, come testimoniano Catone e Varrone, per le gallinelle selvatiche che l'abitavano.



LA STORIA

I primi insediamenti sono del VI secolo a.c. e di tipo agropastorale e con un centro fortificato con il nome Albium Ingaunum, "la fortezza degli Ingauni", nei pressi del mare, con un'ampia insenatura che fungeva da porto naturale.

Gli Ingauni, nel IV secolo a.c. hanno notevoli conoscenze marittime e una potente flotta, che pratica sia il commercio che la pirateria; sempre in antagonismo con i Greci Marsigliesi, per il dominio del Tirreno settentrionale, su cui gli Ingauni esercitavano la pirateria. 

Tito Livio narra che gli ingauni fossero ottimi naviganti ma pure feroci pirati con navi snelle e veloci, per le quali la guerra di corsa era l'attività principale. Gli Ingauni erano un gruppo etnico abbastanza omogeneo che andava da Savona a Monaco e che i Romani chiamarono Ligures Alpini.

I  RESTI DEL PONTE LUNGO

Tuttavia gli ingauni governavano sul territorio che va da Finale Ligure, confinante con i Sabates, fino a Sanremo, confinante con gli Intemeli, più vasto rispetto ai confinanti. Nel III secolo a.c. i romani fanno un patto di alleanza con la città di Genova, patto che non piace alle altre popolazioni liguri, legate a Cartagine da vincoli commerciali.

Albiganum fu infatti alleata dei Cartaginesi contro Roma durante la Seconda guerra punica (dal 218 a.c. al 202 a.c., prima in Europa e successivamente in Africa) divenendo la base navale del fratello di Annibale Barca, Magone. Da qui egli salpò alla volta di Genova saccheggiandola nel 205 a.c.. Il danno dovuto al sacco di Genova fu talmente enorme che ancora oggi si usa il termine "magone" per indicare un dolore inesprimibile da nodo alla gola.

Sconfitti i cartaginesi, gli ingauni si allearono con Roma nel 201 a.c. ma tuttavia non cessarono le operazioni di pirateria per cui nel 185 a.c. Roma, decisa ad aprirsi una via sicura per le Gallie, invia ad Albiganum un esercito col proconsole Lucio Emilio Paolo (229 - 160 a.c.) che sconfigge pesantemente gli Ingauni annettendo nel 181 a.c. tutto il territorio a Roma.

AFFIORAMENTO IN CITTA' DEGLI ANTICHI MOSAICI

Tito Livio narra che prima vinsero gli Ingauni, ma tramite un inganno che fece ritirare i romani, di gran numero inferiori, nella loro fortificazione. Ma alla fine prevalsero le grandi capacità di combattimento romane che vinsero sugli Ingauni nel 181 a.c. mentre il duumviro Matieno, con la sua flotta riuscì a catturare ben 32 navi corsare, che portarono alla definitiva resa di Albium Ingaunum.

Vinti poi i Liguri Montani, i romani ottennero controllo su tutta la Liguria. Lucio Emilio Paolo non infierì sui vinti ma fece distruggere le mura delle città e non consentì più la costruzione di navi di grosso tonnellaggio. Fece radere al suolo l'oppidum ingauno di cui nulla è rimasto mentre si sono avuti alcuni ritrovamenti ingauni al Monte, del IV secolo a.c.

Ma sopra all'oppidum abbattuto i romani edificarono un castrum militare che pian piano si ampliò diventando la città romana di Albingaunum che nel 13 a.c. ottenne sul suo territorio la via Julia Augusta che univa Roma con la Gallia.


Successivamente, nell'89 a.c., Albiguanum ottenne il diritto latino, e nel 45 a.c. divenne municipium ottenendo la cittadinanza romana dopodiché essa assoggettò i territori dell'interno. Gaio Giulio Cesare gli conferì la cittadinanza romana e lo status municipale. Il suo territorio si ampliò dalla costa tra Sanremo e Finale Ligure nell'entroterra conquistando l'intera alta valle del Tanaro.

Dal I al III secolo Albingaunum fiorì economicamente e monumentalmente, divenendo una città ricca e sicura che si dotò di lussuosi monumenti: le terme, l'anfiteatro, l'acquedotto e le tombe patrizie costruite lungo la via Iulia Augusta.

Un suo cittadino, Proculo, nel 280 d.c., aspirando a diventare imperatore, armò a sue spese un piccolo esercito personale contro Probo (circa duemila schiavi). Proculo viene sconfitto e giustiziato, ma il suo tentativo fa capire il livello di ricchezza che potevano raggiungere le imprese agricole della piana ingauna.

RESTI DELLA NECROPOLI
Con la crisi dell’Impero Romano iniziano le invasioni barbariche. I Visigoti nel 402 saccheggiano e radono al suolo Albingaunum. Flavio Costanzo, generale dell’imperatore Onorio, di passaggio per una spedizione in Gallia, nel 414 decreta la ricostruzione della città: vengono riedificate le mura, che resisteranno per tutto il medioevo, i principali edifici cittadini e le prime strutture cristiane, la Cattedrale e il battistero.



LA DECADENZA

Con la caduta dell’Impero Romano, Albingaunum nel V secolo passa sotto il dominio Ostrogoto e nel VI secolo sotto quello bizantino conservando tuttavia una certa prosperità economica.
Nel V secolo venne invasa dai Goti che la conquistarono demolendola in gran parte.  Fu poi conquistata dai Longobardi di Rotari (606 - 652).

VIA IULIA AUGUSTA

I RITROVAMENTI

I reperti di Albiganum sono conservati sia nel Civico museo ingauno, sia nel Museo navale romano. La città romana era costruita attorno a un cardo e un decumano che dividevano la città che era composta da un forum, centro della vita sociale con strade principali e secondarie perfettamente conservate. Sul foro sono stati eretti, con grande spolio di fregi e marmi: il Battistero, la cattedrale, il portico demolito e parte del palazzo sede del Comune.

Nell'alveo del fiume Centa e nella parte nord della città, sono stati ritrovati tratti di mura dello stessa epoca di quelle di Costanzo III (370-421), che fanno presupporre che la città possedesse una doppia cinta muraria, per proteggersi anche dalle piene del Centa. 

VETRI ROMANI DEL II E III SECOLO

LA VIA IULIA AUGUSTA

Nei pressi poi della Chiesa di San Calocero, sono state trovate tracce della Via Iulia Augusta, di cui non è noto il nome ad essa attribuito in epoca romana, ma venne così chiamata dall'archeologo Gregorutti per il fatto che era stata risistemata una prima volta all'epoca di Giulio Cesare e degli imperatori della dinastia giulio-claudia.

La Via Iulia Augusta entra ad Albiganum per la porta Molino ed esce dalla porta Arroscia lungo il “cardo maximum”, oggi Via Medaglia d’Oro. Giunti a Vadino, dalla strada che sale al “Monte”, un viottolo che segna l’inizio della passeggiata archeologica lunga la via romana. 

A ridosso della collina del “Monte”, lungo il percorso della strada romana, sorse nel IV-V secolo una delle prime chiese cristiane di Albingaunum, dedicata a San Calocero, martire locale. La via romana saliva direttamente da S. Calocero in direzione della chiesa di S. Martino, ma il tratto di collegamento non è oggi individuabile, mentre si può rintracciare la strada, lasciata la strada provinciale Albenga-Villanova e seguendo in salita la via vicinale al Monte.




NINO LAMBOGLIA

Grande archeologo soprattutto delle profondità marine, studiò a fondo l'oneraria di Spargi, già individuata nel 1957 da Gianni Roghi su una secca di 18 metri di profondità, naufragata intorno al 120 a.c. nelle Bocche di Bonifacio, il pericoloso "fretum Gallicum" per la presenza di isolotti, scogli affioranti e secche. I molti relitti rinvenuti testimoniano però si preferiva lo stretto alla circumnavigazione che richiedeva più tempo.

Vi si reperirono vasellame fine da mensa a vernice nera, ceramiche orientali e ceramica comune, unguentari in vetro, lucerne, coppe megaresi, anforette rodie, una macina, un piccolo altare un bacile di marmo, una piccola colonna scanalata, una testina di personaggio virile con una grossa mano sul capo, forse parte di una divinità, una corazza di bronzo, un elmo con resti di cranio umano, costituivano certamente elementi della dotazione di bordo.



L'ANFITEATRO

Nei pressi della Chiesa di San Martino sono emersi i resti dell'anfiteatro romano del II secolo, oltre a un grande edificio pubblico a pianta rettangolare, delle tombe monumentali ed epigrafi di personaggi famosi.

I RESTI DELL'ANFITEATRO
L'anfiteatro venne edificato intorno al II secolo d.c., lontano dalla città sia per tenere lontano i disordini delle competizioni sportive, sia dare la possibilità ai paesi vicini di usufruire degli spettacoli senza portare disordini in città. 

L'anfiteatro di Albenga è ancora oggi l'unico edificio di questo tipo conosciuto nella Riviera di Ponente. 

Secondo le porzioni di muro riemerse negli scavi del 1973/75, si ritiene che avesse una pianta ellittica di circa 72,80 metri per 52,20 e che potesse contenere qualche migliaio di spettatori.

Probabilmente venne utilizzato solo per spettacoli di gladiatori, ben presto proibiti dal cristianesimo. Nel Medioevo fu utilizzato come luogo di sepoltura.

Dell'anfiteatro emergono ampi resti murari sul lato nord, appartenenti sia al muro perimetrale esterno, con contrafforti, sia all’ellisse interno che circondava l’arena; verso est è conservato uno dei due ingressi principali. 

Sul margine ovest dell’anfiteatro si conservano gli avanzi della Chiesa e dell’Abbazia di S. Martino, incorporati in un edificio adibito a bed & breakfast. Dalla proprietà privata si sbocca sull’antica strada romana, caratterizzata in questo punto da una striscia di mattoni al centro, forse opera tardomedievale. A valle della strada iniziano gli scavi della necropoli settentrionale.

LE TERME ROMANE

Dunque l'anfiteatro di Albingaunum è stato scavato solo in minima parte, anche se l'archeologo Nino Lamboglia aveva progettato di proseguire negli scavi fino alla scoperta dell'intero anfiteatro. Purtroppo, a causa della sua tragica morte tutto si arrestò, e oggi, dopo quasi 40 anni il sito versa in pessime condizioni: se ne estirpano le erbacce ma non si tolgono i materiali accumulatosi col tempo.

Secondo Lamboglia l'anfiteatro misurava 70 x 50 m. quindi poteva accogliere solo dalle 6 alle 8 mila persone. Però i muri in pietra sono palesemente troncati, questo ci porta a considerare che siano stati demoliti e il materiale riutilizzato, come appare evidente dalla muratura a vista della chiesa di San Martino, dove sono presenti i blocchi di arenaria dell'anfiteatro.

Sul lato nord è presente una Porta Pompae per gli spettatori, e sui muri laterali emergono due filari paralleli di pietre, dove sopra venivano appoggiate tavole di legno o lastre di pietra come scalini per accedere alla cavea.

Pertanto l'anfiteatro presenta un'accesso principale all'arena con una larghezza minore di 3,50 metri, percorsa da una rampa con un dislivello maggiore all'esterno e minore all'interno. La base dell'arena, e parte delle zone dell'anfiteatro, sono state scavate direttamente nella pietra e poi sono state realizzate delle murature contro questa per renderle intonacabili. A lato è presente un vomitorium tra l'arena e l'esterno. Tra il muro esterno e il muro interno sono presenti degli ambienti vuoti, sicuramente di servizio dell'anfiteatro.



BIBLIO

- Nino Lamboglia, La nave romana di Albenga, in «Rivista di Studi Liguri», a. XVIII, 1952,
- Nino Lamboglia, Scavi nelle terme di Cemenelum, Rivista di Studi Liguri XI, 1945
- Nino Lamboglia - Albenga romana e medioevale - Studi Liguri - Bordighera - 1966 -
- Massabò Bruno, Itinerari Archeologici di Albenga - Fratelli Frilli Editori - Genova - 2005 -
- Cottalasso Giuseppe - Saggio Storico della Città di Albenga - Genova - 1820 -



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