L'ILLUMINAZIONE DEI ROMANI




Nelle città romane l'illuminazione non esisteva, infatti di notte si girava con le facies, le torce, a parte la luce che proveniva dalle taberne aperte fino a notte inoltrata, cioè le taverne e i postriboli. Giovenale scrisse che era da pazzi uscire di notte senza far testamento, soprattutto per l'usanza, nelle zone più infime, di vuotare gli orinali per strada.

Naturalmente le ricche domus erano illuminate fino a tardi, spesso a causa dei lauti banchetti che comportavano lucerne dentro e fuori casa, fin negli splendidi giardini. La la luce che filtrava dalle finestre era molto relativa, e i giardini delle domus erano centrali alle case, per cui da essi filtrava molto poco.

LUCERNA CON VITTORIA ALATA
Per le strade i passanti si facevano accompagnare dagli schiavi muniti di torce, e pure le carrozze erano munite di torce e camminavano a passo d'uomo per le strade buie. Le torce erano fatte di grasso o di pece.

Nelle case e negli edifici pubblici la luce era fornita dalla luce che entrava dal soffitto aperto (compluvium) dell'atrio e illuminava di riflesso le stanze adiacenti.

C'erano anche le finestre, ma sempre piuttosto alte, onde evitare l'entrata dei ladri che erano piuttosto frequenti.

All'interno quando scendeva il sole si usavano torce e candele. Le candele erano fatte di sego o di cera, a seconda della ricchezza della casa. Naturalmente c'erano applique alla parete e lampadari porta candele, in bronzo o in terracotta.

Anche i bracieri, usati con lo scopo di scaldare la casa, spandevano il loro chiarore e ce ne erano di infinite fogge: quadrai, rettangolari, rotondi, alti, bassi, di bronzo o di terracotta.

Le domus naturalmente avevano il meglio, cioè lastre trasparenti alle finestre, di talco, di mica o di vetro, che era il più costoso. Ma anche gli edifici pubblici ne avevano, terme comprese. I poveri non potevano permettersele e usavano tende di pelle sottile che lasciavano intravedere un po' di chiarore.

  1. Lucerna ad olio di terracotta
  2. Lucerna ad olio di bronzo
  3. Lucerna di bronzo a tre beccucci con sostegno
  4. Lucerna ad olio di bronzo con elementi decorativi
  5. Lanterna di bronzo
  6. Sostegno mobile di bronzo per lucerne
  7. Sostegno mobile di bronzo per lucerne
  8. Porta lucerne di bronzo a quattro bracci
  9. Bracere di bronzo con treppiede


LE CANDELE

L'uso delle candele era già conosciuto presso i Greci e presso gli Etruschi, questi ultimi ne facevano di cera d'api con stoppini di giunco, ma ha origini molto antiche anche presso i Romani.

CANDELABRI
Le donne greche se ne ponevano anticamente sul capo, una specie di graziosi cornetti di cera imbevuti di profumi che col calore della cute pian piano si scioglievano emanando profumi all'intorno. 

Sembra che l'uso derivasse dall'Egitto, non è chiaro però che fine facesse la cera che avrebbe dovuto colare sui capelli ma non sui vestiti.

Le candele di cera d'api erano comunque un lusso, perchè per procurarsele occorreva possedere allevamenti di api o acquistarne da chi ne possedeva. 
I romani ne avevano molti allevamenti nelle ville rustiche ma di certo l'uso era ingente rispetto alla produzione per cui il prezzo era notevole.

Le candele al tempo dei romani si ottenevano avvolgendo uno strato di cera o di sego a uno stoppino formato da piante palustri. 

Si formavano così dei piccoli ceri, simili a quelli che si usano in chiesa per accendere le candele, e poi se ne attorcigliavano alcuni insieme, formando grosse candele attorcigliate. ovvero "a torcione" che, per il loro aspetto simile a una fune, venivano chiamate funalia. Dall'essere attorcigliate deriva invece il nome italiano di "torcia".

Le torce per uso fuori casa venivano tenute da uno schiavo, mentre negli ambienti venivano infisse in appositi candelabri costituiti da una specie di piatto con un'ansa ad anello nel cui centro era collocata una punta, su cui veniva infissa la candela. 




LE TORCE

Vi era però una differenza tra candele e torce, perchè le torce erano formate da un fusto di legno intorno a cui venivano attorcigliate le candele sottili, oppure vi veniva attorcigliata la lana imbevuta di grasso animale o di pece.

Le torce di legno e pece venivano usate dall'esercito romano quando viaggiava di notte o negli accampamenti. 
Di solito ne portavano una scorta che veniva rimpinguata coi legni locali per non portare carico eccessivo. Invece si facevano scorte più ampie di pece che veniva usata pure come fuoco greco, cioè per le frecce incendiarie.

Nei luoghi pubblici venivano spesso infisse alle pareti su infissi di bronzo, talvolta anche di pietra o marmo.

I DIVERSI TIPI DI LUCERNE ROMANE

LE LUCERNE

Il mezzo più comune di illuminazione degli interni era la lucerna, in terracotta e in bronzo era il più diffuso nel mondo romano a partire dal I secolo a.c. Essa veniva alimentata con dell'olio, a volte di oliva, ma pure di noce, di sesamo, di ricino o di pesce e probabilmente di olii minerali, già conosciuti nel periodo antico, e di grassi animali, cioè di sego. 

Era costituita da un corpo principale che fungeva da serbatoio, da uno o più beccucci e spesso da un manico. Attraverso il foro di alimentazione posto sul corpo, il serbatoio era riempito di olio o grasso che bruciavano tramite uno stoppino in lino o canapa. Gli esemplari in terracotta furono dapprima realizzati al tornio, poi prodotti in serie mediante l'utilizzo di matrici, con le anse e le decorazioni a rilievo applicate a parte. Spesso svariate decorazioni impreziosivano il disco superiore, dove si raffiguravano: decorazioni geometriche, divinità, simboli, serpenti, animali, scene mitologiche, erotiche e di vita quotidiana.

Già le lucerne in bronzo, la cui produzione precede quella delle lucerne fittili, erano considerate un bene di lusso destinato alle classi più agiate. La loro preziosità era legata al materiale utilizzato e ai problemi di fabbricazione: la matrice per lo stampo poteva infatti essere impiegata per un solo esemplare, e ciò determinava costi maggiori. a Si eseguirono lucerne in diversi materiali, in pietra, in vetro, o in metallo o in terracotta. Alcune venivano eseguite in metalli preziosi, argento e perfino oro.

LUCERNA CON SCENA EROTICA
Quelle in terracotta, in genere in argilla, furono le più diffuse. Ebbero anche largo uso religioso, benaugurante, votivo e soprattutto funerario.

Mentre negli esemplari fittili (in argilla) la decorazione si concentrava quasi esclusivamente sul disco, nelle lucerne in bronzo sono privilegiati l'ansa e talvolta il coperchio.
Le lucerne furono impiegate per illuminare i diversi ambienti della casa, le botteghe, i templi, le terme e i teatri. Si pensi solo alle lucerne rinvenute sempre in larghe quantità nei cimiteri, soprattutto nelle catacombe.

Furono infatti spesso deposte nei corredi funebri, quali simboli di vita e guida per il defunto nel regno dei morti, oppure offerte in voto alle divinità o utilizzate come regalo augurale all'inizio dell'anno nuovo o, ancora, come omaggio fra innamorati.

Esistevano lucerne aperte e lucerne chiuse. Quelle aperte erano a forma di coppa con bordo alto per evitare il traboccamento del combustibile. mentre lo stoppino veniva inserito in un beccuccio o un incavo nell'orlo. 

Quelle chiuse, più usuali, avevano come unica apertura il beccuccio, oppure avevano un foro al centro con o senza coperchio. Se c'era il coperchio, in genere era per le lucerne di metallo e veniva attaccato alla lucerna con una catenella.

Le lucerne avevano di base tre parti: il corpo, il beccuccio e l'ansa, sulle cui forme e decorazioni si sbizzarrivano i loro produttori. Le lucerne romane vengono classificate in tipi in base alle variazioni della forma degli elementi che le costituiscono, utili anche per la definizione cronologica.

Le lucerne greco-ellenistiche erano decorate sulla parte superiore ricurva, mentre quelle romane e tardo-antiche avevano un disco centrale maggiore e decorato con figure varie.
Le lucerne di terracotta ebbero tre fasi di lavorazione: la prima interamente a mano, la seconda al tornio e la terza con la creazione di matrici su cui veniva colata l'argilla bagnata.

Ce n'erano di tutti i tipi, dai più umili ai più ricchi, e formavano, nelle case più sontuose, veri e propri lampadari. 

Per tenerle alte le lucerne, oltre ad essere poggiate su candelabri a fusto con piattello, venivano venivano appese, con catenelle, a candelabri a più braccia.



I CANDELABRI

I candelabri romani erano di tipi diversi soprattutto per l'uso che se ne doveva fare.

Infatti esistevano:

1) candelabri adatti a sostenere una lucerna per porla ad un certa altezza si che potesse illuminare meglio l'area intorno.

CANDELABRI ROMANI
In questo caso il candelabro era alto in genere da 1 m a 1,5 m, raramente anche di più, ed aveva un piattello in cima per poggiarvi una lucerna.

2) candelabri atti a sostenere due o tre lucerne e in questo caso il piattello superiore era più ampio onde contenere le varie lucerne.

3) candelabri atti a sostenere anche più di tre lucerne, ma in questo caso il piattello, piuttosto esteso, era forato sui bordi per l'inserimento di catenelle tutto attorno a cui venivano appese le diverse lucerne, in genere quattro o sei.

4) candelabri atti a sostenere candele. In questo caso sopra al piattello c'era saldato una spexie di grosso anello (di solito le candele dei romani erano candelotti) in cui si inseriva la candela di modo che non avesse a cadere.

I candelabri erano in genere di bronzo, molto pesanti nelle basi per avere stabilità, mentre la parte superiore aveva uno spessore più sottile.

Non mancavano però i candelabri d'argento, o in argento dorato.
Sembra ve ne fossero anche in oro ma in dimensioni più ridotte.
Non mancavano però anche i candelabri in terracotta eseguiti, come pure quelli in metallo, in varie sezioni che venivano poi unite con fusti e avvitamenti vari.

In quanto al gusto essi erano splendidi, con bassorilievi, modanature, con varie parti lavorate in fusione e poi saldate tra loro.

Molto spesso erano a tre piedi, con sagome di animali o zampe di animali, oppure erano a parallelepipedo sulla base rastremato verso l'alto. Vi venivano rappresentati i soggetti più disparati, dalle divinità ai personaggi mitologici, da animali ad oggetti simbolici, o immagini di piante, cesti, corolle di fiori e ornamenti traforati.



LE DECORAZIONI

1) Dei, semidei ed eroi
2) Oggetti di culto: tirso, caduceo, cornucopia, clava, alloro, altari
3) Scene di circo, di combattimenti di gladiatori, combattimenti con bestie feroci, tauromachie, acrobazie, giochi di prestigio,
4) Amorini che combattono da gladiatori, che giocano o fanno lavori umani, o pigmei
5) Scene di caccia e pesca
6) Scene vita rustica e agreste
7) Scene di vita militare
8) Scene erotiche
6) Scene omeriche o virgiliane
7) Soggetti storici: Diogene nella botte, M. Curzio che precipita nella voragine;
8) Animali domestici e selvatici, o buffi che imitano gli uomini
9) Piante: mirto, edera, melagrano, olivo, lauro, palma, anche con rami e corone
10) Piante e animali insieme, un uccello che becca un ramo, una lepre che mangia frutta;
11) Manufatti come anfore, remi, armi;
12) Stelle, sole. mezzaluna 
13) Riproduzione statue famose
14) Ornamenti geometrici, rosette, circoli, onde, con palmette, fiori ecc.

Le lucerne ebbero pure delle mode, perchè vi si imprimevano varie figure che andavano per la maggiore, sia che fossero di bronzo o di terracotta. 

Vari artigiani divennero famosi per i loro squisiti modelli. C’erano le lucerne firmate:
Strobili, Communis, Phoetaspi, Eucarpi e Fortis, l'azienda artigianale più famosa e quindi più cara, che operò nella zona di Pompei tra il I e il III sec. d.c.

LUCERNA

IL COMBUSTIBILE

Per quanto concerne il combustibile, è noto l'uso dell'olio di oliva fin dagli antichi greci, ma l'olio d'olivo costava, per cui si usavano molti altri olii, di noce, di sesamo, di ricino o di pesce. 

BRACERE
C'erano pure gli olii minerali, già conosciuti nel periodo antico fin dall'antico Egitto dove si usava il petrolio per imbalsamare i morti, e di grassi animali.

Talvolta per la torcia veniva imbevuta di pece, specie quando si spostavano i soldati di notte quando la torcia doveva durare molto a lungo. I Romani infatti conoscevano la pece. Essa si ricavava dall'estrazione della resina dagli alberi di pino ed era un’attività economica piuttosto redditizia, soprattutto in Calabria ed in Sicilia, tanto che ci si pagava una tassa di concessione. I primi documenti sulla estrazione della pece bruzia nella Sila risalgono alla Repubblica Romana.

Infatti Plinio scrisse che dall’abete si ricavava 

"la pece liquida, che serve per tener stagne le costruzioni navali e per molti impieghi, e che in Europa si ottiene per cottura: il legno, fatto a pezzi, si mette a scaldare in fornaci con il fuoco acceso tutt’intorno, all’esterno; un primo liquido cola come acqua da un canale e ha proprietà così efficaci che in Egitto ne cospargono le salme per imbalsamarle. 

Il liquido che cola dopo questo è più denso e fornisce la pece liquida che, versata in caldaie di bronzo, viene fatta addensare, usando l’aceto come coagulante, e prende il nome di pece bruzia, adatta solo per sigillare le botti ed altri recipienti del genere; differisce dall’altra pece sia per la sua viscosità, sia per il colore rossiccio, sia per il grasso che contiene in misura superiore agli altri tipi. 

Questi ultimi si ottengono dalla resina della Picea che viene raccolta per mezzo di pietre roventi, in contenitori di rovere resistente, oppure, in mancanza di recipienti, facendo una catasta di rami, come per la preparazione del carbone. 

Questa è la resina che si aggiunge al vino dopo averla ridotta in polvere, è di colore scuro; se si fa bollire piano e si passa al setaccio, si ammorbidisce, prende un colore rosso e viene detta resina in gocce; generalmente per questa preparazione si mettono da parte gli scarti della resina e la scorza".




LO STOPPINO

Come stoppino, o lucignolo, erano utilizzate delle fibre intrecciate che assorbivano l'olio sino a condurlo alla fiamma che lo bruciava.

Lo stoppino più prezioso, usato principalmente nei templi, fu quello di amianto.
I Romani già usavano l'amianto per avvolgere i cadaveri da cremare, per ottenere ceneri più pure e chiare.
Una credenza popolare diceva che l'amianto fosse la "lana della salamandra", l'animale che per questo poteva sfidare il fuoco senza danno.

Lo stoppino più prezioso, usato soprattutto nelle lampade dei templi, era formato da fibre di amianto,
detto in latino asbestos "inestinguibile" perché aveva la caratteristica di resistere al fuoco e quindi di non consumarsi.




IN EPOCA IMPERIALE

Fu l'epoca più ricca per i romani ma anche la più stravagante perchè i romani non solo importarono materiali da tutto l'impero, ma esportarono arte e costumi nelle terre conqustate che iniziarono a copiare e produrre oggetti modificandoli con un certo stile locale.

Le produzioni asiatiche e pure africane non solo accontentavano i romani che costituirono le classi firigenti del luogo, ma si estese pure ai dignitari locali, che ben presto apprezzarono, chi più chi meno, la sofisticata civiltà romana con i suoi agi e la sua bellezza.

Così nacquero anche sistemi di illuminazione nuovi ed eccentrici, e spesso di ottima fattura.


BIBLIO

- Giuseppe M. Jonghi Lavarini, Roberto Summer - Luci in casa - Di Baio Editore - 1987 -
- Johan Goudsblom - Fuoco e civiltà. Dalla preistoria a oggi - Donzelli Editore, 1996 -
- Ugo Enrico Paoli - Vita romana - Firenze - Le Monnier - 1962 -
- Alberto Angela - "Una giornata nell'antica Roma. Vita quotidiana, segreti e curiosità" - Mondadori - Milano - Ristampa 2017 -
- Florence Dupon - Daily Life in Ancient Rome - Blackwell Publishing - 1993 -


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