GUERRA PIRATICA (67 a.c.)




La guerra piratica di Pompeo fu l'ultima fase delle campagne condotte dalla Repubblica romana e affidate a Pompeo Magno nel 67 a.c. contro i pirati che infestavano le coste del Mediterraneo orientale danneggiandone le province romane.

I pirati assalivano le navi catturando gli equipaggi e i passeggeri, che venivano rivenduti come schiavi, inoltre intercettavano i trasporti di truppe e di denaro pubblico, e attaccavano le imbarcazioni che trasportavano il grano verso Roma. Così i viveri iniziavano a scarseggiare in città, mentre salivano i prezzi creando grande malumore nella plebe.

« I pirati non navigavano più a piccoli gruppi, ma in grosse schiere, e avevano i loro comandanti, che accrebbero la loro fama. Depredavano e saccheggiavano prima di tutto coloro che navigavano, non lasciandolo in pace neppure d'inverno; poi anche coloro che stavano nei porti. E se uno osava sfidarli in mare aperto, di solito era vinto e distrutto. Se poi riusciva a batterli, non era in grado di catturarli, a causa della velocità delle loro navi. Così i pirati tornavano subito indietro a saccheggiare e bruciare non solo villaggi e fattorie, ma intere città, mentre altre le rendevano alleate, tanto da svernarvi e creare basi per nuove operazioni, come si trattasse di un paese amico. »
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana)



BATTAGLIE CONTRO I PIRATI

- Le prime accaddero nel 189 a.c., nell'isola di Creta, con il generale Lucio Fabio Labeone, che nel 189 a.c. ottenne il comando della flotta che diresse da Efeso a Creta, dove la città di Gortina gli restituì 4000 cittadini romani prigionieri ma non riuscì ad ottenere la restituzione dei cittadini romani presi prigionieri dai pirati.

Costituita la prima provincia in Oriente, l'Asia (133-129 a.c.), nel 102 a.c. il consolare Marco Antonio Oratore condusse una campagna nell'area cilicia, e poi un'altra nel 101-100 a.c. una seconda provincia romana, quella di Cilicia.

PIRATERIA NEL MEDITERRANEO (INGRANDIBILE)
- Durante la I guerra mitridatica sappiamo che il comandante romano, Quinto Bruzzio Sura, fece irruzione nel porto dell'isola di Skiathos, covo di pirati, dove crocifisse gli schiavi e tagliò le mani dei liberti che lì si erano rifugiati (87 a.c.). 

- Nell'86-85 a.c., il legato di Silla, Lucio Licinio Lucullo, pur avendo devastato gran parte delle coste dei pirati rischiò più volte di essere catturato dagli stessi.

- Tra il 78 a.c. ed il 75 a.c.  Publio Servilio Vatia, proconsole di Cilicia ottenne numerosi successi sui pirati  conquistò la città di Olympus in Licia, strappandola al capo dei pirati, Zeniceto, morto per difenderla. Iniziò poi la sua marcia attraverso la Pamphilia, dove prese Phaselis, ed entrò in Cilicia, dove conquistò la fortezza costale di Corico (Corycus). Strappate ai ribelli tutte le città costiere, si diresse sulla capitale degli Isauri, Isaura, facendo deviare il corso di un fiume e prendendo la città per sete. 

Tornato a Roma, nel 74 a.c. celebrò il trionfo. Sembra che a queste campagne prese parte anche il giovane Gaio Giulio Cesare in qualità di tribuno militare. Poco dopo nuove incursioni piratiche videro prendere d'assalto la città di Brindisi, le coste dell'Etruria, oltre al sequestro di alcune donne di nobili famiglie romane e addirittura un paio di pretori.

La provincia d'Asia al termine della I guerra mitridatica era in miseria i suoi territori subivano continui assalti dai pirati che erano riusciti a catturare le città di Iassus, Samo, Clazomene, ed anche Samotracia. Narra Plutarco che le navi dei pirati erano più di 1.000 unità e le città catturate almeno 400, con tutti i santuari depredati.

- Nel 74 a.c. fu Marco Antonio Cretico, padre di Marco Antonio, a condurre una nuova spedizione  attorno a Creta, ma venne sconfitto. 

- Quinto Cecilio Metello Cretico, portò alla conquista graduale dei principali centri della resistenza antiromana, malgrado il contrasto con il legato inviato nell'isola da Pompeo, Lucio Ottavio, che aveva ottenuto il comando straordinario contro i pirati. In seguito alla conquista di Creta, Cecilio Metello assunse il cognome di "Cretico". 

- Nel 70 a.c. il pretore Cecilio Metello vinse i pirati che infestavano i mari della Sicilia e della Campania, i quali si erano spinti a saccheggiare Gaeta, Ostia e rapito a Miseno la figlia di Marco Antonio Oratore.

IL GIOVANE GIULIO CESARE

IL GIOVANE GIULIO CESARE

- Nel 74 a.c., mentre si dirigeva a Rodi, il giovane Giulio Cesare fu rapito dai pirati, che lo portarono sull'isola di Farmacussa, a sud di Mileto. Chiedendogli una liberatoria di venti talenti, Cesare rispose che ne avrebbe consegnati cinquanta e mandò i compagni a Mileto perché la somma del riscatto, mentre lui rimase a Farmacussa con due schiavi e il medico personale.

Passarono 38 giorni in cui Cesare compose numerose poesie e le sottopose poi al giudizio dei suoi carcerieri, promettendo loro che una volta libero li avrebbe fatti crocefiggere alle vele. Pagato il riscatto Cesare si rifugiò nella provincia d'Asia. Giunto a Mileto, Cesare armò delle navi e tornò a Farmacussa, catturò i pirati e li fece crocifiggere dopo averli strangolati, per evitare loro una atroce agonia. 

POMPEO MAGNO

GNEO POMPEO

Cesare faceva parte dei pochi senatori che sostennero il comando di Pompeo fin dall'inizio. La nomina allora fu avanzata dal tribuno della plebe Aulo Gabinio che propose la Lex Gabinia, che assegnava a Pompeo nel 67 a.c., due anni dopo il suo consolato, il comando della guerra contro i pirati del Mediterraneo per tre anni, assicurandogli il controllo assoluto sul mare ed anche sulle coste per 70 km all'interno, al di sopra di ogni capo militare in oriente.

Poteva inoltre scegliere 15 legati dal Senato, da distribuire nelle principali zone di mare, prendere il denaro che desiderava dal Tesoro pubblico e dagli esattori delle tasse, 200 navi armate ed equipaggiate di soldati e rematori. In questa situazione fu affidato dal senato il comando straordinario e senza limiti per tre anni, un imperium maius et infinitum, a Pompeo su tutto il Mediterraneo. Nessuno aveva mai avuto un potere simile nella res publica.



I ROMANI IN CAMPO

L'esercito di Gneo Pompeo Magno nel Mediterraneo, doveva avere 500 navi, 120.000 armati (30 legioni) e 5.000 cavalieri, al comando di 24 pretori e 2 questori, e 1.000 talenti attici. Ma gli effettivi non contarono più di 270 navi, 4.000 cavalieri e 120.000 armati, sottoposti al comando di 14 legati (Floro) o 25 (Appiano di Alessandria) qui elencati:

- Gneo Cornelio Lentulo Clodiano nell'alto Adriatico, con i giovani figli di Pompeo (Gneo il Giovane e Sesto) e non come vorrebbe Floro, questi ultimi posti a guardia del mare egizio;
- Plozio Varo sul Mar di Sicilia;
- Attilio nel golfo ligure (secondo Floro) o il mare di Sardegna-Corsica (secondo Appiano);
- Pomponio nel golfo gallico;
- Torquato nelle acque delle Baleari;
- Tiberio Nerone nello Stretto di Gades;
- Lentulo Marcellino sul mar libico-africano;
- Terenzio Varrone sul basso Adriatico fino all'Acarnania;
- Lucio Sisenna su Peloponneso, Attica, Eubea, Tessaglia, Macedonia e Beozia;
- Lucio Lollio sull'alto Egeo e le sue isole fino all'Ellesponto;
- Publio Pisone sul Ponto Eusino nei mari di Tracia e Bitinia, a nord della Propontide;
- Metello sopra l'Egeo orientale, la Ionia meridionale, la Licia, il Panfilio, Cipro e la Fenicia;
- Cepione sul Mar asiatico;
- Porcio Catone doveva chiudere i passaggi della Propontide.



I PIRATI IN CAMPO

Secondo Plutarco le navi dei pirati erano più di 1.000 unità al termine della I guerra mitridatica e avevano saccheggiato almeno 400 città. 

« In principio si aggiravano con un paio di piccole imbarcazioni, preoccupando gli abitanti della zona come ladri. Protraendosi la guerra, divennero più numerosi e costruirono navi più grandi. Il fatto di avere grandi guadagni, fece si che non smisero quando Mitridate fu sconfitto, chiese la pace, e si ritirò. 
Avendo perso i mezzi di sussistenza e il paese a causa della guerra, caduti in miseria estrema, utilizzarono il mare al posto della terra-ferma; in un primo momento utilizzando imbarcazioni come le pinnaces e le hemiolie, poi con biremi e triremi, che navigavano in vere e proprie squadre sotto dei capi-pirata, che erano come i generali di un esercito. 

Hanno occupato una città non-fortificata. Hanno abbattuto le mura delle altre, catturate dopo un regolare assedio, saccheggiandole. Hanno poi portato via i cittadini più ricchi presso le loro sedi nascoste, tenendoli in ostaggio e chiedendone il riscatto. Hanno disprezzato l'appellativo di ladri, definendo le loro prede quali premi di guerra. Avevano incatenato artigiani a svolgere per loro dei lavori, e portando loro continuamente materiali di legno, ottone e ferro. »

(Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche)


Erano così facili i loro guadagni, da non cambiare vita sebbene la guerra fosse terminata. Si credevano invincibili, costruirono quindi navi ed ogni genere di armi. La loro sede principale si trovava a Cragus in Cilicia (Coracesium), loro ancoraggio comune ed accampamento. Possedevano fortezze con torri, e intere isole in tutto il mondo mediterraneo. Scelsero come "ùquartier generale le coste della Cilicia, con scogliere a picco sul mare. Per questo i pirati erano chiamati Cilici, sebbene ve ne fossero della Siria, Cipro, Panfilia, Ponto e delle regioni orientali. Il loro numero è poi aumentato nel tempo ad alcune decine di migliaia, sparso sull'intero Mediterraneo fino alle colonne d'Ercole.



LA GUERRA

Pompeo divise bacino del Mediterraneo 15 distretti, assegnando a ciascuno navi e comandante. Poi inseguì il nemico prima in Occidente, dal Mar Tirreno, a quello libico, di Sardegna, Corsica e Sicilia in soli quaranta giorni, riuscendo a scovare i loro quartieri generali, a catturare le loro navi, e a stringere d'assedio le coste della Cilicia, ad Oriente. Qui Pompeo guidò le sue 60 navi migliori. Quindi passò per Roma e proseguì per Brindisi, affrontando i pirati orientali, più potenti per numero, navi ed armamenti.

Le bande dei pirati più numerose e potenti si erano rifugiate, con famiglie e tesori, in alcune fortezze presso i monti del Tauro. Presso il promontorio di Coracesium in Cilicia (moderna Alanya), furono sconfitti e poi assediati. Inviarono allora ambasciatori e si arresero insieme alle città ribelli e alle isole sotto il loro controllo. La guerra si era conclusa in meno di tre mesi con la consegna di tutte le navi (71 catturate e 306 consegnate), tra le quali una novantina con la prua d'ottone. I pirati catturati erano più di 20.000 in numero (10.000 uccisi).

« Alcune delle bande dei pirati che erano ancora libere, ma che chiesero perdono, furono trattate umanamente, tanto che, dopo il sequestro delle loro navi e la consegna delle persone, non gli fu fatto alcun male ulteriore; gli altri ebbero allora la speranza di essere perdonati, cercarono di scappare dagli altri comandanti e si recarono da Pompeo con mogli e figli, arrendendosi a lui. Tutti questi furono risparmiati e, grazie al loro aiuto, furono rintracciati, sequestrati e puniti tutti coloro che erano ancora liberi nei loro nascondigli, poiché consapevoli di aver commesso crimini imperdonabili

Riflettendo, dunque, che per natura l'uomo non è e non diventa un selvaggio o una creatura asociale, ma viene trasformato dalla pratica innaturale del vizio; laddove può essere ammorbidito da nuovi costumi grazie al cambiamento di luogo e di vita, allora, se perfino le bestie feroci possono spegnere il loro modo di essere feroce e selvaggio quando queste vivono in modo più dolce la vita,  decise di trasferire gli uomini dal mare alla terra, permettendo agli stessi di vivere in modo più dolce la vita, in città e coltivando la terra. 

Alcuni di loro, quindi, furono accolti ed integrati nelle piccole città semi-deserte della Cilicia, a cui aggiunse ulteriori territori; dopo aver ricostruito la città di Soli, che era stata recentemente devastata da Tigrane, re d'Armenia, Pompeo ne insediò molti lì. Per la maggior parte di loro, tuttavia, diede come residenza la città di Dyme in Acaia, che allora era priva di uomini e aveva molta terra buona. »

(Plutarco, Vita di Pompeo)



NUOVA GUERRA IN ORIENTE

Grazie alla lex Manilia nel 66 a.c. Pompeo ottenne anche il comando della guerra contro Mitridate, estendendo di fatto il suo potere sulla riorganizzazione dell’intero Mediterraneo orientale. Lucullo, che pure stava ottenendo buoni risultati, fu costretto a cedere il comando:

COME DOVEVA APPARIRE UN PIRATA DELL'EPOCA
« Si vide venire incontro Lucullo, il quale disse a Pompeo che la guerra era finita, che non era più necessario fare un’altra campagna militare e che erano già giunti gli uomini inviati dal Senato, per governare su quelle regioni. Poiché Pompeo non acconsentì a ritirarsi, Lucullo lo insultò, chiamandolo affarista e avido di potere. Pompeo non se la prese, ed avendo ordinato che nessuno gli desse retta, mosse contro Mitridate, desideroso di scontrarsi con lui. »

(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana)

Nel 67 a.c. Pompeo, dopo aver ricoperto il consolato nel 70, ricevette un comando straordinario contro i pirati che infestavano il Mediterraneo, attribuendogli poteri straordinari, mentre Lucullo era ancora impegnato militarmente con Mitridate e Tigrane II d’Armenia.

Pompeo venne dunque incaricato di condurre una nuova guerra contro Mitridate VI, re del Ponto, per la conquista e la riorganizzazione dell'intero Mediterraneo orientale. Fu il secondo comando sostenuto da Cesare a favore di Pompeo che condusse le campagne dal 65 a.c. al 62 a.c. con tale potenza militare e capacità amministrativa che, Roma annesse gran parte dell'Asia. Pompeo aveva ripulito l'intero bacino del Mediterraneo dai pirati, dimostrando straordinaria disciplina ed abilità organizzativa.

La città di Tarso divenne la capitale dell'intera provincia romana. Furono poi fondate ben 39 nuove città. Pompeo sconfisse Mitridate, poi Tigrane il grande, re di Armenia, e infine Antioco XIII, re di Siria, quindi occupò Gerusalemme. Con tutte le sue campagne il Ponto e la Siria divennero province romane e Gerusalemme fu conquistata, tutto a nome di Roma.

Le enormi ricchezze tratte dall’oriente furono in parti ridistribuite all’esercito; ogni soldato ricevette 1.500 dracme attiche e di più gli ufficiali, per la cifra di 16.000 talenti. Poi Pompeo, imbarcatosi a Efeso, fece ritorno a Roma nell’autunno del 62 a.c., dove avrebbe celebrato un altro trionfo, il terzo, e avrebbe ricevuto il titolo di Magno.



LUCULLO E POMPEO

« Si salutarono l’un l’altro in modo amichevole, e ciascuno si congratulò con l’altro per le sue vittorie. Lucullo era l’uomo più anziano, ma il prestigio di Pompeo era più grande, perché aveva condotto campagne più importanti, e celebrato due trionfi. 

Fasci incoronati di alloro erano portati nei cortei di entrambi i comandanti, in ricordo delle loro vittorie, e poiché Pompeo aveva fatto una lunga marcia attraverso delle regioni aride senza acqua, l’alloro che avvolgeva i suoi fasci si era inaridito. Quando i littori di Lucullo videro ciò, premurosamente diedero ai littori di Pompeo alcuni rametti del loro alloro, che invece era fresco e verde.

Questa circostanza fu interpretata come un buon auspicio da parte degli amici di Pompeo, perché, con questo gesto, il prestigio di Lucullo ornava ora il comando di Pompeo. Tuttavia, il loro incontro non portò a nessun accordo equo tra le parti, ed al contrario li portò a dividersi ancor più. Pompeo annullò le ordinanze di Lucullo, e portò via tutto, eccetto mille e seicento dei suoi soldati. Questi glieli lasciò, per condividere il suo trionfo, seppure anche loro non lo seguissero molto allegramente. »


(Plutarco, Vita di Lucullo)

IL TRIONFO DI ROMA

IL TRIONFO

Contrariamente a quanto temuto da molti, Pompeo sciolse l’esercito e non si presentò alle elezioni consolari per l’anno successivo anche se avrebbe voluto, perché varcare il pomerium gli avrebbe fatto perdere il diritto al trionfo. Pompeo non si impuntò e si adeguò al volere del senato, ma fece pressioni per far eleggere un suo pupillo, Afranio; pare che ci furono grossi esempi di corruzione per la sua elezione, con moltissimi che si recavano a casa di Pompeo fuori dal pomerium.

« Le iscrizioni [del corteo trionfale] indicavano le nazioni su cui aveva trionfato. Questi erano: Ponto, Armenia, Cappadocia, Paflagonia, Media, Colchide, Iberia, Albania, Siria, Cilicia, Mesopotamia, Fenicia, Palestina, Giudea, Arabia e tutta la potenza dei pirati di mare e terra che erano stati sconfitti. Tra questi popoli furono catturate non meno di 1.000 fortezze, secondo le iscrizioni, e non meno di 900 città, oltre ad 800 navi pirata, e 39 città fondate. 

Oltre a tutto questo, le iscrizioni riportavano che, mentre i ricavi pubblici dalle tasse erano stati pari a 50 milioni di dracme, a cui se ne aggiungevano altri 85 milioni dalle città che Pompeo aveva conquistato e che andarono a costituire il tesoro pubblico, coniato da oggetti d’oro e d’argento per 20.000 talenti; oltre il denaro che era stato distribuito ai suoi soldati, tra i quali, quello a cui era stato dato la quota minore aveva ricevuto 1.500 dracme. 

Tra i prigionieri portati in trionfo, oltre al capo dei pirati, c’era il figlio di Tigrane con la moglie e la figlia, Zosimo con la moglie dello stesso re Tigrane, Aristobulo re dei Giudei, una sorella e cinque figli di Mitridate, alcune donne scite, oltre ad ostaggi dati dal popolo degli Iberi, degli Albani e dal re di Commagene; c’erano anche moltissimi trofei, in numero pari a tutte le battaglie in cui Pompeo era risultato vittorioso (compresi i suoi legati). 

Ma quello che più di ogni altra cosa risultava emergere per la sua gloria fu che nessun romano prima di allora aveva mai celebrato il suo terzo trionfo sopra tre differenti continenti. Altri avevano celebrato tre trionfi, ma lui ne aveva celebrato uno sulla Libia, il suo secondo in Europa e l’ultimo sull’Asia, in modo che sembrava avesse incluso tutto il mondo nei suoi tre trionfi. »

(Plutarco, Vita di Pompeo, 45.2-5)

« Furono catturate e condotte nei porti 700 navi armate di tutto punto. Nella processione trionfale vi erano due carrozze e lettighe cariche d’oro o con altri ornamenti di vario genere; vi era anche il giaciglio di Dario il Grande, figlio di Istaspe, il trono e lo scettro di Mitridate Eupatore, e la sua immagine a quattro metri di altezza in oro massiccio, oltre a 75.100.000 di dracme d’argento.
 
Il numero di carri adibiti al trasporto di armi era infinita, come pure il numero dei rostri delle navi. 
Davanti a Pompeo furono condotti satrapi, figli e comandanti del re [del Ponto] contro i quali [Pompeo] aveva combattuto, che erano (tra quelli catturati e quelli dati in ostaggio) in numero di 324. Tra questi c’era il figlio di Tigrane II, cinque figli maschi di Mitridate, chiamati Artaferne, Ciro, Osatre, Dario e Serse, ed anche due figlie, Orsabari ed Eupatra. 
 
Su un cartello era rappresentata questa iscrizione: rostri delle navi catturate pari a 800; città fondate in Cappadocia pari a 8; in Cilicia e Siria Coele pari a 20; in Palestina pari a quella che ora è Seleucis; re sconfitti erano l’armeno Tigrane, Artoce l’iberico, Oroze d’Albania, Dario il Mede, Areta il nabateo ed Antioco I di Commagene. 
Tale era la rappresentazione del trionfo di Pompeo. »

(Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, 116-117)


BIBLIO

- John Leach, Pompeo, il rivale di Cesare, Ed.Rizzoli, Milano 1983 -
- Luciano Canfora, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, 1999 -
- Plutarco - Vita di Silla -
- Plutarco - Vita di Pompeo
- Plutarco - Vita di Cesare
- Svetonio - Cesare -
- Appiano di Alessandria - guerre mitridatiche -
- Cassio Dione Cocceiano - Storia romana -
- Cicerone - De Imperio Cn. Pompei ad Quirites oratio -
- Floro - Compendio di Tito Livio -
- Livio - Periochae ab Urbe condita libri, -
- Polieno, Stratagemmi -
- Strabone - Geografia -
- Velleio Patercolo - Historiae Romanae ad M. Vinicium -


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