NEPTUNALIA (23 luglio)



NETTUNO

23 LUGLIO - NEPTUNALIA 

Feste in onore di Nettuno, Dio delle acque e dell'irrigazione, festeggiato con la costruzione di capanne di frasche (umbrae). Più tardi questo Dio di origine italica, verrà assimilata a Poseidon, re degli oceani e delle onde, fratello di Zeus, re del cielo, e di Ade, re del mondo sotterraneo.



I NOMI DEL DIO

- presso i greci fu Poseidon (Poseidone)
- presso gli illiri fu Rodon
- presso gli etruschi fu Nethuns
- presso i romani fu Neptunus (Nettuno).



POSEIDONE


Inno omerico a Poseidone

"scuotitore della terra e delle lande marine,
Dio dei profondi abissi
che è anche signore del Monte Elicone
e dell'ampia Aigaì
e domatore di cavalli e salvatore di navi".

Nell'età dell'oro, Poseidone, come riportano le tavolette d'argilla in scrittura Lineare B giunte fino a noi, nell'antica città di Pilo, era considerato il più importante tra gli Dei.

POSEIDONE
In queste iscrizioni il nome PO-SE-DA-WO-NE (Poseidone) ricorre con frequenza molto maggiore rispetto a DI-U-JA (Zeus).

Si trova anche una variante femminile dello stesso nome, PO-SE-DE-IA, il che indica l'esistenza di una Dea compagna di Poseidone che in tempi successivi venne dimenticata. 

Le tavolette rinvenute a Pilo riportano la memoria di sacrifici in onore de "Le due regine e Poseidone" oppure "Le due regine e il re". L'identità che più facilmente può essere attribuita alle due regine è quella di Demetra e Persefone o di due Dee loro antesignane, in ogni caso divinità che in epoche successive non furono più associate alla figura di Poseidone.

Il Dio era già identificato come Scuotitore di terra ovvero E-NE-SI-DA-O-NE nella Cnosso di epoca micenea, un titolo estremamente importante, soprattutto considerando che i terremoti sono stati una delle cause principali della caduta della civiltà minoica. Secondo la mitologia greca, egli abitava in fondo al mare e comandava i mostri marini e le tempeste.

In una delle tavolette di Pilo si trova un legame tra i nomi di Demetra e Poseidone, che compaiono come PO-SE-DA-WO-NE e DA-MA-TE, inseriti in un contesto di richieste di grazia agli Dei. La sillaba DA, presente in entrambi i nomi sembrerebbe derivare da una radice Protoindoeuropea associata al concetto di distribuzione di terre e privilegi, per cui Poseidone potrebbe significare Signore distributore o Compagno della distributrice parallelamente a Demetra, "La madre distributrice".

Secondo Pausania Poseidone era uno dei custodi dell’Oracolo di Delfi prima che Apollo ne assumesse il controllo, ma Plutarco sostiene che appartenesse invece a Gea, la Madre Terra, e così era visto che nel tempio era custodito il serpente pitone. Le celebrazioni in onore di Poseidone si tenevano, all'inizio della stagione invernale, in molte città del mondo greco, visto che in inverno terminava la stagione lavorativa dei marinai.

Apollo e Poseidone spesso si occuparono della fondazione di nuove colonie Apollo per mezzo dell’Oracolo autorizzava i coloni a partire e indicava loro dove stabilirsi, mentre Poseidone si prendeva cura dei coloni durante la navigazione verso la nuova patria e procurava le acque lustrali per celebrare i sacrifici propiziatori per la fondazione della nuova città.

Quindi un Dio delle conquiste e della colonizzazione, un Dio delle battaglie, che fu in parte assorbito
dal Nettuno italico, (in Latino Neptūnus), un po' diverso però, poichè era per i romani il Dio delle acque correnti.


La contesa con Atena per Atene

- Agostino nel "La città di Dio" riporta la spiegazione di Varrone sull'etimologia del nome della città di Atene: la sfida tra Atena e Poseidone:
In quel luogo spuntò all'improvviso un ulivo e sgorgò dell'acqua. Consultato l'Oracolo di Delfi, rispose che l'ulivo simboleggiava la Dea Atena e l'acqua il dio Poseidone e che i cittadini potevano scegliere il nome di una delle due divinità per denominare la propria città.
Il re Cecrope allora convocò tutti i cittadini: i maschi votarono per Poseidone, le donne per Atena. Vinse la seconda perché si ebbe un voto in più delle donne. Allora Poseidone devastò i campi di Atene con le onde del mare e per placarne l'ira le donne furono punite: d'allora in poi non avrebbero più votato, nessun figlio avrebbe preso il nome della madre e nessuna sarebbe stata chiamata come la Dea vincitrice della contesa.

- Apollodoro invece narra che a giudicare la disputa tra le due divinità furono gli Dei dell'Olimpo, che decretarono la vittoria di Atena poiché Cecrope aveva testimoniato che la Dea aveva piantato l'olivo prima di Poseidone.

- In una versione della storia differente, Atena e Poseidone avevano rotto una relazione appena prima della contesa, aggiungendo quindi un altro motivo valido alla lotta per il possesso della città.

- Sembra che la versione più arcaica (e più verosimile) fu che i nuovi invasori greci (i Dori forse?) pretesero di intestare il nuovo tempio di Atene e il nome della città (che già si chiamava Atene) a Poseidone, il loro principale Dio, ma gli ateniesi volevano tributare l'onore ad Atena loro divinità principale.
Si stabilì allora che gli Dei portassero un dono alla città e che i cittadini scegliessero col voto il dono più gradito. Atena portò l'ulivo e Poseidone il cavallo da guerra (portato in effetti dagli invasori).
Gli ateniesi scelsero Atena però i nuovi conquistatori imposero i nuovi costumi: tolsero il voto alle donne, imposero loro le vesti fino ai piedi e il peplo sulla testa,e le richiusero nel gineceo. Fu il passaggio violento dal matriarcato al patriarcato.




NETTUNO

Il Nettuno italico era preposto solo alle acque correnti, quindi Dio fluviale, solo dopo il 399 a.c., divenne il Dio del mare e dei terremoti attingendo all'equivalente greco Poseidone, e Cicerone nel suo trattato Sulla natura degli Dei così lo descrive:
« …Il primo regno, cioè il dominio su tutto il mare, fu affidato a Nettuno che la tradizione vuole fratello di Giove ed il cui nome è un ampliamento del verbo nare (nuotare)… »
(Marco Tullio Cicerone, De natura deorum, II, 66)

Nettuno, come Poseidone, era capace anche di generare "onde" e disturbi mentali, raffigurato alla guida di un carro, trainato da cavallucci marini o cavalli capaci di correre sui mari. Questo giorno, uno dei "dies comitiales" in cui i cittadini si riunivano in comizi per votare, era segnato sugli antichi calendari come Nept. Ludi et Feriae o Nept. Ludi, a indicare che la festa era celebrata con dei giochi. Infatti ai Neptunaliaa furono poi uniti i ludi Neptunialicii (dal III sec. a.c.).

Malgrado il fatto che il suo culto si sia sviluppato solo dopo il suo accostamento a Poseidone, Nettuno fu sempre meno popolare, fra i marinai, di quanto lo fosse Poseidone presso i Greci, forse perchè i romani amavano più la terra del mare, anche nei combattimenti. Tuttavia Nettuno venne chiamato Enosìctono o Enosigeo (lat. Ennosigaeum, gr. Ε(ν)νοσίγαιος, scuotitore di terre), come Poseidone Dio del mare e dei terremoti e maremoti nella mitologia greca.

Nella mitologia romana aveva una divinità associata (paredra) detta a volte Salacia a volte Venilia, e il suo tempio si trovava al Circo Flaminio all'interno del Campo Marzio a Roma. Il simbolo del Dio era il tridente e gli animali a lui sacri erano il cavallo (creato da lui dalle onde del mare), il toro e il delfino.



FESTA DELLE UMBRAE

La festa si celebrava nel periodo della massima siccità, probabilmente invocando le acque benevole che permettevano di percorrere il Tevere navigando fino al mare. Infatti si costruivano delle capanne sulle rive del Tevere, usando rami di alloro, pianta sacra per i romani, Nettuno, al contrario di Poseidone era un Dio anche fluviale.

La costruzione delle capanne sul greto del fiume non ha nulla a che vedere col mondo marino (esiste pure tra gli ebrei detta "la festa delle capanne").

E' un periodo di raccoglimento nel cuore della natura, per ritrovare se stessi e il mondo arcaico e vero, prima che gli uomini si sentissero i prediletti degli Dei. Il fatto che nella cerimonia venisse sacrificato un toro nero indica una certa natura ctonia del Dio, legato evidentemente ad antichi Sacri Misteri. Lo conferma anche il nome  delle capanne, le "Umbrae", con allusione al mondo dei morti.

Sembra sia una festa molto arcaica in cui gli uomini dormivano separati dalle donne per ritrovarsi poi insieme nei banchetti, dove però non si mangiava carne, mentre si facevano frequenti libagioni di vino.

Uomini e donne consumavano insieme il pasto sacro, di cereali, verdure e vino, mangiando e bevendo il corpo della Madre Terra. Sembra che fossero le donne a distribuire agli uomini il cibo mentre gli uomini mescevano alle donne le bevande.
Le donne porgevano le focacce dicendo:- Prendete e mangiate, questo è il corpo della Madre Terra. -
Gli uomini porgevano le coppe di vino dicendo: - Prendete e bevete questo è il sangue della Madre Terra. -

Da questo rituale è stato poi usato dai cristiani per la cerimonia del Corpus Domini, offrendo pane e vino (poi solo ostia e il vino lo beveva il prete) come corpo e sangue di Cristo. Mentre il senso del corpo della madre, cioè la terra che dà i suoi frutti e nutre gli uomini, il senso del nutrirsi del corpo di Cristo non è chiaro, infatti per la chiesa è il Mistero della Transustanziazione.



LE CORSE DEI CAVALLI

I giochi indetti per i Neptunalia si svolgevano sotto la direzione di un pretore ed erano finanziati col ricavo di una vendita di pesci cui partecipava tutta la popolazione per diversi giorni.

Questi introiti erano però più simbolici che efficaci, perchè la festa era sovvenzionata dallo stato tanto è vero che col tempo si allargò e divenne sempre più importante fino ad organizzare le corse dei cavalli nel Circo Massimo.

Si pensa che la festa abbia acquisito maggiore importanza alla fine del I sec. a.c., dopo la vittoria di Azio e dopo che Agrippa fa costruire a proprie spese il portico di Nettuno, per celebrare i propri successi nelle battaglie navali, decorandolo con una pittura di Argonauti.


BIBLIO

- Robert Schilling - "Neptune," Roman and European Mythologies - University of Chicago Press - 1992 -
- R. Bloch - La religione romana - in Le religioni del mondo classico - Laterza - Bari - 1993 -
- D. Sabbatucci - La religione di Roma antica - Il Saggiatore - Milano - 1989 -
- Jorg Rupke - La religione dei Romani - Torino - Einaudi - 2004 -
- Carlo Prandi - Mito in Dizionario delle religioni - a cura di Giovanni Filoramo - Torino - Einaudi - 1993 -


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