GENS MENENIA



La gens Menenia, o Memnia. era un'antichissima famiglia patrizia autoctona esistente già ai tempi di Romolo, ed inclusa nelle cento gentes originarie ricordate dallo storico Tito Livio.

Secondo l'illustre studioso Theodor Mommsen la remota origine di questa famiglia si evince dal fatto che essa diede il nome ad una delle antiche tribù rustiche, l'omonima Tribù Menenia, che comprendeva nel Lazio Preneste, ed in Campania Pompei, Ercolano, Nuceria Alfaterna, Salerno, Sorrento e Stabia; si estendeva inoltre nel Veneto a Vicenza e a Feltre.

La gens Menenia si divise successivamente in vari rami, tra cui i quali il più famoso è quello degli Agrippa; seguito poi da quello dei Lanatii.

I Menenii ebbero un ruolo di primo piano durante l'età repubblicana e furono spesso presenti nelle maggiori magistrature: i suoi membri ricoprirono il consolato per ben 11 volte.



MEMBRI IMPORTANTI

- Agrippa Menenio Lanato, console nel 503 a.c. con Publio Postumio Tuberto, è il personaggio più famoso della gens Menenia, conosciuto generalmente come Menenio Agrippa. Da console ottenne una grande vittoria nella lunga guerra contro i Sabini. Inoltre secondo la tradizione, in occasione della secessione della Plebe sull'Aventino avvenuta nel 494 a.c., tenne un famoso discorso al popolo sulla controversia tra lo stomaco e le altre membra del corpo, per far comprendere la necessità della concordia tra classi sociali per preservare l'unità e la forza di Roma. 

Secondo alcuni studiosi fu in tale occasione che venne istituita la magistratura dei Tribuni della plebe, la prima magistratura plebea a Roma. Menenio fu eletto console nel 503 a.c. assieme a Publio Postumio Tuberto: prima si trovò a fronteggiare gli attacchi dei Sabini, su cui i Romani ebbero la meglio durante gli scontri campali nei pressi di Eretum, e poi la defezione delle città di Pometia e Cori, passate nelle file degli Aurunci. 

Dopo aver sconfitto le fitte schiere dell'esercito aurunco, i due consoli mossero battaglia a Pometia, combattendo ferocemente da ambo le parti, ma fu vinta dai Romani, che decretarono il trionfo per i due consoli. Secondo Dionigi, solo Menenio ottenne il trionfo, mentre a Postumio fu concessa solo l'ovazione, per il comportamento imprudente da lui tenuto durante i primi scontri con i Sabini.

Nelle lotte fra patrizi e plebei, fu considerato un uomo dalle opinioni moderate che ebbe la fortuna, rara nei conflitti civili, di essere apprezzato e stimato da entrambe le parti. Grazie alla sua mediazione, la prima grande rottura fra patrizi e plebei, corrispondente all'evento storico della secessione sul Monte Sacro (o secessione della plebe), fu ricondotta a una conclusione felice e pacifica nel 494 a.c. In questa occasione si dice che abbia esposto alla plebe il suo ben noto apologo del ventre e delle membra.

Morì alla fine dello stesso anno e, poiché aveva lasciato proprietà appena sufficienti a pagare un funerale estremamente semplice, fu sepolto con un magnifico funerale a spese dello Stato. I plebei avevano raccolto contributi volontari per lo scopo, che furono dati ai figli di Menenio, dopo che il Senato decretò che le spese del funerale fossero a carico dell'Erario.

Agrippa spiegò l'ordinamento sociale romano con una metafora, paragonandolo a un corpo umano: infatti, come in tutti gli insiemi costituiti da parti connesse tra loro, così anche nell'organismo dell'uomo, se ciascuna parte collabora con le altre, sopravvive, se invece le parti discordano tra loro, tutte periscono. 

«Una volta, le membra dell'uomo ritenendo lo stomaco ozioso discostarono da lui e disposero che le mani non portassero cibo alla bocca né che la bocca dovesse accettarlo né che i denti dovessero masticare. Ma, nel momento in cui intesero di dominare lo stomaco, pure esse stesse soffrirono e l'intero corpo giunse a un deperimento estremo, di qui, si palesò che il compito dello stomaco non è affatto essere nullafacente, ma, dopo avere accolto i cibi, di redistribuirli in virtù di tutte le membra. E esse ritornarono in amicizia con lui. Così, il senato e il popolo romano in quanto sono un unico corpo, con la discordia periscono con la concordia gioiscono

MENENIO AGRIPPA

- Tito Menenio Agrippa Lanato, figlio del precedente, console nel 477 a.c. con Gaio Orazio Pulvillo, della gens Orazia. Era il figlio di Agrippa Menenio Lanato, console nel 503 a.c. e il padre di Tito Menenio Lanato, console nel 452 a.c. e di Lucio Menenio Agrippa Lanato, console nel 440 a.c.
Il Senato gli affidò la conduzione della campagna contro Veio ed il compito di portare soccorso ai Fabii, mentre al console Gaio Orazio fu affidata la campagna contro i Volsci. L'esercito romano, condotto da Tito Menenio, non si trovava distante dal luogo dove si svolse la battaglia del Cremera, tanto che a Roma si sparse la voce che il console tardò a bella posta a portare aiuto ai Fabii, invidiandone la popolarità

Sconfitti i Fabii, i Veienti sconfissero anche l'esercito condotto da Tito Menenio e si accamparono sul Gianicolo, da dove facevano scorribande sotto le mura di Roma. Solo il ritorno dell'esercito romano guidato dall'altro console Gaio Orazio, riuscì a frenare le iniziative dei Veienti, giunti ormai sotto le mura di Roma. Dopo aver lasciato la carica, nel 476 a.c., Tito fu accusato dai tribuni della plebe Quinto Considio e Tito Genucio di aver lasciato massacrare i Fabii nonostante fosse accampato vicino al luogo della battaglia. 

Il Senato lo difese così come, qualche anno prima, aveva difeso Coriolano e la popolarità di suo padre, che aveva riconciliato plebei e patrizi in seguito alla prima secessione della plebe, impedì ai tribuni della plebe di condannarlo all'esilio, ma dovette comunque pagare una multa di 2.000 assi. Questa ammenda equivalse ad una condanna a morte: non potendo sopportare il dolore per tale affronto si rinchiuse dentro casa ove, poco dopo, morì.

Tito Menenio Lanato, (Agrippae f. Agrippae n.), console nel 452 a.c. con Publio Sestio Capitolino Vaticano, chiamato Gaio Menenio secondo Livio, Lucio Menenio secondo Dionigi e Tito Menenio secondo Diodoro fu eletto console nel 452 a.c. insieme al collega Publio Sestio Capitone.

Una commissione, formata da Spurio Postumio Albo, Aulo Manlio e Sulpicio Camerino, inviata ad Atene, per trascrivere le leggi di Solone, e quindi poterle studiare per riformare le istituzioni romane, ritornò in città.Dopo molte insistenze da parte dei tribuni della plebe, patrizi e plebei concordarono per la costituzione del primo decemvirato:

« Si decise di nominare dei decemviri non soggetti al diritto d'appello e di non avere quell'anno nessun altro magistrato al di fuori di loro. Se i plebei avessero dovuto o meno prendere parte alla cosa fu argomento a lungo dibattuto. Alla fine ebbero la meglio i patrizi, a patto però che non venissero abrogate la legge Icilia riguardante l'Aventino e le altre leggi sacrate »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro III)

SECESSIONE AVENTINA DELLA PLEBE

- Lucio Menenio Lanato, (T. f. Agrippae n.), console nel 440 a.c. con Proculo Geganio Macerino.

- Agrippa Menenio Lanato, (T. f. Agrippae n.), fratello del precedente, console nel 439 a.c. con Tito Quinzio Capitolino Barbato e tribuno militare con potestà consolare nel 419 a.c. con P. Lucrezio Tricipitino, Spurio Nauzio Rutulo, Gaio Servilio Axilla. Nuovamente Tribuno militare nel 417 a.c. con P. Lucrezio Tricipitino, Gaio Servilio Axilla e Spurio Veturio Crasso, della gens Veturia.

- Licinio Menenio Lanato, Tribuno militare con potestà consolare nel 387 a.c. con Lucio Papirio Cursore (della gens Papiria), Gneo Sergio Fidenate Cosso (della gens Sergia), Lucio Emilio Mamercino (della gens Aemilia), Lucio Valerio Publicola (della gens Valeria).
Nuovamente Tribuno militare nel 380 a.c. con Lucio Valerio Publicola, Publio Valerio Potito Publicola, Sergio Cornelio Maluginense (della gens Cornelia), Gaio Sulpicio Petico, Lucio Emilio Mamercino, Gneo Sergio Fidenate Coxo (della gens Sergia), Tiberio Papirio Crasso e Lucio Papirio Mugillano (entrambi della gens Papiria).
Fu ancora Tribuno militare nel 378 a.c. con Spurio Furio, Quinto Servillio Fidenate, Publio Clelio Siculo, Marco Orazio (della gens Horatia), Lucio Geganio Macerino; di nuovo ricoprì tale carica nel 376 con Servio Cornelio Maluginense (della gens Cornelia), Servio Sulplicio Pretestato, Lucio Papirio Crasso (della gens Papiria), Gaio Licinio Stolone, Sestio Terano.


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - Libro II -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - Libri V, VI -
- Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, Libro XII.
- Aurelio Vittore, Liber de Viris illustribus urbis Romae, 18.
-  William Smith - Lanatus - Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology - 1870 -


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