Sappiamo che all’imperatore Traiano fu dedicato un tempio (Templum Divi Traiani et Plotinae), voluto e inaugurato da Adriano, che è stato posto in collegamento con il Foro, ma niente è finora è emerso del suo aspetto e della sua ubicazione. La teoria più accreditata lo collocava a nord della Colonna ma le indagini nei sotterranei degli edifici lo hanno smentito.
Si tratta probabilmente uno dei più grandi edifici coperti mai costruiti nell'antichità, certo la più grande basilica di Roma. Della basilica si conserva solo il settore centrale dell' edificio, con i fusti in granito grigio della navata centrale rialzati negli anni 30.
Del tempio resta l'iscrizione dedicatoria, conservata ai Musei Vaticani, ed è menzionata in due cataloghi regionari del IV secolo, noti come Notitia urbis Romae Curiosum urbis Romae regionum XIIII. Sono attribuiti al suo pronao l'enorme colonna monolitica in granito grigio del Foro (proveniente dalle miniere egiziane del Mons Claudianus), con capitello in marmo lunense bianco, entrambi visibili presso la Colonna Traiana. Il fusto è di circa due metri di diametro e il solo capitello misura 2,12 m di altezza.
Tra i tanti edifici creati sotto Adriano, la Historia Augusta riferisce che solo su questo egli volle apporre il suo nome. Traiano e Plotina non vennero comunque sepolti qui, ma nella cella nel basamento della Colonna Traiana in cui sembra vennero deposte le loro urne d'oro.
La tradizione riportava che le sue fondazioni fossero situate sotto Palazzo Valentini e che fossero state riutilizzate da questo durante la sua costruzione, ma le indagini archeologiche hanno invece rinvenuti resti di insulae, con fondazioni meno consistenti rispetto ad un tempio. Si è quindi ipotizzato che l'edificio si trovasse all'estremità opposta della piazza, in direzione del Foro di Augusto, ma senza risultato.
Si è pensato allora che le celle templari di Traiano e Plotina, fossero le due aule che si aprono ai lati della Colonna Traiana, che presentano nicchie sulle pareti inquadrate da due ordini sovrapposti di colonne, tradizionalmente identificate come biblioteche.
Nel settembre 2011 l'interpretazione dei dati archeologici dal team guidato da Andrea Carandini confermerebbe la presenza del tempio dei Divi Traiano e Plotina in quanto struttura autonoma. Gli scavi diretti da Eugenio La Rocca, oggi già ben valorizzati e visitabili sotto Palazzo Valentini, hanno portato nuovi elementi a sostegno.
Secondo tale ricostruzione, il tempio verrebbe ad essere inserito in uno spazio racchiuso da un alto muro a forma di ferro di cavallo con un colonnato aggettante e, sulla base di confronti con altri edifici romani, avrebbe potuto avere una fronte che, a seconda delle ipotesi, conterebbe sei oppure otto colonne.
LA COLONNA A RISCHIO
Oppure si ipotizza che il tempio sia da cercare altrove, magari sul lato opposto a quello ipotizzato, oltre il cortile della Colonna. Si riteneva però che alle spalle della colonna traiana, dopo la morte dell'imperatore e della moglie Plotina, fosse stato costruito, ad opera di Adriano, il grandioso tempio a lui dedicato, e che ne facesse parte la solitaria colonna di marmo bianco che lì si trova.
La storiella dell'epoca, è che la colonna fosse sopravvissuta grazie a papa Gregorio Magno(590-604) il quale, colpito da una scena in cui si vedeva Traiano aiutare una donna il cui figlio era stato ucciso, pregò per la salvezza dell'anima dell'imperatore. Dio concesse allora la grazia al papa, ammonendolo, però, di non pregare mai più per i pagani, perchè era sconveniente.
Un'altra leggenda, non meno inquietante della precedente, narra invece che al momento dell'esumazione delle ceneri, la lingua di Traiano, ancora intatta, raccontò di come la sua anima fosse stata salvata dall'inferno tramite la preghiera di Gregorio Magno. Meno male, perchè la terra del foro fu dichiarata sacra e la colonna fu risparmiata.
IDENTIFICATO IL TEMPIO DI TRAIANO E PLOTINA
(Fonte)
"Al cospetto della Colonna di Traiano, sul perfetto asse nord-ovest, nell’estremità del Foro di Traiano. È qui che si innalzava il Tempio dedicato all’imperatore Traiano e a sua moglie Plotina, fatto erigere da Adriano nella prima metà del II secolo d.c. come estremo omaggio ai suoi illustri genitori “divinizzati”, che lo avevano adottato.
La fronte avrebbe avuto sei colonne monumentali su un alto podio, una soluzione architettonica che avrebbe fatto scuola, diventando modello per il successivo tempio di Antonino e Faustina al Foro Romano. Per la prima volta, infatti, viene identificato il luogo esatto in cui fu eretto il Tempio dei Divi Traiano e Plotina, un tassello del puzzle dei Fori Imperiali che ancora mancava all’appello.
A darne le precise coordinate è un team di illustri archeologi, Fabio Cavallaro, Paolo Carafa ordinario di archeologia e storia dell’arte greca e romana all’università La Sapienza, e Andrea Carandini emerito di archeologia classica all’università La Sapienza, che hanno annunciato la notizia nel nuovo fascicolo della rivista “Archeologia Viva” da oggi in edicola.
Si tratta di un’ipotesi, però supportata da lunghe ricerche certosine scortate anche dall’uso di tecnologie informatiche all’avanguardia, che hanno consentito, a detta dei tre studiosi, di individuare il punto esatto del famoso edificio di culto e di effettuarne una ricostruzione virtuale.
“Cambia moltissimo l’interpretazione del sito – dichiara Andrea Carandini – Il Tempio di Traiano e Plotina completa, colmando uno spazio vuoto, l’architettura di Apollodoro di Damasco”. Il famoso architetto favorito di Traiano. Il Tempio risale indubbiamente alla prima fase del loro rapporto, quando l’architetto era al servizio del nuovo imperatore”.
Secondo gli studiosi Adriano completò il progetto urbanistico dei Fori Imperiali: l’area compresa tra le aule e le domus alle pendici del Quirinale venne recinta da un alto muro sorretto da una delle fondazioni individuate dai recenti carotaggi. Al centro di questo spazio, con la fronte rivolta verso l’ingresso del Foro di Traiano, venne costruito il Tempio di Traiano e Plotina. “Il Tempio comunque doveva essere un progetto già previsto da Traiano – avverte Carandini – Adriano non ha fatto altro che completare il programma”.
Come osservano gli archeologi, gli scavi per la linea C della metropolitana hanno riportato alla luce una grande porzione di strutture dell’epoca di Adriano proprio nell’area nord della Colonna di Traiano.
“Possiamo immaginare il podio del Tempio – spiega Cavallero – composto da sette ambienti ambienti racchiusi da una fodera di blocchi necessaria a sorreggere il colonnato del pronao e i muri della cella. Lungo il grande muro che recingeva l’area del Tempio possiamo immaginare colonne aggettanti su un alto plinto che decoravano la nuova area sacra e inquadravano l’ingresso di età traianea sull’esempio della biblioteca di Atene voluta dallo stesso Adriano”.
(La Repubblica)
Progetto bellissimo, ma con la burocrazia italiana.....
EUGENIO LA ROCCA
Del templum divi Traiani abbiamo sicure attestazioni dalle fonti le quali, tuttavia, non chiariscono quale fosse la morfologia dell’edificio né quale fosse la sua effettiva ubicazione, che sappiamo, comunque, connessa con la colonna di Traiano. La riproposizione di un
edificio templare di ordine gigantesco, con 8 × 10 (o 9) colonne di granito egiziano di 50 piedi
di altezza, continua a basarsi sulla ricostruzione ipotetica dell’area a settentrione del foro di
Traiano codificata da Guglielmo Gatti e da Italo
Gismondi.
In realtà, le soluzioni finora
proposte non tengono conto dell’arco partico di Traiano, la cui collocazione all’ingresso meridionale del foro di Traiano, come suggerito da Rodolfo Lanciani e da Italo Gismondi, non
può più essere sostenuta. È verosimile che l’arco, i cui lavori, avviati nel 116 erano ancora in corso alla morte di Traiano, e che fosse all’ingresso principale del foro, il settentrionale. L’arco partico nella zona del templum divi Traiani costringe a rivedere l’assetto adrianeo
dell’area del foro di Traiano a nord della colonna coclide.
L’ubicazione di un tempio di misura
eccezionale, periptero ottastilo con o sine postico, ha poggiato a lungo sulla falsa indicazione di alcune emissioni traianee datate tra il 106 e il 108 d.c., sulle quali
compaiono facciate di templi corinzi ottastili, talvolta con porticati ai lati. Le immagini sono state interpretate impropriamente come raffiguranti il tempio del
divo Traiano, sebbene la loro cronologia non lo consenta.
Le informazioni in merito sono minime:
- Il Curiosum e la Notitia assegnano alla regio VIII il templum et columnam
divi Traiani, quindi, nelle immediate vicinanze della colonna Traiana al punto che ambedue i monumenti sembrano formare
un’unità inscindibile.
- Sappiamo che Adriano, sebbene avesse realizzato ovunque un numero
infinito di opere edilizie monumentali, avrebbe iscritto il suo nome solo sul templum Traiani patris.
- C’è una segnalazione di Aulo Gellio sulla presenza in bibliotheca templi Traiani degli
editti degli antichi pretori.
- C'è un frammento della lastra M dei fasti Ostienses, del 126: in quell’anno Adriano dedicò un templum Divorum e promosse lo svolgimento di munera riferite al restauro
del templum dei divi Vespasiano e Tito nel Campo Marzio, il cui nome Divorum, non è improponibile si riferisca ai divi Traiano e Plotina.
- Lo consentono la cronologia: Plotina morì nei primi mesi
del 123 e i lavori di sistemazione dell’area della colonna coclide e delle zone limitrofe furono completati qualche tempo dopo, come dichiarano alcuni bolli di mattone datati 123 e 125 e l’utilizzo del nome aedes Divorum anche per un tempio collocato
sul Palatino, forse dei divi Augusto e Livia, in cui i fratres Arvales si riunirono nel 145 e nel
218 d.c.
- Il tempio del divo Traiano, al momento dell’associazione al culto di Plotina, sarebbe
diventato templum divi Traiani et divae Plotinae, o templum divorum Traiani et
Plotinae, o templum Divorum. C’è però il compendio dell’opera storica di Cassio Dione dovuta a Xifilino, secondo cui
Adriano «quando morì Plotina, grazie all’amore della quale aveva ottenuto il potere imperiale, la
onorò in modo straordinario, tanto da portare la veste nera per nove giorni, innalzare un tempio e comporre, in sua memoria, alcuni inni»
- Un monumento di incerta localizzazione, sebbene venga per lo più ubicato
presso la chiesa di S. Maria in Campo Carleo, detta anche Spoglia Cristo, nelle cui vicinanze, secondo Flaminio Vacca, furono «cavate le vestigia d’un Arco Trionfale con molti pezzi d’istorie».
- Dei resti attribuiti al tempio corrisponde ai vani sotterranei, ex-carceri, lungo la facciata posteriore di palazzo Valentini, verso la colonna Traiana. Qui sono state rinvenute strutture murarie di fondazione in opera cementizia, che reggevano filari di blocchi di travertino e peperino. Ne sono conservati in situ sei integri dei quali tre ancora allineati nord-sud, in asse con il basamento della
colonna Traiana e tracce di alcuni altri sulle superfici della fondazione.
I travertini sostenevano e distribuivano il peso di volte rampanti come sostegno di
una scalea ascendente da sud verso nord. Sopra queste volte, sono state riconosciute le tracce di 4 gradini, ma qualora si tratti della scalea
del tempio, dovevano esserci almeno 25 gradini per superare il livello del podio dal suo piano base.
Le ex-carceri sono considerate in comunicazione con i resti di quattro vani quadrangolari in laterizio coperti con volte a crociera ribassata, collegati tra loro, e rinvenuti nei sotterranei delle aree più interne di palazzo Valentini, negli spazi dell’ex-sala mensa,
sotto l’aula consiliare. I vani, di 28-30 m2 ciascuno, avevano pareti
di m 1,20 ca., che poggiano su una fila di blocchi di travertino di m 0,74 di altezza. La tecnica costruttiva, eccellente, è inquadrabile nella prima età adrianea in base a un bollo di mattone ivi rinvenuto, del 121.
Unendo insieme tutti questi dati, nella più recente proposta di ricostruzione il tempio è un periptero sine postico della misura di m 40 × 48 ca., ottastilo con duplice fila di colonne nella pars antica e con 10, oppure 9 colonne sui lati lunghi, per un numero complessivo di 30 oppure 28 colonne.
In quanto all’area antistante al tempio, è stata valutata intorno ai m 16 s.l.m. Poiché il livello del cortile della colonna Traiana con i suoi m 17,30 ca. s.l.m.
è più alto di m 1,30 ca., si dovrà supporre che alcuni gradini colmassero la differente altezza. È possibile, perciò, che tra cortile della colonna e area templare non ci fosse alcun salto di quota.
In base alla pianta aggiornata delle fondazioni sotto palazzo Valentini risulta difficile riproporre
per il templum divi Traiani una facciata di 8 colonne. Pertanto, la presenza in situ di un edificio monumentale è delegata solo ad alcune gallerie longitudinali nelle ex-carceri e ai resti di quattro ambienti con volta a crociera nella sala dell’ex-mensa: dati che non dicono nulla sui modi in cui potevano essere sostenute colonne colossali.
L’ostacolo nasce tuttavia dall’ordine gigantesco del tempio. La prima questione è il numero di
colonne di 50 piedi necessario per realizzare il tempio come immaginato: periptero ottastilo con ben 28 (o 30) colonne di 50 piedi di granito grigio del mons Claudianus e,
forse, di granito rosa di Syene, ci si dovrebbe domandare se ci fossero effettivamente le condizioni per un utilizzo
su larga scala di colonne di 50 piedi: e naturalmente il discorso vale anche per quelle in granito di
Syene.
In età flavia, per il templum Pacis, se ne adoperarono solo sei di granito rosa. Sappiamo ora
che neppure nelle terme di Traiano ci fossero fusti monolitici di simile imponenza, e che per il Pantheon ci si accontentò di colonne di 40 piedi.
INTORNO AL TEMPIO
Con rarissime eccezioni, in tutte le proposte ormai storiche di restituzione dell’area
fino alla tavola della Forma Urbis Romae di Rodolfo Lanciani, il tempio, che funge da
punto focale dell’intero foro di Traiano, è rappresentato solitamente entro un porticato che lo cinge
almeno su tre lati, e con una serie di varianti nel collegamento della sua fronte rivolta verso il cortile
della colonna Traiana.
Eppure,
un tempio esastilo con colonne di 50 piedi in facciata, isolato rispetto ai monumenti circostanti e
su podio, non si adegua ai canoni architettonici romani per lo slancio eccessivo delle colonne, non
rispondente alla larghezza dell’edificio.
Se si accetta la presenza di un tempio colossale periptero ottastilo, ai suoi fianchi non potevano esserci porticati, o rettilinei o curvi, per mancanza di spazio.
Un edificio di misura proporzionale alle colonne di 50 piedi a
nord del foro di Traiano, lo si dovrebbe ricostruire senza recinzione; anzi, gli si sarebbero addossati quartieri di abitazione
privata, siamo però ai bordi del foro
Romano, in una zona ad alta densità monumentale, e comunque il tempio non aveva case private
addossate ai suoi fianchi.
Alle spalle della basilica Ulpia, la cui facciata era rivolta verso il piazzale del foro,
era ubicato il cortile nel quale si ergeva la colonna coclide, dedicata insieme al tempio di Venere e Roma nel foro di Cesare. La colonna, monumento celebrativo delle gesta di Traiano, non include
le imprese partiche, assenti, peraltro, in tutto il foro: evidentemente l’intero programma figurativo venne compiuto prima del 116,
quando l’imperatore ebbe dal senato la titolatura ufficiale di Parthicus.
Si afferma che la morte prematura di Traiano e la conseguente immediata
consecratio avessero costretto a revisionare l’assetto settentrionale del foro per collocare
le sue ceneri nel piedistallo della colonna e per realizzare il templum a lui dedicato. I lavori di risistemazione dell’area devono aver inevitabilmente modificato anche gli accessi al foro
dal Campo Marzio.
Fino alle odierne ricerche, era prevalsa la convinzione che l’ingresso principale al foro fosse
lungo il suo lato meridionale, sotto forma di un propileo simile a un arco trionfale, come raffigurato su una ricca serie di aurei e sesterzi nei quali il monumento presenta sei colonne a risalto ai lati di un fornice centrale
d’accesso, mentre gli spazi tra le colonne sono decorati con statue entro edicole in basso, e con
imagines clipeatae in alto.
COLONNE DEL TEMPIO SOTTO PALAZZO VALENTINI |
Gli scavi hanno però offerto una diversa immagine del settore meridionale del foro di Traiano,
il cui limite coincide con la parete settentrionale del foro di Augusto. La fondazione non mostra la presenza
di uno o più archi monumentali, ma poteva benissimo reggere colonne a risalto, di cui sono stati trovati significativi frammenti.
I segmenti trasversali
della parete avevano in facciata colonne a risalto, e relative lesene, dell’altezza di 40 piedi, di cipollino e di pavonazzetto; invece il setto centrale, dove si apriva il portale d’accesso alla galleria retrostante e al cortile meridionale, aveva in facciata colonne di giallo antico, anch’esse di
40 piedi, sormontate da una trabeazione continua e da un attico con iscrizione dedicatoria. Superata la galleria, si accede a un ampio cortile, il cui lato meridionale si addossa
al fianco del foro di Augusto.
Le monete con legenda Forum Traianum e un’altra serie di aurei e sesterzi emessi nello stesso periodo con legenda Basilica
Ulpia e la riproduzione, aderente al vero, della facciata dell’edificio, si
riferiscono a due eventi che le fonti considerano distinti, anche se avvenuti nella medesima giornata, l’1 gennaio 112: la dedica del foro di Traiano e la dedica della basilica
Ulpia.
Se le
emissioni con l’immagine della basilica Ulpia si riferiscono alla sua dedica, le emissioni con la raffigurazione del propileo devono riferirsi a tutto il complesso monumentale; quindi vi dovrebbe essere riprodotto
l’ingresso principale.
Anche per questo motivo l’edificio rappresentato sulle monete deve l’accesso monumentale all’intero complesso forense che doveva essere lungo il suo limite settentrionale.
Dovevano esserci alcuni passaggi dall’esterno verso le gallerie porticate del piazzale così come verso il cortile della colonna lungo i bordi delle c.d. biblioteche, ma nessuno con valenza monumentale. Resta scoperto solo il lato settentrionale, verso la colonna Traiana: qui doveva essere il principale ingresso al foro,
prima ancora dell’eventuale costruzione del templum del divo Traiano.
La presenza di questo ingresso è confermata dalla lettura delle scene figurate sulla colonna
stessa. Alcuni degli episodi più significativi delle guerre daciche compaiono lungo la verticale della colonna rivolta verso nord. Solo
la presenza di un importante accesso al foro da settentrione può essere stata la motivazione perché fosse data maggiore enfasi ai rilievi scolpiti su questo lato. Lo spettatore era invitato a
entrare, e di qui iniziava il suo percorso nel foro, partendo dalle prime scene figurate nella spirale.
I Romani in realtà videro nelle imprese di Traiano in oriente uno
dei loro più alti raggiungimenti militari: e così esse furono magnificate dal sistema comunicativo
dell’epoca. L’imperatore, che con marce folgoranti aveva occupato l’Adiabene e le città di Babilonia, di Seleucia e di Ctesifonte, la capitale dei Parti, aveva l’intenzione di aggiungere all’impero
una nuova ricchissima provincia, l’Assiria.
Il senato decretò che
l’imperatore potesse celebrare quanti trionfi avesse voluto, dato il gran numero di nazioni sconfitte, di cui il senato non riusciva neppure a comprendere o a pronunciare i nomi. Prese avvio
anche l’erezione di un arco trionfale: «Così, oltre agli altri innumerevoli onori, gli stavano approntando, nel foro che porta il suo nome, un arco trionfale e, se fosse tornato, erano pronti a percorrere una lunga
distanza per andargli incontro».
Da Adriano a
Marco Aurelio e Lucio Vero, nelle iscrizioni pubbliche il divo Traiano è denominato solitamente
Parthicus, e non Dacicus Parthicus. Le imprese partiche di Traiano forse non hanno ottenuto un
risultato stabile nella regione, ma a livello comunicativo esse dichiaravano che i Romani avevano
la forza e la capacità di debellare il loro più temibile avversario. Guarda caso, proprio nell’area del
foro di Traiano, nelle due dediche gemelle di Adriano parentibus suis, rinvenute nelle vicinanze
del cortile della colonna, il divo Traiano è denominato solo Parthicus.
In breve, se i rilievi della
colonna Traiana fossero stati realizzati all’epoca di Adriano, vi sarebbero state compendiate non
solo le imprese daciche, ma anche quelle partiche: nel tempo non si rileva nessuna modifica nel
programma figurativo del monumento, neppure sul suo piedistallo, la cui dedica non ha subito
nessuna correzione.
(Eugenio La Rocca)
TEMPLUM TRAIANI |
TEMPLUM DIVI TRAIANI ET PLOTINAE
Nel costruire il tempio di Traiano e Plotina, Adriano non ha fatto che portare a termine il progetto di foro che era stato elaborato da Traiano e Apollodoro di Damasco. Siamo stati i primi a rivalutare la presenza di questo tempio sulla base di due cellae delle sei che formavano il podio del tempio, ben conservate sotto il palazzo della Provincia, e della notizia di enormi colonne crollate rinvenute nel xviii secolo, di cui una ora ai piedi della colonna coclide, felicemente ritrovate da un recente scavo al di sotto del medesimo palazzo.
Forse anche i tre auditoria o sale per conferenze rientravano nel progetto originario, connessi com’erano al colonnato che rivestiva la piazza curveggiante ai lati del tempio; al momento della costruzione contestualizzate da Adriano nell’ambito di una nuova concezione, quella dell’Athenaeum di Adriano (133 d. C.), una scuola delle arti liberali in cui si cimentavano letterati, retori e filosofi.
In questo modo anche le biblioteche del foro di Traiano finivano per essere associate agli auditoria, come avveniva nel templum Pacis, nella porticus Octavia e nella bibliotheca di Adriano ad Atene. Tra le due bibliothecae del templum Pacis e le due sale, una delle quali riservata alla Forma Urbis e al relativo archivio di cui restano gli indizi degli armadi, sono altre due sale di cui fino ad ora si è ignorata la funzione.
La rivela un passo di Galeno: “Gli amici insistettero perché mostrassi pubblicamente in qualche grande auditorium la verità delle osservazioni anatomiche che avevo descritto. calunniatori non si trattenevano dal mettermi in ridicolo al tempio della Pace dove, prima dell’incendio (del 192), avevano l’abitudine di riunirsi quelli che si occupavano di saperi razionali”.
Altri ambienti per questi auditoria nel tempio della Pace non vi sono, salvo i due in questione. All’unico di questi che in parte conosciamo si accedeva sia dalla porticus del templum che dalla retrostante scorciatoia per le Carinae. Possiamo facilmente immaginarlo come un auditorium, con gli abituali gradini per gli uditori, posto accanto a una biblioteca, come in quella di Adriano ad Atene.
Galeno aveva raccolto e chiuso libri e oggetti negli horrea Piperataria, i magazzini delle spezie, probabilmente quelli mai riconosciuti e ricostruiti tra il tempio di Antonino e Faustina e il tempio Flavio di Giove Statore, vicino all’infiammabilissima biblioteca del tempio della Pace. Dopo l’incendio del 192, gli ambienti degli auditoria del templum Pacis sono stati tramezzati, il che indica un loro diverso uso, e il descritto settore degli horrea Piperataria, in parte distrutti verso la Sacra via, riceve al posto un bagno, la cui pianta risulta interamente errata e da rifare. Forse erano qui i locali usati da Galeno.
La Sacra via, impasticciata da questo bagno e da per lo meno dieci stationes di città orientali, oltre che da almeno due fontane, somiglia sempre più a un grande suk. A volte bibliotheca e auditorium formano un tutt’uno, come nelle biblioteche semicircolari delle terme di Traiano e forse anche in quelle di Diocleziano. Edifici semicircolari possono essere ninfei, latrine, esedre e anche biblioteche.
Nella biblioteca delle terme di Traiano, che è la meglio conservata, vi era al centro una grande nicchia, per una grande statua, e ve ne erano altre cinque ai lati, scandite da colonne e su due piani, quindi venti nicchie in tutto, destinate ad accogliere tabulae e volumina. Scale sul retro consentivano di salire alla balconata superiore, come nelle biblioteche tra domus Augusti e Augustiana.
La luce penetrava tra le colonne che si aprivano sulla porticus e dal finestrone che la ricostruzione ha ipotizzato. La copertura era a semicupola. Ai lati della nicchia centrale e ai piedi di quelle minori laterali erano i tre gradini di questo auditorium incorporato nella biblioteca stessa. Il pavimento era a tarsie marmoree di pavonazzetto e giallo antico.
(Abdrea Carandini)
Vedi anche: FORO DI TRAIANO
BIBLIO
- Carandini A., Atlante di Roma antica, Milano, Electa, 2012.
- Meneghini R., Santangeli Valenzani R. - I Fori Imperiali. Gli scavi del Comune di Roma (1991-2007), - Roma - Viviani Editore - 2008 -
- Taliaferro Boatwright M. - Hadrian and the city of Rome - N. J. - Princeton University Press - 1984 -
- A. Cassatella - Antoninus, divus et
Faustina, diva, aedes, templum - Pensabene - 1996 -
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