CULTO DI MUTUNO TUTUNO



FASCINUS

«Stando a Varrone, nei crocicchi d'Italia furono celebrati i misteri di Libero con tanta licenziosità che in suo onore si ebbe un culto fallico, e almeno fosse avvenuto in un luogo un po' appartato, ma invece in pubblico con sfrenata dissolutezza. Infatti durante le feste di Libero uno sconcio membro virile, esposto con grande solennità su un carretto, veniva trasportato dapprima in campagna nei crocicchi e poi fino alla città. 

Nel paese di Lavinio si consacrava a Libero un mese intero, durante il quale tutti pronunciavano delle sconce invocazioni fino a quando l'organo fallico non riattraversava la piazza e non veniva ricollocato al suo posto. La più onesta madre di famiglia doveva pubblicamente imporre una corona all'emblema disonesto. In questo modo si doveva propiziare il dio Libero per il buon esito dei semi, si doveva allontanare il malocchio (fascinatio repellenda) e per questo si costringeva una matrona a compiere in pubblico un rito che non si doveva permettere in teatro neanche a una cortigiana se le matrone fossero state presenti.»

Mutuno Tutuno, ovvero Mūtūnus Tūtūnus, o Mūtīnus Tītīnus, era una divinità fallica preposta alla tutela del matrimonio dell'antica religione romana, piuttosto simile a Priapo. I padri della chiesa molto si scandalizzarono per le figure priapee del pantheon romano e molto le diffamarono attribuendo usanze e costumi dei romani molto spinti e arditi per scandalizzare i nuovi cristiani.

Questi diffusero infatti la falsa notizia per cui le spose romane durante i riti matrimoniali cavalcassero il fallo di Mutuno per prepararsi all'amplesso. Arnobio afferma che le matrone romane erano in qualche modo obbligate a salire in groppa (inequitare) all'“orribile fallo” di Tutuno, specificando che le spose imparavano, tramite questo rito, a non essere imbarazzate dal sesso.

Completamente falso perchè i romani volevano le mogli illibate e ingenue, al punto che se le sposavano anche a 12 anni. E' anche vero che l'amplesso in certi matrimoni precoci, stabiliti dalle famiglie per questioni di alleanze, non venivano mai, o quasi mai, consumati prima dei sedici anni.


SOLO FALLO

A differenza di Priapo, rappresentato in forma umana, ma munito di un gigantesco fallo eretto, Mutunus era rappresentato solo dal fallo, in quanto al termine Tītīnus dovrebbe derivare da tītus, un'altra espressione popolare per il pene.

Plinio il Vecchio afferma che il fascinus, cioè l'amuleto, fungeva da medicus invidiae, ossia un rimedio per allontanare invidia e malocchio.

Per gli antichi romani il termine fascinum (o fascinus) poteva riferirsi sia al Dio Priapo (nominato anche Fascinus da Plinio il Vecchio), come agli amuleti fallici contro il malocchio e pure agli incantesimi per stregare qualcuno o qualcosa. 

Il nome del Dio è collegato a due parole popolane riferite al pene: mūtto e mūtōnium. Lucillio è il primo a segnalare l'esistenza di entrambe le forme: at laeva lacrimas muttoni absterget amica (con la mano sinistra la ragazza asciuga le lacrime di Mutto).

Mūtōnium deve essere il termine più tardivo poichè si ritrova fra i graffiti di Pompei. Orazio, in una sua satira, immagina un dialogo dell'animo di un certo Villio con il padrone stesso: 
"Huic si muttonis verbis mala tanta videnti diceet haec animus: “Quid vis tibi? Numquid ego a te
magno prognatum deposco consule cunnum velatumque stola, mea cum conferbuit ira?

(A lui, che tanti mali ha subito, se l'animo gli dicesse, con le parole del mutto: “Che vai cercando? Sono forse io che ti chiedo una fica discesa da un console illustre e velata di stola quando la mia rabbia ribolle?”)

PRIAPO


IL CULTO

Il suo tempio era posto sul colle Velia, anche se non ancora localizzato, e durò probabilmente dalla fondazione di Roma sino al I secolo a.c.. Stando a Festo esso fu distrutto per far spazio ad un bagno privato per il pontifex Gneo Domizio Calvino (prima del 75 a.c. – dopo il 20 a.c.), anche se si trattava di una delle costruzioni più antiche, ma ammesso sia vero, non se ne comprende la ragione.

Il culto di Priapo risale ai tempi di Alessandro Magno, ripreso poi dai Romani, collegato ai riti e alle orge dionisiache. Il suo culto era anche fortemente associato al mondo agricolo ed alla protezione delle greggi, dei pesci, delle api, degli orti.

Spesso infatti, cippi di forma fallica venivano usati a delimitare gli agri di terra coltivabile. Questa tradizione è continuata nel corso dei secoli ed è resistita alla moralizzazione medievale del monachesimo. Infatti ancora oggi, possiamo trovare diversi esempi di cippi fallici in Sardegna, Puglia, Basilicata o nelle zone interne di Spagna, Grecia e Macedonia del Nord.


GIULIO CESARE

L'archeologo britannico Robert Palmer sostenne che l'antico culto di Mutuno venne affiancato a quello di Libero, identificato spesso con Giove, Bacco e Priapo Lampsaco, e che Mutuno, nella forma di Libero, ricevette il sacrificio da parte di Giulio Cesare nel giorno del suo assassinio, ricevendone presagi negativi che Decimo Bruto cercò di minimizzare.

Cesare aveva precedentemente celebrato la sua vittoria della battaglia di Munda nei Liberalia, tenuti il 17 marzo in onore di Libero, e nelle idi di marzo visitò la casa del ‘'pontifex'’ Calvinus, probabilmente ubicata nelle vicinanze dell'antico tempio di Mutuno-Libero. Secondo Palmer questo diede ad Augusto il diritto di riformare il culto tramite il suo programma di ripristino religioso dove il Dio fu ellenizzato come Bacchus Lyaeus, colui che protegge da preoccupazioni ed ansietà.

Palmer mette in evidenza l'iconografia comune di Bacco-Libero-Priapo e l'etimologia associativa del nome della gens Titius. Il titus ("pene") con le ali era un gioco di parole comune all'epoca, dal momento che la parola si riferiva anche ad un tipo di uccello.



CONTRO IL MALOCCHIO

Il fallo alato è un riferimento a Priapo Lampsaco, un motivo decorativo comune nell'arte romana, che funge anche da apotropaico contro il malocchio.

Plinio addirittura asserisce che il "Fascinus populi romani" era custodito nel Tempio di Vesta e che facesse parte dei sacra romana, ossia gli oggetti sacri protettori di Roma, nascosti e protetti dalle Vergini Vestali. Essi erano detti Pignora Imperii e finchè venissero custoditi l'Impero romano non poteva cadere. Essi erano:
- La pietra di Cibele, una pietra conica nera (forse un meteorite) considerata il betilo della Dea, trasferito a Roma durante le guerre puniche.
- La quadriga di Veio, opera in terracotta dello scultore etrusco Vulca che ornava il tempio di Giove sul Campidoglio.
- Le ceneri di Oreste, figlio del re Agamennone e di Clitennestra e fratello di Ifigenia, Elettra e Crisotemi la cui vicenda è legata anche al lago di Nemi e a Diana.
- Lo scettro di Priamo, ultimo re di Troia.
- Il velo di Iliona, figlia suicida di Priamo.
- Il Palladio,  la scultura fatta da Atena per l'amica Pallade.
- Gli Ancilia, i 12 scudi bilobati dei sacerdoti Salii, uno solo dei quali era l'originale - inviato da Marte Gradivo a re Numa Pompilio come pegno dell'eterna invincibilità di Roma.

Alcuni miti romani, come la nascita di Servio Tullio, fanno intendere che il fallo fosse l'incarnazione della sacra forza generatrice maschile presente nella terra, e quando un generale celebrava un trionfo veniva appeso un fascinus sotto il carro per proteggerlo dall'invidia. 

Agostino d'Ippona, la cui principale fonte si presuppone fosse stata un'opera teologica perduta di Varrone, annota che durante la festa annuale di Liber, identificato spesso con Dioniso e Bacco, veniva portata in processione un'immagine fallica che doveva proteggere i campi dalla "fascinatio", ossia dalle maledizioni e dal malocchio.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Arnobio - Adversus nationes - Tutunus -
-  Tertulliano - Ad nationes -  Johns Hopkins University Press - 1982 -
- Lattanzio - Divinarum Institutionum -
- Agostino - De civitate Dei -
- R.W. Dyson - The City of God Against the Pagans - Cambridge University Press, 1998 .
- Jean-Noël Robert - Eros romano: sexo y moral en la Roma antigua - Editorial Complutense - 1999 -
- Mary Beard, John North et al. - Religions of Rome: A Sourcebook - Cambridge University Press - 1998 (dove si ricalca il pregiudizio di Tertulliano nel raccogliere divinità da deridere compreso Mutunus) -
- Carlos A. Contreras - “Christian Views of Paganism” -
- Marziale - Epigrammata, III - Corpus Priapeorum -
- Festo - da Lawrence Richardson - A New Topographical Dictionary of Ancient Rome - sub voce Mutinus Titinus - Johns Hopkins University Press - 1992 -


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