CULTO DI NONA



LE PARCAE ROMANE

Le Parche (in latino Parcae), nella mitologia romana, sono il corrispettivo delle Moire greche, e delle Norne norrene. Le Parche romane rappresentavano il destino ineluttabile, contro cui perfino gli Dei nulla potevano. Esse tessevano il filo del fato di ogni uomo, svolgendolo in un intrigo di altri fili per poi reciderlo segnandone la morte.

C'erano poi le Norne, il cui nome derivava da Norn "colei che bisbiglia un segreto" (il futuro), vivono presso la fonte sacra, ove tessono il filo del destino o incidono le rune. In origine, come al solito si trattava di una sola Dea, la Parca, suddivisa in tre aspetti di nascita, crescita e morte.

Poi restò solo la nascita, come Dea unica e per riformare la trinità vi si aggiunsero la Nona e la Decima, che presiedevano agli ultimi mesi di gravidanza (anche se il decimo mese di gravidanza non esiste). Infine fu cambiato il nome della Parca in Morta (in realtà colei che dà la morte).

LE MOIRE

Esse erano figlie di Giove e Temi (la Giustizia che in realtà fu una Grande Madre), e stabilivano il destino degli uomini. In arte e in poesia erano raffigurate come vecchie tessitrici pericolose o come oscure fanciulle. In un secondo momento furono assimilate alle Moire (Clòto, Làchesi e Àtropo) ma sempre divinità che presiedono al destino dell'uomo.

LE NORNE
La prima filava il filo della vita; la seconda stabiliva i destini e la loro durata; la terza tagliava inesorabilmente il filo della vita al momento stabilito. Le loro decisioni erano immutabili: neppure gli Dei potevano cambiarle. Venivano chiamate anche Fatae, ovvero coloro che presiedono al Fato (dal latino Fatum ovvero "destino"). 

Nel Foro, in loro onore, erano state realizzate tre statue, chiamate tria Fata ("i tre destini"). La tripice Dea venne trasformata, nei diversi tempi e luoghi nelle tre Furie, le tre Eumenidi e le tre Grazie. Nel basso medioevo esisteva ancora a Roma il sito Tria Fata, nei pressi della chiesa di San Lorenzo in Miranda, nella cella di quello che era stato il Tempio di Antonino e Faustina. 

Erano le statue di tre personaggi femminili che Plinio il Vecchio indica come le tre Sibille le cui statue erano state fatte porre nel Foro in tempi molto antichi, una già dal re Tarquinio Prisco e le altre due da Marco Messalla.

Procopio cita il sito narrando i fatti del Bellum Gothicum, quando indica il Tempio di Giano come posto nei pressi della Curia e poco distante dalle Tria Fata, un gruppo statuario in bronzo che secondo lui rappresentava le Moire.

Anche Apuleio menziona le Tria Fata, intendendo con questo nome chiamare non le divinità greche ma le Parcae romane, che del resto corrispondevano alle Moire o alle Norne.

Le Furie erano l'aspetto irato della Dea che puniva inesorabilmente il matricidio o il feminicidio in genere. I Greci, tramontato ormai il matriarcato e pure le sue leggi, le trasformarono in Eumenidi, non più spietate nella vendetta ma protettive e soccorritrici.

LE FURIE



BIBLIO

- Eschilo - Orestea - Rizzoli - Mondadori - 1970 -
- Eschilo -Agamennone - Rizzoli - Mondadori - 1970 -
- Le Coefore - Rizzoli - Mondadori - 1970 -
- Matteo Bandello - Le tre parche - ed. la Biblioteca Digitale - D.F. Maras - Fortuna Etrusca - A. Ancillotti, A. Calderini, R. Massarelli (a cura di) - Forme e strutture della religione nell'Italia mediana antica - Atti del III Convegno di Studi Umbri dell'IRDAU - Perugia-Gubbio - 2011 -
- Gabriella D'Anna - Dizionario dei miti - Newton&Compton - Roma - 1996 -


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