CULTO DI VERMINUS



DIVINITA'  ITALICHE

Verminus era unDio che allontanava dal bestiame la malattia dei vermi, più in generale Dio dei vari parassiti nelle greggi e degli armenti, così come della guarigione del bestiame, di qualsiasi tipo di bestiame. Anticamente la malattia veniva vista come una divinità distruttiva da scongiurare, ma pian piano la divinità scongiurata si trasformava in benefica e protettiva dai danni di cui precedentemente era stata portatrice.



LE VARIE IPOTESI

Dio Indigete

Ciò avvenne soprattutto per le divinità più arcaiche dei romani, secondo alcuni studiosi il Dio Verminus era una divinità degli Indigeti (indigetes o indigetae), in contrapposizione agli di novensides, cioè a quelle aggiuntesi in tempo più recente (indigetes = indigenae, cioè proprî del luogo; novensides, da novus e inses, cioè venuti più tardi a prendervi dimora). 

La distinzione rimase sempre importante nel rituale romano. La formazione di due distinti gruppi di Dei si operò probabilmente nel VI secolo, quando, chiusasi la serie degli Dei indigeti, non si ammise più in essa alcuna nuova divinità, e gli Dei accolti in seguito nella religione ufficiale di Roma andarono così a costituire la categoria dei Novensidi.

La religione dei primi romani era più di tipo animista (un Dio o uno spirito responsabile di una cosa), e attribuiva a un potere più alto e incontrollabile ogni evento della vita. Questa religione era nei primi tempi, e nel caso degli Dei Indigetes, una religione privata, senza clero, e ognuno invocava l'uno o l'altro Dio secondo i suoi bisogni. 

I loro nomi furono: Anna Perenna, Carmenta, Carna, Ceres, Consus, Diva Angerona, Falacer, Faunus, Flora, Fons, Furrina, Ianus, Iuppiter, Larenta, Lares, Lemures, Liber, Mars, Mater Matuta, Neptunus, Ops, Pales, Pomona, Portunus, Quirinus, Robigus, Saturnus, Tellus, Terminus, Veiovis, Vesta, Volcanus, Volturnus. Come si vede del Dio Verminus non v'è traccia.


Dio iberico

Secondo altri studiosi il Dio venne attinto dalla popolazione iberica e preromana della penisola iberica che occuparono l'Hispania Tarraconensis, nel golfo di Empúries e Rhoda, estendendosi sui Pirenei. Essi parlavano la lingua iberica e coniarono loro monete. Nel 218 a.c.. furono conquistati da Roma che ne adottò alcune divinità. 


Il Dio sul Viminale

Il Viminale si può considerare il suburbio del primitivo centro di Roma. Il suo nome si fa derivare da antiche selve di vimini, delle quali sarebbe stato coperto: tali condizioni naturali e altre avrebbero trovato religiosa espressione in un Deus Viminus o Iupiter Viminus, antichissima divinità del colle, e forse anche in un Dio Verminus, attestato dall'iscrizione di un'ara del sec. II a.c. trovata a Via Volturno, divinità ignota, ma che sembra avere con le precedenti, almeno nel nome, una certa analogia.

Un altare dedicato dal console (o duovir) Aulus Postumius Albinus nel 151 a.c.. a Verminus fu scoperto nel 1876 e fu alloggiato nel museo di Antiquarium Comunale in Roma. Un'iscrizione del II secolo dedicata al Dio è stata ritenuta una preghiera e un rituale a causa di infezioni dovute ai vermi che si erano estesi anche agli esseri umani. 



Dio dei pastori

I romani erano antichi pastori soprattutto di greggi di pecore ma pure di capre, di maiali e di armenti di buoi, pertanto temevano i parassiti degli animali, ma erano anche contadibi per cui temevano i parassiti delle piante coltivate. Così il timore della "ruggine" per le piante, e dei parassiti degli animali, e pure degli uomini, come appunto i vermi intestinali, fecero di questi parassiti delle divinità nefaste.

Ma col tempo, essendo in perpetue battaglie coi popoli vicini, i romani divennero ottimi combattenti per cui cominciarono a pensare che gli Dei potevano essere propizi contentandosi magari di preghiere e offerte, Così gli Dei nefasti come la Dea Febbre portatrice appunto delle febbri, o il Dio Robigo, Dio della Ruggine del grano e il Dio Verminus, Dio portatore di vermi in uomini ed animali divennero da nefasti a propizi, trasformandosi da coloro che procuravano danni a colori che proteggevano da quei danni.



LE TRASFORMAZIONI

Questi Dei relativi alla pastorizia e all'agricoltura divennero pertanto Dei delle guarigioni e dei malanni, così come Mars, o Marte italico, inizialmente Dio della fertilità, della vegetazione e dei giardini, ma anche della folgore, del tuono e della pioggia. In seguito venne associato esclusivamente alla guerra e la battaglia, tanto importante per l'impero romano, come e anche più del greco Ares greco con cui finì per identificarsi. 
Spiriti della terra, dateci forza! Marmar il sanguinario, castiga i devastatori, ferma le calamità! E dopo sàziati. Siedi sereno sul confine: veglialo. Marmar, invita a danzare gli Spiriti del vento. Marmar, dacci forza! Sia gloria a Marmar!” cantavano i sacerdoti Arvali.

Restò come eccezione la Dea dell'agricoltura Pale che venne protetta dallo stato per la sua capacità di sfamare gli ormai numerosissimi romani attraverso il frumento.

Il popolo di pecorari divenne un popolo di guerrieri e di esploratori, ma anche di giuristi e di letterati, di ingegneri e di architetti per cui i culti pagati dallo stato riguardava più il lato bellico e cittadino, ma i contadini e i pastori mantennero in privato i loro Dei, che comunque il senato romano vedeva di buon occhio, come ad esempio per Verminus.



BIBLIO

- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- Attilio De Marchi - "Il culto privato di Roma Antica, I" - Milano - 1896 -
- George Dumezil - La religione romana arcaica - Parigi - Payot - 1964 - Milano - Rizzoli - 1977 -
- Philippe Borgeaud - Avec Doralice Fabiano - Perception et construction du divin dans l'Antiquité - Genève - Droz - 2013 -
- Anna Ferrari - Dizionario di mitologia - Torino - Utet - 1999 -
- Licia Ferro e Maria Monteleone - Miti romani - Il racconto, con un saggio di Maurizio Bettini - Torino - Einaudi - 2010 -


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